Fantasie d'autunno | GIOVANNI SPAGNOLI | Maria laura Spagnoli

FANTASIE  D'AUTUNNO

 

Anche agli osservatori meno attenti sarà capitato, nel periodo fra maggio ed agosto, di scorgere lungo le nostre strade di campagna, quelle appariscenti piante, dal fusto monopodiale eretto, interamente ricoperto, come le foglie, da un'ispida peluria, spesso alte oltre un metro e mezzo, con grandi e numerosi fiori a cinque petali, larghi fino a 10 centimetri, di colore violaceo più o meno intenso, gialli alla base, talora del tutto bianchi nelle forme albine. L'argine destro del raccordo autostradale Narni-Terni ne è particolarmente ricco.

Trattasi dell' "Alcea pallida", o malvone, una malvacea che s'impone alla vista per la grandezza dei suoi fiori, molto simili, nella forma, alla sua sorella minore: la malva, appunto.

E' proprio ad una di queste spettacolari piante, che voglio rivolgere la mia attenzione.

Lungo un usuale percorso della mia quotidiana passeggiata, salendo per la strada dei Cappuccini, sul suo margine destro, durante la scorsa primavera-estate, avevo notato un gruppo di tre piante di malvone che, dopo un regolare periodo della loro spettacolare fioritura, da me seguita giorno dopo giorno, alla fine di agosto si presentavano del tutto disseccate. Ma forse non era così. Infatti, una delle tre, in modo del tutto inusuale ed inatteso, a settembre aveva emesso un germoglio laterale che, in breve tempo, aveva raggiunto oltre un metro e mezzo di altezza. Si era svegliata in ritardo o si trattava, piuttosto, di un supplemento di vitalità che non si era del tutto esaurita con la prima fioritura? Non era in mio potere rispondere a tali interrogativi. Constatai che il nuovo getto, insieme alle foglie, era cosparso da numerosi boccioli.

"Voglio proprio vedere se hanno il coraggio di fiorire!" dissi fra me, sapendo che la stagione autunnale era iniziata e la presenza di soggetti impollinatori stava rapidamente rarefacendosi.

Era ormai entrato l'ottobre. La pianta, al suo apice, presentava almeno tre boccioli più grandi degli altri, che avrebbero potuto forse aprirsi, se l'aria piuttosto rigida della mattina e l'insolazione diurna ormai ridotta gliene avessero concesso l'opportunità.

Durante i miei giri quotidiani, notavo degl'impercettibili progressi ed incuriosito ormai dalla perseveranza degli sforzi della pianta a far aprire almeno quei tre fiori, mi sentii quasi personalmente coinvolto: passandole dinanzi, mi fermavo ad esortarla alla fioritura, alitando con la bocca su quei boccioli del caldo umido, che ne propiziasse l'antesi.

Era ormai prossima la fine di ottobre ed avevo quasi perso la speranza di vedere aprirsi quegli spendidi fiori; tanto che, ritornando davanti alla pianta un'ennesima volta sulla via del ritorno, stavo pensando di coglierne lo stelo, per portarlo a casa e porlo a bagno in un vaso. Che il malvone mi abbia letto nel pensiero tale proposito? Oppure intendeva dimostrarmi la sua gratitudine per le "alitazioni" e gl’incoraggiamenti? Se, come da molti si crede, le piante –come tutti gli esseri viventi- sono sensibili alle parole dell’uomo, voglio lusingarmi che il malvone non abbia voluto deludere più a lungo le mie attese.

Fatto si è, che, tornando a passarle davanti qualche giorno dopo, la pianta ostentava vittoriosamente, nel sole di una limpidissima giornata dal cielo incredibilmente blu, due meravigliosi fiori in piena antesi. Non resistetti a mostrarle la mia gioiosa meraviglia, congratulandomi con essa ed esortandola a prolungare la fioritura quanto più le fosse stato possibile, anche in considerazione della circostanza che gl'insetti impollinatori erano quasi del tutto scomparsi.

Il 31 ottobre, il terzo bocciolo aveva faticosamente iniziato ad aprirsi, ma era evidente che la pianta stava esaurendo le sue energie. Infatti, la mattina di Ognissanti, il fiore non aveva fatto progressi apprezzabili rispetto al giorno innanzi. Mi accostai ad esso ed alitai più volte su quel vago simbolo di vita. Nella mia fantasia, mi parve di sentire una flebile vocina che, uscendo dallo stelo, mi sussurrava: “Sono allo stremo delle forze: quel che paventai qualche dì passato, ora si fà preghiera: coglimi e recami domani sulla tomba della tua diletta Sposa: per Lei, per te, aprirò il mio ultimo fiore…”

Questa delicata storia, vissuta fra realtà e fantasia, può considerarsi un'ennesima prova che la Natura non cessa mai di stupire chi sa scorgere anche alcuni aspetti minori delle sue immense risorse.

 

Amelia, Novembre 2006.

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