Il mostro d'acciaio | GIOVANNI SPAGNOLI | Maria laura Spagnoli

(ricordi d'infanzia)

IL MOSTRO D'ACCIAIO

 

Nei frequenti spostamenti in treno dalle stazioni di Narni Scalo ed Orte, durante il periodo della mia infanzia, il momento dell'arrivo sotto la pensilina del convoglio trainato dalla locomotiva a vapore produceva in me una sensazione vivissima, che vorrei essere in grado di poter trasmettere a chi mi legge.

L'attesa dell'"evento" iniziava quando la campanella di preavviso cominciava a suonare con il suo ritmo celere, seguita, poco dopo, dalla voce dell'altoparlante della stazione che annunciava gracchiando l'arrivo del treno sul corrispondente binario. Era il momento in cui, insieme al parente di turno (genitori o qualche zio), mi trasferivo sotto la tettoia del binario designato. Quivi giunto, i brevi attimi di attesa prima della vista del convoglio, iniziavano a produrre dentro di me, bambino, un senso di trepida curiosità, che diventava presto emozione quando, in lontananza, appariva la forma della locomotiva, emettente sbuffi di fumo.

Da quel momento, si produceva in me un crescente batticuore, in cui la curiosità cominciava a lasciare il campo ad una sensazione fra l'emozione e la paura. Vedevo il mostro d'acciaio avvicinarsi con la sua sagoma nera sbuffante, sul davanti della quale i numeri bianchi della serie sul fondo rosso della base rettangolare potevano sembrare quasi come i denti e la bocca della immane belva.

Ma il culmine dell'emozione si produceva nell'istante in cui la vaporiera scorreva lenta davanti a me, emettendo un lacerante fischio e facendo vibrare il terreno, con la sua corpulenta forma cilindrica corvina e lucida, emanante un calore di fuoco, sulle gigantesche ruote con i contrappesi, mosse da mastodontiche bielle di lustro acciaio: era in quel momento che il suo palpitante corpo infondeva in me l'impressione di un essere vivo, dotato di una forza mostruosa, sprizzante ardore, potenza e vitalità, che l'odore di carbone combusto, che usciva a fiotti scuri dal corto fumaiolo, tipicamente connotava e circonfondeva.

Sfilato in pochi secondi dinanzi a me quel corpo lucente e fremente, appariva, in alto, troneggiante al suo posto di guida, il macchinista dal volto coperto di fuliggine e con il berretto nero a visiera rigida e lucida, che, a me, dava l'idea di un coraggioso domatore, che sapeva tenere ben saldo in pugno quell'immane focoso destriero.

Da quel lontano periodo della mia infanzia, le locomotive a vapore mi hanno costantemente affascinato e la loro scomparsa si portò via per sempre quel particolarissimo tipo di sensazione emotiva.

Ricordo che, in Via XX Settembre, a Roma, il negozio di giocattoli Biffignandi aveva in esposizione una vetrina piena di trenini in miniatura; ma quella che catturava la mia attenzione era la perfetta riproduzione di una vaporiera, in grado di funzionare, con il suo bravo tender, della lunghezza di oltre mezzo metro, prodotta dalla ditta tedesca Märklin, che campeggiava sul ripiano più alto della vetrina: non ebbi mai neppure lontanamente il coraggio di chiederla in regalo ai miei parenti, perché, fra l'altro, doveva costare un patrimonio; ma che cosa non avrei dato o fatto, pur di possederla!

 

(Gennaio 2006)

© Giovanni Spagnoli 2013