(Ricordi d'infanzia)

 

IL COMPARE

 

Nel periodo della mia infanzia compreso fra i 4  ed i 6 anni, serbo un vivo ricordo della fiabe che mi venivano lette dai genitori e da parenti, per lo più tratte da un libro di novelle dei Fratelli Grimm, che girò per casa per lungo tempo, finendo poi sepolto in qualche dimenticato ripostiglio.

A tanti anni di distanza, conservo tuttora la sensazione della truculenza di alcune di esse e penso che oggi non sarebbero più in linea con uno scrupoloso sistema  di didattica per soggetti al di sotto dei 10 anni.

Come potrebbe venir giudicata, ad esempio, alla luce della moderna ricerca sulla psicologia infantile, la favola di Haensel e Gretel, nella quale i due fratellini vengono portati nel bosco dai genitori, per esservi  abbandonati, in quanto scarseggiano i mezzi per mantenerli in vita? Quei genitori, oggi, non avrebbero potuto abbandonare impunemente neppure un cane o un gatto: figuriamoci dei figli! E cosa dire anche del seguito della medesima favola, in cui i due piccini, perdutisi nel bosco, capitano nella casina di marzapane della strega cattiva, che li cattura, per essere ingrassati e divorati, come si trattasse di pollastri?

La stessa fiaba di Cappuccetto Rosso sarebbe nel mirino degli animalisti, perché finisce con lo sventramento del lupo, sia pure al lodevole scopo di recuperare nonna e nipote.

La mia fantasia veniva sollecitata da tali racconti, che costituivano, allora, la qualsi totalità dei miei approcci letterari e che non andavano tanto per il sottile quando si trattava di incutere soggezione e spavento.

Mi risuona ancora nelle orecchie qualche verso che un bambino, trasformatosi dopo morte -manco a dirlo!- violenta in un bellissimo uccello, cantava in un'altra fiaba: "La perfida matrigna mi ammazzò, l'innocente mio padre mi mangiò..." e via terrorizzando.

Una favola, in particolare, della quale ricordo soltanto i titolo: "Il compare con le corna" -che poi rivelavasi essere il diavolo- destava in me paura e sgomento e certamente avrà avuto anche qualche parte in alcuni incubi, di cui ebbi talvolta a soffrire per un lungo periodo della mia vita da adulto.

Resta in qualche modo collegato a quanto detto sopra un episodio occorso quando avevo 5 o 6 anni. Stavo con mio padre e percorrevo, insieme a lui, Via Garibaldi, andando verso Piazza Marconi, la vecchia Piazza della Posta. Passando davanti al palazzo Carità, ne uscì il Cav. Giuseppe, buon amico di mio padre, che si fermò a parlare con lui. Ad un certo punto, papà, rivolgendosi a me ed indicando il Cavaliere, mi disse "Questo signore è il mio compare", volendo significare che era stato lui il suo compare di cresima. La mia risposta fu immediata e fulminante: "Chi? il compare con le corna?", perché, per me, non ve ne poteva essere altro, se non quello collegato alla favola dei Grimm.

Ricordo la meraviglia e l'espressione sconcertata del Cav. Carità e l'imbarazzo di mio padre, che si vide costretto a chiarire l'equivoco in tutta fretta.

 

(Settembre 2004)