Falco | GIOVANNI SPAGNOLI | Maria laura Spagnoli

 "FALCO"

 

Intorno agli anni '50, Falco fece il suo ingresso in casa nostra. Era un magnifico esemplare puro, molto giovane, di lupo siberiano che, pur rientrando nella categoria dei cani da guardia, aveva un'indole dolce e tranquilla.

Era stato preso da cucciolo da alcuni parenti di Roma, ceduto poi ad altri parenti di Amelia, per fare la guardia ad un allevamento di castori che, poi, non aveva avuto seguito. Mia madre lo accolse in casa sua, affidandolo principalmente alle cure di Settimio, un famiglio, figlio di un colono del podere di S. Romana, che provvedeva, insieme al nostro Pietro "tuttofare -con calma-" al disbrigo delle faccende domestiche.

 Falco aveva un appetito proporzionato alla sua grossa taglia e veniva alimentato, a cura di Settimio, con notevoli quantità di cibo -un pappone di carne cotta e riso- che Falco, con la sua lunga lingua, spazzolava dalla ciotola con un rumore che Settimio, arguto ed intelligente, interpretava con le parole "tale e quale, tale e quale, tale e quale", volendo significare che, qualsiasi cosa mangiasse, per Falco non faceva poi una gran differenza.

Pietro non vedeva di buon occhio l'entrata in casa di Falco, abituato com'era alla presenza esclusiva di cani da caccia, utili nell'attività venatoria, che, sola, poteva a suo giudizio giustificare una presenza canina. Gli sembrava inutile e costoso mantenere quel grosso animale e non ne faceva mistero, brontolando, mentre scuoteva la testa: "Che censo, 'sto cane!".

Poiché Settimio lo portava spesso fuori in campagna e si curava di lui in modo continuativo, Falco gli si era particolarmente affezionato.

Ebbe modo di dimostrarglielo nell'episodio che mi accingo a raccontare.

Come tante altre volte, Settimio, insieme al cane, era andato a trovare i suoi parenti a S. Romana, lasciando libero Falco di scorrazzare avanti ed indietro, sapendo che non si sarebbe mai allontanato troppo da lui.

Sulla strada del ritorno, verso il Ponte Grande, quando stava per imboccare la stradina della costa della Valle, Settimio si accorse dell'assenza di Falco. Lì per lì, non gli diede molta importanza, pensando che lo avesse preceduto su per la salita. Non vedendolo, cominciò a preoccuparsi, sperando -come non era però sua abitudine- che il cane fosse tornato a casa prima di lui. Giuntovi e non trovandolo, la sua preoccupazione crebbe a dismisura, pensando anche al dispiacere che avrebbe dato a mia madre la perdita del cane.

Non era passato molto tempo dal suo rientro in casa, quando una donna, tutta trafelata, venne a bussare alla porta da basso in cerca di Settimio, perché, in mezzo al Ponte Alvario, un cane, che lei aveva riconosciuto essere Falco, ringhiando, non permetteva a nessuno il transito sul ponticello, tanto che si era formata una certa ressa di persone da una parte e dall'altra dello stesso.

Settimio si precipitò con la maggiore rapidità possibile sul luogo e vide quanto già gli era stato riferito da quella donna.

Avvicinatosi a Falco, che lo accolse scodinzolando, si accorse che, fra le zampe anteriori, teneva una cosa che egli non stentò a riconoscere come il suo portafogli, cadutogli inavvertitamente in quel punto, sulla via del ritorno.

Falco, ricordandosi ad un  tratto della sua vocazione di cane da guardia, aveva dato prova, in quello spettacolare e pittoresco modo, di grande efficienza e indiscussa fedeltà.

 

(Maggio 2001)

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