GRAZIE, BUSH, MA......

 

E così, dopo meno di un mese di combattimenti, il popolo iracheno è stato liberato dal tirannico e sanguinario regime di Saddam Hussein.


L'operazione militare ha avuto i suoi costi.

Per non parlare degli 83.000 miliardi di dollari stanziati dal Pentagono, le vite umane stroncate dal conflitto sono state oltre un centinaio fra le forze della coalizione anglo-americana, comprese quelle restate vittime del così detto "fuoco amico"; qualche migliaio fra i militari iracheni e loro fiancheggiatori, senza contare diverse centinaia di civili, restati uccisi da missili alleati fuori controllo, anch'essi da considerare vittime del "fuoco amico".

Ed inoltre, certamente "amiche" erano le cannonate dirette contro l'Hotel" Palestine, che hanno ucciso alcuni inviati di guerra delle stampa estera, come pure i proiettili che, per puro miracolo, hanno risparmiato la vita all'ambasciatore russo, mentre si accingeva a lasciare l'Iraq.

Oltre a ciò, v'è da mettere in conto le devastazioni e i saccheggi seguiti alla conquista, che si sarebbero potuti prevedere ed in gran parte evitare con un minimo di lungimiranza, considerando che non si può impunemente scoperchiare a calci un alveare, senza provocare la reazione delle api.

D'altra parte, non si può arrivare dappertutto.

Gli anglo-americani hanno preferito presidiare i pozzi petroliferi e le banche, piuttosto che ospedali, il museo archeologico e la biblioteca di Baghdad.

Bisogna pur tenere conto degli interessi prioritari delle forze attaccanti.

E poi, non è detto che il saccheggio del museo, per qualcuno, non possa risolversi in un colossale "business", se si considera che esso è stato perpetrato -come hanno scritto autorevoli giornali- dalla mafia internazionale, molto probabilmente venuta al seguito dell'esercito della coalizione, con mire ben precise.

D'altronde, Bush ha già fatto sapere che si accollerà le spese per il ripristino del museo, anche se non ha detto come ciò sarà possibile. Non vorremmo che fosse una promessa simile a quella fattaci a suo tempo, dopo l'inutile bombardamento dell'Abbazia di Montecassino.

Ad ogni modo, il non aver ancora rinvenuto in Iraq armi chimiche di distruzione di massa -altra grande motivazione del conflitto- non lascia dormire il presidente americano. Ma perché si mostra tanto sicuro della loro esistenza? Forse gli U.S.A. -o qualche loro alleato- sono in qualche modo coinvolti nella loro fornitura all'Iraq, quand'anche a livello di materie prime?

Speriamo che ora Bush non voglia rivolgere la sua "attenzione" verso qualche altro "Stato canaglia", come ha già dichiarato in più di un'occasione.

Intanto, gl'iracheni sembranno tutt'altro che disposti a tollerare più a lungo la presenza americana: c'è già chi pensa che la democrazia potrebbe venir sostituita dall'instaurazione di una repubblica islamica fondamentalista: gli sciiti sono pronti a passare al contrattacco, dopo oltre vent'anni di persecuzioni e massacri da parte della fazione sunnita di Saddam. E così si ricomencerebbe daccapo.

Resta anche da vedere quale ruolo sarà svolto dall'etnia curda, altra grande vittima del regime testé deposto.

L'orizzonte iracheno, come si può ben intuire, non sembra proprio scevro di nubi.

Anche l'inneggiare agli americani  per la ritrovata libertà sta laciando rapidamente il posto alla richiesta di sgomberare il campo.

Grazie, dunque, Bush, ma quando te ne torni a casa?

Comunque, dall'intera vicenda dell'intervento bellico in Iraq, non è facile dissipare un assillante dubbio: le istanze di libertà del popolo iracheno avrebbero avuto la stessa potente eco nel cuore del presidente degli Stati Uniti d'America, se quel Paese non fosse stato così maledettamente ricco di petrolio?

 

(Maggio 2003)