A G O S T O


1 - Sotto la podestaria di Cecco di Baschi, con convocazione di cinque anziani e sei  dei X “de populo”, venne adottato, in data 1° Agosto 1329, il seguente provvedimento:

"Si quis mole debitorum gravatus vel alia justa causa vellet cedere bonis (sic), quod in ipsa cessione talis modus et forma servetur" se qualcuno, oberato dalla mole dei debiti o per altra causa intenda cedere i suoi beni, dovrà osservare le seguenti disposizioni: "videlicet quod ipse volens cedere mandato potestatis cum sua familia et tubis venire et stare debeat in medietate platee veteris dicti communis" cioè che esso cedente, per mandato podestarile, con la sua famiglia, al suono delle trombe, dovrà portarsi e restare nel mezzo della piazza vecchia del Comune, "in die sabbati, foro pleno existente in dicta platea in camisia sine serabulis et capite discoperto" in un giorno di sabato, quando essa è gremita e, quivi, in camicia, senza brache e a capo scoperto, "et percutere tribus vicibus nates ad peronum ibi existentem dicendo qualibet vice alta voce" percuota tre volte le natiche sullo sperone di pietra ivi esistente, dicendo, ogni volta, a voce alta: “Renonço a li beni, pagateve credeturi”. L’ordinanza podestarile così prosegue: "et si aliter fieret non teneat ullo modo" e se sarà fatto altrimenti, non sarà valida la cessione, non ostante altro statuto od ordinamento che preveda diversamente. Se, poi, lo stesso debitore dovesse pervenire “ad pinguiorem fortunam”, a riacquistare ricchezza, malgrado la cessione fatta, sia tenuto a pagare i creditori restati insoddisfatti.

Se quello sperone esistesse ancora ai giorni nostri, chissà quanto sottile sarebbe diventato il suo spessore! (1997)


1 - Una supplica di tal Brancatello, redatta dal Cancelliere Luca Petruccioli in data 1° Agosto 1420 e controfirmata dal Vice gerente del Patrimonio Mons. Francesco de Pizolpassis per ottenere sgravi da imposte, è significativa della situazione venutasi a creare nelle nostre zone sotto il dominio dei Capitani di ventura: è il turno di Tartaglia di Lavello e, come avveniva nei tempi passati, “nulla veritas, nulla pietas, nulla justitia regnabat” non regnava nessuna verità, nessuna pietà, nessuna giustizia.

In data 7 Ottobre lo stesso Capitano ed il suo socio Lamberto di Monteocchiello insistono presso gli Anziani per essere soddisfatti delle paghe loro spettanti quali difensori della Sede Apostolica, la quale stabilisce, nel contempo, la somma che ciascuno deve percepire, dandogli mano libera di esigere direttamente il proprio credito dalle popolazioni assoggettate.

Quanto a sistema tributario, i nostri antenati del XV secolo avevano da stare ancor meno allegri di noi! (1998 - 2007)


1 - I sinistri effetti del passaggio degli eserciti si fanno già sentire ed il 1° Agosto 1527 occorre nominare un medico condotto “ad medelam pestiferis”  per la cura degli appestati. Viene eletto Andreas Augustinij di Siena, “cum salario et mercede” di 14 fiorini al mese “in contantem et in pecunia numerata” da pagarsi per contanti e, inoltre, durante il servizio, dovrà essere provveduto “de pane, carne et vino”; ed egli s’impegna “mederi et flebotomare omnes et quascumque personas infirmas sine alia mercede et salario” a curare ed eseguire salassi  a tutti gl’infermi, senza pretendere nessun altro compenso, eccettuate “res aromatarias”, cioè le sostanze officinali aromatiche, e si conviene che egli fornirà “pulverem quam habet pro medela epidimie” la medicina in polvere di cui dispone per la cura dell’epidemia  (ci vorrà ben altro!) a chiunque ne faccia richiesta “pro summa bolonenerum viginti et non ultra pro quolibet haustu”, al prezzo di 20 bolognini per ogni somministrazione (letteralmente "sorso"). (1999)


1 - Sotto la data del 1° Agosto 1420 viene riportata nelle riformanze la supplica presentata agli Anziani da parte di tal Brancatello Torri di Amelia e controfirmata dal Vice-Rettore del Patrimonio Francesco de Pizolpassis il 24 maggio, di passaggio per la nostra Città, con la quale detto Brancatello espone di aver subito, nel novembre del 1416, una condanna da parte del podestà Bastiano Janciopti di Acquasparta, a pagare 200 libre di denari, secondo il postulante falsamente accusato ed incarcerato e, inoltre, di essere stato nuovamente condannato, nel gennaio 1417, dall'allora podestà Todeschi di Sangemini, a pagare la somma di 100 fiorini d'oro, per esser fuggito dal carcere con effrazione "fregisse carceres dicti communis Amelie et exinde exivisse". Dice di essere stato "condempnatus contra omnem humanitatem et justitiam" condannato contro ogni umanità e giustizia, a causa di accuse "quorumdam improborum et iniquissimorum hominum" di alcuni malvagi e pessimi uomini e "redactus (sic) ad ultimam paupertatem illorum falsa perfidia quorum tempore nulla veritas, nulla pietas, nulla justitia regnabat Amelie" e ridotto ad estrema povertà dalla loro falsità e perfidia, in un periodo nel quale in Amelia non regnava né verità, né pietà, né giustizia. Poiché "considerans ipse rector puritatem et innocentiam dicti Brancatelli" lo stesso Rettore ha riconosciuto l'innocenza e la mancanza di colpa di esso Brancatello, quest'ultimo chiede che, anche da parte degli Anziani, sia consideato indebitamente condannato e "restitutus ad sua bona, statum et honorem pristinum" rimesso nel possesso dei suoi beni e nel godimento del pristino  onorevole stato.

Si vede che Brancatello godeva di notevoli amicizie in alto loco se, come si legge sotto la data del 12 Marzo dello stesso anno, anche Muzio Attendolo Sforza "Comes Cudignole", aveva scritto agli Anziani per chiedere la sua reimmissione in Città, auspicando che "infra voi fosse bona pace et unione et cossì tucte queste tale discordie se avessero a cessare". (2007)


1 - Nel consiglio decemvirale del 1° Agosto 1476 si chiede di prendere provvedimenti, “cum per portas Civitatis diebus elapsis sint ingressi nonnulli etiam morbo correpti” poiché nei giorni passati, attraverso le porte della Città, sono entrate anche diverse persone aggredite dalla peste, “violenter et contra voluntatem custodium” con prepotenza e contro la volontà dei custodi delle porte stesse, per la qual cosa “dubitatur ne tendat in contagium et contaminationem totius civitatis” si teme che ne possa derivare contagio e contaminazione per l’intera Città. Nel successivo consiglio generale si propone “quod eligantur plures cives et qualibet die quatuor sine salario teneantur stare ad custodiam porte pusciolini continue” che  si eleggano diversi cittadini e quattro di essi ogni giorno siano posti, senza venir retribuiti, alla custodia della porta Busolina “et bene observare a quibuscunque forensibus et etiam a civibus venientibus de locis morbosis negare intrare in dictam civitatem” e far buona guardia, negando l’accesso in Città a tutti i forestieri ed anche ai cittadini provenienti da luoghi contagiati “et quod non possint se absentare a dicta porta nisi duo tantum hora prandij seu cene videlicet vicissim” e che non si possano mai assentare da detta porta, se non due per volta a rotazione, all’ora del pranzo e della cena. Dovranno, altresì restare di guardia finché detta porta resterà aperta e conservarne le chiavi, per consegnarle poi, il dì seguente, agli addetti custodi titolari, all’ora solita di apertura, e ciò sotto pena di otto bolognini per ogni trasgressione. Gli ufficiali, poi, dovranno sorvegliare durante tutte le ore del giorno che la presenza degli addetti sia continua ed abbiano la metà del ricavato dalla pena. Infine, si prescrive “quod nulla alia porta dicte Civitatis aperiatur nisi predicta et presens ordo sit et servetur per totum mensem augusti” che nessun’altra porta della città venga aperta e tale ordine sia mantenuto ed osservato per tutto il mese di agosto. (2008)


1  -  Il 1° Agosto 1470 il Vescovo di Amelia, che risiede a Collicello, scrive agli Anziani una lettera, con la quale comunica loro di aver imposto ad un certo prete Luca di Collicello “ut absque mora deberet venire coram V. M. S. et omni modo, absque aliqua excusatione et tantum fatiat (sic) quantum per V. M. S.  et reliquos Cives nostre Civitatis Amelie ei imponitur” che, senza alcun indugio, debba presentarsi dinanzi ad essi ed agli altri cittadini di Amelia ed ubbidire a quanto da loro gli verrà imposto.

Non si sa cosa abbia combinato prete Luca, ma, lo stesso giorno, il suddetto  si presenta dinanzi agli Anziani, al Gonfaloniere e suoi colleghi, i quali, pur dando atto delle virtù e qualità dello stesso prelato, concludono che quanto verrà da loro ordinato sarà “ad bonum finem et pro bona pace et quiete huius Civitatis Amelie et etiam Castri collicelli” per un degno fine e per reciproca quiete e tranquillità della Città e del Castello di Collicello “videlicet quod per duos annos proxime futuros, ipse semper, die noctuque, deberet stare in civitate Amelie” e cioè che, per i due prossimi anni a venire, egli debba sempre stare, sia di giorno che di notte, in Amelia “et dicto durante tempore numquam revertere ad dictum castrum collicelli” e, in detto periodo, non dovrà mai tornare nel Castello di Collicello “Et sic fuit sibi datum in confine et pro confine” e tale residenza (forzata) gli viene data ed assegnata quale confino; “hoc sibi tantum reservato, quod licitum sit ire usque ad Sanctum Secundum et ad Sanctam Mariam monticelli et aliquando  venaturum versus Civitatem ortanam et per locha ubi non cadat aliqua suspitio” con la sola riserva che gli sia lecito andare fino a S. Secondo ed a S. Maria in Monticelli e andare talvolta a caccia in direzione di Orte e in altri luoghi non sospetti; “maxime prohibitum sit sibi ire versus dictam contratam Collicelli, toto dicto durante tempore” e gli sia sopra tutto proibito recarsi, in detto lasso di tempo, verso la contrada di Collicello. E quanto esposto ed imposto dal Gonfaloniere e suoi colleghi (Anziani) venne anche confermato e condiviso da molti cittadini ivi presenti. Il presbitero Luca, “presente et intelligente ac etiam acceptante et promictente” anch’esso presente ed ascoltante, accetta e promette “omnia et singula supradicta facere et observare, et numquam contravenire et semper obedire mandatis prefatorum dominorum Antianorum et Civium Civitatis Amelie” di fare ed osservare quanto sopra gli è stato imposto e di non contravvenirvi mai, obbedendo alle prescrizioni degli Anziani e dei cittadini. “Et hoc de consensu voluntate et mandato Reverendi patri domini Episcopi Ameliensis” Il tutto con il consenso, la volontà ed il beneplacito del Rev.do Vescovo di Amelia. (2009)


1  -  Il 1° Agosto 1493 nelle riformanze risulta trascritta la seguente lettera inviata agli Anziani, il giorno precedente, da Lucrezia di Aragona e di Appiano, Contessa di Monte Agano, nuova Signora del Castello di Giove:

“Magnifici Amici honorevoli, jn lo tempo passato ac etiam (precisamente) ad tempo che el S.re Dolce (dell’Anguillara) occupava indebitamente questo mio Castello de Jove fue agitato (promosso) uno certo processo ad jnstantia del prefato S.re Dolce contra Jacobo Grosso, Massaro nostro de Jove per certi porci tolti etc. et fo condennato dicto Jacobo et Evangelista de Archangelo ... de monte Campana (sic) che se retrovò ad commettere (accusato di aver commesso) tale delicto. E’ adcaduto poi che ad mia complacentia lo anzidetto Jacobo et il suo cognato sonno stati absoluti et liberati da li vostri precessori (predecessori) Antiani Et perché esso Evangelista secondo dice (come sembra) è astretto (detenuto) da V(ost)re Mag(nificen)ze per tal cascione, il che credo proceda (dipenda) per non havere esse (Signorie) notitia di tal cosa (cioè della precedente assoluzione) ... Jdeo prego Vostre Mag.ze, poiché ad mia complacentia ambo doj sonno (stati) absoluti, che esso Evangelista sia liberato et non li sia data molestia alcuna. Jl che licet (benché) sia honesto, etiam (per di più) ne faranno ad me piacere assaj V.re Mag.ze, alle quale me offero. Ex Jove die ultima Julij 1493”. (2010)


1  -  Con atto rogato dal Notaio Francesco Brancatelli di Amelia il 1° Agosto 1386, Francesco Celluzi di Ser Giovanni, in rappresentanza di un suo pupillo, tale Angelo, si reca alla Chiesa di S. Pietro in Parlascio, nel giorno in cui si celebra la festa di S. Pietro in Vincoli; fa ricerca del Priore e, non trovandolo, offre in garanzia, depositandoli sull’altar maggiore, i tre denari del censo enfiteutico dovuti alla Chiesa dal suo rappresentato e, successivamente, li deposita presso Ser Paolo Jacobucci, affinché ne faccia consegna nelle mani del detto Priore. Dell’effettuato deposito, si premura di far stendere il relativo atto notarile dal Brancatelli. (2014) 


2 - Il 2 Agosto 1518, in considerazione che "extarent castra militum" vi sono accampamenti di truppe "in planitie S.ti Liberati" nella piana di S. Liberato, appartenenti a Mario Orsini "et continuo petunt victum" e fanno continua pressione sugli Amerini per avere vettovagliamenti, il consigliere "vir prudentissimus Petrus Paulus Cyrichellus, divino nomine invocato" Pietro Paolo Cerichelli, uomo di grande prudenza, premessa l’invocazione del nome di Dio, propone "quod donetur aliquod munus Domino Mario Ursino, cum quo munere mittentur duo oratores qui exponant Communitatis paupertatem" che si mandi un dono a Mario Orsini e, con l'occasione, gli si inviino due oratori, che facciano presente ed illustrino all'Orsini l'indigenza della Comunità amerina. "Fuit deinde comunis opinio quod traderentur dono sex castrati" Fu, quindi, comune opinione che si mandassero in dono sei castrati "pro quo darentur pignori crateres Communis" per ottenere i quali si pignorassero le tazze (d'argento) di proprietà comunale (cari i miei castrati!).

Ma il giorno successivo si torna a discutere in merito alla insistente richiesta di vitto per le truppe fatta alla Comunità da parte dell'Orsini: "Marius Ursinus significaverat Communitati iterum velle victum pro militibus". E' presente anche il Vescovo: "Rev.dus D. Episcopus, cum astaret in eadem congregatione" il quale "hortatus est omnes satisfacerent prefato D.no Mario Ursino eiusque gentibus" esorta i presenti a soddisfare le richieste dell'Orsini e delle sue genti, "ut indignatus aliquod damnum inferat" per evitare che la sua indignazione possa procurare danni alla Comunità e propone "ut diligentius mandetur exequtioni transmissio victus in castra eligerentur aliqui diligentes cives" che, per procedere più diligentemente all'invio di vettovaglie negli accampamenti dell'Orsini, si proceda alla nomina di alcuni coscienziosi cittadini, che vengono eletti nelle persone di Angelo Hieronymi, Camillo Jacobi, Baglione Profili e Gerolamo Julij.

Contemporaneamente, "qualiter dubitabatur de adventu militum" poiché si temeva un'aggressione da parte delle truppe accampate nei dintorni del territorio amerino "per nostrum amerinum territorium quod non poterat succedere sine periculo et damno Civitatis", il che non sarebbe certo avvenuto senza pericolo e danno della Città, si propone "quod ante omnia fiat ostentatio seu monstra omnium scoppettorum, moneanturque omnes scoppettarij habeat paratum quisque scoppettum ac omnia ad scoppettum  necessaria et oportuna" che, innanzi tutto, si faccia la rassegna di tutti gli scoppietti e si ammoniscano gli scoppiettieri che ciascuno tenga pronta la propria arma, con tutto l'occorrente per il suo funzionamento. (2007)


2 - Il 2 Agosto 1471 si fece presente che agli Anziani era pervenuta una lettera “pro parte M.ci d.ni Stephani de Columna” inviata da Stefano Colonna, nella quale “homines oppidi Penne vocaverant ipsum d. Stephanum in eorum dominum sicut pater” gli uomini del castello di Penna gli avevano offerto la sua signoria, chiamandolo quale loro padre “et propterea volens investiri et capi corporalem possesisonem dicti oppidi penne mictebat ingentem copiam suorum equitum atque peditum ad hec exequenda” ed inoltre, volendo venir investito e prendere materiale possesso del detto castello di Penna, mandava un ingente quantitativo di suoi cavalieri e fanti per dare esecuzione a tale progetto “rogans commune Amelia ut in predictis et presertim in expugnatione arcis Penne” e chiedeva che il comune di Amelia, in tale occorrenza e, specialmente, nell’espugnazione della rocca di Penna, “casu quo deditionem facere recusaret” nell’eventualità che ne venisse ricusata la consegna, “impetretur subsidium et consilium possibile amerino populo in quo plurium comfitebat” sollecitava aiuto e consiglio al popolo amerino, nel quale maggiormente confidava.

“Fuit conclusum deliberatum et ordinatum quod, attenta intima benivolentia vigente inter prefatum dominum Stephanum et suam inclitam domum et hac communitatem, cuius nulla memoria in contrarium existit” Venne concluso e deliberato che, attesa l’intima benevolenza esistete fra detto Stefano e sua inclita famiglia e la comunità amerina, della quale (benevolenza) non era mai venuta meno la prova, considerato “ingenti bono et publico et privato quod inde sperari potest” il notevole vantaggio pubblico e privato che da ciò sarebbe potuto derivarne, “in signum vere amicitie detur omnis favorem et consilium” in segno di sincera amicizia venisse dato ogni favore e consiglio “ipsi domino Stephano de Columna” allo stesso Stefano Colonna “pro parte communis Amelie” da parte del Comune di Amelia “mittendo pedites et omnia oportuna ad expugnationem et debellationem dicte arcis (si opus erit)” inviando fanti e quanto ritenuto opportuno e, (ove fosse) necessario, all’espugnazione della rocca, “dummodo homines ituri non adhereant nimium menibus” purché gli stessi non si dovessero accostare troppo alle mura.

Si vede che gli Amerini non volevano esporsi troppo, senza tuttavia far torto all’amico colonnese. (2008)


2  -   Il podestà (“pretor”) di Amelia aveva condannato alla pena capitale certo Francesco di Piero di Ugolino, detto Roscetto, contadino di Penna, reo di grassazione. Poiché era stata inviata, da parte degli Anziani, al Cardinale Legato della Sede Apostolica, sotto il titolo di S. Pietro in Vincoli, una petizione in merito, il 2 Agosto 1474 si prese la decisione di non dare esecuzione alla sentenza pretorile e che “rogaretur potestas quod supersedeat” si pregasse il podestà di soprassedere. Ma poiché il podestà Baldassarre de Leonardellis di Orvieto “nec Dominorum nec consiliorum precibus flecti potuisset” non si era potuto piegare alle istanze né degli Anziani, né del consiglieri, si decise di inviare una sollecitazione al detto Cardinale, perché si pronunciasse sul caso. La risposta di quest’ultimo era già in viaggio e giunse in Amelia il successivo giorno 4, in questi termini:

“Haviamo inteso quanto scrivete sopra li facti de Francesco de Piero de Ugolino over Rosciecto da la Penna circa certi maleficij per lui facti et commissi. Et perché in questo processo ad noi mandato non vediamo apertamente le cose come serria in tale caso necessario, volemo che formate el processo in bona forma ... Et quello formato, prima che vegnate ad alcuna executione, lo mandiate qui da Noi accioche intendiamo la iustificatione vostra in tal materia. Et intanto sopto pena de la disgratia de la Santità de N.ro Sig.re ve commandiamo che non faciate executione alcuna fino alla nostra resposta de po (dopo) il decto processo havuto. Et bene valete”.

Dopo aver provveduto a quanto richiesto dal Cardinale, la risposta di quest’ultimo giunse in Amelia il 18 Marzo dell’anno successivo 1475, nella quale trattava del delitto commesso da Roscetto, “per lo quale era pena la vita, la quale la S.tà de nostro Signore gliela condonata et commutata in pena pecuniaria como dal Breve de Sua Santità el quale breve al presente si manda ale V.re S., per lo quale breve havemo Noi interceduto appresso la prefata S.tà ad preci de cossì nostri intimi amici. Et essendo la cosa cusì reducta in pena pecuniaria, intendemo che ala vostra comunità ne vene una certa parte. Volendo adunque condescendere ale preci de nostri amici et avendo con la V. comunità qualche fiducia Ve pregamo che ad nostra contemplatione li vogliate far gratia de quello tanto che toccasse ad voi et che lo donate ad Noi, la qual gratia non solo serria grata  ad noi, ma ad alcuna altra persona da bene ...”. 

E così venne fatta grazia anche al Cardinale Legato e a qualche altra persona “da bene”! (2009)


2  -  Era stato deliberato dal maggior consiglio “ut fiat murus lacus veteris et fuerit data potestas .xij. Civibus Ameliensibus una cum dominis Antianis ut possint imponere dativas et providere super predictis ut eis melius videbitur ad hoc ut dictum opus cum effectu perficiatur” che venisse costruito in elevazione il muro del Lago Vecchio e venne data potestà a dodici cittadini di Amelia di imporre, di concerto con gli Anziani, una dativa e provvedere a far eseguire i relativi lavori come meglio sembrasse loro, per portare a termine quanto deliberato. Il 2 Agosto 1427 i dodici eletti riferiscono agli Anziani che un “magister de cava vult facere dictum murum grossitudinis .xxx. pedum ut in forma et altiare dictum murum unum pedem supra cimam muri veteris qui est in dicto fossato” un mastro di cava si è offerto di fare detto muro, della larghezza di trenta piedi, secondo quanto progettato e di alzare di un piede il muro già esistente, “pro tricentis florenis, videlicet .cl. ad florenos auri et .cl. ad .lv. bononenos pro floreno” per il corrispettivo di 300 fiorini, di cui 150 da pagare in oro e 150 in bolognini, in ragione di 55 per fiorino. Nei patti si è convenuto che il Comune debba fornire la calce, la pozzolana, le pietre ed altri materiali necessari; ma i dodici si rifiutano di imporre la dativa, secondo la facoltà data loro dal Comune, “ne de predictis possint indebite calumpniari” per non incorrere indebitamente in accuse calunniose.

Il successivo giorno 5, presenti i dodici cittadini eletti e deputati alla supervisione dei lavori da eseguire, insieme agli Anziani, viene affrontato il lato finanziario dell’impresa: “sit necesse providere unde veniat pecunia in communi per dictum opus incipiendum”, cioè necessita stabilire dove trovare i denari per dare inizio ai lavori, che, “secundum quod magister dicit, est necesse providere de .ccc florenis” secondo quanto già esposto dal mastro consultato, ascendono a 300 fiorini. Ser Nicolò di Ser Luca, uno dei dodici, formula una proposta che fa appello ad un eccezionale senso civico e a grande generosità: “quicumque est ad offitium Antianatus in presenti imbussulatione solvat medium florenum ad rationem quinqueginta bononenorum pro quolibet floreno et similiter camerarij” ogni membro dell’Anzianato e del Camerariato in vigore paghi mezzo fiorino, a ragione di 50 bolognini a fiorino; altrettanto facciano tanto i precedenti quanto i futuri membri delle dette magistrature; se, fra gl’imbussolati, qualcuno avesse pagato e non avesse poi esercitato l’ufficio o per assenza o per sopravvenuto decesso, verrà sostituito da colui che subentrerà in sua vece. Anche coloro che non esercitano detti uffici, se risultano allibrati in catasto per 200 libre, da queste in su, paghi 15 bolognini; da 200 libre in giù, fino a 150, ne paghi 12; da 150 a 100, ne paghi 10; da 100 in giù, 8 ed un bolognino ciascuno paghi anche chi non è allibrato in catasto.

La proposta viene approvata con 19 voti favorevoli e 7 contrari. (2010) 


3 - Il 3 Agosto 1963, durante lavori di sterro eseguiti sul retro del fabbricato dell'ex molino Paolucci, vennero, fra l'altro, alla luce i frammenti, dispersi in più punti dell'area di scavo, di una statua bronzea di insigne fattura, apparentemente risalente  al I° secolo dopo Cristo, dagli esperti riconosciuta raffigurare Giulio Cesare Germanico, figlio di Nerone Claudio Druso e di Antonia Minore, figlio adottivo di Tiberio. Non si conosce quali ragioni potessero giustificare l'erezione di una statua bronzea di Germanico in Amelia; forse nella zona era particolarmente viva l'ammirazione per una persona che, nella pur breve sua vita (33 anni), aveva riscosso universali simpatie e godeva di grande popolarità, per le brillanti imprese militari e per le sue maniere democratiche.

Una cosa soltanto può dirsi certa: la statua doveva essere stata eretta in Amelia e per Amelia. Ne è riprova inconfutabile la base di travertino del peso di diverse tonnellate, alla quale fu rinvenuto fissato il suo piede destro, infitto con una barra metallica, attraversante l'intero blocco. Infatti, se la statua fosse stata frutto di asportazione da altro luogo ad opera di antichi predatori, come avvenne per il gruppo bronzeo rinvenuto circa cinquant'anni or sono a Cartoceto di Pergola, a nessuno sarebbe venuto in mente di portare con sé un simile trascurabile frammento. (1996)


3 - La Sagra Congregazione, in considerazione che calamità stagionali hanno causato notevole carestia in tutta la regione, con grave detrimento per i numerosi casi di povertà che affliggono la popolazione, a mezzo del Cardinale Saluzzo, scrive, in data 3 Agosto 1816 al Governatore della Città di Amelia che, “perché le pubbliche rendite non vengano affatto divertite in usi meno che indispensabili ed impiegate soltanto, dopo gli obblighi di giustizia, in beneficio della classe dei bisognosi”, ordina “la sospensione della fabrica per l’ampliazione del Palazzo Municipale, come altresì di qualunque altra spesa, che non sia di una assoluta necessità” e che  “il sopravanzo risultante tanto dal Macinato che da qualunque altro ramo di Amministrazione Comunitativa sia depositato in codesto Monte di Pietà, onde erogarlo in sollievo de’ Poveri”.

Circa otto mesi più tardi, il palazzo comunale non avrà più bisogno di lavori di “ampliazione”, in quanto, com’è noto, il 29 Aprile 1817 crollò nelle sottostanti cisterne, trascinando con sé buona parte dell’archivio storico. (1999)


3 - Dalla Ditta "Ermenegildo Cerasi & Fratello", di Amelia, il 3 Agosto 1910 viene inviata al Presidente del Teatro Sociale la seguente istanza:

"Il sottoscritto (Ermenegildo Cerasi) fa domanda alla S. V. perché voglia concedergli il Teatro Sociale per le sere 21 e 22 corr. per dare due grandi rappresentazioni cinematografiche con intermezzi musicali della locale Filarmonica.

"Se sarà possibile trovare un macchiettista, lo spettacolo sarà maggiormente variato".

Erano passati appena 15 anni da quando i Fratelli Lumière avevano depositato il primo brevetto relativo alla cinematografia e quella che sarà definita la decima musa stava già mietendo i suoi primi successi. Nella nostra Città, i Fratelli Ermenegildo e Carlo Cerasi furono i pionieri di quel nuovo mezzo espressivo ed è loro merito se anche in Amelia si affermò la volontà di tenersi al passo con i tempi. 

La prima sala cinematografica venne ricavata nell'androne del palazzo Ercolani, attualmente in Via della Repubblica n. 28. (2004)


3 - Con un ornato foglietto, intestato "Il Concerto Musicale di Amelia", il Maestro di musica Presuttari dava comunicazione al Presidente della Società Teatrale che, all'epoca, era Giuseppe Ferrari, che in data 3 Agosto 1890, in Piazza Vittorio Emanuele (attuale Piazza Marconi) sarebbe stato eseguito, alle ore 8,3/4 pomeridiane, il seguente concerto:

 "1 - Il Genio non muore - Marcia

  2 - Ballo in Maschera - Finale II° (atto)

  3 - Il Faust - Gran Pout-Pourri

  4 - Il Paradiso Perduto - Gran Valzer

  5 - La Traviata - Introduzione e Duetto (sul margine:) quello che piace a te

  6 - Unione e Fratellanza - Marcia."

Non sappiamo quale fosse il duetto della Traviata preferito dal Presidente Ferrari, ma l'annotazione fatta a margine dal Maestro Presuttari lascia trasparire fra i due un rapporto di cordiale amicizia. (2005)


3  -  Il 3 Agosto 1446, con atto del notaio Giovanni Nicolai, Prete Bartolomeo Colay fa testamento, lasciando mobili, denari, una casa ed una vigna a Donna Francesca di Francalaricia. Lascia, altresì, duecento libre di denari a Battista suo figlio, per dotare la moglie dello stesso Battista. (2014)


4 - Occorre nominare il nuovo trombetto del Comune, poiché quelli preesistenti, cioè Giacomo Tornana e Pietro Paolo Cecchi, avendo trascurato in modo grave il loro servizio, "ob ipsorum demerita" a loro disdoro vennero destituiti e privati dello stipendio. Il giorno 4 Agosto 1496 gli Anziani, "congregati in sala magna antianalis palatij pro publicis expediendis negotijs" riuniti nella sala magna del palazzo anzianale in seduta per il disbrigo degli affari di pubblica utilità, "videntes Rempublicam Amerinam non posse nec debere stare sine tubicinibus" constatato che la Comunità di Amelia non possa né debba restare senza trombetti, "unanimi eorum sententia eligerunt infrascriptum tubicinem cum salario consueto ad beneplacitum communis, videlicet Johannem Franciscum de Asculo" a voti unanimi, nominarono trombetto con il solito salario stabilito dal Comune Giovanni Francesco di Ascoli.

Ed il buon Giovanni Francesco inizia subito il suo mandato, il giorno successivo, riferendo al Segretario Giovanni Mazarono di aver, "de commissione M.ci potestatis et Magnificorum Dominorum Antianorum per loca publica et consueta dicte civitatis sono tube premisso publice palam et intelligibili voce" su incarico del podestà e degli Anziani, nei luoghi pubblici e consueti della Città, premesso un suono di tromba, apertamente e con voce chiara "cecinisse" cioè abbia "scandito" (letteralmente "cantato") che nessun amerino si azzardasse ad andare fuori del distretto di Amelia in terre nelle quali sia stato concesso diritto di rappresaglia contro la Città) e che "si quis accesserit et captus fuerit erit eius dampno et interesse" se alcuno vi sarà andato e verrà catturato, lo avrà fatto a suo danno e perdita. (2006)


4  -  Nel consiglio decemvirale del 4 Agosto 1470 occorre deliberare su vari argomenti.

Uno riguarda un incendio “de centum salmis grani vel circha” di circa 100 salme di grano “combustis noctistempore in vallibus” bruciate nottetempo nelle valli (poste verosimilmente a nord-est di Amelia). Si decide di nominare alcuni cittadini “ad perquirendum ac inveniendum dictum incendium et malosfactores” per investigare circa detto incendio e cercare di scoprirne gli autori. Vengono nominati Gavino Ludovici, Ascanio Antonelli e Giacomo Genovini, con i più ampi poteri.

Vengono presentate anche alcune suppliche.

Una è esibita “per parte de quilli poverissimi orfani et figlioli remasti de Antonio de marcuccio già morto, dicendo et exponendo che ipsi sono remasti senza nisciuno soccurso, et in tanta inopia et povertà che appena se possono sostentare perché sono cinqui poverelli orfanelli quali sono de picchola età et continuo sono molestati ad pagare le dative che continuo occorrono in questa Cità et ali poverelli serria cosa impossibile de possere restare (resistere) ale dicte gravezze tanta è la loro miseria”. Si fa loro grazia delle imposte pregresse e per i prossimi cinque anni di quelle future da imporsi “pro capite et foculari”.

Altro argomento trattato riguarda un credito vantato da un certo Giannone verso “quendam menecum” un tal Menico del Castello di Penna, ascendente a sette ducati e, per il quale, ad istanza di Giannone, si scrisse più volte dagli Anziani al Castellano di Penna, che volesse far pressione sul debitore per il saldo del detto credito, ma senza aver ottenuto alcun risultato positivo. Si decide di far scrivere ancora una volta al detto Castellano, che voglia far esecuzione contro il debitore o, almeno, farlo pervenire in Amelia ad accordarsi con il creditore. Se, poi, tale ultimo appello risultasse inascoltato, “dicto Jannono concedantur represalie contra homines Castri penne et in eorum rebus et bonis” a detto Giannone verrà concesso diritto di rappresaglia contro gli uomini di Penna ed i loro beni. (2009)


4  -  Vi sono molte lamentele circa il grano fornito ad Amelia da Malatesta Baglioni. Nel consiglio -eccezionalmente riunitosi “in domo confraternitatis laicorum” presso la sede della Confraternita di S. Maria dei Laici- il 4 Agosto 1528 si discute cosa fare a questo proposito, in quanto “communitas nostra pluribus de causis sensit se gravata” la nostra Comunità se ne sente ingiustamente onerata per diversi motivi “et primo quia pretium solitum fuit excessum, quia non solitum per loca circumvicina” prima di tutto, perché il prezzo richiesto dal Baglioni risulta eccessivo, rispetto a quello praticato nei paesi limitrofi; in secondo luogo, in quanto il grano fornito “non fuit nec est recipiens” non risulta essere di buona qualità, “ita et taliter quod nemo id emere vult”, tanto che nessuno lo vuol comprare “propter dictum defectum” a causa di un tale difetto. Il consigliere Aurelio Boccarini -definito dall’aulico cancelliere “vit potens eloquio et facundia”- propone “quod mictatur unus nuntius  ad dictum dominum malatestam ad excusandum nostram communitatem de dicto pretio ita excessivo et de non bonitate dicti granj” che s’invii un oratore al Malatesta, perché voglia ritenere scusata la nostra Comunità (si avverte una punta di buona virtù diplomatica) se il prezzo le sembra eccessivo e la qualità del grano fornito non è ritenuta buona, “exponendo eidem domino malateste quod homines nostre civitatis potius volunt emere panem jn Platea, licet sit damnosum, quam emere de dicto grano”, facendo presente al Baglioni che gli uomini di Amelia preferiscono comprare il pane sulla Piazza, benché non buono, piuttosto che comprare il suo grano “et nuntius qui ibit secum portet in saccula de dicto grano et dicto domino malateste id ostendat” e l’oratore da inviare a Malatesta rechi con sé in una sacchetta un poco del grano fornitoci e glielo mostri.

Il Malatesta risponde da Bettona il 9 Agosto successivo, cercando di rivoltare la frittata a suo favore, affermando: “Noi essendo ab antiquo stati bon figlioli de quella (Comunità) et sempre desiderosi satisfare a sui honesti desiderj ... Poi che quelle (Magnifiche Signorie) non hanno più bisogno del grano, che questo ce jmporta pocho et ce lo repigliarimo, maxime per essere come havemo detto desiderosi di fare piacere a testa magnifica communità et quando il grano mio non li fosse piaciuto ... io li harria dato grano bono recipiente et merchantile. Né altro ci occorre”. (2011)


4  -  E’ morto il canonico Petrillo Damiani -di buona memoria- ed il Priore di S. Pietro in Parlascio, Don Matteo di Simone, insieme al canonico Bastiano di ser Gori, il 4 Agosto 1429 eleggono, a sostituirlo, prete Ruggero Mandosi, in considerazione della vita, della cultura e delle virtù del medesimo. Il Capitolo di S. Pietro, a mezzo del procuratore prete Bartolomeo Colay, unitamente al neo eletto Ruggero Mandosi, chiedono al Vescovo Filippo Venturelli, la conferma dell’elezione. Lo stesso fa affiggere “ad valvas ecclesie Sancti Petri” ai battenti della porta della detta chiesa, secondo la consuetudine, l’editto di nomina, invitando, come da prassi, gli eventuali oppositori a presentargli le loro ragioni entro due giorni dall’affissione. Il termine decorre senza alcun reclamo ed il Vescovo conferma l’elezione del Mandosi. (2014)


5 - Il 5 Agosto 1499,  Giovanni Borgia, “Sancte Marie in Via Lata Diaconus et Cardinalis Legatus Perusie Ducati Spoletini” scrive agli amministratori di Amelia: “Havendo la S. de N.S. (papa Alessandro VI) novamente destinato al governo de quella provintia (il Ducato di Spoleto) la Ill.ma Madama Lucretia Borgia Duchessa de Biselli quale lunedì prossimo che serrà dodici del presente (mese) se troverà in la roccha de Spoleti et che deo dante serrà sua residentia et essendo voluntà de Sua S.tà sia ben veduta et visitata da tucti li popoli de quella provintia; ne è parso conveniente premonirve che da lunedì in poi, quanto più presto possibile sia, debbeate mandare vostri Ambasiatori ad visitarla et presentarla congruamente come se adconviene ad S. S.tà et questo esequerete per quanto havete cara la gratia de S. S.tà et nostra”.

Bisogna ubbidire. E, d’altronde, ai quei tempi, chi poteva far mostra di non tenere nel debito conto di “havere cara la gratia” di due tipi tanto poco malleabili come Alessandro VI ed il Cardinale Giovanni Borgia, suo figlio?  

E così, i prudenti Amerini inviano esploratori a Spoleto, per sapere come si comporteranno gli altri comuni in tale circostanza. (1999)


5 - Amelia e l'intero Stato della Chiesa sono dominati da parenti del papa Pietro Tomacelli (Bonifacio IX) e da altri napoletani. Giovannello Tomacelli, fratello del pontefice, il 5 Agosto 1403 invia in Amelia quale commissario il Dr. Donadeo di Narni, a far presente agli Amerini che esso Giovannello "sit dominus dicte civitatis" sia il padrone della città e che "vult habere ad manus suas omnes introitus et exitus dicte Civitatis", debba avere sotto suo controllo sia le entrate che le spese del Comune. Gli stessi Anziani vengono periodicamente designati ed imposti dal detto Tomacelli. L'invio di Donadeo è accompagnato da una lettera molto significativa, nella quale Giovannello ribadisce il concetto che, per "regervi in buono stato intendemo lentrate de questa ciptà aver in nostre mani" e non prestino ascolto a nessun altro che a Donadeo e se altri dessero disposizioni di effettuare consegne di denaro a nome del Tomacelli, "dicemo che loro menteno per la gola. Declaràmove che le dicte intrate omninamente lentendemo avere a le mano nostre et che questa ciptà non vada in tirannia ma che sempre may  stea a perfecta fedeltà de nostro Signore et de Sancta Chiesa".

Ma che cosa avrà inteso dire il Tomacelli con le parole "non vada in tirannia"? (2001)


5  -  Il notaio Moricone Cerichelli il 5 Agosto 1532 redige un atto mediante il quale un tal viterbese, che ha riportato due ferite da Giovanni, figlio di Dardano Sandri, lo perdona, “pacis osculo interveniente” con tanto di bacio della pace.


6 - Nelle riformanze del 6 Agosto 1427 è riportata la seguente annotazione:

“Supradicti d.ni Antiani eligerunt Ser Tomas Ser Laurentij iturum ad Magnificos viros Paulum Columna et Gactam Melatam super dampnis que cotidie inferuntur per suas gentes ...” Gli Anziani elessero Ser Tommaso di Ser Lorenzo quale inviato ai magnifici Signori Paolo Colonna e Gattamelata (il condottiero Erasmo da Narni) per trattare dei danneggiamenti quotidianamente inferti dalle loro genti in territorio amerino.

Nulla si dice del risultato del colloquio; soltanto un laconico “Qui dictus ivit equester et redivit” Il suddetto andò a cavallo e ritornò. E’ da credere che non se ne sia ottenuto niente. (2008)


6  -  Il 6 Agosto 1647 nel consiglio decemvirale si legge un memoriale “dato per parte del S.r Vicino Orsino” ed un altro del “moderatore del nostro horloggio”. Fu, inoltre, data lettura di una lettera diretta a Mons. Ill.mo Caetano, con la quale s’ingiunge “di riportare a Viterbo ventinove moschetti, ventinove picche, dui alabarde, otto bandoliere, et sei forcine da moschetti, lasciate dal S.r Capitano Magnoni in mano del Brancatelli deputato ... et per condurre detta robba menò quattro cavalli sopra di se (con sé) et uno ne menò  un’altro (e) vogliono essere pagati”. Si parla anche di “pane fatto spianare per la soldatesca”. Il discorso è piuttosto nebuloso, ma la cosa chiara è che c’è sempre qualcosa da pagare! (2009)


6  -  Secondo quanto lasciato scritto da Lorenzo Leoni, nella sua opera “Vita di Bartolomeo d’Alviano” (Todi - 1858), citata da Sandro Bassetti, nel suo libro “Bartholomeo “Liviano” d’Alviano” (ELLERANIeditore 1999), sotto la data del 6 Agosto 1500 risulta riportata la fine di Altobello Chiaravalle da Canale, nell’assedio di Acquasparta. Cita il Bassetti: “13.000 soldati molti dei quali inviati da Lucrezia Borgia duchessa di Spoleto e governatrice di Foligno, al comando di Giovanni Serbelloni, di mons. Domenico Capranica, di Giulio e Paolo Orsini, di Gian Paolo Baglioni, di Vitellozzo Vitelli, di Ludovico Atti, di Bartolomeo Liviano d’Alviano e dell’abate Bernardino suo fratello, mettono in fuga i Chiaravallesi i quali, ridottisi da 8.000 a soli 400, si rinchiudono, asserragliandosi in Acquasparta, dove, dopo quattro giorni di assedio e dieci ore di cannoneggiamento delle mura occidentali della città, vengono presi e la maggior parte, insieme ad Altobello Chiaravalle da Canale, passati per le armi”.

Prosegue il Leoni: “Venuto in mano  degli avversari suoi fu il giovine (Altobello) dispogliato e così ignudo disteso sur un desco e legatovi, sicché non potesse dar crollo ...  Ludovico Atti ... si recò sulla piazza. Un cotal rugghio mise il Chiaravallese quando si vide dinanzi agli occhi il nimico suo, e così sul nefando suo letto si distorse, che fece tutti impallidire; e parea che l’anima sua volesse pur senza l’aiuto delle membra pigliar qualche vendetta. Ma Ludovico, senza far motto, trassesi avanti e a due de’ suoi scherani accennò e costoro, fattisi dappresso allo sventurato, in sul cuore gli piantarono  le coltella. Altobello noverava l’anno vigesimo sesto dell’età. Egli era spirato e le rotte membra in sul desco giacevano sanguinolenti. L’orrenda stipa (folla) che l’accerchiava non si scemava per sazietà di vendetta, anzi, con gli occhi stralunati, pure a quel desco avevano intesi gli sguardi; ed ecco uno più ebbro degli altri e più forsennato, corre a spiccarne un membro e gli altri si accalcano e fanno il somigliante e brandiscono in sul capo loro quelle straziate e sozze carni e ne portano a casa e ne viene la fame e, cosa nefanda, ne mangiano, ne danno da mangiare, se ne compra, se ne vende e nessuno si adoperò a spegner la rabbia. Ad una sozza vecchia, dagli anni macera e dalle lunghe angoscie, rimase, perché aveva dato di morso nel cuore dell’Altobello, il soprannome della Sparviera. Aveva costei veduto gli squarciati petti dei figliuoli e del marito, famigli e scherani degli Atti e, nella pallida faccia, non aveva più balenato che in quel crudele giorno, per quell’immane pasto, la gioia!”.

Di tante feroci nefandezze resta un’eco nelle riformanze del giorno 19 seguente, in cui viene laconicamente annotato dal solerte Cancelliere:

“Cum per Vitelloctium de castello et dominos Ursinos et eorum complices et adherentes cum maximis copijs obsessa esset terra Aqua Spartana” poiché da parte di Vitellozzo di Castello ed i Signori Orsini e loro complici ed aderenti la terra di Acquasparta venne assediata con gran numero di armati “jnfelici auspitio a dictis hostibus die xviiij Mensis Agusti MCCCCC terra Aqua Spartana predicta capta et oppressa fuit” con infausto auspicio (esito) detta terra di Acquasparta il giorno 19 del mese di Agosto 1500 venne conquistata ed oppressa dai sopra citati nemici, “cum magna clade eorum qui intus dictam terram inventi sunt, qui gladio interfecti sunt” con grande strage di coloro che vi vennero trovati all’interno, che furono uccisi con la spada “ex quibus aliquos nobiles claravallenses mihi notos numerabo: quorum nomina inferius annotata sunt, videlicet:” fra i quali menzionerò qui appresso i nomi di alcuni nobili Chiaravallesi a me noti, cioé:

“Altobellus francisci de canali ut fertur” Altobello di Francesco di Canale, secondo quanto si dice;

“Hyeronimus perjohannis de canali” Girolamo di Pier Giovanni  di Canale;

“Johannis Danielis de fractutia” Giovanni di Daniele di Frattuccia;

“Nomina autem aliorum interfectorum quia mihi non sunt nota, jdeo hic non descripsi” I nomi degli altri uccisi, non conoscendoli io, non li ho qui riportati.

Ma le vicende occorse ad Acquasparta torneranno ad interessare gli Amerini, come specificato più oltre, sotto la data del 16 di questo stesso mese. (2010)


6  -  “Quoniam circum circa suspitio pestis vagatur ...” poiché il sospetto della peste si diffonde all’intorno ... E’ il principale punto posto all’ordine del giorno nel consiglio decemvirale del 6 Agosto 1526 e Aurelio Boccarini, “vir consideratus”, sale sul pulpito delle arringhe e, “Salvatoris nomine prius jnvocato” dopo l’invocazione del Nome del Salvatore, propone che gli Anziani eleggano due cittadini “qui faciant nova capitula pro dicta sanitate conservanda” che redigano i nuovi capitoli per la conservazione della salute pubblica e nominino, altresì, tre Soprastanti per la loro osservanza. Vengono eletti per la redazione dei detti capitoli Aurelio Boccarini e Pompilio Geraldini i quali, con la massima celerità, il dì seguente “in sala Antianalis Palatij” nella sala del palazzo anzianale, “jnfrascripta Capitula edidere” sono in grado di presentare e pubblicare i seguenti capitoli, dei quali si trascrivono i seguenti:

“Jn primis, che ogne persona tanto citadino quanto destrectuale debia dare obedientia alli dicti soprestantj sotto pena de dece ducatj ...

“Jtem che li soprestanti predicti debiano officio per officio invitare li Portanari dela Porta Pisciolina li quali durante loro officio non se possano partir da dicta Porta sotto pena de un ducato doro et privatione del suo salario et si serrando (saranno) trovati ad jocare caschino in pena de perditione del salario loro et qualuncha laccusarà guadagnarà lo quarto del suo salario guadagnato.

“Jtem che li soprestanti (i) quali serrando electj dali s.ri Antiani et recusaranno caschino jn pena de doi ducatj per ciaschuno che recusasse, da scriverse subito allibro de specchj.

“Jtem che nullo soprestante possa elegere alchuno Portanaro che sia gabelliere o habia altro officio alla Porta.

“Jtem chi entrasse sensa licentia del Portanaro caschi jn pena de dece ducatj.

“Jtem che non se lassi entrare alchuna persona che venisse de fora da qualuncha loco excepto da quelle Terre (che) serrando scripte et assegnate al Portanaro, li quali venientj da lochi cossì descripti non possano entrare sensa bollectino et juramento.

“Jtem che nisciuno se possa approximare alhostaria de Mannella et altre hostarie de fore ad dece passi sotto pena deuno ducato.

“Jtem che se serri la Porta de Jlione per tucto vendembie proxime future.

“Jtem che li frati de San Jo(hanni) et li frati de S.ta Maria de Monticelli non possino receptare alchuno sensa bollectino sottoscripto da tucti soprestantj.

“Jtem che nisciuno possa andare fora del destricto de Amelia sensa licentia deli soprestantj et sensa bollectino sottoscripto da tucti e tre li soprestantj, alli quali debia far noto dove vole andare, dal qual loco debia reportare el bollectino.

“Jtem che tucti quelli (che) tornerando (torneranno) da lochj sospecti che siano obligati star de fora doi lune ... et che nisciuno se accosti alli sopradictj ad dece  passi et non possano entrare dentro ... et mai possano rentrare jn Amelia sensa bollectino delli soprestanti sottoscripto da loro tre, sotto pena de quattro ducatj per ciasche persona et ciasche volta et chi laccusarà guadagnarà quattro carlini per volta et serrà tenuto secreto ...

“Jtem che li soprascripti non possano allogiare jn nisciuna stantia sensa saputa et licentia deli soprestantj, li quali li habiano ad consignare (indicare) el loco dove habiano ad stare.

“Jtem che li mulactieri (che) haverando (avranno) libertà de andare ad Roma debiano stare de fora  et habitare da Monte negro (Montenero) jn giò (giù) ... non pratichino con altre persone né dare robe de nisciuna sorte  ad alchuna persona sensa licentia deli soprestanti et che nisciuno se possa accostare alloro né ad loco dove starrando (staranno) ad dece passi, né recevere loro robe sensa licentia.

“Jtem (che) quelli che li portarando ova o altre robe, le debiano portare con un testimonio approbato dali soprestanti.

“Jtem che nisciun contadino possa allogiare né dare ad magnare a alchuno che venisse de fora del destrecto de Amelia.

“Jtem lo allogiare et lo entrare de quelli (che) venissero de loco suspecto se remette alla descritione (discrezione) de soprestantj.

“Jtem che nisciuno possa dare ad (da) magnare (e) a bevere  ad forestieri ... sensa licentia deli soprestantj excepto lhosti de fora.

“Jtem che non se possa vendere né comperare nel destrecto de Amelia fora de la Cita da forestieri sensa licentia de soprestantj.

“Jtem che tucte massaritie et vasella et altre cose che se portarando (porteranno) ad quelli che sondo (sono) de fora non se possano reportare jn Amelia, sotto pena de quattro ducatj per persona et ciasche volta.

“Jtem che li ferrari non possano ferrar forde (fuori de) la Cita sensa licentia de li soprestantj.

“Jtem qualuncha contrafarrà alli soprascripti Capitoli dove non fosse pena specifiicata caschi in pena de ducatj dece et jn tucti soprascripti et jnfrascripti Capitoli sia tenuto el patre per el figlio, el fratello per el fratello, el seculare per el prete et lo padrone per el garzone.

“Jtem qualuncha persona fosse pertinace et obstinato et non volesse obedire alli commandamentj deli soprestantj che oltra la pena jn la quale serrà jncurso li prefati soprestantj habiano facultà et potestà (di) andare allecase de dicti jnobedientj col foco et jnfocarlj et farli jnfocare le case sensa respecto alchuno ad loro piacimento et arbitrio.

 “Jtem che li prefati soprestanti siano sollecitj et diligenti in observare et far observare tucti li soprascripti Capitoli, sotto pena de un ducato doro per ciasche soprestante (che) non observasse dicti Capituli, da scriverse ad libro de spechij da li signori Antiani che serrando (saranno in carica), li quali si serrando negligentj, li Antiani che entrerando (subentreranno) debiano scrivere ad (nel) dicto libro dicti Antianj negligentj per dicta pena; da applicarse dicte pene alla Cappella de San Rocho.

“Jtem che la Communità de Amelia sia tenuta et obligata relevare da ogne danno molestia et spesa dicti soprestantj che li potesse per cascione de dicto officio accadere, et defenderli da ogne molestia li fosse data, tanto da superiori, quanto da ognaltra persona, usando lo loro officio con ogne asprezza (severità) et sensa respecto de alchuna persona de qual se voglia grado o conditione.

“Et in tucte le altre cose che occurreranno li prefati soprestanti habiano auctorità (di) adiungere quelli Capitoli che più necessarj alloro parerà et piacerà, secundo la lor prudentia et descritione (discezione)”.

Segue l’annotazione che gli Anziani ed i Soprastanti hanno dato incarico a Giovanni Fiorentino e Gianfrancesco di Marco, “trombetti” (“tubicinibus”), che si rechino “per loca publica et consueta” e, “de ritu tubarum sono premisso” premesso il rituale squillo di trombe, bandiscano e rendano di pubblica ragione tutti i soprascritti Capitoli della Sanità (“bandiant et preconizent omnia suprascripta Capitula Sanitatis”, secondo il mandato ricevuto. (2012)


6  -  Il 6 Agosto 1328 vengono trattati alcuni provvedimenti di ordine pubblico. Innanzi tutto, se avverrà che uno sbandito da Amelia per un qualche reato da lui commesso andasse in un Castello del comitato amerino o vi si stabilisse, gli uomini e la comunità dello stesso siano tenuti a catturarlo e consegnarlo alla curia del Comune, alla pena di cinquanta libre, da pagarsi da chi contrafacesse (“si contigerit aliquem exbanditum communis Amelie pro aliquo mallefitio ire ad aliquod castrum comitatus et districtus dicte Civitatis, seu stare vel morari in eo, homines et universitas ipsius castri in factum teneantur et debeant ipsum exbanditum et exbanditos capere et curie communis Amelia presentare, ad penam L. librarum ab ipsa universitate quotiens contrafecerit auferendarum”); e gli uomini che fossero presenti ed abitanti nella stessa contrada siano tenuti immediatamente ad attivarsi con grida ed a rincorrerlo, catturarlo e consegnarlo alla detta curia, alla pena di dieci libre per ciascuno di loro che contravvenisse a tale ordine (“homines vero speciales qui presentes fuerunt et in ipsa contrata morabuntur et quilibet eorum teneantur statim contra ipsum exbanditum elevare rumorem et ipsum sequi, capere et dicte curie presentare, ad penam x, librarum pro quolibet eorum qui contrafecerit in aliquo predictorum”): Se poi lo sbandito si difendesse fuggendo e venisse colpito da qualcuno che volesse impedirne la fuga, costui non sia tenuto a pena alcuna (“Si vero exbanditus huiusmodi in dicta fuga se defenderit et in ipsa defensione fuerit offensus ab aliquo qui eum fugaverit, offendens ad penam aliquam nullatenus teneatur”). In tali procedimenti, il podestà in carica sia tenuto, ogni mese, a far solenne inquisizione e condannare i colpevoli, e se si mostrerà negligente, al tempo del suo sindacato gli vengano defalcate cinquanta libre dal suo salario (“Super quibus potestas qui pro tempore fuerit ad regimen dicte Civitatis teneatur singulis mensibus facere de predictis et quolibet predictorum sollempnem inquisitionem et in dictis penis repertos culpabiles condempnare. Si autem potestas predictus negligens fuerit, in L. libris de suo salario tempore Syndicatus sui offitij condempnetur”). Da tali procedimenti vengono espressamente esclusi alcuni  di Sambucetole, sbanditi e condannati, cioè Carlo Ranelletti, Pasquale Giovannetti, Lello Tudinoni, Tusitto Ceccoli, Francesco Giacoboni e Simone, figlio di Giovanni di Salomone, nonché Andrea Martocci e Vannucolo Manni,  “qui stare possint ubi eis placebit absque pena receptantibus inferenda”) i quali possano stare dove a loro piacerà, senza alcuna pena per quelli che dessero loro ricetto. E’ da credere che costoro fossero stati graziati. (2014) 


6  -  Il 6 Agosto 1474 il Vescovo Ruggero Mandosi, “animadvertens ingratitudinis vitium vehementer deo et hominibus  displicere” consapevole che il vizio dell’ingratitudine in massimo grado spiace a Dio ed agli uomini e volendo evitare di cadervi egli stesso, in considerazione delle cure usate da suo fratello Santoro  nei confronti della sua persona e delle sue cose, nonché dei servigi da esso ricevuti e che spera di ricevere in avvenire, gli fa integra donazione della parte di sua spettanza su tre case in Amelia, su di un mulino ad olio in contrada Porcelli e su di un terreno piantato a vigna “in Vocabolo Trulli, juxta ipsum Trullum”. Da quanto esposto, si deduce che il nome “Trullo” era già noto e praticato fin dal XV secolo per designare la piramide -allora certamente integra- esistente lungo la Via Piana.

A poco più di sessant’anni di distanza, il 6 Agosto 1536, la Cappella di S. Angelo in Cattedrale, rimessa al Capitolo per rinuncia di Stefano Arcangeluzzi, passato con la famiglia nel Castello di Onano, dietro preghiera di Mons. Baldo Farrattini Vescovo Liparense, è trasmessa e concessa in giuspatronato dei Farrattini. (2015)


6  -  Il 6 Agosto 1535 il notaio Moricone Cerichelli è chiamato a redigere un atto con il quale viene dimostrata grande forza d’animo e carità cristiana, poste in essere dopo un efferato fatto di sangue. Trattasi di certa Apollonia di Silvestro, di Montecampano, la quale, “ad onor di Dio e dela Beata Vergine, accorda pace a Mario di Menico”, suo cognato, “per tutte le ingiurie da esso ricevute e massime per aver ammazzata la moglie Francesca, sorella di Apollonia” e, quindi, compie tale atto “ut deus misereatur anime sue et omnium defunctorum” affinché Dio abbia pietà della sua anima e di tutti i defunti, compresi i morti ammazzati e chi li ha resi tali! (2014)


7 - La Delegazione Apostolica di Spoleto in data 7 Agosto 1819 significa al Gonfaloniere di Amelia la mancata approvazione della delibera consiliare del 21 maggio precedente, giustificandola come segue:

“Allorché la Comunità di Amelia ha dovuto gravare quelli abitanti con nuove imposizioni e dazi, per accorre ai ripari delle accadute rovine delle cisterne e dei pozzi, non è certamente espediente di accrescere i pesi senza una precisa necessità. Non ostante dunque la risoluzione presa dal quel Pubblico Consiglio sotto li 21 Maggio prossimo passato di assegnare al Distributore delle lettere della posta annui scudi venticinque, da desumersi dai fondi della Tabella e di sopprimere il quattrino a lettera, come si è sin qui pratticato, la Sagra Congregazione valutando ancora l’opposizione dei Deputati degli Ecclesiastici ed i riflessi da loro allegati, ha creduto di non dover compartire alla suddetta Risoluzione Consiliare l’implorata approvazione. Si contenterà V.S. pertanto di ordinare che su tal particolare venga pure osservato il solito. E Dio la prosperi”. (1999)


7  -  Nel consiglio decemvirale del 7 Agosto 1504 si legge la supplica di Bernardino alias Riccio di Marcuccio (altrove Pricano), del seguente tenore:

“Se supplica per parte del vostro fedelissimo servitore  et povera persona bernardino alias Riccio de marcucio el quale dice essare condempnato (in) cento vel circa (libre) per cascione se dice havere rocta la prescione in contumacia el che non fo né è el vero perché esso trovò luscio aperto et non ruppe, per la qual cosa humilmente se recommanda alle V. M. S. farli gratia et remissione de decta pena et farli cassare et annullare decto processo et condempnatione. Jtem (inoltre) appare condempnato in libris mallefitiorum (nel libro dei processi penali) in libre 700 perché introne (entrò) in casa de Angelo de malcento da montecampano  et da una cassa tolse ducati dudici (sic) et altre robe de decta casa, pertanto recurre ad V. M. S. et tucto el consiglio (che) li voglia fare gratia de decte condempnationi con cosa sia che è daccordo con li principali el che receperà ad singolare gratia da le V. M. S. et spectabili consiglieri li quali dio conservi in bono stato come disidarano”. Nello stesso consiglio Stefano di Bartolomeo, “vir spectabilis”, “dixit et consuluit super supplicatione Bernardini alias riccio de precano quod solutis per eum decem ducatis de carlenis” disquisendo circa la supplica di Bernardino alias Riccio di Pricano, propone che, dopo che quest’ultimo avrà pagato dieci ducati di carlini, “cassentur et abolentur processus et condempnationes dicti riccij” gli vengano cancellati i processi e le condanne a suo carico, “non obstantibus quibuscumque” cioé, praticamente, nonostante tutte le colpe commesse. La proposta viene accolta con 13 voti favorevoli ed uno solo contrario. (2011)


7  - Nel consiglio decemvirale del 7 Agosto 1541 vengono affrontati argomenti di vario genere. 

Un tal Basilio, detto “Cecamerle”, risulta iscritto nel libro delle condanne penali per un importo ammontante a dieci scudi, “pro spretis mandatis”, cioè per aver contravvenuto (letteralmente: disprezzato) agli ordini ricevuti. Ha presentato una supplica per ottenere una riduzione del debito. Nel consiglio generale seguitone lo stesso giorno, il consigliere Dardano Sandri propone che “solutis bonenenis  quinquaginta, de reliquo fiat sibi gratia” paghi soltanto cinquanta bolognini e gli si faccia grazia del residuo.

Sullo stesso piano di Cecamerle, si trovano Pierbattista Mascogni e Ottaviano e Giulio Geraldini, rispettivamente condannati a dodici libre il primo ed a quarantacinque fiorini ciascuno gli altri due. Anche per loro, la decisione che viene pronunciata è di ridurre al primo la pena ad un terzo ed agli altri due a quindici ducati di carlini per ciascuno e si rimetta loro il residuo della pena.

Molti citttadini ed abitanti del contado, compresi alcuni forestieri, si oppongono al pagamento delle imposte comunali, “propter exemptiones a Communitate” vantando di averne avuto esenzione dalla Comunità. Fra coloro che hanno fatto opposizione, figurano Cesare e Francesco Catenacci. Il consigliere Ser Ludovico Nacci -“vir gravissimus”- espone che “omnes jmpositiones que causa summi Pontificis seu eius agentium imponuntur quomodocumque et qualitercumque solvere teneantur” tuttte le imposte che vengono applicate dalla Curia Papale e dai suoi agenti debbano venir soddisfatte in qualsiasi modo da coloro a cui vengano richieste, “non obstantibus quibuscumque  exceptionibus eisdem concessis” malgrado le esenzioni da essi vantate, “exceptis illis qui ad triremes missi fuerunt” ad esclusione di coloro che vennero reclutati per essere imbarcati sulle triremi “et exceptiones obtinuerunt” ed ottennero la relativa esenzione dal pagamento, i quali “nullo modo ob aliquas jmpositiones quomodocumque ordinandas molestari possint” in nessun modo possano venir assoggettati ad ulteriori gravami.

V’è, altresì, da affrontare un argomento “super bono publico” di interesse pubblico: “ad hoc ut stratas et fontes revidendo continue reactentur” affinché, con il continuo controllo, le strade e le fonti vengano mantenute in piena efficienza, Stefano Vatelli propone “quod viales communis auctoritatem habeant eligendi  duos homines pro qualibet contrata qui curam habeant ut vie omnes reparentur et reactentur et qui contrafecerit incidat in penam duorum scutorum et si Antiani fuerint negligentes in exequendo predictam penam incidant in penam similem scribendam in libro speculorum per cancellarium sub poena unius scuti applicandi pro quatuor partibus communi et quinta vialibus”: che gli addetti alla viabilità comunale (“Viali”) abbiano autorità di eleggere due uomini per contrada, i quali curino che tutte le strade vengano riparate e riattate ed i colpevoli siano sottoposti alla pena di due scudi e se gli Anziani si mostreranno negligenti nell’applicare dette pene, cadano, a loro volta, nella stessa sanzione, che dovrà venir riportata nel Libro degli Specchi (cioè dei pubblici debitori) da parte del Cancelliere del Comune, sotto pena -anch’esso!- di uno scudo, da applicarsi per quattro parti al Comune e per l’altra ai Viali. Si delibera, altresì, che l’acqua “fontis sancte non divertatur a loco suo, ne strata ibi existens deguastetur, sub pena scutorum quatuor applicandorum pro tribus quartis Communi et una quarta accusatori” della Fonte Santa non venga deviata dal suo corso, affinché la strada ivi esistente non subisca danneggiamenti e, ciò, sotto la comminatoria di quattro scudi, da applicarsi per tre quarti al Comune e per un quarto a chi ne farà la denunzia. (2012)


Il 7 Agosto 1542, davanti al Guardiano di S. Francesco, quattro suore pinzocchere, “flexis genibus” in ginocchio, fanno promessa di vivere e morire “sub sequela Beati Francisci” sotto la regola francescana, obbedire alle correzioni, vivere in pace, ecc. (2014)


8 - Dalla Direzione di Polizia Provinciale di Terni, Delegazione di Spoleto, l’8 Agosto 1819 il Gonfaloniere di Amelia riceve la seguente comunicazione:

“Monsignor Delegato mi previene che, in adesione all’istanza ha permesso, che nell’imminente ricorrenza della SS.ma Assunta possa celebrarsi in codesta Città lo Spettacolo della  Giostra del Bue.

“Tanto partecipo a V.S. Ill.ma, affinché non si manchi della necessaria sorveglianza per la sicurezza de’ palchi, quanto per la pubblica tranquillità”.

Resta da sapere in cosa consistesse la “giostra del bue”! (1997)


8 - Per risparmiare sulla pubblica illuminazione, gli Amministratori di fine '800 ricorrevano anche allo stratagemma di tenere spenti i lampioni nelle notti di luna. Ma sembra che talvolta si esagerasse. Ecco qualche commento in proposito del periodico AMERIA dell'8 Agosto 1897:

"Abbiamo inteso dire da molti, e noi pure diciamo con essi, che è una cosa veramente ridicola ed irragionevole che nelle sere in cui la luna sparisce dal nostro orizzonte circa le ore ventuna o ventidue, non vengano accesi affatto i lampioni e si lasci il paese in piena oscurità. Che la "Casta Diva" supplisca, colla sua agentea luce, a quella del petrolio e cooperi alla economia del nostro Comune ci sta bene, ma che si pretenda che essa debba arrestare o modificare il suo cammino per nostro comodo ci sembra cosa veramente assurda". (2006)


8 - Sul periodico “AMERIA” dell’8 Agosto 1897 fra la cronaca vennero pubblicate due notizie che, almeno in questo caso, non fanno rimpiangere l’epoca dei nostri avi. Eccole.

“IL BUTTO - E’ veramente biasimevole e giusta causa di continue lagnanze l’abitudine, invalsa da qualche tempo, di gettare durante il giorno e più specialmente nelle ore in cui molti se ne stanno pacificamente fuori di casa, godendosi il fresco, delle macerie nel butto in Piazza Vittorio Emanuele, causando così un sollevamento di polvere a danno degli occhi e degli abiti dei presenti ed un fatto sconveniente per il pubblico decoro.

“Invochiamo in nome anche di tutti gli abitanti in detta piazza un adeguato provvedimento”.

“IL PANE - Ci viene riferito che nei giorni passati si è venduto in un forno del pane nel quale la terra superava le dosi della farina. Se è esatta la nostra informazione, rivolgiamo la giusta lagnanza a chi di ragione, per gli opportuni e rigorosi provvedimenti in proposito, tanto più che varie malattie vanno circolando pel nostro Paese”. (2008)


8  -   Sul periodico “AMERIA” dell’8 Agosto 1897 si legge la seguente notizia:

“Mentre la sera  del 25 Luglio il nostro Concerto musicale faceva servizio in piazza V. E., un certo T. A. di F., di circa 20 anni, stava cantando delle canzoni oscene in un punto elevato della Piazza. Redarguito ed invitato a cessare da quel canto dalla guardia municipale Gubbiotti Paolo, egli inveì con aspre parole contro il medesimo e tentò percuoterlo alla testa con una grossa seggiola. Accorsi i reali Carabinieri, fu da essi arrestato e condotto in questo carcere mandamentale, dal quale è poi passato a quello giudiziario di Spoleto”. (2009)


8  -  L’8 Agosto 1528 Giuliano Lena, romano, Vice Tesoriere del Patrimonio, scrive da Viterbo la presente lettera “patente”, fatta esibire da un suo “familiare”, per l’esazione del sale “apostolico” e del sussidio. Eccone il tenore:

“Mandamo jl presente exhibitore quale serra (sarà) Amico de caffaro de riofreddo nostro Familiare, per exigere li denari de salj et subsidij di ogni loco infrascripto ... exhortamo ad non manchare del pagamento secundo jl consueto, si che restiamo da voi satisfacti, Altramente si procederà contra di voi ala executione et ripresaglie. Jn fede de ciò se son facte le presenti sigillate col proprio sigillo. Data jn Viterbo A dì viij de Agusto M.D.XXVIIJ”.

Segue l’elenco di quanto dovuto dalle varie città:

“Horte deve pagare ducati 104 - Civita castellana ducati 100 - Narnj ducati 750 - Stronchone ducati 150 - Terani ducati 650 - Amelia ducati 337 - Otriculj ducati 102 - Collescipulj ducati 150 - Sancto gemino 100”.

Meraviglia constatare che quanto dovuto da Narni sia tanto elevato, addirittura superiore a Terni! (2011)


9  -  Nel maggior consiglio del 9 Agosto 1405 viene presentata una supplica da parte di Nanni di Pietro da Perugia, abitante in Amelia, conciatore di panni, condannato dal Vicario (del Podestà) a pagare diciotto libre e mezza “occasione qua percussit Nannem de Florentia uno calce et ipsum fecit cadere in terram” per cagione di aver percosso Nanni di Firenze con un calcio, facendolo cadere in terra; come meglio risultante dagli atti della curia del Vicario; “cum ipse sit actus dictam suam artem ad complacentiam omnium civium exercere et facere in dicta Civitate” e poiché lo stesso mostra abilità nell’esercizio di detta sua arte, che mette a disposizione della cittadinanza amerina “et cum sit pauper persona et servitor dicte Communitatis”, ma essendo povero e stimandosi a servizio della comunità, chiede  “quod amore dei ipsum admicti dignemini ad benignam compositionem dicte quantitatis et ipsum habere recommandatum de solita vestra benignitate et gratia speciali” che, per l’amore di Dio, i membri del consiglio si degnino ammetterlo ad una benevola riduzione di detta somma, raccomandandosi alla loro clemenza ed invocandone speciale grazia.

Gli si riduce la pena a sole 5 libre, da pagarsi entro il corrente mese di Agosto.

Lo stesso giorno gli Anziani, “cum habuerint claram notitiam quod Papa ad Civitatem Viterbij actinserit” avuta notizia certa che il papa (Innocenzo VII, il sulmonese Cosimo Migliorati) era giunto a Viterbo, decisero di inviargli ambasciatori nel numero da essi ritenuto conveniente per le necessità del Comune “et maxime visitandum eum et de sinistro eum occurso secum condolendum et ad offerendum sibi hanc communitatem” e soprattutto per fargli visita e a dolersi insieme a lui del sinistro occorsogli, offrendo al papa la  sottomissione della comunità.

Non si capisce a quale “sinistro” ci si riferisca, ma ben si conoscono le vicissitudini seguite all’elezione di Innocenzo VII ed i tumulti fomentati principalmente da Orsini e Colonna, oltreché dalla venuta a Roma di Re Ladislao di Napoli, cui si aggiunse la pretesa dell’antipapa Benedetto XIII d’incontrare il pontefice e gl’insulti dei romani, che incolpavano il papa di non cercare la composizione dello scisma d’occidente. In seguito, poi, all’eccidio di 11 membri di una delegazione popolare composta da 14 romani, presentatisi al papa, da parte dello sconsiderato suo nepote  Luigi Migliorati, a Roma ne risultò il caos e lo stesso pontefice ed i cardinali dovettero riparare a Viterbo. (2008)


9  -   Il 9 Agosto 1465 si procede ad aggiudicare all’asta pubblica alcune bestie “hominum de Lugnano reperte  in fraude gabelle quia transitabant per tenimentum Amerie cum tribus salmis melonum” degli uomini di Lugnano, sorprese, in frode della gabella, a transitare per il territorio amerino con tre salme di meloni, “nulla facta mentione de solutione gabelle” senza attestazione del pagamento di detta gabella. Dopo essere state fatte molteplici offerte, “viso quod nemo plus offerebat” constatato che non ve ne erano state di migliori, una cavalla morella venne aggiudicata a Fiordo di Giovanni, che offrì 6 ducati d’oro -in ragione di 72 bolognini a ducato- e 54 bolognini; un cavallo bianco fu aggiudicato a Piernicola di Montefalcone, per un ducato e 24 bolognini; un asino, aggiudicato a Ser Giacomo di Ser Paolo per 3 ducati e mezzo; tre pezzi di fune vennero assegnati al trombetta Andrea, per 11 bolognini; le tre salme di meloni, infine, si aggiudicarono a Margherita di Giovannotto per 64 bolognini.

Vale la pena di leggere quanto verbalizzato dal cancelliere in tale occasione,  in una pagina di scrittura fitta e minuta, sia per le operazioni d’asta, che per la successiva immissione nel possesso delle cose subastate, “secundum formam statutorum et ordinamentorum gabelle generalis dicte Civitatis” secondo le norme statutarie e gli ordinamenti sulla gabella generale, “supradictis emptoribus et cuiuslibet ipsorum ac eorum et cuiuscumque ipsorum heredibus et successoribus” ai sopradetti aggiudicatari ed a ciascuno di essi ed eredi e successori loro e di ciascuno di essi “in forma solemni valida et consueta” nella forma solenne, valida e consueta e posti, ognuno di loro, “in tenutam et corporalem possessionem” nel possesso e corporale consegna delle cose loro rispettivamente aggiudicate, con garanzia, da parte dell’autorità procedente, di “defendere bona facere auctorizare et etiam disbrigare ab omni molestante persona” difendere i beni assegnati, garantire, autorizzare e sollevare da ogni molestia gli aggiudicatari, con tanto di giuramento “ad sancta dei evangelia tactis scripturis” e toccate manualmante le sacre scritture.

Neppure se fossero stati messi all’asta poderi e castelli! (2009)


9  -  Il 9 Agosto 1502 nel consiglio dei X vengono, fra l’altro, esaminate alcune suppliche.

Una è presentata da “Augustino de Cilio de Ciolli, quale si trova condennato neli libri de Condennationi in Maleficij del Comuno de Ameria in libre di denari  sexanctotto per el maleficio per lui commesso contra di Pasquale di paulo di puccio, come in la dicta condennatione si contene, et perché, Magnifici Si.ri, dicto pasquale lui medesimo diede cascione a dicto Augustino de fare dicto maleficio, con ciò sia cosa sia povero, recurre ale V. S. si degnino farli gratia liberale, overo redurla a piccola quantità et comandare a chi specta che dal suo processo et sententia siano capsati et questo de dono et gratia se domanda da V. S. quali dio conservi in pacifico stato”.

Altra supplica è presentata dal “devoto servitore Joanni dambroscio di brancato aliter (altrimenti detto) el riccio, condennato in libre 250 per el malefitio per lui commesso in persona di gentiloccio de menicuccio dameria, con ciò sia che sia persona miserabile, si degnino fargline gratia singulare et comandare che si cassi el processo et sententia, aciò che per vigore dessi non possa più esser molestato et questo domanda de dono da V. S. M. quali dio conservi in felice stato”.

Nel maggior consiglio del giorno 11 seguente si delibera che ad entrambi si riduca la pena ad un quarto, della quale Agostino paghi 12 libre e Giovanni 9; il residuo sia da essi impiegato in prestazioni di opere nel restauro del Castello di Mimoia. (2010)


9  -  Per paura della peste che infuria nella zona dopo il passaggio delle truppe di Carlo V, con atto del notaio Bernardino de’ Acetellis del 9 Agosto 1527, prete Gian Giacomo fa testamento, rinunciando al Beneficio di Frattuccia, in favore di prete Nicola di Polidoro Novelli, sperando che, se mai, la peste tocchi a lui! (2014)


9  -  Il 9 Agosto 1544, la Comunità di Amelia, tramite il Legato Pontificio, acquista dalla Camera Apostolica il Castello di S. Liberato, per il prezzo di duemilaseicento scudi, oltre l’onere di pagare ventotto scudi all’anno ai frati di S. Francesco di Orte, a causa di un loro preteso diritto. Per far fronte al pagamento, il Comune contrae un mutuo di trecento scudi con una certa Caterina Nacci. A costei, s’impegna di pagare l’annuo interesse di trenta ducati d’oro ed, a garanzia, riserva i proventi della gabella del macello. (2015)


10 - Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio, nato a Roma da umile famiglia, pose il suo generoso temperamento al servizio della causa liberale e risorgimentale, combattendo per la difesa della Repubblica Romana.

Caduta la Città in mano ai francesi, si unì agli animosi che seguirono Garibaldi attraverso l’Umbria, per giungere a Venezia, passando per la Romagna. Sbandatasi la schiera guidata dal Brunetti, di cui faceva parte anche il figlio tredicenne Lorenzo, i superstiti vennero catturati dagli austriaci presso Ca’ Tiepolo e fucilati il 10 Agosto 1849. Lorenzo Brunetti celebrò in tal tragico modo il giorno del suo tredicesimo onomastico!

Una lapide posta sul palazzo di Via della Repubblica n.5, ricorda il passaggio per Amelia del coraggioso tribuno, ospite della Famiglia Franchi-Salvatori. (1997)


10 - Papa Alessandro VI il 10 Agosto 1501 scrive agli Anziani -che chiama “Dilecti filii”- affinché, per la conservazione dello stato pacifico della Città di Amelia, gli vengano inviati, entro il termine perentorio di sei giorni, dodici cittadini, di cui egli stesso fornisce i nominativi, per dare spiegazioni e giustificazioni “super nonnullis rebus” su alcuni argomenti, comminando “ipso facto” in caso di mancata presentazione, “excomunicationis late sententie rebellionis ac confiscationis omnium bonorum vestrorum et XXV milia ducatorum auri camere apostolice applicandorum, nec non interdicti, etc. ac omissionis omnium et singulorum privilegiorum, indultorum, gratiarum”; cioè di emissione di sentenza di scomunica e dichiarata ribellione, con confisca di tutti i loro beni ed obbligo di pagare 20.000 ducati d’oro da versare alla Camera Apostolica, oltre all’interdetto, ecc, nonché alla perdita di tutti i privilegi, indulti, grazie e chi più ne ha, più ne metta.

Fortuna che si trattava di “dilecti filii”!  E si sa bene che Alessandro VI era uno che di figli se ne intendeva! (2000)


10 - Era stato bandito un concorso per costruire una fontana per utilizzare al meglio l'acqua della fonte di Monte Labro. Il 10 Agosto 1445 "Magister Franciscus de Cuneo, audito bannimento", Mastro Francesco di Cuneo, sentito il bando, "obtulit velle fabricare apud fontem dicto modo pro pretio et salario quinque florenorum auri ad bol. 70 pro quolibet floreno" si offrì di prestare l'opera sua per l'esecuzione del detto lavoro, dietro compenso di 5 fiorini d'oro, in ragione di 70 bolognini a fiorino, "dummodo habens a communi omnia necessaria et insuper voluit etiam debere conciare lapides oportunos" a condizione che, dal Comune, gli venisse messo a disposizione tutto il materiale necessario, comprese le pietre occorrenti, che dovevano essergli fornite adeguatamente tagliate.

Si ha l'impressione che Mastro Francesco ne pretendesse un po' troppe! (2007)


10 - Con testamento redatto dal notaio Francesco Celluzi in data 10 Agosto 1407, Pietro Paolo del fu Cioni Pellegrini di Amelia lascia quale legato al suo erede la somma di 10 fiorini d’oro perché, dopo la sua sepoltura nella tomba paterna nella chiesa di S.Agostino, “in pariete iuxta ipsam sepulturam pigni faciat aliquas sanctorum figuras”, ed, in particolare, sulla parete adiacente alla sepoltura, faccia dipingere alcune figure di santi.

Anche Donna Andreola, figlia di Mannuzio Cerroni, con testamento rogato dal detto notaio sotto la stessa data, dispone che l’ esecutore testamentario canonico Simone Tomassi di Narni, dopo la sua morte, venda un terreno sito in Contrada Aquilano (presso la Via Ortana) affinché, con il ricavato, “fiant picture ad ornatum capelle, de qua ipsa est patronissa in ecclesia ameliensi sub Voc. S.cti Martini Episcopi”; siano eseguite pitture ad ornamento della cappella da lei posseduta nella chiesa sita al voc. S. Martino. Dispone, inoltre, che un altro terreno in contrada Gruttuli venga destinato a dote della stessa cappella.

Di queste pitture, quasi certamente opera di artisti locali, poco o nulla è rimasto. (2008)


10  - Il 10 Agosto 1554 si prendono, fra l’altro, in esame alcune suppliche. Una è presentata da tale Schioppo, condannato a pagare dieci scudi “quia vendidit vitulam non sigillatam” per aver venduto una vitella sprovvista del sigillo attestante il pagamento della relativa gabella.

Altra supplica è presentata da alcuni macellai, condannati alla pena pecuniaria di quattro ducati, “pro tempore quo non fecerunt carnem vervecinam in platea” per il periodo in cui, sul mercato di Piazza, non vendettero la carne di montone.

Anche il fornaio Sberto di Maccabeo aveva prodotto la sua supplica “pro penis incursis quia fuit quinquies repertus per Curiam non habere panem venalem” per le sanzioni applicategli dagli ufficiali della Curia che, per ben cinque volte, lo avevano sorpreso privo di pane da vendere.

Un tal Polito aveva subito una multa “quia eius aselli fuerunt reperti per curiam in fossis communis” perché i suoi asinelli erano stati sorpresi a pascolare in una proprietà pubblica.

I frati cucullati chiedono, poi, che venga loro elargito dalla comunità un cero “in festa S. Jacobi” nella festa di S. Giacomo (25 Luglio).

Infine, “Jo. Franciscus Perini petit sibi fieri licteras nomine communitatis” il pittore Gian Francesco Perini chiede che il Comune gli rilasci la bolletta per poter ritirare la quantità di grano che gli necessita, naturalmente pagandolo. Si vede che, in quel periodo, il frumento era soggetto a razionamento, come può dedursi da un provvedimento dibattuto nello stesso consiglio, “causa obviande penurie” per far fronte all’incombente penuria di generi alimentari. Tale circostanza è maggiormente evidenziata dalla decisione presa nel consiglio generale tenutosi nello stesso giorno, nel quale si decide di nominare tre cittadini per trattare “apud pontificem” presso il papa la possibilità che “potestas in futurum conducatur cum medietate salarij et medietate familie” per l’avvenire, al podestà possa ridursi alla metà sia il salario, che il numero dei familiari al seguito. Lo stesso consiglio riduce le pene incorse dai supplicanti e, per quanto riguarda l’offerta del cero ai frati cucullati, decide che “in venditione gabellarum, adiciatur onus  solvendi cereum in festo s.ti Jacobi” quando si procederà all’appalto delle gabelle, si aggiunga l’onere, da parte di chi risulterà aggiudicatario, di offrire un cero nella festa di S. Giacomo. E così tutti resteranno –più o meno (come i futuri podestà)- contenti e soddisfatti. (2012)


10  -  Secondo la testimonianza di Mons. Angelo Di Tommaso, il 10 Agosto 1449 il notaio Nicola Narduzzi è chiamato a verbalizzare un atto di ... assoluzione! E’ quanto si rileva dalla lettura di detto atto, secondo il quale Don Bartolomeo Colai, abate di S. Secondo e Vicario del Vescovo Ruggero Mandosi, assolve Arturo di Cecco di Giovanni dalla scomunica incorsa “per excessum commissum contra fr. Fuschino Antonioli Saraceni” per un eccesso commesso contro Frate Fuschino di Antoniolo Saraceno, con l’obbligo di presentarsi entro un mese al Penitenziere Maggiore di Roma, per farsi da esso riassolvere, sotto pena di reincidenza. Assoluzione con termine di validità?

Lo stesso giorno (e con lo stesso atto?) il medesimo Don Bartolomeo Colai vende al miglior offerente un terreno dell’Episcopato, per undici fiorini. (2014)


10  -  Il 10 Agosto 1476 Mastro Cristoforo Prici (?) di Como, su commissione del nobil uomo Ser Angelantonio de’ Geraldinis, quale procuratore di Mons. Giovanni de’ Geraldinis, Vescovo di Catanzaro (“Episcopus Cathacensis”) riceve ed assume l’incarico di costruire “ad usum artis” a regola d’arte, una cappella, sotto la giurisdizione della Chiesa di S. Francesco di Amelia, iuxta murum dicte Ecclesie et juxta cappellam S.ti Martini a confine con il muro di detta chiesa e la cappella di S. Martino, della lunghezza di trentasei piedi e della larghezza di diciotto, scolpendovi tre “armi gentilizie”. Il muro dovrà avere lo spessore di due piedi e la volta giunga “usque ad fenestras dicte  Ecclesie Sancti Francisci, ita quod dicte fenestre modo aliquo non impediantur” fino alle finestre di detta chiesa di S. Francesco, che, però, in alcun modo non ne restino impedite.

E’ la documentazione della commissione effettuata da Giovanni Geraldini, Vescovo di Catanzaro, ai maestri comacini, della costruzione della Cappella Geraldini, ancora oggi esistente nella Chiesa di S. Francesco. (2015)


10  -  Il 10 Agosto 1532, il notaio Francesco Fariselli è chiamato a redigere numerosi atti di disposizione testamentaria da parte di uomini “ituri in castris in expeditione contra turchos” che sono  in partenza, per andare a combattere contro i turchi, “in quibus nemo nascitur et plurimi moriuntur”, in luoghi in cui nessuno nasce e molti moriranno, pur considerando che “tam ibi quam alibi morituri sunt” o là o altrove si dovrà pur morire. Approfittano della “comodità” offerta loro dal notaio di poter testare, fra gli altri, gli amerini Silvestro Peregrini di Cristoforo, Matteo di Giovanni, detto Menische e lo “strenuo uomo” Stefano di Luca de’ Sandris, che si distinguono per le disposizioni improntate ad un grande spirito religioso. (2015)


11 - Ogni nuovo ufficiale (podestà, vicario o luogotenente) che entrava in carica, dopo il giuramento di rito, doveva “facere monstram”, cioè presentare la gente che portava seco, fossero giudici, notai, uomini d’arme o “famuli”; di questi ultimi, il cancelliere, durante la rassegna, descriveva i connotati.

Ad esempio, l '11 Agosto 1391 troviamo trascritte nelle riformanze  le seguenti annotazioni:

- “Iohannes Petri de Contignano, homo communis stature, oculis castagneis, barba blondella crescenti.

- “Petrus Francisci de Ravenna, oculis nigris, communis stature, barba nigrella crescenti.

- “Jacobus Gentilutij de Fano, homo communis stature, barba cana.

- “Marius Francisci de Contignano, juvenis imberbis, communis stature et oculis castagneis.

- “Johannes Petri de Perticaria, homo communis stature et imberbis, cum gula grossa”.

Si tratta di veri e propri cartellini segnaletici “ante litteram”! (1999)


11 - L'11 Agosto 1943 viene pesantemente bombardata la Città di Terni. Dal diario della Sig.ra Vincenzina Barcherini Spagnoli: "Verso le ore 10,30 si sono intesi bombardamenti e visto colonne di fumo ed aeroplani. E' stata bombardata Terni e molti edifici sono stati colpiti: molta gente arriva". Da quel giorno, in Amelia ed in tutto il territorio inizia un massiccio sfollamento di persone in cerca di scampo, provenienti dalle zone colpite. Tutti fanno a gara per accoglierle ed alleviarne il disagio e la paura. Ancora dal diario sopra citato, si riferisce, il 17 seguente: "La famiglia che doveva andare alla Torre (Torre Boccarini, un possedimento della famiglia Barcherini) è tutta perita a Terni". Laconica quanto tremenda notizia. (2005)


10  -  

10  -  Secondo la testimonianza di Mons. Angelo Di Tommaso, il 10 Agosto 1449 il notaio Nicola Narduzzi è chiamato a verbalizzare un atto di ... assoluzione! E’ quanto si rileva dalla lettura di detto atto, secondo il quale Don Bartolomeo Colai, abate di S. Secondo e Vicario del Vescovo Ruggero Mandosi, assolve Arturo di Cecco di Giovanni dalla scomunica incorsa “per excessum commissum contra fr. Fuschino Antonioli Saraceni” per un eccesso commesso contro Frate Fuschino di Antoniolo Saraceno, con l’obbligo di presentarsi entro un mese al Penitenziere Maggiore di Roma, per farsi da esso riassolvere, sotto pena di reincidenza. Assoluzione con termine di validità?

Lo stesso giorno (e con lo stesso atto?) il medesimo Don Bartolomeo Colai vende al miglior offerente un terreno dell’Episcopato, per undici fiorini.

A circa venticinque anni di distanza, il 10 Agosto 1476 Mastro Cristoforo Prici (?) di Como, su commissione del nobil uomo Ser Angelantonio de’ Geraldinis, quale procuratore di Mons. Giovanni de’ Geraldinis, Vescovo di Catanzaro (“Episcopus Cathacensis”) riceve ed assume l’incarico di costruire “ad usum artis” a regola d’arte, una cappella, sotto la giurisdizione della Chiesa di S. Francesco di Amelia, iuxta murum dicte Ecclesie et juxta cappellam S.ti Martini a confine con il muro di detta chiesa e la cappella di S. Martino, della lunghezza di trentasei piedi e della larghezza di diciotto, scolpendovi tre “armi gentilizie”. Il muro dovrà avere lo spessore di due piedi e la volta giunga “usque ad fenestras dicte  Ecclesie Sancti Francisci, ita quod dicte fenestre modo aliquo non impediantur” fino alle finestre di detta chiesa di S. Francesco, che, però, in alcun modo non ne restino impedite.

E’ la documentazione della commissione effettuata da Giovanni Geraldini, Vescovo di Catanzaro, ai maestri comacini, della costruzione della Cappella Geraldini, ancora oggi esistente nella Chiesa di S. Francesco.

Ad oltre cinquant’anni di distanza, il 10 Agosto 1532, il notaio Francesco Fariselli è chiamato a redigere numerosi atti di disposizione testamentaria da parte di uomini “ituri in castris in expeditione contra turchos” che sono  in partenza, per andare a combattere contro i turchi, “in quibus nemo nascitur et plurimi moriuntur”, in luoghi in cui nessuno nasce e molti moriranno, pur considerando che “tam ibi quam alibi morituri sunt” o là o altrove si dovrà pur morire. Approfittano della “comodità” offerta loro dal notaio di poter testare, fra gli altri, gli amerini Silvestro Peregrini di Cristoforo, Matteo di Giovanni, detto Menische e lo “strenuo uomo” Stefano di Luca de’ Sandris, che si distinguono per le disposizioni improntate ad un grande spirito religioso. (2014)


11  - Il Castello di Foce si era ribellato ad Amelia fin dall’Agosto del 1433.  Nel Marzo dell’anno successivo, Amelia si era assoggettata alla Signoria di Francesco Sforza e, volendo muovere contro il Castello ribelle, l’11 Agosto 1434, con il consenso dello Sforza, si deliberò “quod hodie domino concedente eatur ad destruendum  castrum Focis” che lo stesso giorno, con il beneplacito divino, -che si dà per scontato, come se si andasse a fare un’opera meritoria!- si partisse per andare a demolire il Castello di Foce; “et teneatur ire unus homo pro quolibet foculari” e fosse tenuto a participare all’azione un uomo per ciascun focolare, “ad penam quatraginta solidorum pro quolibet contrafaciente, exigendorum de facto et nihilominus talis contrafaciens teneatur reire uno alio die ad destruendum dictum castrum” sotto pena, per chi disobbedisse, di quaranta soldi per ciascuno, da esigersi immediatamente e, ciò non ostante, il disobbediente sarebbe stato tenuto ad andare a demolire Foce in un altro giorno (come se si fosse trattato di uscire per andare a fare la spesa!). Si ottenne, altresì, un concreto aiuto nell’impresa da parte del “M.co et potente domino Michaele de Actendolis, Comite Cotignole et Sancte Romane Ecclesie et Sanctissimj dominj Eugenij pape quarti Capitaneo Generali equitum circha octuaginta et plures et pauciores, ad voluntatem communis Amelie” Magnifico e potente Signore Michele de Actendolis, Conte di Cotignola e Capitano Generale di Santa Romana Chiesa e del Papa Eugenio quarto, con un contingente di circa ottanta armati a cavallo e più e meno, secondo la volontà del Comune di Amelia. E, così, quel giorno si mossero, a favore ed in aiuto di Amelia, “quamplures gentes armigere ac etiam petites (sic)” numerose genti armate, compresi militi a piedi. (2012)


11  -  L’11 Agosto 1484 Fra Vincenzo di Pace Cerichelli, religioso dell’Osservanza, fa testamento con il quale, fra l’altro, destina “quinque ducatos expendendos in pictura Salvatoris  et S.ti Johannis bactiste et S. Francisci ... possessionis vie plane” cinque ducati da impiegare nella pittura del Salvatore, di S. Giovanni Battista e di S. Francesco, da eseguire nella proprietà di Via Piana. Ma Fra Vincenzo non avrà preteso troppo per cinque ducati?

A circa quarant’anni di distanza, a causa dell’invasione dell’esercito di Carlo V, il Vescovo Moriconi ha spostato la sua residenza a Macchie, dove assume al suo servizio Matteo di Stroncone e Maddalena sua consorte, promettendo loro vitto e vestimenti. L’11 Agosto 1527, con atto del notaio Camillo Carleni, il presule promette, altresì, a Matteo e Maddalena, una dote di venticinque ducati alla figlia Pompilia, quando prenderà marito.

Trentacinque anni dopo, al “Capitulum sive Collegium Societatis Jesu Christi” (la Compagnia di Gesù) l’11 Agosto 1562, a mezzo del procuratore Svetonio de Frajetto, viene rilasciata quietanza di trentatre scudi, corrispondenti al prezzo pagato per l’acquisto di una casa di Bernardino del fu Sebastiano Picci, sita nei pressi di S. Angelo di Valle. (2014)


12 - Il 12 Agosto 1793 il Consiglio dei X deve occuparsi di un avvenimento singolare:

"Sarà ben noto alle S.rie Loro Ill.me essersi ribbellata una Galera Pontificia denominata S. Pietro con esser fuggiti tutti i forzati esistenti nella medesima; e siccome secondo le relazioni che si hanno vanno i medesimi scorrendo nei paesi viciniori a questa Città, sicché per impedire qualche invasione de' medesimi, tanto in questo territorio, che nella Città medesima, fu ordinato da questo nostro Sig. Governatore di chiudersi tutte le porte di questa Città e di porre alla Porta Romana le guardie, onde ritrovandosi  gravata questa Comunità nella spesa di scudi 2.35 il giorno per il salario di n. 13 soldati, compreso il sergente, caporale e tamburino, si domanda alle S.rie Loro Ill.me se qual provvedimento possa su di ciò prendersi, per non aggravare di tanta spesa questa Comunità".

Il Consigliere Pier Lorenzo Sandri prende la parola:

"Sono di sentimento  che per guardiare la suddetta Porta Romana sono sufficienti sei uomini e levare tutti gl'altri soldati, che per quello (che) si sente commettono la notte dell'insolenze, con andare anche accompagniati con le donne". Chiede, quindi che il Capitano Bartolomeo Vulpio ponga di guardia "sei soli soldati dei più assennati"; se detto Capitano non volesse concederli, gli Anziani vi pongano sei uomini a loro scelta "e così resterà minorata la spesa a questa Comunità e si leverà l'occasione ai scandali sudetti".

La proposta viene approvata con un solo voto contrario.

Ma non basta. Essendosi accumulata sotto le mura, in diversi punti, una grande quantità di terra proveniente da scavi effettuati nel corso di varii lavori, si chiede che venga rimossa, "per impedire il comodo alli suddetti forzati di servirsene per lo scalo di entrare in Città, ma altresì per essere d'impedimento alle pubbliche strade". Si propone di rimuovere la terra, intimando "ai rispettivi padroni che hanno fatto un tal getto di stero ... a levarlo a proprie spese". (2006)


12  -   Da molti cittadini si è ricorso al Magistrato perché, dinanzi ad alcuni palazzi signorili, gli scaloni d’ingresso sporgono sulla pubblica via, ostacolando il transito. Si è chiesto in merito il parere della Sacra Consulta del Buon Governo e la lettera di risposta della stessa, spedita da Roma il 12 Agosto 1775 ed indirizzata al Governatore di Amelia, a mezzo del Cardinale Pallavicini, viene letta in consiglio circa tre mesi dopo, il successivo 5 Novembre. Essa è del seguente tenore:

“Magnifico Mio Amatissimo. Dopo aver la S. Consulta considerato quel tanto si è da Voi riferito in ordine al ricorso avanzato alla medesima a nome di codesto Popolo per il pregiudizio che viene cagionato al libero transito nelle pubbliche strade dalli scaloni che sporgono in fuori delle porte di diverse case, onde s’insiste acciò venghino ridotte in eguaglianza de muri delle case medesime, detta S. Consulta è stata di senso (parere) che una tal istanza si proponga nel Conseglio. Ne darete pertanto Voi gli ordini corrispondenti, con rendere cerziorata la medesima del risultasto. E Dio vi guardi”.

Conformemente a quanto prescritto dalla Sacra Consulta, “fu risoluto a viva voce di doversi mandare a partito se debbino, o no levarsi detti scaloni e fu dichiarato che il voto bianco sarà affermativo e il voto nero negativo”.

A questo punto, “si alzò in piedi l’Ill.mo Sig. Marcello Parca, Nobile Consigliere de X, il quale solennemente si protestò e protesta di non voler in alcun modo levare uno scalone che esiste avanti una di lui casa”, in quanto “recarebbe alla medesima di pregiudizio e perciò intende di voler addurre le sue raggioni in S. Consulta e perciò si protesta non solo in questo, ma in ogni altro miglior modo”.

Ma la votazione che seguì, vide 26 voti favorevoli e 5 contrari, astenuto il solo Parca e con buona pace dello stesso.

“Et sic Gratis Deo datis, dimissum fuit Consilium” E così, rese grazie a Dio, la seduta venne tolta. (2009)


12  -  Il 12 Agosto 1466 nelle riformanze risulta trascritta una lettera inviata agli Anziani, da Roma, il giorno 10, da Pandolfo di Sipicciano, Conte di Castel del Pero, con la quale quest’ultimo pregava la Comunità di Amelia di fargli garanzia per 500 ducati da prelevare presso un banchiere della Curia Romana, per riscattare certo bestiame sottrattogli a Viterbo, dando ampia assicurazione di tenere indenne la Comunità amerina, garantendola con tutto il suo patrimonio. Sotto la stessa data, vi è riportata una lettera, da Mugnano, di Agnese dell’Anguillara, suocera di Pandolfo, con la quale perora la causa del genero, in questi termini:

“Magnifici d.ni tanquam patres honorabiles ... per la grande sicurta jo ho con testa Magnifica comunita ardisco non tanto per me medesima ma per quelli (che) sonno mij parenti pigliare confidentia dessa elperche sie (avviene) che al S. Pandulfo accade la bisogna per certo bestiame dia sicurta ad uno bancho ad Roma per cinquecento ducatj come de cio sento ha scripto alle S. V. unde si testa (questa) M.ca Comunita dubitasse chel prefato S. Pandulfo mio genero non aspectasse (rispettasse) quello (che) ve scrive, damo (fin da ora) ve promecto et voglio essere obligata jo et miei benj alla Vostra Comunita per lidicti cinquecento ducati et restarovvene obligata jo et miej figliolj et conoscerò me portate perfecto amore come havete costumato per lopassato”.

Sembra piuttosto strano che alla povera cassa comunale di Amelia, alla quale mancavano spesso diciannove soldi per fare una lira, si chiedesse di garantire un rilevante debito per un mutuo contratto da tanto prestigiose persone; ma forse la necessità di ingraziarsene i favori non dovrebbe essere stata estranea a far propendere i nostri amministratori di un tempo per l’assunzione di una simile -probabilmente sofferta- decisione. (2010)


12  -  Nel consiglio decemvirale del 12 Agosto 1475 viene, fra l’altro, esaminata la supplica presentata “per parte delvostro devotissimo servitore benedicto del mario del musco dicente et exponente che perlacorte del presente miser elpodestà estato condennato inlibre de denari lxxxxiiij et nelo quarto più perché non hapagato neltermine et più et meno como neladecta condampnatione secontiene, duplicata decta pena perché è dinocte, percascione diuna certa rissa et mallefitio facto con bernardino dagnolo defocio como cha in nellacti deladecta corte secontiene alquali se referisce, con loquale a facta lapace. Et perché non sarria possibile potere pagare tanta quantità humelemente supplicando recurre a laprefata  V. M. S. sedegnino la decta pena redurla alasemplice pena como che si lo decto mallefitio fossi commesso de dì, quale sarriano xxxxij libre et deladecta somma sedigneno volerli remettere et fare gratia dela quarta parte deladecta pena originaria, quale offerisce volerla pagare ad omne rechiesta dele V. M. S. cioe in mattuni perlastrada o ... per lo palazzo, laqualcosa quantuncha sia ... consueta concedarla ad qualuncha recorre ale V. M. S. nondemeno loreceperà da queste ingratia singulare, statuti reformationi et altra cosa che incontrario facessero non obstante”.

Nel maggior consiglio che si tiene il giorno 14, in considerazione della “inopiam” (povertà) del supplicante, il quale “non possit solvere totam penam” non può pagare l’intero importo della pena, “soluta quarta parte simplicis pene” pagata la quarta parte della stessa, non duplicata, “de qua quarta parte solvat tegulas pro necessitate domus communis”, da pagarsi fornendo tegole per le necessità del palazzo comunale e “de reliquis omnibus partibus fiat gratia et nihil solvat” del residuo gli si faccia remissione e grazia. (2011)


12  -  Il 12 Agosto 1392 nel consiglio decemvirale occorre deliberare sulla richiesta di denari e vettovaglie da parte dell’ennesimo capitano di ventura, di passaggio nella zona con le sue genti armate. E’questa la volta di Capitan Ragia di Marginata (?) dal quale “fuerit postulatum quod pro commune Civitatis amelie fiat eis honor et provisio Cl. florenorum aurj et xx. salmarum victualium” fu richiesto al Comune di Amelia che venissero onorati (!) del versamento di 150 fiorini d’oro e del vettovagliamento di venti salme di viveri, “alias dubitatur ne ab ipsis gentibus offensas reciperemus” altrimenti c’è da aspettarsi di ricevere qualche offesa da parte di dette genti. La questione viene rimessa al consiglio generale del giorno successivo, nel quale Petrucciolo Jacolelli propone che “pro quiete et tranquillitate populi dicte Civitatis” per mantenere la pace e la tranquillità cittadina, si conceda al Capitan Ragia quanto richiesto e, per trovare il denaro necessario, “jmponatur datium per foculare et per centinarium” venga imposta una tassa per ogni focolare, da applicarsi in misura percentuale. E il gioco è fatto!  (2014)


13 - Nella valletta sul lato sud di Sambucetole il 13 Agosto 1943 un aereo da caccia italiano, del tipo Macchi 202, probabilmente in seguito ad un guasto meccanico, precipita, spargendo rottami per una vasta zona, ma senza provocare vittime. Il pilota, il Sergente Sciarpi, di ventidue anni, da Bari, gettatosi con il paracadute, riporta slogamento di un malleolo e varie ferite guaribili in pochi giorni. Viene ricoverato presso l'ospedale civile e visitato con manifestazioni di simpatia da molti cittadini di Amelia. (2005)


13  -  Il 13 Agosto 1466 il maggior consiglio è chiamato a decidere sulla supplica presentata nel consiglio decemvirale del giorno precedente “per parte del vostro fidelissimo servitore et poverissima persona baptista de bartholomeo  de Colao della Vostra Cipta damelia, quale essendo constricto in grandissima povertà et gravato de grande et desutile fameglia non po subvenire non che al pagamento delle date (che) corrono in comune per le quale tucti dì è molestato dalli officiali del decto comune ma pur ad satiare de pane sé et la sua fameglia. Et pertanto se recomanda ad le V. M. S. che se mostreno misericordiose alle miserabili persone ve piaccia ordinare et reformare et ad lui gratia fare detucte le dative reali et personalj incorse insino nel presente dj et de quelle da inponerse per x. annj proximj da venire et più o meno secondo piacera et parera ad V. M. S. alle quale sempre serecomanda lequale lalto dio felicemente conservi in bono stato. Amen”. Si decide di ridurre ad un quarto le dative pregresse e far esenzione da quelle future al povero Battista per i prossimi cinque anni. (2010)


13  -  Un tal Nicolò di Beraldo il 13 Agosto 1430 dispone che i suoi eredi pensino a mandare un pellegrino a S. Giacomo di Galizia (Compostela), a S. Michele Arcangelo sul Monte Gargano ed al Santuario della Madonna di Loreto, per soddisfare ad un voto da lui fatto. Ma hanno valore pure i pellegrinaggi fatti per procura? 

Dopo quarant’anni, altro pellegrinaggio ‘per delega’: il 13 Agosto 1470, con atto del notaio Pietro di Paolo, Prete Pier Giacomo di ser Angelo di ser Domenico di Amelia fa testamento e dispone che i suoi eredi universali “teneantur et debeant post eius mortem ire vel mictere ad iter Sancti Jacobi de Galitia et Sancti Antonij de Vienne” dopo la sua morte andare o mandare (!) in pellegrinaggio a San Giacomo di Compostella ed a Sant’Antonio di Vienne “non pedestri” non però a piedi, “sed equestri” ma a cavallo. Molto più comodo, ma avrà lo stesso valore? (2014)


14 - S. Massimiliano Kolbe. Il Santo, cui è stata recentemente intitolata una chiesa parrocchiale nella zona di espansione edilizia prospiciente la Strada Amelia-Giove, soggiornò presso l'episcopio amerino nell'estate del 1918. Internato, come molti polacchi, durante l'ultimo conflitto, nel campo di sterminio di Auschwitz (oggi Oswiecim), a pochi chilometri ad ovest di Cracovia, sacrificò la Sua vita il 14 Agosto 1941, facendosi uccidere al posto di un compagno, padre di famiglia.

Fu canonizzato martire da Giovanni Paolo II, il 10 Ottobre 1982. (1996)


14 - Il 14 Agosto 1580 il Podestà di Amelia, Macario Macaroni da Monte Franco, viene assassinato, sul far del mattino, sulla strada di Foce, a circa un miglio dalla Città. 

Scatta l’emergenza: si fa suonare la campana "ad arma" e si impartiscono ordini al luogotenente della milizia amerina Curzio Casciolo che, con i suoi uomini, si porti sul luogo del delitto ed ovunque necessiti, per esperire indagini e perquisizioni.

Nel contempo, per evitare pesanti ripercussioni, si inviano ambasciatori al Cardinale Sforza, legato a Spoleto ed a Roma, ai Cardinali di S. Sisto e Gesualdo, tanto più che quest’ultimo aveva imposto la vittima come Podestà di Amelia, nominandolo a suo luogotenente, con provvedimento non troppo gradito agli amerini, gelosi delle loro prerogative.

Non è, quindi, da escludere che l’assassinio abbia avuto un movente politico e che il Macaroni stesse sul naso a più d’uno. (1998)


14 - Dinanzi al Consiglio degli Anziani, il 14 Agosto 1527 si esamina il caso occorso al soldato spagnolo dell’esercito imperiale Francesco Alvarez de Cervantes di Toledo che, mentre scortava alcuni amerini che si recavano a macinare il grano al molino del Castello di Montoro, che non si sentivano sicuri a causa del grande viavai di soldati spagnoli dell’esercito imperiale accampato nei pressi, fu aggredito e depredato di “quamdam mulam, arma et plures alias et diversas res”, una certa mula, alcune armi e diverse altre cose, fra cui un cappello con una medaglia d’oro ed un corsaletto. Chiede, pertanto,  -ed ottiene- di essere risarcito del danno subito, col pagamento, in contanti, della somma di 95 fiorini.

L’atto di quietanza viene stipulato avanti al cancelliere e notaio del Comune di Amelia Angelo de Filiis di Cesi, “civis interamnatis” cittadino ternano, presente l’Alchaire dell’esercito imperiale,  Antonio de Zamora, “in loco ubi dicitur La Croce del Borgo”. (1999)


14 - Nel Consiglio dei X del 14 Agosto 1617 il nuovo Governatore Curzio Boccaleone, che si professa "come quello che porta molto affetto a questa patria, et a’ suoi cittadini, siccome mostra c’ha molto a cuore gl’interessi, et cose della Communità, che però  si può sperare da lui ogni favore" e, pertanto, "così egli spera havere dalla Città quelle sodisfationi che, senza interesse et pregiuditio della Comunità se li possono concedere, e però dovendo egli il seguente mese condurre qua la sua signora consorte, et madre, et per maggior commodità et satisfattione della Città, volendole ritenere in Palazzo della sua habbitatione, benché angustamente, essendo che poca decenza vi fosse, dovendo passar le donne per la scala solita del suo palazzo, che oltre per la sua ripidezza pericolosa per le donne di cascare, per il più e per la scala ne stanno sbirri et balij, et continuamente vi pratica gente, che perciò non è passo convenevole a gentildonne, et massime alle loro della Città, mentre per buona creanza et amorevolezza voranno visitare le donne di esso Sr. Governatore. Onde ha risoluto far instantia alle S.rie VV. et a questo Consiglio, che restino servite concederli, et farli una porta nella muraglia sopra il parapetto, quale si conceda a lui per particolare gratia et per servitio solo delle donne, et non per altro, che mentre ad esso occorrerà venire in palazzo delle SS.VV. per negozi pubblici, passerà dalle scale sue nell’istesso modo che fa adesso, et detta porta non ha da servire per altro, che per commodità delle donne, et si obbliga di più detto Sr. Governatore che, venendo il tempo che dovrà partirsi, de non fare il sindacato né esser ammesso a quello, se prima non fà rimurare  detta porta et rimettere il luogo nell’istesso modo che sta hora”. 

Fare e disfare è tutto un lavorare; ma a spese di chi? (2000)


14 - Gli  Anziani, congregati nel palazzo di loro residenza il 14 Agosto 1603, "servatis servandis", etc. fecero la solita rassegna dei Rettori delle Arti "ad effectum magnis cum luminibus processionaliter per Civitatem progrediendi, prout progressi fuerunt cum eisdem Artium Rectoribus, ad honorem Beatissimae Virginis Mariae", etc.

Furono riscontrati essere presenti i "Rectores Mulinorum, Figulorum et Tegulariorum, Barbitonsorum et Sutorum, Fabrorum, lignaminum, lapidarum et muratorum, Calceolariorum, Bubulcorum, Fabrorum et Aurificum", mentre vennero puntati, perché assenti, i "Recrores Pizzicariorum, Macellariorum et Tabernariorum, Merciariorum, Artis Lanae, Notariorum, et Aromatariorum" e "Doctorum".

Cioè, furono presenti i Rettori dei mugnai, dei fornaciai, dei barbieri e sarti, dei falegnami, lapicidi e muratori, dei calzolai, dei bifolchi, dei fabbri ed orefici. Assenti i Rettori dei pizzicagnoli, macellari e bettolieri, dei merciai, dei lanieri, dei notai e speziali e dei dottori. (2004)


14 - Nel consiglio decemvirale del 14 Agosto 1611, fra l’altro, si espone:

“Sono recorsi molti della Valle che per la precipitosa acqua, et piovere che fece giovedì prossimo passato è corsa tanta acqua nella Valle che ha repiene (inondate) molte case col pericolo che se ne vadino a basso per esser atturata quella chiavica del s.r Gabinio Delfino”. (Da come esposto, sembra quasi che il termine “chiavica” sia riferito al Signor Gabinio!)

Nello stesso consiglio, “Mastro Alvario Mure domanda se li faccia bollette de tre giulij che ha da avere dalla Comunità per havere accomodato  il ponte della porta de Posterola et un’altra giornata  per havere accomodata la seppoltura della Comunità in S. Agostino lui con dui garzoni, cioè a lui li vanno tre giulij il giorno et alli garzoni giulij due”.

Si delibera anche di dare incarico “a Monsignor Vescovo che la Comunità se contenta che S.S. Ill.ma facci opera in Roma, che le doti delli Monasteri se riduchino  a scudi 300, conforme a quello che se dice havere ottenuto l’Abbate de S. Paolo per S.to Manno”. (2008)


14  -   Il 14 Agosto 1778 Marcello Parca Guarnolfini si presenta nella Segreteria Anzianale di Amelia e produce “l’infrascritta protesta”, formulata come segue:

“Comparisce in questa Sacrestia (“lapsus” del Parca, sta per “Segreteria”) Anzianale Marcello Parca Guarnolfini cui, essendo giunto a notizia che li Ss.ri Maestri di Strada di Città si siano fatto lecito  rinovare la strada che, dall’Osteria, conduce al Convento de RR. PP. Minori Conventuali e questa non solo bassarla capricciosamente, ma altresì di rompere e togliere un buon considerato calcestruzzo, che si trovava sotto detta strada per evitare l’acqua, che senza questo sarebbe penetrata ne sotterranei, dove appunto il suddetto Comparente ritiene una stanza ad uso di molino, che perciò vedendo risalciata la suddivisata strada senza averci usato la medesima diligenza di apporvi novo calcistruzzo come giudiziosamente hanno praticato i nostri Antenati, si protesta oggi di non voler soccombere al danno di veruna sorte, ma anzi voler esser risarcito d’ogni pregiudizio, che per tal’effetto verrà costretto appunto di soffrire ed intende che la presente comparsa e protesta abbia vigore di citazione formale, per potere ad ogni tempo sperimentare le di lui raggioni avanti l’Ill.mo S. Governatore, o qualunque altro Giudice ed evitare con ciò qualunque pregiudizio cui potrebbe soccombere sì egli, che li suoi Eredi, e successori, protestandosi intanto nelle forme più solenni e non solo in questo, ma in ogni altro miglior modo”. (2009)


14  -  Il 14 Agosto 1528, sotto il titolo “Cerimonie in vigilia assumptionis Beate Marie Virginis”, Cerimonie nella vigilia dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, se ne dà il resoconto: “sollemnibus cerimonijs cum luminare maximo jtum est ad edem beate Firmine cum rectoribus artium et earum artificibus ut consuetum est” Si andò con solenni cerimonie e grandissime luminarie alla Chiesa della Beata Fermina, con i Rettori delle Arti e rispettivi artigiani, secondo la consuetudine. “Quibus cerimonijs adfuere Magnificus Dominus Pretor, Magnifici Domini Antianj ceterique officiales civitatis Amerie, nec non rectores Artium infrascripti, videlicet:” Ed alle dette cerimonie intervennero il Magnifico Pretore (Podestà), i Magnifici Signori Anziani e gli altri ufficiali della Città di Amelia, nonché gl’infrascritti rettori delle Arti, cioè: “Rectores mulionum (dei Molinari) - Rectores Pizicariariorum, macellariorum et Tabernariorum (dei Pizzicagnoli, Macellari e Tavernieri) - Rectores vasariorum et Tegulariorum (dei Vasai e Fabbricanti di tegole) - Rectores Tonsorum et sutorum (dei Barbieri e Sarti) - Rectores lignariorum, lapicidarum et Muratorum (dei Legnaioli, Marmisti e Muratori), Rectores merciariorum  (dei Mercanti) - Rectores calsolariorum (dei Calzolai) - Rectores Fabrorum et Artificum (dei Fabbri e Artigiani) - Rectores Bubulcorum (dei Bifolchi) - Rectores Artis Lane (dei Lanaioli) - Rectores doctorum et notariorum (dei Dottori e Notai). (2011)


14  - E’ il 14 Agosto 1467 e “iam apropinquaret tempus eundi cum luminaria prout consuetum est quolibet anno jn vigilia gloriosissime Virginis Marie” si sta avvicinando l’ora di andare in processione, con luminaria, come è consueto fare ogni anno, nella vigilia della festa della Beatissima Vergine Maria Assunta in Cielo e gli Anziani sono collegialmente riuniti “in sala inferiori eorum solite residentie” nella sala inferiore del palazzo anzianale, nella quale sono, altresì, convenuti “omnes Nobiles doctores et Notarij de collegio” i nobili dottori e notai dei rispettivi collegi, i quali tutti “habuerunt insimul colloquium quod pro bono reipublice et honore huius comunitatis, providendum sit de aliquo idoneo, facundo, docto et experto Magistrum scholarum forensem, pro anno proximo venturo” stabiliscono concordemente che, per il bene della Città e l’onore di questa comunità, sia necessario procurare un idoneo, eloquente, erudito ed esperto maestro di scuola forestiero, per l’insegnamento nel venturo anno, per la cui scelta vengono eletti e deputati “spectabilissimos viros Mactheum Jacobi petri et Ser Ricchum Ser Francisci” gl’illustrissimi Signori Matteo di Giacomo di Pietro e Ser Ricco di ser Francesco, rettori dei rispettivi collegi dei dottori e dei notai e quanto da loro verrà indicato “valeat et teneat pleno iure” abbia pieno vigore,”prefatis Magnificis dominis Antianis presentibus et acceptantibus”, con il consenso e l’accettazione degli Anziani.

Gli stessi Matteo di Giacomo e Ser Ricco non pongono tempo in mezzo e, seduta stante, formulano la proposta che, all’eligendo maestro, si corrisponda un salario di “ducatos quatraginta, ad rationem quinquaginta bagiocchorum pro quolibet ducato” quaranta ducati, in ragione di cinquanta baiocchi per ducato ed inoltre gli venga corrisposto dagli studenti, “secundum consuetudinem”, un’integrazione dello stipendio proporzionale al grado di istruzione che verrà loro impartito, “ac etiam cum comoditate domus” nonché con la disponibilità dell’alloggio, da venirgli fornito dal Comune, con il relativo canone a carico di quest’ultimo.

Il successivo giorno 22, nelle riformanze, viene dato atto della avvenuta nomina del Maestro di scuola, nella persona del “Magistrum Barnabeum Ser Johannis de Sarnano” Barnaba di Giovanni da Sarnano, con l’incarico, da parte degli Anziani, al Cancelliere in carica Antonio, di notificare all’eletto sia la sua designazione ufficiale, quanto le condizioni di carattere economico connesse con l’onorevole incarico demandatogli, con l’esortazione a dare risposta in merito “de ... acceptatione vel renumptiatione (quod absit) infra octo dies” entro otto giorni se accetta o se rifiuta (il che si auspica non avvenga!).

A distanza di 129 anni, il 14 Agosto 1596, nel “Liber Criminalium” del Comune di Giove, sono riportati gli atti processuali di un misterioso omicidio, di cui fu vittima un povero ragazzo quindicenne:

“Visum et repertum per me Thoma Alemannum Potestatem Terrae Jovis cadaver unius hominis juvenis masculi aetatis ut ex aspectu videbatur annorum quindecim incirca existentem in terra prostratum” è stato visto e ritrovato da me Tommaso Alemanno, Podestà della Terra di Giove, il cadavere di un giovane uomo maschio, dall’apparente aspetto di età di circa quindici anni, prostrato in terra “in agro Heredum Johannis Auri, in Contrata Sancti Johannis, prope viam quae ducit Ameriam, indutum pannis albis, quod denudatum et volutum per Victorem baiulum et per me Potestatem bene visum et punctim bene ac diligenter per tactum, et inspectum a pede usque ad verticem capitis, non fuit in eo repertum aliquod vulnus, nec aliqua percussio, nec tumefactio” nel terreno degli eredi di Giovanni Auri, in Contrada San Giovanni, vicino alla strada che porta ad Amelia, vestito con panni bianchi, nel quale, denudato e rigirato dal baiulo Vittore e da me Podestà con cura osservato e  palpeggiato ed ispezionato da capo a piedi, non fu trovata traccia di ferite, percosse o tumefazioni, “sed tantum in tempore sinistro apparebat parumper ut vulgo dicitur come uno strascico absque aliqua tumefactione, et livore.” ma soltanto, sulla tempia sinistra, presentava un poco di quel che volgarmente si dice, “come uno strascico (graffio?)”, senza alcuna tumefazione o livido. “Cuius quidem cadaveris nomen dicitur esset in humanis vocabatur Mercusius, filius Alexandri Cretae de Jovio, prout juramento tactis etc. affirmaverunt Alexander Creta eius pater, Magister Alfonsinus Milanus, magister Mecus ...,  Aurelius Arcangeli et quamplurimi alij de Jovio ...”. Il nome del defunto si dice sia quello ufficiale di Mercuzio, figlio di Alessandro Creta di Giove, come fu affermato, sotto giuramento, da suo padre Alessandro Creta, dal Maestro Alfonsino Milano,  da maestro Meco …, da Aurelio Arcangeli e da molti altri di Giove.

Lo stesso giorno, viene ascoltata la testimonianza del padre del giovinetto trovato morto. A domanda, risponde:

“Signore, quel giovenetto, che si è ritrovato morto stamattina nel campo in Contrada S. Giovanni è mio figlio, come vi ho detto stamattina, et non haveva male alcuno et hier sera stette lì da me nell’ara et mi agiutò a fare il pagliaro, et poi ce ne andammo alla casa di fuore dove noi habitamo, et il detto Mercusio mio figlio prese del pane, et uscì fora dicendo volere andare à dormire all’ara nostra presso Santo Giovanni, et dopoi (dopo) non l’ho veduto più se non lì morto, et ho visto veramente che egli non haveva botta né ferita alcuna et però io stupisco, et stamattina sono andato all’ara, et non ci l’ho trovato, et io l’ho chiamato più volte intorno all’ara, né sapevo dove si fosse andato”. La testimonianza continua: “Jo non ho sospetto in alcuno, perché questo era un putto (che) non dava fastidio ad alcuno, se però giocando con qualcheduno disgratiatamente non havesse ricivuto qualche colpo et che poi si fosse messo lì a dormire, in effetto, Signor Podestà, io non so che mi dire; ho ben sentito dire a Reale, che hiersera detto mio figlio fu di notte qui al borgo della Terra, et che poi stette un pezzo all’ara di San Roccho, et che poi si partì. Vostra Signoria può essaminar lui, che meglio da esso sentirà il tutto; questo è quanto posso dire”.

Fra le varie testimonianze successivamente ascoltate, la più completa sembrerebbe quella di Nutrizio di Arcangelo, di anni diciassette:

“Signore, di quanto voi mi domandate, la verità è questa. Martedì sera nelle due hore di notte Jaco di Silvio Mazzetta, et io ce ne andammo nell’ara di Ser Menico Parca à Sancto Roccho per dormirci, et vi trovammo Matthia Settello, Marco di Galantia, Simeone mio fratello, et Mercusio figlio di Alessandrino Creta, et ci ponemmo ancor noi a giacere, et domandato a Mercusio che faceva lì perché non era solito venirci, esso rispose che aspettava Cristallino di Montereale, et in quello comparse Cristallino et disse: orsù, andamo al borgo a sentir sonare Bertino, et tutti quattro ci drizzammo, cioè Jaco di Silvio, Mercusio, Cristallino et io, et venemmo in giù per ritrovare Bertino con la chitarra, et come fummo per strada incontrammo Reale sopra al borgo, et disse a Cristallino suo fratello che ritornasse su prestamente, et Reale restò  lì da quella Madonnella del Borgo, et noi seguitammo di venire giù per il borgo, et come fummo avanti la casa di Mastro Cencio, che volevamo andare in giù verso le campane dove ci si sentiva Bertino che sonava, et in un subito Mercusio disse ‘hoimè ohimé Dio’ sottovoce ‘mi ha colto una sassata nella tempia’, et corsero giù verso il torrone di Cianchetta, et tutti quanti andammo alla volta di detto Torrone, donde Bertino veniva in su sonando la chitarra, et Mercusio disse a Bertino che haveva ricevuto una sassata nanzi casa (di) Mastro Cencio, et Bertino gli disse ‘chi può essere stato’ et gli guardò nella tempia, et poi disse: ‘andamo, andamo su’, et ritornammo tutti per quella medesima strada, et non vedemmo nissuno”. Interrogato ancora, rispose: “quando andammo in giù, in che Mercutso disse avanti casa (di) Mastro Cencio ‘ohimè, ohimè’, la porta del cellaro di Mastro Cencio era aperta et vi era il lume, et la moglie et la figlia di Mastro Cencio che filavano dentro, et non si mossero da sedere, né dissero niente, et nel ritorno ve le ritrovammo ancora che filavano”. Ad altra domanda, risponde: “Secondo il giuditio mio è forza che venisse dalla banda della casa di Maestro Cencio, perché andando noi in giù, et havendolo colto nella tempia manca (sinistra) da quella banda, è forza sia venuto (da lì) ma non lo posso dire sicuro, perché non l’ho veduto per esser di notte oscuro, et la luna non era levata, et né nanti, né doppo che Mercusio si lamentò d’havere havuto la sassata non si sentiro sassi”. A domanda, risponde: “Le Guardie della Roccha non si sentiro mai, né meno si sentì tirassero sassi”. A domanda, risponde: “Bertino andò a posare la chitarra in casa di Rintia sua parente, et poi venne, et tutti cinque di compagnia, cioè Bertino, Cristallino, Jaco, Mercusio et io ce ne andammo in su per il borgo et Mercusio si lamentava che gli doleva quella tempia, et ritrovammo Reale in quello istesso luogo dove lo lasciammo et esso ancora si drizzò et andammo tutti all’ara di Ser Menico (Parca), presso a Sancto Roccho alla (sulla) paglia, et ci trovammo quelli tre che ci avevamo lasciati che dormivano, cioè Settello, Marco di Galantia, et Simeone mio fratello, et postoci tutti  noi altri a giacere, Mercusio  pur si lamentava et diceva con Reale che haveva hauto una sassata nella tempia, et lo pregava o che lo menasse  a casa sua, o che gli desse una pezza, et Reale gli rispose ‘io non ho pezze, et quelli di casa mia sono andati a dormire, però vattene a casa tua, che Màmmata ti ci metterà la chiara, et ti custodirà meglio’ et pareva ci andasse di malavoglia, ultimamente (infine) si risolvé et si partì dall’ara, et veddi che prese la strada per andarsene a casa sua, né più lo viddi: et la mattina quando mi svegliai che era a bon’hora, ci erono ancora nell’ara quegli altri, che la sera vi erono, et ognuno andò alle faccende, et io cavai fora li miei porci, et me ne andai verso la bandita del Signore (Farnese), et vi venne anco Bertino et Jaco con li loro porci; ma si partì poi Bertino, et ci raccomandò li porci dicendo che voleva venire (andare) a tosarsi (tagliarsi i capelli), et la sera al tardo ritornò, et ci disse che Mercusio era morto su alli sassi di Paolaccio, et questa è la vertà, né altro vi posso dire”.

La relazione processuale riporta molte altre testimonianze, ma nessuna di esse fa ulteriore luce né sull’uccisione del povero ragazzo, né su chi l’abbia provocata. (2012)


14  -  Il nobil uomo Gian Pietro di Tommaso de Catenaccis di Narni, cittadino d’Amelia, con suo testamento ricevuto dal notaio Francesco Celluzzi il 14 Agosto 1412 lascia venti fiorini d’oro alla Chiesa di S. Giovenale di Narni “pro auxilio unius graticcie de ferro si fieret pro claudendo cappellas existentes in ipsa ecclesia, iuxta sacristiam dicte ecclesie que nuncupantur sub Vocabulo S. Marie Madalene, Sancti Gregorij et S. Pellegrinj de quibus ipse testator ut asseruit est patronus” per servire a fare una inferriata di chiusura delle cappelle esistenti, in detta chiesa, presso la sacrestia della stessa, intitolate ai Santi Maria Maddalena, Gregorio e Pellegrino, delle quali lo stesso testatore, a suo dire, è protettore. (2014)


14  -  Il 14 Agosto 1514 il “preclarus et ornatissimus vir” Antonino Mandosi, davanti al Vescovo ed al Capitolo, propone di erigere una Cappellania con diritto di Patronato alla Chiesa o Cappella “Sacratissime Virginis Dei Genitricis Marie Quinque Fontium” della Vergine Maria delle Cinque Fonti, per la sua grande venerazione verso quella miracolosa immagine ed, a tal fine, assegna la rendita annua di sette ducati e mezzo. (2014)


14  -  Il 14 Agosto 1553, con atto del notaio Fazio Piccioli, il Priore della Cattedrale di S. Fermina, Nicolò Franchi, Rettore parrocchiale  della Chiesa di S. Giovanni del Castello di Collicello, concede in affitto, per tre anni, i terreni di quel beneficio, al suo sostituto prete Egidio del fu Menicone de’ Studiosis, di Amelia, il quale promette di accudirvi alla cura delle anime e di passare, annualmente, a Don Nicolò, tre salme di grano ed una di orzo “et, in festo nativitatis D.ni Nostri, unam ut dicitur porchettam ponderis viginti librarum et edum unum tempore pasce” nonché, nelle ricorrenze del Natale, una porchetta di venti libbre e, per le feste pasquali, un capretto. E buon appetito! C’è da constatare che la ‘porchetta’ si chiamava così anche nel xvi secolo. (2015)

 

15 - Gli Anziani, chiamati a soddisfare alle mansioni del loro ufficio, “commoditate Civitatis” e solleciti a provvedere alle sue necessità, nella seduta del 15 Agosto 1441 unanimemente e concordemente “eligerunt deputaverunt et nominaverunt Antonium Jacobi Texitoris ad mundandi fontem Porcelli pro uno anno proximo venturo”, elessero Antonio di Giacomo tessitore all’incarico di tener pulita, per un anno, la fonte di Porcelli ed egli accettò e promise provvedere “dictam fontem mundare in forma opportuna toties quoties erit necesse”, a provvedere alla opportuna pulizia della fonte ogni qual volta fosse necessario, durante il citato periodo di tempo “et pluries, ad voluntatem et mandatum d.norum Antianorum populi dicte Civitatis” ed anche di più, quando ne venisse comandato dagli Anziani.

L’incaricato di tale incombenza, per il periodo in cui dovrà provvedervi, sarà esentato dall’obbligo di fare la custodia diurna e notturna: “non teneatur facere custodiam de die nec de nocte”.

La fonte è quasi certamente quella tuttora esistente nel rudere dell'edificio termale romano fronteggiante il Palazzo Farrattini e possiamo apprezzare ancor oggi -e soprattutto oggi- con quanto impegno e sollecitudine gli amministratori del tempo sapevano curare e provvedere alle necessità anche minori della cittadinanza. (2000) 


15  - Il 15 Agosto 1467 vi è da prendere, con la massima urgenza -è il giorno di Ferragosto!- una decisione da parte degli Anziani congregati nel palazzo della loro consueta residenza, “una cum Spectabilibus viris Savino Ludovici, Ser Bartolomeo Johannis Stefani, Ser Riccho Ser Francisci et Moricono Tome, Civibus electis et deputatis super appellatione et condempnatione bartolomei mannutij” insieme ai cittadini Savino di Ludovico, Ser Bartolomeo di Giovanni di Stefano, Ser Ricco di Ser Francesco e Moricone di Tommaso, eletti e chiamati a decidere, in via conciliativa, circa l’appello presentato da Bartolomeo di Mannuccio, condannato per un reato da lui commesso e non meglio identificato. Tutti i presenti “habentes maturum colloquium inter ipsos unanimiter et concorditer, nemine ipsorum discrepante”, dopo matura e ponderata consultazione fra di essi, con verdetto unanime e senza alcun dissenziente, “deliberaverunt, ordinaverunt et declaraverunt dictum bartolomeum condempnatum ut supra debere solvere jn communi, videlicet cammerario dicti communis, ducatos sex ad rationem septuagintaduorum bolenenorum pro quolibet ducato” deliberano e ordinano che il detto Bartolomeo debba pagare, a mezzo del Camerario, nelle casse comunali sei ducati, in ragione di settantadue bolognini per ducato e gli si faccia remissione del residuo della pena, con la cassazione del processo di condanna.

V’è da fare una precisazione di carattere monetario.

Da quanto risulta dalle riformanze del periodo, si vedono indicati, indifferentemente, tanto i ducati che i fiorini, in ragione di cinquanta baiocchi o settantadue bolognini per ogni ducato o fiorino. Ne conseguirebbe che le due monete (ducato e fiorino) circolassero contemporaneamente, come i loro sottomultipli (baiocchi e bolognini). Si pensi a quanta confusione ne potesse derivare per le persone che, a quei tempi, dovevano barcamenarsi tra una pluralità monetaria così differenziata, tanto più se si consideri che la stragrande maggioranza degli abitanti era analfabeta! (2012)


15  -  Il 15 Agosto 1500 la Confraternita (“Societas”) del Corpo di Cristo di Amelia, a mezzo del suo Priore Francesco di Antonio di Mezio, e con il consenso degli altri confratelli, dà in appalto a Mastro Martino Tartaglia, lombardo, residente in Amelia, la costruzione di “unam voltam in cappella Corporis Xpi” una volta nella Cappella del Corpo di Cristo, sita nella  Chiesa di S. Fermina, “juxta sacristiam et chorum” presso la sagrestia ed il coro, “omnibus suis sumptibus et expensis, mattonibus grossis bonis sufficientibus, calce, arena et puzalana, cum una fenestra in pariete dicte Cappelle per quam redatur lumen et totam Cappellam cum volta intonicata” a tutte sue spese, compresi i mattoni grossi in quantità sufficiente e di buona qualità, con calce, rena e pozzolana e con una finestra da realizzare sulla parete di detta Cappella, che dia luce alla stessa e con la volta intonacata; il tutto Mastro Tartaglia promette alla committente Confraternita di portare a compimento “per totum mensem Ottubris proximi futuri, omni juris et facti exceptione remota” entro il prossimo mese di Ottobre, senza alcuna riserva, né di diritto, né di fatto. E “completa dicta volta et intonacata ut supra et ad perfectionem reducta” a lavori di costruzione e di intonacatura terminati ed ultimati a regola d’arte, il Priore ed i Confratelli promettono “eidem Magistro Martino dare et solvere pro eius mercede et operibus ducatos viginti novem ad rationem lxxij bolonenorum pro quolibet ducato” di corrispondere allo stesso Mastro Martino, per sua mercede e lavori, ventinove ducati, in ragione di settantadue bolognini per ducato. Quindi: pagamento senza anticipi e ad opera finita: un impegno notevolmente gravoso, per Mastro Martino! (2014)


16 - Per la festa dell’Assunta, veniva ogni anno eseguita dal Consiglio anzianale la “Requisitio Rectorum Artium, pro associatione processionis B. Marie Virginis”, con la quale si passavano in rassegna i rettori delle arti presenti in Città, per far risultare quali di essi erano mancati all’obbligo di presentarsi in processione il giorno di ferragosto.

Anche il 16 Agosto 1617 si elencano le varie arti, che risultano essere le seguenti:

“1) mulattieri; 2) pizzicaroli, macellari et hosti; 3) vascellari (vasai) et fornaciari; 4) sarti et barbieri; 5) Falegnami, scarpellini et muratori; 6) calzolari; 7) merciari; 8) bifolchi; 9) tessitori; 10) orefici et fabbri; 11) notari et spetiali; 12) dottori.

“Et facta requisitione, qui non interfuere sunt in margine cruce segnati”; eseguito il rendiconto, i rettori non intervenuti alla processione vengono segnati a margine con una croce. Mancarono merciai, notari e speziali e dottori, la cui defezione era già stata rilevata altre volte (v. 14.8.1603) (2000)


16 - Durante la seduta degli Anziani, presente il Podestà Antonio de Bonromanis di Montasola, il 16 Agosto 1449 una moltitudine vociferante di popolo si raduna dinanzi al palazzo anzianale esistente nella piazza vecchia. Vengono da questa eletti 21 rappresentanti delle cinque contrade, che si presentano agli Anziani riuniti nella sala inferiore del palazzo, con la richiesta "che la cassa et bossolo dell' offitio dell'antianato presente sia casso et tolto via et che se faccia novo ordine dell'offitio dell'antianato. In questo ordine et modo cioè: Che siano sei Antiani (invece di 4), dui ciptadini et quactro popolari".

Inoltre, chiedono che nel Consiglio dei Dieci vi siano 6 popolari e 4 cittadini ed, in quello generale, 10 cittadini e 20 popolari.

Si tratta di un vero e proprio pronunciamento di popolo.

Gli Anziani in carica scrivono al papa Niccolò V dando notizia dell'accaduto: "fo provato con honeste parole quietare el popolo ad havere patientia", che si attendesse di completare le elezioni con quei nominativi che ancora restavano nel bossolo, ma "non erat locus patientie".

Il papa risponde dando facoltà al Podestà di provvedere secondo suo giudizio, dichiarandosi disposto a ratificarne quanto da lui stabilito.

Il successivo 22 agosto viene trascritto nelle riformanze il testo delle nuove disposizioni per l'ufficio dell'Anzianato, secondo le richieste del popolo, che si hanno per approvate. (2001)


16 - Il 16 Agosto 1445 vengono eletti gli ambasciatori del Comune presso il Cardinale Camerlengo -che passa per Narni- nelle persone di Ludovico di Ser Girolamo e Pirramo di Ser Arcangelo (Nacci), con l'incarico, fra l'altro, di chiedergli "cui debeatur obedire an R.mo d. Legato an Rectori Patrimonij, allegando quod sumus extra Provincia patrimonij" a chi gli Amerini debbano obbedienza, se al Cardinale Legato o al Rettore del Patrimonio, in considerazione del fatto che -in quel particolare momento- Amelia non faceva parte del Patrimonio, ma era di speciale commissione. Il Cardinale risponde "quod sumus sub Legatione R.mi d.ni Legati et quod sibi obediatur" che Amelia è soggetta al Legato e ad esso si dovrà obbedire. (2007)


16 - Il 16 Agosto 1476 si discute come provvedere, in qualche modo, a trovare i denari necessari “super expensis factis in adventu S. D. N. pape” per pagare le spese fatte in occasione della venuta del papa (Sisto IV) in Amelia. Si propone che “omnes, tantum soliti esse exemptes quam non exemptes dativam solvere” tutti, tanto coloro che son soliti essere esentati dal pagamto della dativa, quanto gli altri, “teneantur infrascripto modo, videlicet habentes allibratum librarum quadragintarum et ab inde infra quilibet solvere teneatur pro ipso allibratu bolonenos sex et habentes allibratum ab inde supra usque ad octingentas libras inclusive bolonenos decem et ab inde supra usque in omnem quantitatem librarum solvat bolonenos duodecim” siano tenuti a pagare nel modo seguente, cioè gli allibrati (in catasto) fino a 400 libre, siano tenuti a pagare sei bolognini; da 400 a 800 libre, dieci bolognini e da 800 in su, dodici bolognini. Inoltre, “pro quolibet capite hominis quilibet solvat bolonenos quinque” si paghi l’imposta personale di 5 bolognini “pro capite” e “pro quolibet foculari bolonenos trigintasex” ogni focolare paghi altri 36 bolognini.

Ma la proposta non può aver attuazione, perché lo stesso giorno “vulgo sit maxima et infinita querela quod dicta dativa sit nimis magna et maioris summe quam oporteat” si verifica una sollevazione di popolo, che protesta dicendo che detta dativa è troppo gravosa ed anche eccessiva rispetto alle necessità finanziarie cui deve sopperire “et quod dicta dativa habeatur pro non imposita” e si chiede, quindi, che la stessa si abbia per non imposta.

A dimostrare lo stato di grave indigenza di gran parte della popolazione e quanto fossero giustificate le reazioni sopra manifestate, basti la seguente supplica presentata agli Anziani il dì successivo:

“humiliter se narra et expone per parte dela devota oratrice Francischella moglie ja de Vitarello de la decta Citta che essendo constituta in vecchiezza et sola et sensa alcuno adiuto o vero appogio et in povertà in tanto che de fatiga de sue braccia li è necessario vivere et sostentarse et perché essendo sola et vecchia ... non po più supplire al suo victo et vestito et ad pagare le gravezze che se impongono per li tempi, impertanto con devotione et fede recurre a le prefate V. M. S.  et supplica che de solita benignità et intuito de pietà et misericordia le piaccia concederli immunità et exemptione almeno de mezo focho de le gravezze da imponerse per lo advenire”. (2008)


16  -  Il 16 Agosto 1500 occorre provvedere “ut Civitas incolumis reddatur”  per mantenere incolume la Città, “cum jntelligatur et pro certo habitum sit quod Vitellozus de Castello, domini Ursini et Balliones et eorum confederati, complices et adherentes, cum maximis copijs obsiderint terram Aquesparte” essendosi avuta notizia e si abbia per certo che Vitellozzo di Castello, gli Orsini ed i Baglioni e loro alleati, complici e partigiani abbiano, con gran copia di armati, posto assedio alla terra di Acquasparta “minenturque dicte gentes velle venire ad damna et iacturas huius Amerine Civitatis” e che dette genti minaccino di voler venire a recar danno a questa Città di Amelia; pertanto, alla presenza degli Anziani, del Consiglio decemvirale, dei Banderari -cioè dei Capitani delle contrade- e di numerosi cittadini “ex primatibus civitatis”, fra i maggiorenti della Città, tutti collegialmente riuniti nella “sala magna” del palazzo anzianale, desiderosi di cercare di evitare futuri pericoli e provvedere alla salvezza cittadina (“volentes futuris periculis obviam ire et saluti civitatis providere”), su proposta di Ser Ugolino Nicolaj, “viro doctissimo”, viene solennemente sancito ed ordinato che gli Anziani eleggano “quatuor probos cives, duos de platea et duos de Burgo” quattro integri cittadini, due della contrada di Piazza e due di quella di Borgo, “qui habeant omnimodam auctoritatem potestatem et arbitrium providendi saluti Civitatis” ai quali viene conferita la più ampia ed estesa facoltà di provvedere alla salute pubblica, comprese quelle di “expendendi et omnia alia agendi tamquam tota ipsa commmunitas” effettuare spese e fare qualsiasi altra cosa, come potrebbe la stessa intera Comunità, le cui azioni saranno approvate e ratificate nel consiglio generale che prima seguirà (“quorum gesta approbentur et validentur in generali consilio cum primum celebrabitur”) e abbiano piena validità. Si propone che anche i banderari eleggano quattro dei loro, per “providere omnibus publicis occurrentijs” provvedere a tutte le pubbliche necessità. I quattro cittadini eletti dagli Anzaini “super rebus bellicis” sono: Tiberio di Ser Arcangelo, Pompilio di Battista, Antoniazzo di Paolo e Giovanni di Pellegrino ed i quattro Banderari sono Paolo di Isacco, Sansonetto di Pietro, Bernardino detto Carta e Gaudenzio Salvati. Si delibera, inoltre, che un uomo per ciascun focolare sia tenuto a fare la guardia in Città durante la notte, sotto pena di dieci bolognini. Infine, vengono nominati altri quattro cittadini in qualità di “Ascultatores nocturnos” cioè che, durante la notte, si rechino “circum circha civitatem” intorno alla città, per osservare ed ascoltare se non vi sia qualcuno o qualcosa che possa costituire pericolo o insidia nemica per la stessa (“ut civitas ipsa ab hostium insidijs liberetur”. Gli “ascultatores” eletti sono: Paolo Foschi, Santoro di Paolo Grosso, Taddeo di Paticchio ed “el prete de la picarella”. (2010)


16  -  Nel consiglio decemvirale del 16 Agosto 1528 vi sono alcune urgenti questioni da esaminare. Fra le prime “jnsunt de die in diem varie necessitates communis et ea propter providendum est de pecunijs” sorgono di giorno in giorno (neanche a dirlo!) diverse necessità di ordine finanziario; fra le altre, al Comune è stata concessa una dilazione nella causa esistente con i Signori di Montoro, per consentire allo stesso Comune di produrre i documenti che attestano le sue buone ragioni, ma “sine pecunijs” senza denari, i documenti non si possono ottenere e, come se non bastasse, “plura alia debita sunt solvenda” vi sono da pagare molti altri debiti. “Videatur quid agendum” si veda cosa fare. Il consiglio generale che segue delibera, “more solito”, dando mandato sia a “Jlli qui sunt electi super causa montorij” coloro che sono stati eletti per seguire la causa contro i Montoro, quanto agli Anziani, “extrahendi pecunias ex quibuscumque locis, jntroitibus, fructibus et proventibus communitatis” di cavar soldi da ogni luogo, entrata, rendita e provento della Comunità, augurandosi che la ricerca porti a qualche risultato positivo.

V’è da provvedere anche per il nuovo medico: se ne è andato e “veretur quod non redeat ulterius, quia alia dicitur se conferre” c’è da temere con non ritorni più, perché si dice che si voglia dirigere altrove (che fosse pagato poco?) e “sine medico civitas male stare potest” e la Città non può rimanere senza. Anche per risolvere questo problema la ricetta è sempre la stessa: si nominino, da parte degli Anziani, sei cittadini, i quali, insieme agli stessi Anziani, “habeant arbitrium providendi et jnvestigandi de medico et medicum conducendi cum salario consueto” abbiano facoltà di provvedere e fare ricerca di un nuovo medico e, trovatolo, di farlo venire con il consueto salario, sperando che si trovino i soldi per pagarlo.

Si esamina, infine, la supplica presentata da Jacova, vedova di certo Squatra di Frattuccia: “Humilmente se ricommandano ale S.rie V. la povera vidua Jacova moglie già de squatra de la Frattuccia et sui orphani miserabili figliolj che sonno tre figliole femine et un maschio piccolj che luno non po adiutare laltro et non hanno se non meza casuccia, quale è di epsa Jacova; supplicano humilmente actenta la loro extrema povertà che mendicano et questo lo dimandano per lo amore de dio, piaccia ad questo consiglio farli exempti de le date del Potestà et altre jmpositioni corse et da jncorrere per lo advenire. Jl che sempre lo receveranno ad singular gratia et ne restaranno perpetui obligati ale S.rie V. quali dio exalti secundo desiderano”. Si concede l’esenzione per cinque anni. Ma, anche se a quei tempi non c’era la televisione, perché si mettevano al mondo tanti figli? (2011)


16  -  Nel consiglio decemvirale del 16 Agosto 1329, “pro status conservatione ac custodia Civitatis Amelie” per la conservazione dello stato e la custodia della Città, si delibera di far venire, da Todi, un tal Fardolo, con dieci fanti atti a portare armi e che vengano alloggiati nelle case dell’episcopato, fino alle calende di ottobre, a spese del Comune e, come stipendio, abbiano: detto Fardolo, venti soldi al giorno e cinque per ciascuno i dieci fanti (“Fardolus de Tuderto, cum decem bonis famulis actis ad arma portanda, stare debeant in Civitate Amelie, in domibus episcopatus, hinc ad kalendas octubris, expensis et soldo communis Amelie, et habere debeat dictus Fardolus pro soldo sue persone xx. solidos pro quolibet die, et pro quolibet dictorum x. famulorum habere debeat v. solidos pro quolibet die, quas expensas commune facere teneatur”).

Si delibera, altresì, sempre per lo stesso fine della sicurezza della città, che gli Anziani possano scegliere due persone che facciano la guardia, sia di giorno, che di notte, sulla tribuna della chiesa dei frati minori (“in trevuna ecclesie fratruum minorum”). Inoltre, gli stessi Anziani vengono autorizzati a spendere quanto riterranno necessario anche “pro spiis et nuntiis mictendis et pro capiendo et ducendo in fortiam communis homines male conditionis et fame et quicquid per eos factum fuerit, habeat firmitatem” per assumere spie e per inviare ambasciate, nonché per la cattura di malintenzionati e quanto sarà da loro, a tal fine, effettuato, abbia forza di legge. (2014)


17 - Il 17 Agosto 1487 Maurizio Cibo, Governatore di Spoleto e -ci tiene a specificarlo!- "germanus S.mi D. N. PP." cioè fratello germano del papa (Innocenzo VIII, al secolo Giovanni Battista Cibo), "ex arce Spoleti" dalla rocca di detta città scrive al podestà ed agli Anziani di Amelia la seguente lettera, inviata loro per conto e nell'interesse dell'illustre capitano Gian Giacomo Trivulzio, allora a capo dell'esercito pontificio:

"Semo stati advisati per lettera del Magnifico Messer don Jacobo Da Triulci Capitaneo de la S.tà de N.S. ... essere detenuto lì in prigione da voi uno chiamato Petro alias Malaise per la vita havendo rocta la strada; lo quale siendo fratello de uno suo carissimo servitore, ce prega et chiede con grandissima istantia vogliamo per amore suo che li sia perdonata la vita et farne ad luj uno presente. Noi quantunche malvolonteri lasiamo impuniti cotali delicti, maxime per lo male exemplo che ne prendono li altri tristi, nientedemeno per non potere recusare la richiesta de tale homo quale è lo prefato Messer Johanjacobo et sapendo che quello (che) non facessemo Noi, farria per omne modo la S.tà de N.S. (il papa) ve diciamo imponemo et comandamo che, recepute le presenti, debiate liberare el dicto Pietro presione (prigioniero) et condonarlo al dicto Messer Johanjacobo senza altra replicatione o contradictione, advisandoce poi per vostre lectere de quanto per (da) voi sarrà stato facto in executione de queste nostre, a le quale non potereste senza nostra vergogna contravenire. Bene valete. Ex arce Spoleti die xvij Augusti MCCCCLXXXVIJ".

Strano concetto aveva il Cibo della vergogna: richiedere la liberazione di un condannato alla pena capitale soltanto perché lo sollecita un potente (anzi un prepotente!) come lo chiamerebbe? onorabilità?! (2006)


17 - Il 17 Agosto 1471 si esamina la supplica di un certo Barone “lavorante de arte de lana el quale dice che in li dì passati per la corte dello presente Mexer lo podestà è stato condennato in libre xxv. de denari ... per cascione se dice che percoté et bacté con uno pugno Antonio de Pesello, el quale oratore fo provocato alla dicta rixa et questione dal dicto Antonio, perché li buctò certa acqua ad dosso, et essendo lui provocato et jniuriato fo necessario de defenderse, altramente siria possuto incorrere in maiore male et in pegio, che li fo necessaria la defesa. Pertanto supplica alle V. M. S. che, attenta la sua miseria et povertà. la quale è tanta che el dì della festa non si po nutrire se per lo suo magistro non silli fa la prestanza, chelli (che a loro) piacerà farli gratia de dicta quantità et condemnatione, secondo è usato sempre de fare ad simili miserissimi, altramente li è necessario de morire in prescione et mendicare et vivere de elimosine”.

In considerazione che il povero Barone è miserrimo “et sit forensis labore victum queritans” è forestiero e penosamente lavora per vivere, gli si rimette la condanna. (2008)


17  -   Il 17 Agosto 1465 nel consiglio decemvirale vengono lette alcune suppliche.

La prima è presentata “per parte del vostro fidelissimo et miserabilissima persona Jacovo de pietro Ranuccio altrimente Mastro de Sala de Amelia che conciosiacosa lui quasi niente habia per lo che possa vivere et substentare sua vita et dela sua fameglia come ad ogne uno è noto et dali officiali del comune de continuo sia messo in fuga per debito de comune cioè dative, et anque per debito de spetiali Ciptadinj. Jn lo quale debito è sifactamente involuto, che appena pote recogliere el fiato. Considerato la sua supina (sic) povertà et miseria, che quelle (Signorie) se dignino per intuito de pietà et per lo amore de dio delle dative incurse in sino ad ogi tanto reali, quanto personali per le quali lui appara (risulti) debitore desso comune per vostra clementia et de questo conseglio farli liberal gratia et in forma (di modo) che né fuga né altra vexatione da li dicti officialj né da altruj non habia ad recevere più, offerendo nel futuro ingegnarse sì che quelle dative (che) se imponerando imposterum omnino (per l’avvenire totalmente) pagarle si sapesse (anche se dovesse) vendare o impegnare suoi figliolj. Et hoc petit (e questo chiede) Amore dei, che in altra forma per simile sua impossibilità li serìa necessario o infracedarse nella prescione o andare de fora mendicando”.

Altra supplica viene presentata da Angelo Cecchi Ciotti di Amelia, il quale, asserendo di aver sempre pagato tutte le imposte comunali durante la sua vita passata, trovandosi ora “in decrepita etate” in età decrepita, “vix potest se alere solummodo de pane nisi ex auxilio eius generis” è appena in grado di nutrirsi di solo pane con l’aiuto di suo genero, senza il quale “esset necesse sibi ire hostiatim mendicaturum” gli sarebbe necessario andare mendicando di porta in porta.

Nel consiglio generale del giorno dopo, al Mastro di Sala Giacomo viene abbonata la metà di quanto dovuto, dietro idonea garanzia circa il pagamento dell’altra metà, mentre al Angelo Cecchi, in considerazione dell’età avanzata e della sua povertà, viene fatta totale remissione. (2009)


17  -  Il 17 Agosto 1427 vengono stipulati e sottoscritti sia il contratto, che i relativi capitoli per effettuare i lavori murari del Lago Vecchio, precedentemente deliberati quindici giorni innanzi. Eccezionalmente, tolto il protocollo, anche il contratto è stato scritto in lingua volgare. Vale la pena di riportarne il testo, come segue:

“Jn Nomine dominj Amen. Anno dominj Millesimo ccccxxvij. Indictione v^ tempore Sanctissimi in Christo patris dominj nostrj dominj Martinj divina providentia pape quinti. die .xvij. mensis Augustj. Sia manifesto ad omne persona che vederà el presente contracto, come che in presentia de me luca de petricciolo damelia notario publico et mo cancelliero et notario de lereformationj del communo damelia infrascripto, et testimunij infrascripti. Mastro Coluccio de Stasio da lacava magistro da murare essendo personalmente constituto de nante ala presentia deli Magnificj homini Messer Francesco de zucchanti, Ser paolo de Vico, Arcangelo de pellegrino,  Arcangelo de Pietro Picchiarello, Tomasso de magistro Angelo, cinque del numero deli Signurj Antianj del popolo del communo de Amelia absente Tozzo loro compagno et collega lo quale era ito ad gabellare el biado de Porchiano, et li nobili homini Anthonio de Ser philippo, Tomasso de Anthonio Ser Ciro de Mannuccio, Ser Nicolo de Ser Luca, Ufreduccio de Ser Pietro, Ser Alesandro de Ser lodovico, Ser Jannj de paolello, pandolfo de Ser Johanne, Angelo de Buccialo, Ser Pietro de Vico et Johanni de marco Salvatello, undicj de Amelia del numero de xij ciptadinj, absente Ser Tomasso de Ser lorenzo loro compagno, posti electi et deputati una coli (insieme ai) Signorj Antianj sopra el facto dellaco Vecchio, ipso magistro Coluccio da una parte et Signurj Antiani, et Cictadinj predecti in nome del communo damelia dallaltra parte, inseme concordevelmente (sic), et spontaniamente ratificano Tucti et singolj capitoli conventiunj et pacti facti per lo decto magistro coluccio da una parte et Ser Nicolo de Ser luca de Amelia dallaltra parte in nome del communo damelia del mureccio (muratura) dellaco Vecchio de Amelia posto appresso ali suoj confinj, come che de lidectj pacti appare in una scripta, scripta per mano de Anthonio de Nofrio da Peroscia, el tenore de ipsa scripta è questo, videlicet.

“+. Al nome de Eddio Anno M°ccccxxvij dj xij dagosto.

“Jo mastro Coluccio de Stasio dala cava mastro de Murare promecto al discreto homo Ser Nicolo de Ser Luca da Melia ambasciatore de li Magnifici Signurj Antiani del communo damelia in vice et nome del decto communo de fare certo edificio de muraglo allaco Vecchio coli modj pacti capitoli et conventiunj che de quj apresso se conterrando (sic). En prima

“Volemo et simo dacordo chel decto muraglo se degha fare quindicj pieie più grosso ala parte de Sopra del muro vecchio et uno pieie più alto che dove la magiure alteza del muro vecchio et densieme congiongerli et menarlo ad una pianeza sichel muro sia grosso intucto trenta pieie et alto uno pie più che quella alteza che de mo, el piede sentenda secondo la mesura del communo damelia.

“Jtem debbo cavare lo sasso che è descontra lo muro Rocto in forma che stia bene.

“Jtem debbo Raconciare lo muro vecchio dove fosse guasto.

“Jtem debbo fare le cannelle de pietre conce in forma che stieno bene.

“Jtem debbo fare chavare la pietra abesognevole al decto lavoro ad Tucte mie spese.

“El decto Ser Nicolo ambasciatore de sopradecta Signoria de ladecta Communità in vice et nome loro permecte dare ad me magistro Nicoluccio calce puzzalana ... abesognevole en la decta opera. 

“Jtem me promecte el sopradecto Ser Nicolo in vice et nome del decto communo cavare el fondamento del decto muro.

“Jtem me promette ferramentj et dacqua abisognevole ala decta opera.

“Jtem me promecte el sopradecto Ser Nicolo in vice et nome del decto communo per solutione et pagamento dela decta opera fiorini cento Cinquanta doro et fiorini centocinquanta abologninj cinquantacinque per fiorino cio è bologninj Romanj.

“E io Anthonio de Nofrio da peroscia foie (fui) presente ali dectj pactj et capitulj et scripssi la presente ... de mia mano appetitione (a richiesta) et volontà de decto mgistro coluccio conciosia cosache desso non sa scrivere, presente magistro Vicario et magistro Romano dalacava et magistro Anthonio de Trievo mieie compagni.

“E Jo Francesco de pavolo da peroscia foie presente ale supradicte cose.

“Jo M° Coluccio promecto desse (di essere) adamelia adj xv. de Agosto o per fino ali .xviij. cum decti mieie compagni.

“Jtem lo decto magistro Coluccio oltra li sopradecti pacti spontaneamente promise et convenne ali Sopradecti Signurj Antiani et Cictadinj damelia recipienti in nome del communo damelia fare nel decto muro una porta che stia bene ad Tucte sue spese, Salvo che per lo communo damelia lisse debiano dare le prete (pietre) che abisognano per lo conciame dela decta porta si dala parte de sopra et etiam dalaparte de socto et lo decto magistro coluccio promise conciarle ad sue spese et cossì li Signuri Antianj et Cictadinj in nome predecto remasero contenti et promisero al decto magistro coluccio de dare la decta pietra per lo concime dela decta porta.

“Jtem lidectj Signurj Antiani et Ciptadinj in nome del communo damelia promisero al decto magistro Coluccio de dare mo (ora) vinti ducati aldecto magistro Coluccio dela somma deli sopradecti denarj et infino adj .xx. proximo davenire promisero li dectj Signurj Antianj et Cictadinj aldecto Magistro coluccio dedare lavanzo infino ala quantità dela quarta parte de tucti li denarj alluj promissj per la decta opera.

“Jtem lidecti Signurj Antianj et Ciptadinj in nome predecto promisero aldecto magistro Coluccio dedare una altra quarta parte del decto denaro alluj promisso quando sirà facto  el fondamento deldecto muro.

“Jtem lidecti Signurj Antianj et Ciptadinj in nome predecto promisero aldecto magistro coluccio de dare una altra quarta parte de decto denaro alluj promisso quando se verrà fornendo el muro.

“Jtem lidecti Signurj Antianj et Ciptdinj in nome predecto promisero aldecto magistro Coluccio de dare lultima quarta parte del decto denaro quando sira fornito el muro predecto secondo che lo decto magistro coluccio a promesso.

“Jtem lidecti Signurj Antianj et Cictadinj promisero dedare al decto magistro coluccio tavole et lename (sic) necessario per li puntj che bisognaranno quando se murarà el decto muro.

“Jtem promisero lidecti Signurj Antianj et Ciptadinj in nome del communo damelia de dare aldecto magistro Coluccio lestifarelle (carriole?) che abisognano per portare la calce quando se murarà el decto muro.

“Le quali Tucte et singole cose li sopradecti Signurj Antianj et Ciptadinj in nome et vice del communo damelia et lo decto magistro Coluccio per se et sue heredj et successorj inseme promisero luna parte allaltra et laltra ad laltra perpetuo actendere et observare et non contra venire per veruna rascione et ne cascione renumptiando ledecte parte ad omne exceptione et aiutorio de legie (appiglio legale) che per loro facesse, sub obligatione de Tucti libenj del decto communo damelia et delibenj del decto Magistro coluccio presentj et futurj sub obligatione ypoteca et ala pena del doppio dela sopradecta quantità, la quale pena commissa o no, pagata o no, le supradecte Tucte et singole cose vagliano et tengano. Jnsuper Jo luca de petricciolo notaio publico infrascripto ale decte parti feci elprecepto de la guarentitia che le sopradecte cose debiano pienamente observarse secundum la forma delistatutj de la Cipta damelia parlante de la guarentitia.

“Queste cose furono ratificate nela Cipta damelia nela sala desocto del palazzo del popolo dela cipta damelia et usata residentia deli sopradecti  Signurj Antianj posta adcanto alecose del decto communo et altri confinj, presenti Stefanuccio de Jacobo de Ser Stefano, Nicolao de Justino alias Fallo, Angeluzo de Francesco, Nofrio de messio et Johanni de Vicarello alias Tornana damelia testimonij ale predecte cose havuti chiamati et pregati.” (2010)


17  -  Nel consiglio decemvirale riunitosi in seduta segreta il 17 Agosto 1529 si tratta, fra l’altro, di un ennesimo problema creato dal transito di genti armate dell’esercito imperiale di Carlo V, scorrazzanti per l’Italia, dopo le devastazioni subite da Roma nel sacco operato dai lanzichenecchi del Frundsberg poco più di due anni prima, il 6 Maggio 1527: “habetur novum Jll.mum Dominum Principem de oragne generalem capitaneum in Italia cesarei exercitus habere de proximo et forsan in presentiarum agere transitum hinc” si ha notizia che il Principe d’Orange, Capitano generale dell’esercito imperiale in Italia prossimamente e, forse, da un momento all’altro, passerà da queste parti “et forsan volet intus Ameriam cum suis copijs et equitibus hospitari” ed è probabile che voglia venir ospitato all’interno della Città, con le sue truppe a piedi ed a cavallo. Nel maggior consiglio convocato il giorno stesso, Laurelio Laureli propone “quod mictantur Principi obviam duo homines in oratores, et sint potius homines militares quam alterius nature et conditionis, qui operentur eum divertere ab hac via et agant omnia alia que eis videbitur utilia communi Amerino” che s’inviino incontro al Principe due oratori e siano preferibilmente militari che di altra condizione e si adoperino per convincerlo a passare per un’altra strada, facendo quanto sarà loro possibile per l’utilità della Comunità amerina. 

Ma c’è dell’altro: “Advenit commissarius S.mi d.ni n.ri super conductione suarum artigliariarum que sunt prope civitatem hortanam et cito facient transitum per teritorium amerinum” è giunto il Commissario papale e fa presente che le sue artiglierie si trovano nei pressi di Orte e si apprestano a muoversi, entrando nel territorio amerino (dirette a Foligno). “Petit sibi provideri de 100 hominibus guastatoribus ad aptandum vias et facere eas planas per totum teritorium amerinum et petit duci per vias meliores pro transitu agendo versus Fulgineam” chiede, quindi, che gli si mandino cento guastatori (meglio, genieri), che sistemino le strade, spianandole per tutto il tratto amerino, scegliendo le vie migliori, per dirigersi verso Foligno. “Jtem petit sibi provideri de victuarijs pro gentibus quas ducit, pro justo et condecenti precio” Inoltre, chiede che si provveda a concedergli vettovaglie per le genti armate che conduce con sé, ad un prezzo equo e conveniente.

Tra tanto trambusto di genti armate, il consiglio decemvirale deve occuparsi anche di sbrigare una questione di carattere igienico-sanitario: “Johannes de Pedecolle Fornarius Agabiti focij” il fornaio Giovanni di Piedicolle di Agabito, di Foce “fecit assari suillam mortuam et eam vendidit. Petit gratiam de pena” fece arrosto una porchetta morta (cioè non macellata) e l’ha venduta. Chiede che gli venga fatta grazia della pena. Il maggior consiglio lo condanna a pagare quattro ducati di carlini, facendogli grazia del resto della pena che, però, non risulta indicata. Ad averlo saputo prima, la porchetta di Giovanni si sarebbe potuta mandare alle genti armate del Commissario papale! (2011)


18 - Il magnifico signore Michele de Actendolis, Capitano Generale di Santa Madre Chiesa, aveva mandato giorni innanzi un manipolo di sue genti armate “pro destructione castrj Focis” per distruggere il castello di Foce, secondo quanto era stato già deliberato nella cerna del 15 Gennaio ed approvato dal nuovo Signore di Amelia, Francesco Sforza, che aveva dato mandato al Capitano Michele di mettere le sue armi a disposizione della Città “ad hoc ut Commune possit facere de Castro Focis velle suum” che potesse fare di Foce quel che voleva. Il 18 Agosto 1434 se ne dà notizia nelle riformanze, in cui si aggiunge: “ne in vitium ingratitudinis communitas Amelie incidat, unanimiter et concorditer ipsi domini Antiani ... decreverunt esse fiendum insenium prefato domino Michaeli ex parte communis Amelie” affinché la comunità amerima non cada nel vizio dell’ingratitudine, gli Anziani, unanimemente e concordemente deliberarono che, da parte del Comune, si presentasse un donativo “in signum devotionis” a testimonianza della devozione “quam commune gerit ad prefatum dominum Michaelem” verso il suddetto Capitano da parte della comunità amerina. Il donativo consiste in quattro salme di biada, due salme di vino, quattro prosciutti “que res solvantur de pecunia communis Amelie et mictatur orator ad insenia predicta, cum victualibus necessarijs” quali cose si paghino con denari della comunità e, insieme al dono, venga mandato un oratore con le necessarie vettovaglie, al fine di presentarlo degnamente. L’oratore viene nominato nella persona di Ser Tommaso di Ser Lorenzo.

Tanta doveva essere l’animosità di Amelia nei confronti di Foce! (2008)


18  -    Nel consiglio decemvirale del 18 Agosto 1470 si discute, fra l’altro, di provvedere ad emanare delle norme di carattere suntuario, “cum sepissime per nonnullos cives fuerit expositum dominis Antianis quod a certo tempore citra multe mulieres, non divites, sed potius pauperes et parve conditionis” poiché molto di frequente, da parte di alcuni cittadini, è stato denunciato agli Anziani che, da un certo periodo in qua, molte donne non abbienti, ma piuttosto povere e di modeste condizioni “inducentes in Civitate Amelie pessimam consuetudinem”, introducendo in Città una pessima consuetidine “et volentes se cum primatis dominabus huius Civitatis adequare fieri” e volendosi confrontare con le signore di maggior prestigio della Città e adeguarsi ad esse, “faciunt et portant earum vestimenta cum magno tragino” si confezionano e indossano vesti con lunghi strascichi. “Quapropter, ad refrenandam et tollendam istam pessimam consuetudinem et expensas maximas pauperum et miserabilium personarum” E quindi, per cercare di frenare ed eliminare una tale pessima consuetudine ed un eccesso di spesa per le persone meno abbienti e miserabili, “placeat presenti consilio de optimo et oportuno remedio providere et similiter de dotibus dictarum mulierum fiendis et limitandis” piaccia al consiglio emanare provvedimenti necessari ed opportuni in merito e similmente per la limitazione delle doti di dette donne.

Nel maggior consiglio riunitosi il 22 successivo si decide “quod eligantur per dominos Antianos sex Cives, videlicet duo de magiori libra, duo de secunda et duo de infima” che gli Anziani procedano alla nomina di sei cittadini, di cui due appartenenti al ceto più elevato, due al ceto medio e due a quello più basso e detti eletti abbiano pieno arbitrio, insieme agli Anziani, di “providere ordinare et deliberare ad eorum beneplacitum” provvedere, ordinare e deliberare a loro giudizio su una tanto delicata materia. (2009)


18  - Nel consiglio decemvirale del 18 Agosto 1539 Paolo Carleni “elegans vir” (si vede che era persona di buon gusto!) espone che “Dominus Potestas petit de justitijs exequtis et factis recognosci ac secundum jurium dispositionem et Civitatis ritum remunerari” il Podestà chiede che gli venga riconosciuto e, quindi, liquidato quanto gli spetta delle esecuzioni eseguite, secondo le disposizioni di legge e gli usi cttadini ed, inoltre, “quid sit deliberandum” cosa si debba decidere “cum sumptus maximos fecerit” avendo incontrato notevolissime spese; ma non basta: lo stesso “instanter postulat ob rerum omnium penuriam” chiede vivamente che, a causa della generale carestia, “licentiari et syndicatores deputari” possa andarsene e che, quindi, vengano eletti i sindacatori, che giudichino del suo operato.

Inoltre, i presenti gabellieri della gabella del pascolo “petunt a debentibus eam solvere duplum, si non solverunt infra tempus ibi prefixum” chiedono che coloro che sono soggetti al suo pagamento, se non la soddisfacessero nei termini loro prefissi, paghino il doppio; “cum hoc numquam in usu exiterit” ma poiché tale richiesta eccede quanto fino ad ora praticato, si chiede “quid agendum” cosa fare.

Infine, si è venuti a conoscenza  che “multa et maxima fieri damna” sono stati recati danneggiamenti in gran numero e della massima entità e, perciò, si domanda “quid sit faciundum” quali provvedimenti adottare.

Nel maggior consiglio riunitosi lo stesso giorno, Pier Francesco Racani -chiamato “extreme senectutis vir ac gravitate et temperantia non mediocri” uomo di estrema età (e, quindi, si presume di altrettanta saggezza) e di non mediocre valore e moderazione- circa quanto richiesto dal Podestà, propone che “Domini Antiani, una cum sex civibus ab ipsis nominatis habeant auctoritatem dimictendi ac licentiandi ipsum” gli Anziani, insieme a sei cittadini da loro nominati, abbiano autorità di congedarlo e licenziarlo, “visis prius tamen computis cum eo nec non vexillum, secundum morem et ritum concedendi” dopo aver con lui riveduti tutti i conteggi e che, secondo l‘usanza di rito, gli sia stato consegnato il gonfalone della Città.

Per quanto riguarda i gabellieri del pascolo, il Racani propone che il consiglio autorizzi gli Anziani a trattare con essi, ma “prout solitum servari olim fuit” nell’osservanza di quanto si è sempre usato fare.

Infine il vetusto Racani propone che “ad refrenandum pravas damnificantium audacias” per frenare la perfida audacia dei danneggiatori e che, mettendo loro addosso lo spavento, “aliquantulum cessent” siano alquanto indotti a ridurre la loro illecita attività, “fieri debeat custos unus per adiecentes (sic) pro singula contrada” si nomini, da parte dei confinanti, un custode per ogni contrada.

Tutte dette proposte vengono approvate a larga maggioranza.

(2012)


18  -   Nel volume n.110 degli atti rogati dal notaio Vincenzo Artinisi, alla pagina 330 (dopo la data del 18 Agosto 1518) figura riportata una singolare “Orazione” contro i vermi, da attaccare al collo e, mentre si attacca, occorre recitare tre “Pater noster e tre “Ave Maria”, “ad honorem SS.me Trinitatis”. Ecco l’orazione:

“+ Potentia Dei Patris + Sapientia Filij + ac Virtus Spiritus Sancti liberet te ... ab omni malo: et vermes tui in aquam convertantur + in honorem beati Honofrij martyris Dei + In nomine Patris + et Filij et Spiritus Sancti + Amen. Dum appropinquant super me nocentes ut edant carnes meas: qui tribulant me inimici mei ipsi infirmati sint et ceciderint+” La potenza di Dio Padre, la Sapienza del Figlio e la Virtù dello Spirito Santo ti liberi da ogni male ed i tuoi vermi si trasformino in acqua, in onore del Beato Onofrio, martire di Dio. In nome del Padre ... mentre si avvicinano a me per nuocermi mangiandomi la carne, essi stessi, miei nemici, si ammalino e muoiano.

Strano vermifugo ‘ante litteram’! (2014)


19 - Anchise Cansacco, con atto rogato dal notaio Tommaso Taddei il 19 Agosto 1549, stipula con Maestro Gian Antonio di Imola, abitante a Viterbo, la costruzione e messa in opera (“fabricare, conficere et in suum locum ponere et clavare”)  di un soffitto ligneo a cassettoni, da sistemare in una sala del palazzo di sua proprietà, in Amelia, in contrada Platea. Il soffitto dovrà avere quindici lacunari e quattordici rosoni (“quindecim quatros et quatuordecim rosones”), secondo il disegno fatto da Maestro Antonio lapicida lombardo di Carona di Valle Lucana, all’epoca residente in Amelia e con l’arme dello stesso Cansacchi nel centro (“cum armis ipsius d.ni Anchises in medio”). I rosoni dovranno essere simili a quelli del palazzo “ill.mi d.ni Vicini de Polimartio” dell’ill.mo Signore Vicino (Orsini) di Bomarzo e della grandezza come da disegno.

Il lavoro dovrà essere eseguito entro la fine del venturo mese di novembre; il committente fornirà legname e chiodi e pagherà all’artifice un corrispettivo di 50 scudi d’oro (“pretio et mercede dicti operis quinquaginta scutorum aureorum”).

Detto soffitto può ancor oggi ammirarsi nel palazzo Cansacchi di Via dell’Ospedale. (2000)


19 - Nella seduta del Consiglio speciale del 19 Agosto 1396 si dà lettura di una missiva che il Castellano di Narni, Giovanni Tomacelli, napoletano e parente del Papa Bonifacio IX, ha inviato il 17 Agosto ai padri e fratelli carissimi Anziani e Comune della Città di Amelia. Eccone il tenore:

"Patri et fratri carissimi, per altre mie lettere ve scripsi pregando che ne piacesse de rebandire Bagaptino et Titolone et Travisero et farli stare en Amelia come laltri Citadini et così vende (ve ne) scrivo et prego ancora che quistu piacere et gratia facciate ad me et voglateli (sic) cassare et rompere omne processu che lo fosse facto. Et de questo ve serrò tenutu Jo, che mai più mentione non ne serrà (fatta). Et per vostro scarcho porrite piglare (sic) recolte de terre fideli de sancta Ecclesia et de vostro comune. Piacciavi che io octenga questa gratia da vui. Manu propria nella Roccha de Narni adi xvij d'Agusto. Joanne Tomacello etc."

Il dì appresso, il Consiglio generale si pronuncia in modo favorevole alla supplica -leggi "intimazione"- del Tomacelli, con 42 voti, contro 7.

C'è da scommettere che la parentela col papa abbia avuto il suo peso sulla decisione!

Ma di quale reato si erano resi colpevoli Bagattino, Titolone e Travisero, da meritare di venir banditi dalla città?  

La probabile risposta emerge dall'esame di un'altra supplica prodotta lo stesso giorno 19 Agosto da Totio Colaoli Salvatelli, che espone di essere stato condannato a pagare un'ingente somma di denaro ed a venir bandito da Amelia, poiché "una cum Bagaptino, Traviserio et Titolono et quibusdam alijs ivisse ad Civitatem Viterbij tunc rebellem sancte matris Ecclesie", cioè si recò, insieme ai detti e ad altri, a Viterbo, città ribelle alla Chiesa (in quanto, come già specificato altrove, la zona era sotto il dominio dell'antipapa Benedetto XIII). Si giustifica dicendo che "ipse Toctius fuerit ex simplicitate et pueritia seductus ad eundum ad dictam civitatem et ignoraret quo duceretur", cioè che, essendo persona semplice e quasi infantile, venne convinto ad andare, pur non sapendo dove venisse condotto. Fosse creduto o meno, non sappiamo, ma venne comunque prosciolto dalla condanna e ribandito, forse perché il Consigio non se la sentì di adottare due pesi e due misure per Bagattino e compagni e per il povero Tozio. (2005)


19 - Il 19 Agosto 1526 dinanzi agli Anziani compare Gaspare Petrucci “de Mevania” di Bevagna, esibendo il breve di Clemente VII, “cera rubra signatum sue Potestarie”, con tanto di sigillo in cera rossa, recante la sua nomina a Podestà di Amelia, emanato da Roma, sotto la data del 12 Ottobre 1524, di cui viene data lettura, con trascrizione nelle riformanze.

Segue la “mostra”, cioè la presentazione ufficiale sua e della sua famiglia, seguita, per ciascuno, dal giuramento “suum officium bene et legaliter exercere” di esercitare il proprio ufficio con diligenza e legalità.

Gaspare Petrucci “ostendit se ipsum in Pretorem” presenta se stesso quale Pretore (come, nel periodo, veniva chiamato il Podestà.

Ser Francesco Martini “de Mevania”, quale “commilitone” del Pretore.

Ser Marco Marrosij “de Mevania”, quale giudice ordinario.

Ser Antonio Mattei “de Collemancio”, quale notaio dei malefici.

Flaminio Francisci, “de Mevania”, quale armigero.

Bartolomeo Zinidai, Matteo Campilli e Loreto Patristefani, come famuli, cioè inservienti.

Viene, per ultimo, presentato “Equum sella et freno munitum, pilaminis albi” un cavallo, munito di sella e morso, di pelame bianco.

Gaspare Petrucci promette “famulos deficientes invenire” di trovare i “famuli” che dovessero mancare.

“Item D. Pretor dedit in manibus Salvati Laudennj Camerarij generalis duos crateres argenteos precio duodecim ducatorum de carlenis”: ultimo atto della “mostra”, il nuovo nominato consegna nelle mani del Camerario comunale due tazze d’argento, del valore di 12 ducati di carlini.

E la presentazione è fatta, cavallo compreso! (2008)


19  -   Il 19 Agosto 1391 il consiglio decemvirale deve interessarsi di alcuni problemi di ordine pubblico. Il primo è il seguente:

“Cum fiant et conmictantur infinita dampna in bonis et poxessioibus civium et comitatinorum dicte Civitatis Amelie et providendum sit ut homines a predictis desistant et ne delinquentes remaneant impuniti” poiché vengono provocati moltissimi danneggiamenti nei beni e nelle proprietà di cittadini e contadini della Città e sia necessario provvedere affinché chi provoca ciò ne venga impedito e per evitare che i delinquenti restino impuniti, si chiedono quali misure siano da adottare.  

Altro problema da affrontare riguarda “multe et infinite persone de Amelia” un gran numero di persone che “pernoctent foris et moram tragant noctis tempore” si trattengono, di notte, fuori delle proprie abitazioni e, da ciò, ne possa derivare “detrimenta in personis et rebus” nocumento a persone e cose.

Nel consiglio generale del dì seguente, sul primo problema si decide che, affinché l’ufficiale preposto a giudicare sui danni arrecati (“notarius dampnorum datorum”) “sit vicilius (sic) et sollicitus investigandi et repertos culpabiles in dampnos datos puniendi” sia maggiormente vigile e sollecito nell’investigare e nel punire chi provoca danni, “habeat et habere possit et debeat quartam partem penarum exigendarum de suis inventionibus” debba avere la quarta parte di quanto ricavato dall’applicazione delle pene che si andranno a ricavare dalle sue indagini.

Quanto ai problemi derivati da coloro che girano di notte, si ordina che “nulla persona cuiuscumque existat conditionis audeat vel presumat pernoctare nec iacere foris cum bestijs vel sine quovis modo et si quis contrafecerit puniatur in pena xv soldorum absque aliqua diminutione” nessuno, di qualsiasi condizione, in alcun modo ardisca pernottare e rimanere fuori di casa né con bestie, né senza e chi contravverrà sia punito con la multa di 15 soldi, senza possibilità di diminuzione “et quod quilibet possit accusare et denumptiare delinquentem et habeat quartam partem pene et eius nomen teneatur in secretum” e chiunque possa denunziare il contravventore ed avrà la quanta parte del ricavato dalla multa ed il suo nominativo sarà tenuto segreto. E così anche i nottambuli sono stati serviti! (2009)


19  -  “Numptiatum est Alexandrum sextum Pontificem Maximum dignissimum nostrum heri die XVIII Augusti 1503 Hora XX diem extremum obijsse. Concedat deus dignum successorem sedis petri et vicariatus domini nostri Jesu christi filij sui unigeniti”: viene data notizia che “Alessandro VI nostro degnissimo Pontefice Massimo ieri 18 Agosto 1503, alle ore 20, andò incontro all’ultimo giorno. Dio conceda un degno successore della sede di Pietro e del Vicariato di Nostro Signore Gesù Cristo, Suo Unigenito Figlio”. E’ quanto si legge nelle riformanze sotto la data del 19 Agosto 1503.

Poiché ad ogni morte di papa c’è pericolo che possano verificasi dei disordini -massime dopo quella dell’ultimo papa Borgia che, malgrado l’eccessiva benignità del giudizio (“dignissimum”) di cui era stato gratificato dal Cancelliere amerino Spinello di Ser Cristoforo Altobelli, non lascerà di sé un edificante ricordo- occorre provvedere a rinforzare la custodia della Città. All’uopo, gli Anziani eleggono “Superstites” -soprastanti alle operazioni relative alla sicurezza della Città- Angeluccio Dani e Ludovico di Giovanni Crispoldi. E che Dio  l’assista!

Con la morte di Alessandro VI ebbe fine la tanto controversa età dei Borgia. A tal riguardo, vale la pena di riportare qui di seguito il celebre monologo recitato dal malvagio Harry Lime, interpretato da Orson Welles nel film “Il terzo uomo”, che non esisteva nella sceneggiatura originale e che fu ingegnosamente inventato dallo stesso Welles: “In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia e cos’hanno prodotto? Gli orologi a cucù”. (2010)


19  - E’ il 19 Agosto 1547. Si è verificato un grave, quanto increscioso incidente: “cum sit quod quidam Commissarius R.mi Legati Perusie ad querelam Dominorum de Montorio prout infra, nulla habita reverentia vel respectu et jn contentum  et vilipendium Magnifice Civitatis Amerie” un Commissario del Legato di Perugia, ad istanza e querela dei Signori di Montoro, senza alcuna considerazione o rispetto e in disprezzo e vilipendio della Città di Amelia, ha fatto procedere, da parte del Podestà in carica Vincenzo Presidio di Civita Castellana, all’arresto dell’Anziano Giovan Bernardo Cesarini “et capto misit jn carceribus” facendolo, poi,  chiudere in carcere. Ma cosa era avvenuto? Lo si deduce dalla lettera patente dello stesso Legato, il Cardinale Tiberio Crispo, trascritta nelle riformanze, nella quale è narrato che “unum ex Prioribus seu Antianis dicte Civitatis convocata ex Castro fornuli magna armatorum manu ad territorium contrade dominorum de Montorio miserunt” uno degli Anziani di Amelia (presumibilmente il suddetto Cesarini), dopo aver raccolto a Fornole una buona quantità di genti armate, aveva invaso una parte del territorio dei Signori di Montoro “violenter et animo … occupandj et ipsos dominos jn eorum possessiones turbandj” con volontà di aggredire ed occupare con la forza e turbare il pacifico possesso dei detti Signori “quamdam novam viam in dicto territorio efficere et construere” e con il progetto di tracciare una nuova strada in detto territorio “et cum jntentione … exigendi ab ipsis dominis jus exigendi vectigalia” al fine di instaurare sulla stessa un diritto di transito, con corresponsione, a carico dei medesimi Signori, del relativo pedaggio.

La reazione degli Amerini non si fa attendere; ci si chiede “quid agendum, cum falsum dixerint” cosa fare, poiché quanto affermato dai Montoro non risponde a verità. Nel maggior consiglio convocato lo stesso giorno, si propone, fra l’altro, che gli Anziani eleggano uno o due ambasciatori da inviare al Legato di Perugia “cum jnstructione sibi danda” dando loro ogni potere di conferire con lo stesso in difesa  delle ragioni della Comunità di Amelia. La scelta dell’oratore cade su “Dominus Catonius Casciolus”. Vengono, altresì eletti per rappresentare Amelia “in causa cum Dominis de Montorio” ben otto cittadini, nelle persone di Marcantonio Vatelli, Gerolamo Nacci, Simon Pietro Farrattini, Gerolamo Geraldini, Ludovico Nacci, Galieno Mandosi, Tommaso Artemisi e Lucio Laureli. Ma non basta: il 29 successivo viene eletto Federico Cansacchi quale ambasciatore da inviare al papa, con precise istruzioni date dagli Anziani, fra le quail:

“Jn primis basciar li piedi a sua S.tà, con recommandarli jn genere et in particolare questa Comunità, con supplicarli se degnasse concederli gratia de venire allogiare in Amelia.

“Jtem fare ogni opera de parlarlj et jnformarla della calunnia datacj dal S. de Montoro con dir che havemo fatta la strada per il suo territorio et che per ciò havemo rotta la securtà (pace), cosa che non se troverà maj, jmmo (al contrario) che loro ha(nno) rocto la securtà per varij jnsulti factj ali hominj nostrj in diversi tempi…

“Jtem li farrete jntendere la inopinata … patente … del R.mo Legato … (il quale) non audita parte né examinato testimonio alcuno … ha facto mecter pregione jn ferrj et ceppi uno de li S.ri Antiani, cosa che mai più fu facta in questa Città tanto devota et affectionata de la Sedia Apostolica …

 “Et sopra tucto parlarete de le cose de Montoro novamente successe … et de le altre cose … farrete opera parlarne se sarrà possible, si no se lassi adrieto”. (2012)


20 - Il Commissario pontificio il 20 Agosto 1529, da Foligno,  richiede al Comune di Amelia l’immediato invio, sulla strada per Todi, di 100 some di vino, 100 di biada e 50 vaccine “ad ciò lo esercito (imperiale) possa vivere et le farrimo pagare a voi (e ti pareva!) come havemo facto a li altri per honestissimi prezzi”!

Poco importa se, per far vivere l’esercito, tanti dei nostri, amerini compresi, dovranno tirare la cinghia e, una volta o l’altra, anche le cuoia: è il prezzo che al vincitore è tenuto a pagare il vinto se, per sua colpa o disgrazia, si è venuto a trovare dalla parte sbagliata. (1999)


20 - Nello statuto della Città di Amelia, approvato e confermato con breve di papa Eugenio IV del 20 Agosto 1441, la rubrica 60 del “liber quartus de publicis judiciis et aliis maleficiis” (in sostanza, dei delitti e delle pene) illustra un’interessante quanto curiosamente elaborata casistica delle pene previste “percutientium et offendentium in persona sine armis, manu vacua”, vale a dire per coloro che abbiano percosso qualcuno nella persona, ma senz’armi.

Vale la pena di riportarne la traduzione integrale: 

Se alcuno ingiustamente colpirà il volto di altra persona con schiaffo o pugno, con effusione di sangue, paghi 50 libre di denari; se senza effusione, pagherà la metà e sia tenuto a ricevere simile schiaffo nel luogo dove lo avrà dato lui. Se percuoterà altra parte del corpo, con uscita di sangue, pagherà 25 libre; se senza sangue, la metà. Se poi alcuno colpirà un altro con un calcio, con fuoruscita di sangue, se il colpo verrà dato dalla gola in su, paghi 50 libre per ciascuna volta; se senza sangue, 25 libre. Se colpirà dalla gola in giù, se con effusione di sangue, pagherà 25 libre; se senza, la metà. Se alcuno avrà ingiustamente morso un altro sulla faccia e ne resti una cicatrice permanente, paghi 100 libre; se non resterà cicatrice, 50. Se il morso verrà dato in altra parte del corpo e ne uscirà sangue, paghi 50 libre; se non ne uscirà, 25. Se alcuno ingiustamente strapperà la barba od alcuni peli di essa ad un altro, paghi 100 libre. Se alcuno avrà strappato i capelli ad un altro o lo avrà fatto ingiustamente cadere o gli avrà strappato dal capo cappuccio, berretto, cappello o altro copricapo o ad una donna il velo, il “pancellum”, il “supergettum” o le avrà tolto altri panni dal capo o le avrà fatto cadere anche per beffa o per gioco indumenti femminili, paghi 25 libre di denari. E se prenderà ingiustamente qualcuno per i panni al petto o al collo o glieli strapperà di dosso, paghi, ogni volta, 25 libre.

Se poi alcuno strattonasse un altro facendolo cadere e ne uscisse sangue dal volto, paghi 50 libre; se ne uscirà da altre parti del corpo, ne paghi 25; se non ne uscirà sangue, paghi la metà.

Se alcuno prendesse ingiustamente un altro per il naso o glielo tirasse stringendolo, se ne uscirà sangue, paghi 50 libre; se senza, 25.

Se alcuno afferrerà un altro per la gola e ne uscirà sangue, paghi 50 libre; se non ne uscirà, ne paghi 25.

Se alcuno strascinerà ingiustamente un altro, paghi, per ogni volta, 50 libre.

Se alcuno sputerà o getterà in faccia ad un altro ingiustamente e premeditatamente altra bruttura, paghi 50 libre; se in altra parte del corpo, ne paghi la metà.

Se poi alcuno graffiasse (“rancicaverit”) altri con le unghie della mano in faccia o sulla gola e se da più ferite ne uscisse sangue, paghi 50 libre e non di più.

Se alcuno con un dito o con la mano andasse ingiustamente contro la faccia di un altro, paghi 100 soldi di denari.

Se poi alcuno avrà spuntato, tagliato o staccato trecce o capelli ad un altro, paghi 100 libre di denari.

Infine, se dalle suddette offese o da alcuna di esse recate senz’armi ne sia derivato in faccia al colpito gonfiore o tumefazione, l’offensore sia punito come se da detti colpi sia uscito del sangue.

Da notare che le pene pecuniarie dovute dal condannato secondo questa rubrica, come tutte le altre previste nello stesso statuto, anche se riguardanti danni provocati a terzi, non andavano a beneficio dell’offeso, ma incamerate dall’erario comunale. Il risarcimento vero e proprio veniva liquidato in separata sede. (2000)


20 - Nello statuto di Amelia approvato e confermato con breve di Eugenio IV, datato da Firenze il 20 Agosto 1441, alla rubrica 36 del libro V, ripetuta fedelmente nelle succesive copie manoscritte di detto statuto (ved. Codici rispettivamente denominati "Comunale", "Farrattini", "del Seminario" e "del Senato") è sancita una disposizione, la cui singolarità non può non destare la più sincera meraviglia. Già dal titolo "Quod cuilibet liceat carniferulos per capillos capere" è possibile intravedere il suo stranissimo contenuto.

Essa suona pressappoco nel modo seguente.

"Statuiamo ed ordiniamo che se colui che è incaricato del trasporto della carne (indicato col nome di "carniferulus") dal macello alla casa di chi gliene avrà fatto richiesta avrà opposto un diniego, il richiedente possa, "sine pena", cioè senza incorrere in alcuna sanzione, prenderlo "per capillos" per i capelli e costringerlo al negato trasporto, trascinandolo, sempre per i capelli  ("extrascinari per capillos predictos"), finché non si sarà convinto a fare quanto richiestogli. E ciò anche se la norma mitiga la sconcertante facoltà del "trascinatore", esortandolo a compiere tale atto "tantum cum moderamine", cioè con una certa moderazione.

Da quanto esposto, è facilmente intuibile che gli addetti al trasporto delle carni si facessero rapare a zero! (2001)


20 - Nel consiglio generale del 20 Agosto 1391, preso atto che "dies dominicales et alie festivitates non venereantur, nec custodiantur prout esse debent" i giorni festivi non vengono rispettati come dovrebbero essere e cioè "ipsis diebus fiunt quamplura exercitia que in obproprium omnipotentis dei et totius celestis curie redundare videntur, quod incongruum est" in quei giorni vi sono molti negozi in piena attività, in spregio ed offesa a Dio onnipotente, si delibera, pertanto, "quod nulla persona cuiuscumque conditionis existat, tam homo quam femina audeat vel presumat aliquid agere seu aliquid deferre super bestijs vel in capite" che cioè, nei dì festivi, a nessuno, uomo o donna, a qualsiasi condizione appartenga, sia lecito svolgere qualche attività o trasportare alcunché, né con bestie né in capo, sotto pena di dieci soldi, "liceat tamen mulieribus adportare aquam in capite", sia comunque lecito alle donne di portare acqua con recipienti in capo. (2005)


20 - Il 20 Agosto 1329 si discute in consiglio circa i provvedimenti da adottare nei confronti di "quidam exbanditi et malandrini" certi sbanditi e malviventi, i quali "continue turbant et molestant" di continuo turbano e molestano persone e luoghi del distretto "capiendo et derobando homines et personas in districto predicto et alia enormia conmictendo" catturando e derubando persone nel distretto e commettendo altre simili enormità. Si approva, all'unanimità, la proposta di dare incarico agli Anziani "et nominandis per eos" ed a persone da nominare da essi, affinché "super hijs possint providere, ordinare et ordinamenta facere" a tale oggetto, possano provvedere, ordinare ed emanare le opportune norme "pro utilitate et statu dicti communis" per l'utilità ed il pacifico stato della comunità "et quicquid per eos provisum, ordinatum et factum fuerit auctoritate presentis consilij habeat firmitatem" e tutto quello che da essi verrà ordinato ed eseguito, per l'autorità dello stesso consiglio avrà pieno vigore. (2007)


20  -  Il 20 Agosto 1465 nelle riformanze viene annotata la seguente notizia:

“Fratres de observantia una cum eorum vicario ad providendum edificationem loci eorum ordinis Ameriam advenerunt” I frati (francescani) dell’Osservanza, accompagnati dal loro Vicario, convennero in Amelia per provvedere alla scelta del luogo dove erigere la casa del loro ordine ed “ex pluribus locis provisis” dopo aver visitato diversi luoghi, “podium migliorutij pro magis ydoneo et convenientiori elegerunt ac designaverunt” scelsero e designarono il Poggio Miglioruccio come il più idoneo e conveniente e, dopo aver pattuito il compenso per la terra tramite il maggior consiglio cittadino, “prefati fratres, una cum dominis Antianis populi dicte Civitatis ad id auxilium consilium et favorem prestantibus” detti frati, con l’assistenza, il consiglio e l’aiuto degli Anziani del popolo, “ecclesiam designaverunt cui nomen imposuerunt sancti Johannis baptiste”, tracciarono i contorni di una chiesa, alla quale imposero il nome di San Giovanni Battista; “quo facto eodem in loco in signum christiane fidei tanquam vexillum Jhesu Chrysti chrucem magnam ligneam erexerunt”; ciò fatto, sullo stesso luogo, in segno di cristiana fede, eressero, come vessillo di Gesù Cristo, una grande croce di legno. (2009)


20  - Il maggior consiglio, nella seduta del 20 Agosto 1396, è chiamato, fra l’altro, a decidere “unde veniat pecunia” dove trovare i soldi affinché la Comunità di Amelia possa “solvere ... domino Ottobono de tertijs centum quinquaginta ducatos auri er ultra” pagare a Ottobono de Terzis oltre 150 ducati d’oro “pro residuo et complemento vj.c.xxx, ducatorum impositorum pro sua taglia per Magnificum Militem dominum Andream tomacellum Marchionem ut per suas licteras plene patet” quale parte residuale e saldo dei 600 ducati di taglia, a suo favore imposta dal magnifico Cavaliere il Marchese Andrea Tomacelli (nepote del papa Bonifacio IX), come pienamente risulta da sue lettere inviate agli Amerini. Il consigliere Ser Giovanni di Ser Filippo propone che “pro habendis dictis denarijs” per ottenere il denaro occorrente, “fiat inquisitio per Civitatem et comitatus Amelie totius bladi recollecti de anno presenti hoc modo, videlicet quod bandiatur per publicum preconem Civitatis Amelie quod quilibet debeat assignasse omne genus bladi per eum relicti de anno presenti cum juramento” si faccia un’indagine per la Città e suo distretto circa la totalità delle granaglie prodotte nell’anno, nel modo seguente, cioè che, da parte del pubblico banditore della Città, si proclami che tutti coloro che hanno prodotto cereali, debbano farne l’assegna, cioè la denunzia sotto giuramento. “Et visa et facta dicta assigna predicti bladi, imponatur et pro imposita habeatur gabella x. soldorum pro qualibet salma grani” Fattane l’assegna, s’imponga una gabella di 10 soldi per ogni salma di grano. E così sia! (2010) 


20  -  Il 20 Agosto 1469 nelle riformanze si legge:

“Qui domini Antiani utilitatem communis cernentes quod propter pestem sunt multi Amelini qui habitant ad casales et bladum quod reccoligerunt ibi et apud ipsos retinent et non ferunt Ameliam” i Signori Anziani, avendo a cuore l’interesse del Comune e constatando che, a causa della peste, sono numerosi gli Amerini che abitano nelle campagne ed i cereali che ivi raccolgono, li tengono presso di sé e non li portano in Amelia “propter quod non solvitur gabella debita” e, di conseguenza, non viene pagata la relativa gabella, “jdeo eligerunt et deputaverunt infrascriptos Cives qui debeant ire rimatum per casales Amelie inquirendo granum recollectum et ibi existentem et scribere quot et quibus et cuius generis bladi est” pertanto  hanno eletto e deputato gl’infrascritti Cittadini, che vadano ad inquisire per le campagne amerine, facendo ricerca  dei cereali raccolti ed ivi conservati e registrare la quantità, la proprietà ed il tipo di cereale prodotto, “dividendo eisdem communitas Amelie inter ipsos ut quilibet vadat ad loca sibi deputata, cum salario ut placebit dictis dominis Antianis”. dividendo fra di essi l’intero territorio di Amelia, affinché ciascuno vada nei luoghi a lui assegnati, con il corrispettivo che sarà stabilito dagli Anziani.

Seguono i nominativi degli eletti, che sono i seguenti: Giovanni di Graziano, Angelo di Cristoforo Bucci, Piergiacomo di Uffreduccio, Giacomo di Antonio di Ciavarrome, Gerolamo di Sasso e Innocenzo di Giovanni di Angelello, che si divideranno la campagna di Amelia; Francesco di Giovanpaolo andrà a Montecampano; Angelo di Matteo di Bartolomeo andrà a Fornole; Giovanni di Filippo di ser Benedetto si recherà a Frattuccia e Collicello; Ser Riccardo di Angelo e Ser Arcangelo di Casino andranno a Macchie. E buon lavoro a tutti!  (2011)


20  -  Callisto III (Alonso Borgia) il 20 Agosto 1457 scrive al suo Commissario Giovanni Monpiter: “tenore presentium devotioni tue comictimus et mandamus quatenus una cum dilecto filio Angelo de Bulsena ordinis minorum professore nuntio et collectore nostro in negotiis currentibus” che, a tenore della detta missiva, affida e comanda alla di lui devozione, unitamente ad Angelo da Bolsena, dell’ordine dei Minori, nunzio e collettore  per conto del papa negli affari correnti, che si faccia consegnare da chiunque quanto venne raccolto per la crociata, che, dopo la caduta di Costantinopoli in mano ai turchi del 1453, fu uno degli scopi cui il papa più attivamente si interessò. In seguito a tale richiesta, si ha notizia che il 28 dello stesso mese, l’Arciprete di Lugnano Galassino consegnasse al “collettore” settantasette ducati di camera, otto once d’argento, altri manufatti d’argento, indumenti, una balestra ed altre armi, fra cui una celata ed alcuni bracciali. (2014)

  

20  -  Con atto rogato dal notaio Bernardino Angrofo il 20 Agosto 1545, il nobile vercellese Gian Pietro Sandaliano, cittadino di Amelia e parrocchiano della chiesa amerina di S. Andrea Apostolo, detta il proprio testamento. Non vuole pompe funebri “et inanes solemnitates” e vane solennità; il giorno del suo funerale, si distribuiscano ai poveri il pane di un quarto di farina ed un quarto di fave cotte “et non fiant alie esequie, neque septime, neque anniversari pro anima sua, quia lux que post corpus it parum prodest et parum lucet et minus juvat” e non vi siano altre esequie,  in suffragio della sua anima, né per l’ottava, né per l’anniversario, poiché la luce che brilla dopo la fine del corpo, poco risplende e ancor meno giova. Esecutore testamentario e tutore delle sue cinque figlie, che istituisce sue eredi universali,  nomina il Conte Antonio de’ Gattinaria, Gran Cancelliere del Regno di Napoli. Se alcuna delle figlie volesse monacarsi, abbia in più cento ducati, ad onta che le monache non possano possedere, ma, essendo forestiere, non hanno in Amelia parenti che le guardino “tempore belli, penurie, famis seu pestis” in tempi di guerre, di carestia, di fame o di peste. Anzi, esprime il proprio desiderio che tutte e cinque entrino nel Monastero di S. Stefano, “volens omne mundanum periculum evadere et evitare” volendo evitar loro ogni pericolo di tentazione mondana. (2015)

 

21 - I quattro ambasciatori inviati al papa dalla Comunità amerina (cioè: Ugolino Nicolaj, Cristoforo Cansacchi, Tiberio Mandosi e Pompilio Geraldini, al posto dei 12 richiesti, ridotti in tal numero “propter maximum morbum quod ad presens est in nostra civitate” a causa della gravissima epidemia presente allora in Città, il 21 Agosto 1501, con una lettera inviata agli Anziani, riferiscono che Alessandro VI vuol “dala nostra Comunità mancho di cinquemila ducati doro in oro” ed essi replicano “ch’era impossibile (che) la nostra Comunità potesse pagare non tanto tanta quantità ma milli carlini non li potria pagare” ed il papa non la vuole intendere e “non è nissuno (che) lo voglia contradire, né havemo ardire a dire cosa (che) li dispiaccia”.

Chiedono “mandato pieno et senza numero de denari per reddurre la cosa meglio (che) se pò”. E seguitano dicendo: “Noi non havemo più denari, remettemo più de dece quatrini el dì delli nostri denari per ciascuno tanto è cara omne cosa”: non bastano “doi bolognini de pane el dì”. Anche l’acqua costa otto bolognini il boccale.

Sono consigliati “a domandare la S.ria del Duca Valentino per nostro protettore ché altramente a pena ce porremo salvare”.

Chiudono la lettera con un disperato appello: “per lamor de dio ce mandate denari”!. (2000)


21 - Nel Consiglio speciale del 21 Agosto 1445, fra le spese straordinarie da approvare si legge: "Magistro Mario pictori pro pictura armorum R.morum Cardinalium Aquilegiensis Camerarij et Firmani Legati etc. in pariete Palatij comunis": al pittore Maestro Mario, che dipinse su una parete della residenza comunale l'arme dei Cardinali di Aquileia Camerario e di Fermo Legato, ecc. si corrisposero 6 libre e 15 soldi. (2006)


21  -  Il 21 Agosto 1514 il notaio Vincenzo Artinisi è chiamato a redigere atti di quietanza rilasciati a Fra Egidio Delfini (“olim Generali Ordinis Minorum S. Francisci” già Generale dell’Ordine dei Minori di S. Francesco) da Mastro Antonio Delfini e da suo fratello Gerolamo, della somma di ottocento ducati di camera, pari a 1066 carlini e 50 bolognini, “pro fabrica claustri S. Francisci” per la fabbrica del chiostro di S. Francesco ed altri cento “pro aliis expensis et maxime in sepulturis confectis in dicta Ecclesia”  per altre spese ed, in particolare, per i sepolcri costruiti in detta chiesa, nonché di 44 ducati e trenta bolognini, da parte degli eredi di Matteo Bartoci “pro scalis Ecclesie conficiendis” per la costruzione delle scale.

Mastro Antonio, a sua volta, dona al Convento di S. Francesco circa quattro some di terreno “ad seminandum” seminativo, del valore di 49 ducati.

Ma Fra Egidio Delfini aveva precedentemente donato al convento di S. Francesco tutti i beni di sua madre e di sua sorella Santina, ma quest’ultima, nel frattempo, era invecchiata e divenuta cieca e sorda e non aveva di che sostentarsi. Da parte dei parenti, si fa ricorso all’attuale  Generale Padre Filippo Bagnacavallo che a due congiunti di Santina, Mastro Antonio Delfini, dottore in medicina, ed a suo fratello Gerolamo, dottore in legge, fa consegnare una sua lettera per il Guardiano e frati di S. Francesco, con cui li esorta a restituire tutto a Santina ed a rimetterla “in pristinum statum”. I due detti congiunti si offrono, comunque,  di lasciare al convento una casa attigua, oggetto della donazione, purché il rimanente venga restituito. I frati accettano. (2014)


22 - La Ill.ma Madama Lucrezia Borgia, Duchessa di Biselli, è stata destinata dal papa (Alessandro VI, suo padre) al governo del Ducato di Spoleto, del quale ha preso possesso il 12 agosto 1499. Ad Amelia, il 22 Agosto successivo, viene nominato Marco di Fabrizio Cansacchi come oratore, incaricato di giurare fedeltà ed a rendere omaggio alla Duchessa Lucrezia. A nome del Comune, le offrirà 8 ducati, da impiegarsi nell'acquisto di qualche presente ed, inoltre, le porterà in dono delle frutta "videlicet uvas, ficus et persicas" cioè uva, fichi e pesche. Per la spesa occorrente, si ricorra ad un prestito da Gabriele ebreo e se questi non volesse concederlo senza una garanzia, si chieda a qualche cittadino disposto a favorire il Comune, impegnando delle tazze d'argento di sua proprietà. Siamo proprio letteralmente arrivati ... alla frutta!  (2001)


22 - Francesco di Giannotto d'Alviano, "civis Ameliensis", che si era fatto oblato -lui e suoi beni- dei Francescani per non pagare le relative dative al Comune di Amelia, con atto rogato il 22 Agosto 1427 e riportato nelle riformanze, "donavit, dedit, tradidit, cessit et concessit jure proprio et in perpetutum titulo donationis inrevocabiliter" cioè, in parole povere, donò al Comune di Amelia il Castello di Mimoia, sito in territorio di detto Comune, "cum omni jurisdictione, actione, tenimento et territorio", cioè con ogni diritto, ragione e territorio annesso, con la sola espressa riserva dell'usufrutto sua vita natural durante.

I Frati di S. Francesco, venuti a conoscenza della suddetta donazione, ricorrono al Comune, esponendo agli Anziani che il donante "iam obtulit se et omnia sua bona Ecclesie Beati Francisci de Amelia" si era reso oblato, con tutti i suoi beni, alla Chiesa di S. Francesco; chiedono, pertanto, che venga loro corrisposto "de bono et equo" quanto spetta, in considerazione della effettuata oblazione. 

La questione deve essere dibattuta nel Consiglio generale, nel quale, riunitosi a fine mese, Ufreduccius ser Petri propone che il Comune sborsi la somma di "quinqueginta librarum denariorum", cioè 50 libre di denari, ai Frati e questi "donent Communi Amelie omne jus et actionem" donino ogni diritto ed azione che ad essi possa competere sui beni di Francesco di Giannotto, "vigore oblationis facte" in dipendenza della fatta oblazione.

La proposta viene approvata con 68 voti favorevoli e 7 contrari. (2004)


22 - Il 22 Agosto 1476, viene data notizia nelle riformanze dal soprastante ai lavori di riattamento del Castello di Sambucetole, Evangelista Mannuzi, che Mastro Giacomo, per detta opera, ricevette “ab Antonio alias Ingrefo et Evangelista Nardutij alias Garanello et immissos in operare in dicto castro in totum mille septingentos quadraginta mattones et duo milia quadringentos quinquaginta canales quos fecerant prefati de commissione ut dixit ipsius Evangeliste” dai fornaciari Antonio detto Ingrefo ed Evangelista Narducci, detto Garanello, 1740 mattoni e 2450 canali, da loro fatti su commissione dello stesso soprastante e adoperati nei lavori di restauro del castello. (2008)


22  -  Nella notte fra il 10 e l’11 Agosto 1492 era avvenuta l’elezione di papa Alessandro VI e, nelle riformanze, ne venne data notizia il 12 seguente, con tale annotazione: “Nuntiatum est creatum esse jn honore dej et Sancte Romane ecclesie pontificem maximum Vicecancellarium, cui impositum est nomen Allexander Sextus. Fuerunt ipsi R.mi d.ni Cardinales in Conclavj ad Creationem dicti Pontificatus per quinque dies. Quod felix faustumque sit” è stato annunziato che, in onore di Dio e della Santa Romana Chiesa è stato creato pontefice massimo il Vicecancelliere, con il nome di Alessandro VI. I Cardinali restarono in conclave per cinque giorni. Che ciò sia segno di felicità e buon auspicio. Il 22 Agosto successivo si riunisce il consiglio decemvirale, nel quale vengono nominati gli oratori da inviare al nuovo papa, fra i quali figurano Ludovico Boccarini, Moricone di Tommaso (Cerichelli) e Giacomo Nini, per far riconfermare dal nuovo pontefice tutti i privilegi di cui ha sempre goduto la Città. Fra le singole altre richieste, ne figura una particolarmente significativa: “cum singulis annis simus ludibrio in ludo testaciorum, dignetur nos illo onere eximere” poiché tutti gli anni siamo sottoposti a derisione per il gioco del Testaccio, che (il papa) si degni di esimerci da tale onere. (2010)


22  -  Dopo un mese esatto dalla sua nomina a Vescovo di Amelia, Giustiniano Moriconi, il 22 Agosto 1504, rinuncia al Canonicato e Prebenda in S. Maria di Lugnano, che verrà dalla Santa Sede conferito al Chierico amerino Giacomo Girardocci. Il Moriconi era anche titolare di un Beneficio a Baschi. (2014)


22  -  Il 22 Agosto 1681 si procede all’annuale estrazione del nominativo di una fra le zitelle più indigenti e meritevoli, cui la Congregazione del Venerabile Ospedale di S. Maria dei Laici assegna un’elemosina quale dote. Le concorrenti sono: Fermina di Giuseppe Rompietti, Orsella di Carlo, Dimitilla (sic) di Girolamo, Cecilia di Giovanni, Innocenzia di Ghisalberto, Maddalena di Venero, Chiara di Silvestro e Maddalena di Berardino. Dopo la votazione, Fermina di Giuseppe Rompietti totalizza 12 voti favorevoli e 1 contrario. Le altre riportano, rispettivamente, 7 lupini (favorevoli) e 6 fave (contrarie); 9 lupini e 4 fave; 4 lupini e 9 fave; 10 lupini e 3 fave; 10 lupini e 3 fave; 10 lupini e 3 fave e 8 lupini e 5 fave. “Si che” conclude il segretario verbalizzante “la sudetta Firmina di Gioseppe Rompietti ha ottenuta per questo anno la dote et a lei si dovrà pagare a suo tempo” (cioè quando si sposerà). (2014)


23 - E' riportata nelle riformanze la lettera inviata agli Anziani dal Governatore di Todi, Spoleto ed Amelia il 23 Agosto 1477, con la quale "ve commandamo debbiate subito provvedere che per li vostri Ciptadini et contadini se mandino o vero portino dove si trova, et trovarà in futurum el campo (l'esercito accampato) della Chiesia tante some de pane facto ... et ... dechiaramo (detto pane) se porti omni settimana finché sirà necessario. Appresso ve commandamo debbiate fare prestissima provisione che dalla vostra Ciptà et contado subito siano in ordine cento guastatori forniti con zappe ronche, pale, et accepte in modo che per tucto lunidì proximo quale serà ad xxv del presente mese se trovino ad Ripabiancha ... admonendo et commettendo ad dicti guastatori che al nostro commissario deputato ... prestino vera obedientia; anchora che portino con epsi victualia bastante admeno per octo giorni; fate adduncha che senza alcuno mancamento per voi et vostri homini se mandino ad executione decte cose, sotto la pena della indignatione de N.S. (il papa Sisto IV) et cinquecento ducati doro da applicarse alla Camera Apostolica. Bene valete".

Gli Anziani, il 27 successivo, rimettono ai Castelli l'ordine di inviare i guastatori richiesti, in ragione di 8, quanto a Porchiano e di 4 ciascuno per Collicello, Frattuccia, Fornole, Foce, Sambucetole, Macchie e Montecampano.

Sarà bastato per evitare l'indignazione papale? (2007)


23  -   Il 23 Agosto 1472 Antonio di Luca, schiavone abitante a Sambucetole, condannato e carcerato dalla corte del Podestà “occasione infamationis de furto” a causa di un’accusa di furto contro di lui formulata da Giovanni Matteo e Michele, anch’essi schiavoni, chiede che “amore dei et intuitu pietatis” per amor di Dio e per pietà gli venga fatta grazia. Il consiglio gli riduce la pena ad un quarto, condonandogli il residuo.

Lo stesso giorno “Se suplica humile et devotamente per parte della sventurata et infelice vedova donna Letitia moglie del fo Johanne de Bartho, la quale dice et expone como del decto Johanne suo marito remase uno mammolo al presente de dui anni et ha gran fatiga  ad posserlo nutrire et allevare et de continuo sia epsa donna aggravata  et fastidiata per li offitiali del potestà ad pagare le graveze et date (che) si impongono alle quali la decta suplicante non po resistere”. Chiede, pertanto, che “intuitu de pietà et de misericordia”, gli Anziani “voglian concedere ad epsa suplicante exemptione et immunità de tucte graveze et dative quali se imponeranno per lo advenire per mezo focho per dece anni proximi davenire et delle date et graveze incurse farli gratia, et questo quantunqua sia justo et questa comunità sia sempre usata farlo ad simile persone, nientedimeno lo riceverà ad gratia singolare da V. S. le qualj dio conservi et prosperi in felice stato”.

Nel consiglio generale del successivo giorno 25 agli stessi supplicanti viene concesso quanto richiesto. (2009)


23  - Nel consiglio decemvirale del 23 Agosto 1432 si esamina la richiesta fatta agli Anziani da parte di Pandolfo di Alviano, Commissario papale, “ut mictantur triginta famulos (sic) in campum contra Vetrallam” che vengano inviati 30 fanti nel campo posto contro Vetralla, nonché altra successiva inviata dallo stesso, in cui i fanti richiesti vengono aumentati a 40. “Et non sit pecunia in communi”. Ma in cassa non vi sono denari: cosa fare? Nel maggior consiglio del dì seguente, si propone di provvedere alle spese dei fanti da inviare “de denarijs casse gabelle generalis seu de alijs introytibus communis ut videbitur dominis Antianis” con i soldi da prelevare dalla gabella generale o da altri introiti comunali, secondo il parere degli Anziani.

Nello stesso consiglio si esamina anche la supplica presentata da Antonio Cece, di Amelia, il quale espone di essere stato condannato in contumacia dal podestà Anicio de Cuppis di Montefiascone (in carica nel 1431) “eo quod dicitur dictum Anthonium de mense Septembris M°ccccxxx adcessisse ad domum luce lellj de dicto loco et ibidem ut dicitur intravit” in quanto si dice che lo stesso, nel Settembre del 1430, sia entrato nella casa di Luca di Lello di Amelia “et de quadam cassa existente in dicta domo accepit et furatus fuit quoddam scagiale de argento valoris et communis extimationis duorum ducatorum aurj vel circha contra voluntatem dicti luce” e si asserisce che, da una cassa esistente in detta casa, abbia asportato per furto un oggetto (non meglio identificato, forse un vaso) d’argento, del valore comunemente stimato in circa due ducati “et pignoravit dictum scagiale cuidam habreo” e lo abbia successivamente pignorato presso un ebreo. In seguito a ciò, era stato condannato a pagare 300 libre di denari ed al risarcimento del danno, “secondum formam statutorum” secondo le norme statutarie, da pagarsi al camerario comunale entro dieci giorni dalla condanna “et si non solverit infra dictum tempus si venerit in fortiam communis Amelie amputetur sibi unus pes” e se non avesse pagato in detto termine e fosse caduto in mano della forza pubblica, gli sarebbe stato amputato un piede. “Et cum ipse sit pauperrima persona et invalens ad solvendum” Essendo egli poverissimo ed impossibilitato a pagare, chiede “ipsam condempnationem benigne reducere ad quantitatem sibi supportabilem” che la sua condanna sia benignamente ridotta ad una quantità di denaro da lui sopportabile “et soluta per ipsum quantitate per dominos Antianos determinanda et sibi supportabilem” e, dopo il pagamento di della somma da determinarsi dagli Anziani e rapportata alle sue possibilità, “mandare offitialibus ad quos spectat ut dictum condempnatum de libris communis cassent et annullent, ad eo quod occasione predicta amplius gravari non possit” dar mandato agli ufficiali addetti che cancellino e depennino dai libri contabili del Comune ogni ulteriore debito del Cece e che costui non sia obbligato a pagare altro. Nel seguente consiglio generale si decide, con 29 voti favorevoli e 7 contrari, che Antonio Cece paghi 140 libre di denari ed il residuo gli venga condonato.

Lo stesso giorno, ma 34 anni più tardi, cioè il 23 Agosto 1466, gli Anziani si riunirono nella sala superiore della loro solita residenza e, “viso quod non pulsabat orlogium in preiudicium et damnum communis et maxime artificum dicte civitatis”, resisi conto che l’orologio del Comune non suonava più, con grave pregiudizio e danno dello stesso Comune ed in particolare, degli artigiani della Città, che, evidentemente, non avevano più un riferimento sicuro per svolgere la loro attività, “cupientes bono et comodo communis utiliter providere”, desiderosi di provvedere in modo efficace al bene e all’utile della comunità, “unanimiter et concorditer locaverunt et dederunt ad aptandum orlogium communis Amerie” concordemente ed unanimemente appaltarono ed affidarono per la sua manutenzione l’orologio del Comune “Magistro Jacomo francioso alias Magisterio habitante Civitatis Amerie” a Mastro Giacomo francese, detto Magistero, abitante in Amelia, “cum premio et provisione medij ducatj ad bononenos lxxij pro quolibet mense, videlicet ad rationem sex ducatorum pro anno singulo sibi solvendos per generalem camerarium communis de duobus mensibus in duos menses in pecunia numerata”, per il corrispettivo di mezzo ducato al mese, in ragione di 72 bolognini a ducato, -corrispondenti a sei ducati l’anno- da pagarsi in contanti dal camerario comunale ogni due mesi; “qui magister Jacobus promisit et se sollemniter obligavit manutenere et bene aptare et aptarj facere dictum orlogium omnibus suis sumptibus et expensis” e detto Mastro Giacomo promise e si obbligò formalmente di custodire e mantenere in piena efficienza detto orologio a tutte sue spese, “preterquam, quando indigeret rotis vel ferramentis magne expense quod tunc commune tales expensas facere teneatur” a meno che si rendesse necessaria una maggiore spesa per (sostituire) rotelle ed ingranaggi, che resterebbe a carico del Comune. (2010)


23  -  Nel consiglio decemvirale del 23 Agosto 1467 vengono, fra l’altro, esaminate alcune suppliche.

Una è presentata “per parte de Rasemo de menicuccio Jonta de Amelia, che concio sia cosa che como è noto aciaschuno, elsuo patre sè partito delacita damelia et lassateli per hereditate demolti affannj et debiti senza alcuno capitale et continuamente è molestato daldicto suo patre se voglia partire de qui et lui intenda continuo vivere et morire socto lali dele V. M. S.  et non possa per la sua grande povertà vivere, serecomanda dignarse alluj fare qualche jnmunità de focho et de capo per qualche tempo, secundo parerà ale V. S. lequali dio conserve in felice stato”.

Altra supplica è presentata dal medico ebreo Maestro Elia di Maestro Gaggio, il quale espone che “iam a pluribus annis proximis elapsis habitaverit in vestra prefata Magnifica Civitate Amelie” già da molti anni abita in Amelia “et cum civibus gratam habuerit conversationem exercendo artem suam medicine” ed ha sempre mantenuto buoni rapporti con i cittadini, esercitando la sua arte medica, soccorrendo i bisognosi “et conatus extitit iuxta facultates suas omnibus prodesse et nemini obesse” e compiendo sforzi, secondo le sue facoltà, per poter essere d’aiuto a tutti e non nuocere a nessuno. Avendo desiderio, per l’avvenire, (“cuperet, in futurum”) “cum familia sua vivere cum civibus prefatis Vestre Magnifice Civitatis” restare a vivere, con la sua famiglia, in Amelia, insieme ai suoi cittadini, avrebbe intenzione di acquistarvi una casa, una vigna ed altri beni immobili (“domos et vineas et possessiones emere in dicta Civitate”). Ma vi è un ostacolo: “ex forma statutorum dicte Civitatis amerie cavetur quod nullus forensis possit emere aliqua bona stabilia” negli statuti cittadini è stato disposto che nessun forestiero possa acquistare beni immobili. Pertanto, Maestro Elia chiede “eidem gratiam concedere dictis statutis non obstantibus, quod eidem supplicanti licitum sit emere domos, vineas et possessiones” che, malgrado quanto sancito dagli statuti, gli venga concessa l’autorizzazione ad acquistare i beni immobili sopra indicati “et hoc petit de gratia spetiali” e questo chiede come speciale grazia.

Il maggior consiglio, che segue lo stesso giorno, decide sulla supplica presentata da Rasimo di Menicuccio che, “respectu sue paupertatis et ad hoc ut possit vivere et mori cum alijs Civibus” avuto riguardo alla sua povertà ed al fine di consentirgli di poter seguitare a vivere e terminare la sua esistenza in Amelia, con gli altri cittadini, “fiat sibi gratia et jnmunitas pro duobus annis proximis futuris de foculari et capite tantum” gli si conceda immunità, per i due prossimi anni futuri, dalle sole imposte sul focolare e personali. Quanto, poi, alla richiesta del medico ebreo, “visa virtute dicti Magistri elie et placabilitate et humanitate sua” in considerazione del suo valore professionale e della benevolenza ed umanità dimostrata nell’esercizio dell’arte sua, gli si conceda quanto domandato e  che al rigore della norma statutaria “pro ista vice tantum habeatur pro derogato” si consideri fatta un’eccezione, ma -sia ben chiaro!- per questa volta soltanto. (2011)


23  -  Il Magnifico Giacomo d’Alviano, alcuni anni addietro, aveva gravemente ferito Luigi, pure Signore d’Alviano, causandone in breve la morte. Il 23 Agosto 1509 il feritore ed omicida Giacomo, insieme a suo fratello Console, si fanno rappresentare dal nobile Nicolò de’ Girardocci di Amelia, il quale, portatosi ad Alviano a domandar pace e perdono in nome dei fratelli Giacomo e Console, nelle vicinanze del castello, sulla via pubblica, nel luogo detto “la casalicchia”, s’incontra con Mons. Bernardino, Vescovo di Nocera e fratello germano di Luigi. Lo stesso Vescovo, tanto a nome suo proprio, quanto a nome del fratello, l’ill.mo Signore Bartolomeo d’Alviano, nonché dei figli di Luigi: Maddalena, adulta e Giustina e Lorenzo, ancora minori, volendo imitare l’esempio di Colui “cui proprium est misereri semper et parcere, omnem inimicitiam, odium et rancorem ex vece et immatura morte dicti d.ni Aloysij provenientia” del quale è attributo di aver sempre pietà e perdonare ogni inimicizia, odio e risentimento che potessero derivare dall’immatura morte di detto Luigi, “remisit et, pacis osculo vicissim interveniente” perdonò l’omicida e, con un bacio vicendevolmente datosi, “firmam et perpetuam pacem et remissionem”  gli  accordò remissione della colpa ed una ferma e perpetua pace. L’atto venne verbalizzato dal notaio Dardano Sandri.

Bell’esempio di cristiana carità!

(N.B.: Qualche giorno appresso, Giacomo e Console d’Alviano donano al loro procuratore e rappresentate Nicola de’ Girardocci tre salme di terra in Attigliano. Forse per ripagarlo della paura corsa nel possibile incontro con il Condottiero Bartolomeo!) (2014)


24 - In data 24 Agosto 1420, risulta annotato il pagamento di libre V effettuato dai fociani a favore dei pittori Mario Ser Nicolaj e Ser Antonio di Civitella, quale mercede per aver dipinto “in castro Focis” nel Castello di Foce le armi di S. Romana Chiesa, del Papa (Martino V), del Vicereggente Rettore e del Comune di Amelia.

I fociani, qualche mese più tardi (il 4 Ottobre),  da Viterbo, ricevono la seguente esortazione dal Vicerettore del Patrimonio:

“Como per altra ve avemo scripto cossì de novo ve scrivemo et volemo che facciate et hobedischiate ala comunità damelia como laltri loro contadini, et cossì sapete che N.S. lo Papa disse laltro dì qui in Viterbo a li vostri ambasciatori sì che volemo che N.S. sia obedito perché simo disposti affare quello che comanda la sua S(antità). Valete”.

C’è da augurarsi che il Vicerettore conoscesse le sue mansioni un po’ meglio di come si esprimeva scrivendo! (1998)


24 - Il 24 Agosto 1409, nel Consiglio dei X si deve discutere di come far fronte a delle spese straordinarie occorse per "honorem, comodum et utilitatem comunis Amelie" onore, convenienza ed utilità del Comune, fra le quali vediamo specificate le seguenti:

"Pro ensenio et dono facto Magnifico Viro Ulixi de Ursinis" per un dono fatto dal Comune ad Ulisse Orsini, consistente in "quatuor cossis carnium insalitarum, in novem parijs pollastrorum, in uno edo et in sex libris candelarum, summa in totum facto calculo pretij predictarum lib. decemnovem, sol. decem den." 4 prosciutti, 9 paia di pollastri, un capretto e sei libbre di cera, per un totale di 19 libre e 6 soldi.

"Item pro dono facto Magnifico et potenti Capitaneo Paulo de Ursinis" per altro dono fatto al Capitano Paolo Orsini, consistente in "duodecim cossis carnium insalitarum, in viginti parijs pollastrorum, in triginta duabus libr. cere infra cereos et candelas, summa in totum libr. quinquaginta quinque sol. quinque den." 12 prosciutti, 20 paia di pollastri e 32 libre di cera, fra ceri e candele, per un totale di 55 libre e 5 soldi.

Resterebbe da stabilire un particolare: cioè, a parte l'onore (se pur mantenuto a suon di prosciutti e pollastri), quanta convenienza e quanta utilità sia derivata al Comune di Amelia dall'aver elargito detti donativi a tali illustri personaggi. Ma quando si deve fare la parte del vaso di coccio, c'è da temere che la scelta sia sempre obbligata! (2006)


24 - Il 24 Agosto 1410 il Riformatore Bartolomeo vescovo di Cremona impone che venga "ad sonum tube ut moris est" a suon di tromba, come di consueto, bandito che tutti i cittadini emigrati dalla Città e distanti dalla stessa 25 miglia, "in octo dies proximos a die bampnimenti incohandos" entro otto giorni dal bando e chi è più lontano entro un mese, facciano ritorno "ad standum et habitandum in dicta civitate cum ipsorum familijs et bonis" per dimorare in città con le loro famiglie ed i loro beni "sub pena ducentorum florenorum auri", sotto pena di 200 fiorini d'oro. A coloro che dimorassero in terre nemiche di Santa Chiesa, verranno confiscati i beni a favore della Camera Apostolica. Inoltre, cittadini e contadini che possedessero granaglie "extra civitate Amelie vel castra communi Amelie subiecta" fuori città o fuori dei castelli ad essa sottoposti, "in octo dies" entro otto giorni debbano ricondurli in città e nei castelli stessi, sotto pena di 8 fiorini per ciascuna salma, di cui una quarta parte andrà a chi ne avrà fatto delazione ed il suo nome "tenebitur sub secreto" sarà tenuto segreto. (2007)


24  -  Il Vescovo Ruggero Mandosi il 24 Agosto 1446 nomina suo Vicario Don Bartolo Colaj. Lo stesso giorno, Prete Bastiano di Ser Gori e prete Bartolo Colaj (il nominato Vicario!) presentano al Vescovo una bolla ottenuta dal Penitenziere Maggiore, per una generale assoluzione dalle censure incorse per i loro misfatti, fra i quali si annoverano : “arma portando ad taxillos et alios inlicitos ludos ludendo” di aver portato armi mentre giocavano ai dadi e ad altri giochi proibiti; “concubinam tenendo” di tenere una concubina; “celebrando divina officia” celebrando gli offici divini durante l’interdetto; non facendo i versamenti delle collette, delle decime, ecc. Il Vescovo, udite le confessioni dei due “galantuomini” e sospesili per otto giorni dall’esercizio delle loro funzioni, avuta garanzia che, “de cetero, concubinam non habebunt” in seguito, non avranno più concubine, li assolve.

Mala tempora currebant! (2014)


25 - Sotto la data del 25 Agosto 1815, il Vescovo amerino Fortunato Maria Pinchetti diede alle stampe, con il titolo "OFFICIA PROPRIA SANCTORUM", un libro contenente tutte le celebrazioni religiose relative ai Santi particolarmente venerati in Amelia e sua Diocesi, come può facilmente dedursi dal ricco "Kalendarium Sanctorum" che precede il testo delle lezioni, nel quale, per ogni mese, sono indicati i relativi uffici, che vengono celebrati nella Città e Diocesi. Come dichiarato nella premessa rivolta ai devoti lettori, (e controfirmata in calce da "Antonius Barcherini Cancellarius Episc.") scopo della pubblicazione è "ut vestra pietas aleretur, accenderetur fervor", cioè di alimentare la devozione ed aumentare il fervore verso il culto della Santa Patrona Fermina e degli altri santi oggetto di speciale venerazione in Amelia. (2004)


25 - Il 25 Agosto 1473 vengono esaminate alcune suppliche.

Una viene presentata da Tommaso di Nicolò da Lagoscello, abitante in Amelia, che espone “cum longa adversitate et malorum fraudibus” che, per una lunga congiuntura negativa e a causa di frodi di male persone, ebbe a lamentare la perdita di alcuni cavalli “in quibus sperabat vite sue ponere fundamentum” nei quali aveva riposto la speranza della sua vita. Poiché “venerit in magna inopia” è caduto in grande povertà, non è in grado di pagare le dative impostegli. Si decide di concedergli l’esenzione  per dieci anni dalle imposte “de capite et foculari”.

Altra supplica viene presentata da Donna Paola, vedova di Bernardino Chiaravalle, che espone “se habere duas filias etatis nubilis” di avere due figlie in età da marito, che non può trovare a maritare “ob summam paupertatem” a causa della sua grande povertà. Chiede che la Comunità possa aiutarla a trovare marito “unam saltem ex hijs” almeno ad una di esse, concedendole, come dote, “aliquod petium terre existens in vallibus” un appzzamento di terreno delle valli (di Lagoscello). Le si concedono “tria somata” tre somate di terra “quas olim in vallibus sui affines aut consanguinei possidebant” fra quelle che, un tempo, possedevano gli affini o i consanguinei di Donna Paola (che apparteneva, in seguito a matrimonio, alla nobile famiglia dei Chiaravalle), a condizione che tali terreni, anche in futuro, non potessero essere venduti che a cittadini del distretto di Amelia, “pro evitandis scandalis” per non fomentare disordini. (2008)


25  -  Il 25 Agosto 1500 giunge in Amelia “Jnfelix novum de occupatione Civitatis Biterbij” la triste notizia della conquista di Viterbo: “Urbe Biterbiensi ab ursinis et vitelloctiis capta  et occupata et expulso Illustri domino D.no Julio Columna cum tota factione gactescorum” la città di Viterbo è stata conquistata ed occupata da Orsini e Vitelli e ne è stato cacciato Giulio Colonna, con tutta la fazione gattesca, “venerunt Ameriam nonnulli Cives Biterbienses evasi e manibus inimicorum qui dictam Biterbiensem Civitatem occupaverunt” e molti cittadini di Viterbo, sfuggiti dalle mani dei nemici occupanti, sono giunti in Amelia, “decretumque fuit per Amerinam Rempublicam ut Biterbienses omnes, ceterique forenses qui venerunt ac venturi erunt ad presidia et favores Amerine urbis publicis sumptibus recipiantur” e si è deliberato, da parte della Comunità di Amelia, che tutti i Viterbesi fuggitivi e tutti gli altri che sono venuti con loro -e che verranno in seguito- siano accolti ed ammessi all’asilo ed alla protezione della Città, a spese pubbliche “et distribuantur per banderatas, videlicet cuilibet Banderario sors sua” e vengano distrubuiti ed alloggiati in ciascuna contrada (o “banderata”) cioè ogni Banderario (o Capitano di Contrada) per quanto lo riguarda; “quorum Biterbiensium civium nomine hic inferius describentur, videlicet” ed i nomi dei cittadini viterbesi viene indicato qui appresso, cioè ... ma ne segue uno soltanto, “Pacificus Conestabilis”; degli altri non v’è traccia. Si presume che l’elenco fosse troppo lungo e che il Cancelliere lo abbia omesso di proposito. (2010)


25  -  In ogni tempo, ma massimamemnte nei secoli del basso Medio Evo, particolarmente segnati da lotte furiose, rivalità e sopraffazioni, la necessità di avere dei referenti cui rivolgersi ed ai quali chiedere protezione è stata perticolarmente avvertita, in modo ancor più intenso da parte delle piccole comunità, maggiormente esposte alle prevaricazioni dei potenti. Amelia non fece eccezioni. Di richieste di protezione si ha qualche testimonianza dalle riformanze, nelle quali, a parte quelle rivolte a personaggi di grande prestigio, come Francesco Sforza o Cesare Borgia, la richiesta  stessa poteva venir rivolta a qualche alto prelato della Curia Romana.

E’ quanto si deduce da un’annotazione risultante sotto la data del 25 Agosto 1467, nella quale gli Anziani, “facta inter ipsos matura deliberatione ... cum matura etiam diligentia unanimiter et concorditer nemini ipsorum discordante” fatta fra loro matura e diligente riflessione, a voti unanimi e senza alcuna voce contraria, “elegerunt nominaverunt ac vocaverunt jn protectorem dicte communitatis Amerie unum ex infrascriptis R.mis dominis Cardinalibus, videlicet R.mum jn Christo patrem et dominum Cardinalem Rotomagensem pro primo; et R.mum in Christo patrem et dominum Cardinalem Mantuanum pro secundo” elessero e nominarono quale protettore della Comunità di Amelia uno dei due cardinali sottosegnati e, cioè, in primis, il Cardinale Rotomagense ed, in secundis -in caso di mancata disponibilità del primo- il Cardinale Mantovano.

Ma, con ogni probabilità, nessuno dei due chiamati si mostrò entusiasta di assumere la protezione di Amelia, se il 12 Ottobre successivo gli Anziani, insieme a cinque cittadini eletti ed a molti altri presenti, “eligerunt nominaverunt et vocaverunt  in protectorem  Magnifice communitatis Amelie R.mum in Christo patrem  dominum Marcum Episcopum Vicentinum titulo santi Marci Cardinalem dignissimum” elessero protettore della Città il Rev.mo e degnissimo Cardinale Marco Vicentino, sotto il titolo di San Marco.

Ma di lì a qualche settimana, precisamente il 3 Novembre, fra gli altri argomenti trattati nel consiglio decemvirale, si legge: “Quantum vero ad electionem protectoris ... visa renuntiatione facta per prefatum R.mum d. Cardinalem Vicentinum, ad spetialem protectionem eligatur alter, videlicet R.mus d. C. Cardinalis Aquilanus qui semper fuit Amicissimus huius communitatis” per quanto riguarda, poi, l’elezione del protettore, preso atto della rinuncia del Cardinale Vicentino, ne venga nominato un altro e precisamente il Rev.mo Cardinale Aquilano, che si mostrò sempre particolarmente amico di questa Comunità.

Si ha l’impressione che, a lungo andare, la nomina del protettore venisse a scadere d’importanza, quasi posta alla pari di quella del trombetta! (2011)


25  - Con testamento ricevuto dl notaio Ser Ugolino di Nicola il 25 Agosto 1502, Pietro Ciardi de Rachanis lascia buona parte dei suoi beni per l’erezione di un ospedale al Voc. S. Leonardo, con gestione affidata alla Società del Corpo di Cristo, che dovrà deputare tre dei suoi a questo fine, uno dei quali dovrà essere confermato dal Guardiano degli Osservanti del Convento di S. Giovanni Battista ed ogni anno dovrà render conto della gestione.

Sotto la stessa data, il Comune di Amelia aveva affittato il tenimento di Mimoia ad alcuni cittadini; uno di essi non paga la sua quota di 25 ducati di carlini e, d’ordine del podestà, viene posto in carcere. Fortunatamente per lui, trova un compare che paga per esso. (2014)


25  -  Argentina del fu Lorenzo Boccarini intende monacarsi nel Monastero di S. Caterina. Con atto del notaio Francesco Fariselli, del 25 Agosto 1528 il Priore Innocenzo Boccarini, all’uopo, consegna cento ducati  a suo fratello Pietro Paolo, perché, all’ingresso dell’Argentina, ne faccia il versamento al Monastero e, precisamente, sessanta ducati per la dote, trenta per elemosina e dieci per panni ed altro. Ma poiché i cento ducati dovevano essere sborsati da Muzio, fratello dell’Argentina, quest’ultimo rilascia al priore una dichiarazione di averli avuti in prestito e di obbligarsi per la loro restituzione. Che giro! (2014)

 

26 - Il 26 Agosto 1424 viene presentata una petizione al Consiglio dei Dieci, da parte di Bartolomeo di Ser Berardo, il quale, condannato dal Podestà ad essere bandito da Amelia ed a pagare un’ammenda di 260 ducati e 20 libre, per aver ripetutamente ferito con una spada il medico Maestro Nicolò da S. Angelo in Vado, perché da lui insultato, chiede che  gli possa venir revocato il bando e ridotta la pena pecuniaria  ad un quarto e, cioè, a 65 ducati e libre 5, avendo chiesto perdono al ferito.

Poiché viene riconosciuta provocazione da parte del medico, la supplica è accolta. (1998)


26 - Gilium Cole Nicolaj di Amelia, “popularis”, il 26 Agosto 1328 espone “nobili et potenti viro Bartholello d.ni Corradi de Tuderto, honorabilis potestas civitatis Amelie” al nobile e potente uomo Bartolello di Corrado da Todi ed agli Anziani del popolo che, nel mese di agosto dell’anno passato, andato all’Aquila per un suo affare di mercato relativo alla compera di bestiame, “captus fuit in civitate Reatis” fu catturato nella città di Rieti da certi famigli del reggente della città, che, accusandolo di essere ghibellino e di null’altro, “in carceribus Reatis detinerunt per XX dies” lo detennero nelle carceri cittadine per venti giorni con piedi e mani legati e gli portarono via 88 fiorini d’oro e 29 soldi in denari gigliati.

Chiede, pertanto, gli sia concesso “intuitu pietatis” diritto di rappresaglia verso beni e persone di Rieti, fino al completo risarcimento del danno subito. 

Il diritto di rappresaglia era riconosciuto dagli statuti, ma, nelle località nelle quali erano state bandite rappresaglie contro Amelia, un nostro concittadino vi andava “ad suum risicum”, cioè a suo rischio e pericolo (Statuto del 1330, VI, r.3). (1999)


26 - “Cum vox et fama publica sit” (poiché corre voce) che l’esercito degli Orsini, Vitelli e loro alleati e confederati, dopo aver occupato la città di Viterbo “venturus sit” (stia per giungere) contro la comunità amerina, gli Anziani, riuniti in consiglio il 26 Agosto 1500, ‘in sala magna” del palazzo, ad unanimità di voti, nessuno contrario, “deliberaverunt, statuerunt et reformaverunt” che si riparino e si fortifichino le mura  ed i bastioni cittadini e si provveda a quant’altro necessario “pro defensione dicte urbis amerine” per la difesa della Città; si preparino e s’inventariino “omnes artiglarie(sic)” tutte le artiglierie e si distribuiscano a coloro che sono più esperti alla difesa, occupando i luoghi più adatti; si chiedano aiuti a tutti gli alleati; si mandino missive agl’illustrissimi Signori Colonnesi e Savelli, che si degnino venire con  alleati ed esercito in soccorso a questa città a loro devota e che tutto sia pronto ed apprestato “pro defensione civitatis”. Si serrino le porte ed ognuno si prepari e si armi e stia di buon animo, poiché “iustitia amerinis victoriam parat” la Giustizia sta apprestando la vittoria agli Amerini. 

Magari bastasse la convinzione di combattere una guerra giusta per uscirne vincitori! (2000)


26 - Nel consiglio generale del 26 Agosto 1453, presenti i Dieci de populo ed i 15 banderari, ossia i "Capitanei Contratarum", regolarmente convocato "ad sonum campane vocemque preconis", nella sala magna del palazzo anzianale, per decidere "de costructione Apothecarum per fratres Sancti Francisci", cioè della costruzione di alcune botteghe da parte dei frati di S. Francesco ed in particolare, di quella costruita per ultima dai maestri lombardi "adversus spiculum sive in cantone S.ti Francisci", cioè in aderenza alla chiesa di S. Francesco e ciò recherebbe "grave dampnum et preiudicium dicte ecclesie" grave danno e pregiudizio alla stessa chiesa. La questione di tale costruzione ritenuta abusiva venne sollevata "per omnes cives querelam", cioè dietro reclamo di tutti i cittadini. Si impone, quindi, ai muratori, che "in illa ultima apotheca murare non debeant, nec amplius murent" sospendano la muratura di quell’ultima bottega ma, al contrario, "debeant funditus demoliri sive scarcare" debbano immediatamente atterrare il muro costruito contro la chiesa, "sub pena ducatorum centum auri", di cento ducati d'oro e, come se non bastasse, anche "quatuor tractuum cordarum", cioè di quattro tratti di corda. 

Se i concittadini di oggi fossero altrettanto attenti alla conservazione del patrimonio artistico, quanto lo furono i loro predecessori di 550 anni addietro, quanti obbrobrii di meno sfigurerebbero la nostra Città! (2004)


26 - Il 26 Agosto 1792 il consiglio decemvirale deve occuparsi di questioni relative al pubblico mercato. Prima di tutto, dell'appalto della raccolta delle uova e del pollame, "restando questo appaltatore pregiudicato nei suoi diritti, atteso l'abbuso introdotto (che si è verificato) con cui parziali incettatori si fanno lecito di provedere tanto all'ingrosso, quanto al minuto ogni sorta di polli e di ova", provocando, ciò, sia carenza di tali generi sulla piazza, quanto una ripercussione sul loro prezzo.

Si emanano, quindi, le seguenti disposizioni:

"Al solo appaltatore sia lecito di fare incetto di ova e polli tanto in Città quanto nei Castelli, ben inteso, però, che detto appaltatore sia tenuto rivendere ai particolari di Amelia li polli che per proprio consumo li abbisogneranno all'istesso prezzo con cui l'ha incettati, e così anche l'ova. Ai venditori, dunque, particolari resta proibito di vendere tali generi a persone forastiere o anche paesane in caso fossero incettatori.

“Per ovviare poi alla mancanza di detto genere nella publica piazza, si proibisce anche alli appaltatori di fare incetto alcuno dei sudetti generi nel circuito di due miglia intorno a questa Città e solo siagli lecito comprarli doppo aver fatto piazza (mercato) e ciò (cioè) doppo il mezzo giorno.

“Quanto si è detto riguardo all'incetto di ova e polli intendasi anche de' frutti di qualunque specie, comprese anche le pera e mela cotte, volendo che queste pure faccino piazza prima di vendersi dai trafichini e venderole; non resta però compresa in questa legge brugni e fichi secchi ... Quello che si è detto delle ova e polli e frutti vogliamo ed intendiamo che sia di tutta sorte d'erbaggi selvatici o artefatte (coltivati) come anche fonghi, pesce di qualunque sorte, casci, ricotte, ucellami tanto selvatici, quanto domestici, abbacchi, capretti e tutto ciò che viene sotto il nome di comestibile”. (2007)


26 - Il 26 Agosto 1476 viene letta nel consiglio decemvirale la supplica presentata agli Anziani da Cristiano Cole, il quale “dice et expone con ciò sia cosa che habia servito li Magnifici S. Antiani fidelmente como è costumato et el suo salario sia dece (dieci) libre el mese, Ser Ludovico da Sutri cancellieri ne li misi passati nel tempo del antianato de Nicolò de Carlo et compagni o per errore o per malitia fece la bollecta a decto Cristiano de quattro libre et sei soldj manco (di meno) del devere et in unaltra volta decto Ser Ludovico cancelliere registrò et scrisse in una bollecta che esso Cristiano havere haute libre quattro et meza nel camorlengato de Cristofano da Casciolo, le quali esso Cristiano non ebbe mai ... e questo non sa si fece decto Ser ludovico per fraude o in qual modo ma fu in danno de dicto Cristiano, per la qual cosa Supplica devotamente ale V. M. S.  li piaccia restaurarlo et integrarlo in dicti danari, attento la sua povertà, la qual cosa benche sia justa, domanda de gratia speciale”.

Nel seguente maggior cosiglio, si delibera che “si et quatenus appareret de errore expresse prout ipse narravit, restauretur dictus Cristianus ut petijt” se ed in quanto risultasse evidente l’errore di calcolo, come lo stesso Cristiano ebbe ad esporre, si risarcisca come chiede. La decisione viene presa “viva omnium voce et nemine discrepante” all’unanimità, senza neppure un voto in contrario, “considerata negligentia supradicti ludovici olim cancellerij”, considerata la negligenza del detto cancelliere. Si vede che lo conoscevano bene!  (2008)


26  -   E’ giunto in Amelia il nuovo podestà Francesco (Cecco) di Ruggero di Zagarolo, “a dominis Senatoribus ad ipsum offitium pro Romano Populo deputatus”, assegnato a ricoprire detto ufficio dal Senato di Roma, per conto del Popolo Romano. Nelle riformanze, sotto la data del 26 Agosto 1329, viene annotato che il neo eletto, “existens in platea communis, prius quam palatium communis ascenderet” stando sulla piazza del Comune, prima di salire le scale del palazzo pubblico, “juravit corporaliter ad sancta dei evangelia” giurò, toccando materialmente i Vangeli, “facere et exercere offitium potestarie dicte Civitatis, hinc ad sex menses, secundum formam statutorum dicti communis” di eseguire ed esercitare l’ufficio della podestaria per i prossimi sei mesi, secondo le norme previste dagli statuti comunali “et omnia et singula facere et observare que contenentur in statuto comunis, posito sub rublica de juramento potestatis” e compiere ed eseguire tutte e singole le norme contenute nel detto statuto, sotto la rubrica relativa al giuramento del podestà “et ipso statuto eidem potestati et eius presentia per me notarium divulgato” statuto allo stesso podestà ed in sua presenza da me notaio letto e reso pubblico.

Nei giorni immediatamente successivi, secondo quanto previsto e stabilito dalle norme statutarie, avviene l’analogo giuramento da parte degli officiali e della “famiglia” del podestà, nell’ordine che segue:

Il 2 Settembre, i suoi due giudici Guido di Orte e Silvestro di Sant’Oreste,  il notaio Gherardo di Bagnoregio ed i sei birri (“berovarij”) Coluccio Jannuzi, Pucciarello Nini, Paolo Andreucci, Andreuccio Peroni, Todino Buzi e Andreotto Cecchi; il 6 dello stesso mese, il notaio Egidio Fuschi di Palazzolo e, il successivo giorno 23, gli altri due notai Fazio e Giovanni, i cui cognomi non risultano annotati.

Il 30 Settembre, infine, dinanzi ai consigli generale e speciale della Città, il neo eletto podestà fece la pubblica presentazione (mostra) dei detti suoi ufficiali e familiari. (2009)


26  -  Il 26 Agosto 1500 nelle riformanze risulta annotata la seguente notizia: “Strenuus vir Aloysius Tosabeccho de ferraria Conestabilis  evasus ab Aquaspartensi clade Ameriam venit” il valent’uomo Luigi Tosabecchi di Ferrara, Conestabile scampato alla strage di Acquasparta, è giunto in Amelia.

Lo stesso giorno si riunisce il consiglio decemvirale per discutere di importanti questioni riguardanti l’ordine pubblico: “Cum in hac Amerina Civitate sint nonnulli forenses ex omni natione, videlicet Claravallenses gapteschi exititij Biterbiensis, exititij Tudertini, exititij Ortani et nonnulli alij forenses ex diversis locis qui sunt ad favores huius Civitatatis” poiché in questa Città sono presenti diversi forestieri di ogni provenienza, cioè Chiaravallesi Gatteschi, in fuga da Viterbo, fuorusciti Todini ed Ortani e molti altri forestieri venuti da più parti ed alleati di Amelia, “sed ut audactius possint communitati huic servire, petunt igitur fieri securi ab omnibus superioribus gubernatoribus et commissarijs” ma per poter con maggior efficacia recare aiuto a qusta Comunità, chiedono di venir salvaguardati da ogni autorità superiore, “alioquin volunt ac intendunt hinc abire et alio ire” altrimenti intendono partirsi da qui e recarsi altrove.

Nel maggior consiglio del giorno successivo si delibera -su proposta del consigliere Alberto di Giacomo de Moriconibus- che “omnes et singuli forenses cuiuscumque sint conditionis et nationis et quibuscumque nominibus nuncupentur” a tutti i forestieri di ogni condizione e provenienza e con qualsiasi nome dicano di chiamarsi ... “et omnes alij forenses qui Amerie nunc sunt et qui de cetero venient ad presidia huius Amerine Civitatis” e a tutti gli altri forestieri che attualmente sono in Amelia e che in seguito verranno alla sua difesa, “assecurentur et affranchentur et tuti sint in Civitate ista Amerina et eius territorio ac si essent oriundi cives Amerini” sia garantita sicurezza e franchigia e godano protezione in questa Città e nel suo territorio, come fossero di origine amerina “et casu quo aliqua superior (auctoritas?) scriberet aliquid contra eos, replicetur, adeo quod semper sint securi et tuti in civitate ista et eius territorio et districtu” e, nella eventualità che da parte di qualche autorità superiore si scrivesse qualcosa contro di essi, si provveda affinché sia assicurata la loro incolumità e sicurezza tanto nella Città, che nel suo distretto.

Tuttavia, forse per stemperare la eccessiva energia con la quale Amelia sia era fatta paladina dei fuorusciti e perseguitati, si delibera che “omnes cives amerini accole et externi in civitate amerina habitantes iurent ac iurare debeant ad Sancta dei Evangelia sacris scripturis corporaliter manu tactis, ad statum, honorem et decus S. Romane Ecclesie, Sedis Apostolice ac S.mi D.ni nostri domini Alexandri, divina providentia pape sexti ad salutem conservationem Civitatis Amerie eiusque comitatus, fortie et districtus ac inimicorum cede et pernitiem” tutti i cittadini, sia abitanti all’interno della Città, che al suo esterno, prestino giuramento sulle sacre scritture di restare sempre fedeli sudditi della Chiesa e del papa, per la salvaguardia della Città e del suo distretto e per la rovina dei loro nemici. Tanto per riconfermare da che parte tirava il vento! (2010)


26  -  In attuazione di quanto deliberato otto giorni prima nel consiglio decemvirale e confermato dal maggior consiglio di sei dì appresso, il 26 Agosto 1470, alla presenza degli Anziani e dei sei cittadini eletti per provvedere circa la nuova regolazione delle vesti delle donne e delle loro doti, vengono decretati ed approvati i seguenti capitoli:

Innanzi tutto, “quod omnes et singule exentiones sive jnmunitates que reperirentur facte ... usque in presentem diem” tutte le esenzioni e immunità che siano state comunque deliberate e concesse in merito, fino ad oggi, “tollantur et revocentur” debbano ritenersi abrogate e revocate, “exceptis ab ipsis ... personis ... Castrorum ... focis, Lacuscello et Canalis” ad eccezione degli abitanti dei Castelli di Foce, Lagoscello e Canale “et quod domini Antiani qui pro tempore erunt in officio Antianatus non possint nec debeant in futurum recipere nec tolli facere aliquam supplicationem ab aliqua persona tam Cive quam forense habitante in Civitate Amelie petente aliquam exentionem sibi fieri per commune Amelie” e che gli Anziani in carica  non possano né debbano per l’avvenire ricevere né raccogliere  una qualunque richiesta da qualsiasi persona abitante in Amelia, tanto cittadina che forestiera, che tenda alla concessione, da parte del Comune, di qualche esenzione, “si prius ipsis dominis Antianis non constiterint et fidem habuerint  per duos ex convicinis ipsius supplicantis, cum juramento, quod ille supplicans sit persona miserabilis et egeat dicta exentione” se prima gli Anziani non avranno constatato ed abbiano avuto assicurazione giurata da due vicini dell’istante che questi sia persona di grande povertà e necessiti della richiesta esenzione, “et si aliter fieret, non servata dicta forma, non valeat nec teneat et ipsi domini Antiani aliter facientis quam supradictum est, solvat ipso facto penam in communi Amelie vigintiquinque librarum denariorum pro quolibet Antiano et qualibet vice” e quanto sarà fatto diversamente, non osservando detta procedura, non abbia valore alcuno e l’Anziano che abbia trasgredito paghi al Comune, a titolo di pena, 25 libre di denari per ogni violazione.

Inoltre, “ad tollendam istam malam abusionem et consuetudinem mulierum traginantium pannos earum vestium” a rimuovere l’abuso e la cattiva abitudine delle donne di trascinare le loro vesti, viene ordinato e decretato “quod hinc in posterum non liceat mulieribus in Civitate Amelie vel eius districtu quoquo modo portare vestem longam ultra terram, ita et taliter quod non possit nec debeat traginare pannum ipsius vestis ad penam pro qualibet muliere et qualibet vice unius ducati de auro” che d’ora in avanti, nella Città di Amelia e suo distretto, non sia in nessun modo lecito alle donne di portare le vesti di lunghezza superiore al livello stradale, sì che non possano trascinare sul terreno, alla pena di un ducato d’oro per ogni donna e ciascuna volta che avrà trasgredito “cuius pene medietas sit communis Amelie et alia medietas sit offitialis communis facientis jnventionem cum executione” e detta pena spetterà per una metà al Comune e l’altra all’ufficiale che ne avrà accertata la trasgressione ed applicato la sanzione, “excepta veste nuctiali, que liceat ipsis mulieribus portare et uti ad earum beneplacitum et exceptis ab ipsis Mulieribus dominabus Militum et doctorum, quibus liceat portare vestes omnes prout ipsis placuerit et non teneantur ad dictam penam” ad eccezione dell’abito nuziale, che tutte le donne possano portare ed usare a loro beneplacito ed eccettuate, altresì, le mogli dei militari e dei dottori, cui sia consentito indossare ogni tipo di vesti a piacere, senza incorrere in alcuna pena. “Et hoc decretum locum habeat a medio mense septembris ultra proximi futuri presentis annj 1470 et ut sequitur continuato tempore” ed il presente decreto abbia applicazione dalla metà del prossimo mese di Settembre in avanti.

Infine, il consiglio delibera “circha limitationem dotium Mulierum” sulle limitazioni delle doti muliebri, ordinando “quod licitum sit unicuique contrahere matrimonium sed non sit licitum promictere nec promitti facere aliquam dotem nisi per modum infrascriptum” che si possa liberamente contrarre matrimonio (ci mancherebbe altro!) ma, circa la promessa e l’entità della dote, debbano osservarsi alcune inderogabili disposizioni: non possano le doti mai superare il valore di 1000 libre; “a tricentis libris supra usque ad quantitatem mille librarum” se la dote sarà di un valore compreso fra trecento e mille libre, debbano intervenire “ad ordinandam et declarandam dictam dotem et eius quantitatem” a stabilire e dichiarare il valore e la consistenza della dote “Confalonerius offitij Antianatus qui pro tempore steterit in offitio, Prior fraternitatis sante Marie lagicorum et unus presbiter idoneus et sufficiens eligendus et nominandus per Reverundum dominum Episcopum Amerinum” il Gonfaloniere dell’ufficio anzianale al momento in carica, il Priore della Confraternita di S. Maria dei Laici ed un idoneo sacerdote da designarsi dal Vescovo di Amelia, “qui omnes insimul et in unum congregati debeant videre et discutere qualitates et conditiones personarum pro utraque parte contrahentium dictum matrimonium” i quali tutti, in riunione congiunta, debbano esaminare e discutere circa la qualità e le condizioni delle persone che contraggono il matrimonio; altrimenti “contractus qui fieret dotalis non valeat nec teneat et sit ipso jure nullus et nullius valoris” la convenzione dotale sarà nulla di diritto. Ma anche dall’osservanza di tali prescrizioni -come per le vesti- sono esentate espressamente le mogli “Militum et doctorum que non teneantur  ad predicta” dei militari e dei dottori, nei confronti delle quali tali limitazioni non verranno applicate. Sempre le solite parzialità! (2011)


26  -  Il 26 Agosto 1520, con atto rogato dal notaio Francesco di Cristoforo, Fra Sensino di Evangelista, professo Agostiniano, patteggia con la Commissione dei Quattordici, per il corrispettivo di sette ducati, di colmare un avvallamento di terreno esistente a ridosso del muro rotto (‘morrotto’) “noviter constructum” di recente costruzione. (2014)


27 - Gli abitanti di Macchie fanno presente al Comune, in data 27 Agosto 1418, che, in detto mese, le genti armate di Ugolino d'Alviano, con la complicità anche di qualche amerino, fecero cavalcata, verso il tramonto, sul loro territorio ed ivi, "more predonum" secondo il comportamento dei briganti, in tempo di pace e "nulla precedente legitima causa", cioè senza alcun motivo, fecero sei prigionieri, che portarono con sé nel Castello di Alviano, depredando anche 48 bestie bovine "et unum asinum maxime extimationis" e un asino di grande valore (che si trattasse di un parente dell'Asino d'oro di Apuleio?). Chiedono, pertanto, i Macchianesi, di venir indennizzati. Il Comune, a sua volta, manda ambasceria al Capitano Tartaglia, perché si degni di difendere la Città ed il Contado di Amelia dalle aggressioni di Ugolino d'Alviano e delle sue genti. (2001)


27 -  Il 27 Agosto 1487 vengono prese in esame alcune suppliche, fra le quali desta maggior compassione quella presentata da "Prete Baptista de Antuccio de Amelia" che espone "che per decreto publico et per lemosina et carità concesso li fosse da la Comunità mezo ducato al mese finché viverà per la visitatione che ha facta ali infermj de peste, et intende de fare in la sua vita accadendo che Dio dasse (cioè glielo consenta). Ma poiché non è sequito (gli è stato sospeso) se recommanda ala v.s. et prega che li vogliano far dare per ordine come ja li fo deputato ad ciò (che) possa vivere essendo infirmo et povero, et luj se offere fare sempre como ha facto et prega Dio per la salute de la vostra Ciptà et ciò demanda per elemosina et per amor de Dio al vostro Popolo, quale ipso onnipotente conserve mantenga et exalte in pace et bona tranquillità".

Perora la supplica di prete Battista "vir egregius et grandi prudentie Nicolaus Caroli de Bocharinis" Nicolò di Carlo Boccarini, uomo egregio e di grande avvedutezza, il quale propone che "ratione mandati sacerdotij et egre paupertatis" in considerazione del mandato sacerdotale e dello stato di dolorosa povertà in cui trovasi prete Battista, "fruj dum viverit ipse solum quatuor quartatis terre et agrorum publicorum in contrata Vallium" possa godere finché vivrà di quattro quartate di terra dell'agro pubblico in contrada delle Valli, "jta ut assignentur illi Communis nomine ad fructandum illa donec erit in vita hac umana tantum" affinché vengano a lui assegnate a nome del Comune, per goderne dei frutti finché durerà la sua sola vita mortale, "ut fructus illarum sit suus, proprietas et Jurisdictio Communis Amerie" di modo che i frutti di esse siano suoi, mentre la proprietà e l'amministrazione restino del Comune di Amelia "atque ubi decesserit ipse presbyter Baptista, statim ipse quartate in Commune redeant et a Communi capi et possideri debeant" e non appena prete Battista sarà deceduto, immediatamente le dette quartate di terra tornino in possesso del Comune e da esso debbano essere detenute.

Altra suppica presentata lo stesso giorno è di tutt'altro tenore:

"... per parte de Rosio de Petropaulo de Ameria che con ciò sia cosa che per la Corte del presente Messer el Potestà sia stato condennato in floreni doro ottanta sub cascione (a causa) che ferì Evangelista de Mannutio Pichiarello de Ameria (con) doi (due) ferite una in capo et laltra in la gamba con effusione de sangue ... De la quale condennatione per parte de ipso Rosio è stato appellato, concio sia cosa che quello fece con grandissimo suo despiacere et contra sua voluntà et proposito: ma necessitato per sua defensione, como largamente ha provato in li acti et defensione facta denanti al judice de mandato de la dicta Ciptà et ha mostrato ... esserli stata licita la sua defensione; unde che non volendo contendere con el suo Comune né defendere con legi sue rascioni ... recorre ad ipso Consiglio che voglia rimectere questa cosa ad consiglio de sapiente ad qualunche (che) elegerà la Comunità, over reducere la dicta pena ad qualche piccola quantità perché pur presto vole pagare qualche cosa per havere pace con la sua Comunità ... et maxime che con la parte offesa ha havuta bona pace ...".

Parla in merito alla supplica di Roscio di Pietropaolo "prestanti ingenio Vir et Nobilissimus Lodovicus Caroli De Bocharinis Civis Amerinus unus de numero Senatorum" cioè uno degli Anziani, Lodovico di Carlo Boccarini, uomo di insigne ingegno e nobilissimo cittadino di Amelia, il quale "attento casu et pace habita" considerato il caso e la pace avuta con l'offeso e le altre circostanze dalle quali si può opinare che all'imputato "licuisse se tuerj" sia stato lecito difendersi, chiede per esso la riduzione della pena a 15 ducati, che "genitori eius viro bono largiatur" l'imputato dovrà pagare al suo buon padre. Così tutto resterà in famiglia. (2006)


27  -  Sotto il titolo “Repignoratio Crucifixi Communis”, il 27 Agosto 1503, nelle riformanze, viene data la seguente singolare notizia:

“Magnifici domini Antiani ... solventibus pompilio geraldino et Jac.o ser polidei gabellarijs gabelle pascui pro presente anno ex proventibus dicte gabelle et pretio illius” gli Anziani, in seguito al pagamento fatto da Pompilio Geraldini e Giacomo di Ser Polideo, gabellieri della gabella del pascolo per il corrente anno e con il provento di questa, “repignoraverunt Crucifixum Communis Amerie qui jam per multos annos fuerit pignoratus Evangeliste et christophoro Sciuchi de Ameria ab eisdem Sciuchis” spignorarono il crocefisso del Comune di Amelia che già da molti anni  era stato pignorato da Evangelista e Cristoforo Sciuchi di Amelia, “qui reconditus est in arca antianorum inter cetera suppellettilia Communis” ed è stato riposto nell’armadio degli Anziani, fra le altre suppellettili di proprietà comunale “qui fuerat pignoratus per ducatos quinque de carlenis, prout patet ad exitum Camerariatus valentinj Anselmi casioli Camerarij julij et augusti 1503” e che era stato pignorato per cinque ducati di carlini, secondo quanto risulta nel bilancio in uscita del Camerariato di Valentino di Anselmo Cascioli, Camerario per i mesi di Luglio ed Agosto 1503.

Si vede che le rendite del Comune erano talmente floride, da rendere necessario addirittura il pignoramento del crocefisso! (2010)


27  -  Il 27 Agosto 1476 si dibatte un caso di contestata legittimazione procedurale. “Cum hoc sit quod dominus petrus antonius de Sancto Severino collateralis et nunc locumtenens presentis domini potestatis, videlicet Valerij Severinj de Senis sedens pro tribunali ad solitum bancum juris mallefitiorum ad ferendum quasdam sententias criminales” poiché si è verificato che Pietro Antonio di San Severino, collaterale ed ora luogotenente dell’attuale podestà, cioè di Valerio Severini da Siena, sedendo per il tribunale al consueto banco del diritto penale ad emettere alcune sentenze su reati, “quoniam ... se paratum obtulit ferre quamdam sententiam corporalem condenatoriam de corporali pena contra quemdam Johannem alfonsum de aste de piemontibus lombardie” essendosi dichiarato disposto ad emettere una certa sentenza di condanna a pena corporale contro un tal Giovanni Alfonso di Asti dei Piemonti di Lombardia (c’è una leggera confusione di carattere geografico!) “cum ad dictam sententiam ferendam de iure requiratur presentia domini potestatis et in eius absentia ferri non possit” poiché per l’emissione di una tale sentenza, di diritto sia richiesta la presenza del podestà ed, in sua assenza, non possa venire emessa, “ea propter cum prefatus dominus potestas sit absens, protestatus fuit qualiter per ipsum non fiat quod dicta sententia feratur et similiter Ser berardinus de Rocchettis notarius mallefitiorum qui se paratum obtulit legere et vulgarizare dictam sententiam” per tale ragione, essendo assente il podestà, si è contestato che non sia possibile emettere tale sentenza ed, allo stesso modo, (si contesta anche che) Ser Berardino de Rocchettis, notaio dei processi penali, si sia dichiarato disposto a redigere e volgarizzare detta sentenza.

I cavilli procedurali hanno un’ascendenza lontana, tanto più bene accetti in un’epoca storica in cui potevano servire ad evitare l’applicazione di pene corporali! (2011)


27  - A mezzo dell’ambasciatore Giovanni, inviato a Todi dagli Anziani di Amelia al Signore e protettore Francesco Sforza, costui lo incarica di riportare alcune sue prescrizioni, accompagnandole con l’esortazione che “in tucto quello ve dirà per mia parte (l’ambasciatore) vogliatili credere et dare fede como ad nuj proprij”. Il 27 Agosto 1434 l’ambasciatore, di ritorno da Todi, si presenta dinanzi agli Anziani “et quampluribus Civibus Ameliensibus” ed a numerosi cittadini ed espone quanto comunicatogli dallo Sforza, fra cui “super electione potestatis” circa l’elezione del podestà, riferisce “quod prefatus dominus contentatur quod Communitas eligat potestatem de Acquapendente seu de Nursia seu de Cascia” che lo Sforza sarebbe contento che la Comunità di Amelia eleggesse il suo podestà scegliendolo o di Acquapendente o di Norcia o di Cascia. (Ma altro si dice, altro si fa: a distanza di poco più di dieci giorni -precisamente il 7 Settembre successivo- Paolo Magalotti di Orvieto si presenta agli Anziani recando con sé una lettera dello Sforza che attesta di averlo nominato podestà di Amelia, con decorrenza dal 5 Settembre “et usque ad beneplacitum nostrum” e finché non sarà da lui revocato in tale incarico).

Proseguendo nella sua relazione, “dominus predictus” detto Giovanni riferisce che, per quanto riguarda i fuorusciti di Narni (“super facto exititiorum Narnee”), lo Sforza “contentatur” consente “quod stent in Civitate Amelie” che siano accolti in città, “dummodo non discedant de districtu Amelie sine licentia officialium dicte Civitatis” e che non escano dal distretto di Amelia senza licenza degli ufficiali di questa città. Infine, “super facto focianorum facentium guastum” circa i Fociani che fossero sorpresi a recar danni, “si ... possint habere in manibus, fiat justitia” se cadranno in mano agli Amerini, se ne faccia giustizia, senza, per altro, specificare in che modo, anche se a quei tempi, si usava andare per le spicce! (2012)


27  -  Nella seduta consiliare del 27 Agosto 1393 viene ascoltata la supplica presentata dalle macchianesi Donna Maria, moglie di Carosio e di Donna Giovanna, figlia di Buzio Zencherini, condannate dalla curia del podestà -il napoletano Antonio Bulcano-, Maria in 120 libre e Giovanna in 200, “in eo quod dicitur quod dicte domine  fecerunt insimul rissam et ipsa Johanna conqueretur de dicta domina maria, dicendo tu ai malfacto che mai tolto ellino mio delorto mio Et sic dicta domina Johanna fecit insultum manu vacua contra dictam dominam et dicta domina maria adversus dictam  dominam Johannam manu vacua que domina Johanna percussit dictam dominam mariam in facie ipsius domine Marie pluribus et pluribus percussionibus sine sanguinis effuxione, dilaniando capillos et elevando pannicellum et pannos de capite una alteri et altera alteri extirando et capiendo” perché si dice che dette donne vennero a rissa, Giovanna accusando Maria di averle rubato il lino dall’orto e colpendola più volte in faccia a mano nuda, senza procurarle ferite e Maria colpendo, a sua volta, Giovanna, tirandosi vicendevolmente i capelli e strappandosi dalla testa i copricapo di panno.

Le due battagliere donne, che riportarono dal podestà, in contumacia, le accennate pesanti condanne, protestandosi “pauperrime persone” persone poverissime, si appellano allo stesso podestà ed agli anziani, per una riduzione della pena, da concedersi in occasione di una “subportabili compositione” pacificazione su basi accettabili.

Per le baruffe fra appartenenti al gentil sesso, non esistono limiti di tempo!

Fra gli appunti autografi di Mons. Angelo di Tommaso, tratti dall’Archivio Notarile Mandamentale di Amelia e, precisamente, dagli atti del  notaio Ricco di Francesco, sotto la data del 27 Agosto 1439, si legge la seguente lettera, inviata al Podestà di Amelia, Tommaso Jacobi de Doctoribus, di Bologna, dal Cardinale Giovanni Vitelleschi, legato della Sede Apostolica, che scrive “Ex felici champo S. D. N. et Ecclesie contra tirapnum Fulginij” cioè dal campo d’assedio di Foligno, dove si trovava, per ordine del papa Eugenio IV, contro Corrado II Trinci. La città si difese a lungo, ma i folignati, stanchi della tirannia dei Trinci, aprirono le porte al Legato ed i Trinci furono tutti decapitati.

Ecco il contenuto della lettera:

“Volemo et per le presenti ve comandiamo che ala receputa de questa reconsegnate et remictiate in possesso del beneficio, overo chiesa de Sancta Trinità apresso a Porchiano et de tucte sue appartenentie Paolo de Juliano chiericho damelia, al quale ne fo facta collatione (consegna) per vigore de lectere apostoliche et za fa (da) tre anni fu de dicto benefitio spoliato ad petitionem (su richiesta) dellabate de Saxo vivo. Et più volemo che costregniate realiter et personaliter quilli a (chi ha) tenuto lo dicto benefitio a restituire al dicto Paolo tucti li fructi de dicti tre anni passati, portandovi intorno alle predicte cose (comportandovi su ciò) per modo (da) meritar de obedientia ... et non manchj. Valete”.

Lo stesso giorno 27, il Podestà intima all’Arciprete di Porchiano don Mario Clementis di consegnare entro due giorni, al chierico Paolo, tutti i proventi percepiti dal beneficio della SS. Trinità nell’ultimo triennio e, ciò, ad penam indignationis Rev.di d,ni Legati”, che non scherzava!

Malgrado ciò, al chierico Paolo occorsero altri due anni per entrare in possesso del beneficio, contro la riluttanza dell’Arciprete, che, evidentemente, non si curava eccessivamente dell’indignazione del Cardinale Legato! (2014)

 

28 - S. Agostino. Anticamente, la Chiesa parrocchiale amerina intitolata a tale Santo, era dedicata a S. Pacrazio: nell'abside, un affresco del pittore Francesco Appiani, anconetano (1704-1792), ne rappresenta il martirio, mentre, sulla volta, lo stesso artista ha raffigurato S. Agostino che debella l'eresia. (1996)


28 - Nel Consiglio del 28 Agosto 1616 Evangelista Venturelli, “super bono publico” nell’interesse comune, chiede “che si faccia lista et nota di tutti quelli (e dovevano essere tanti!) che sono debitori (del Comune) nel libro delli specchi, et si riscuota, per supplire alli pagamenti che bisognano: et si trovi modo et espedienti, che si cerchi, et solleciti ... et si facci pagare a chi tocca, con ogni rigore per beneficio della Comunità”.

Si vede che anche a quei tempi, cavar fuori i soldi di tasca, seppure “pro bono publico”, doveva risultare un’operazione piuttosto penosa! (2000)

Nella stessa seduta del Consiglio Generale, si discute, fra l'altro, sull'ordine "de' S.ri Superiori" riguardante il contributo imposto alla Comunità amerina quale "tassa per la strada di Ponte Mollo (Milvio)", cioè per la riparazione di una strada di Roma. Si espone che, per sopperire alla bisogna, "furono già imposti doi taglioni" e "che per non essersi in tempo due volte potuto radunare il Consiglio in numero sufficiente, non se n'è potuto trattare prima". Sembra emergere da quanto sopra un timido, seppur legittimo tentativo di temporeggiare. Comunque, non potendosi tirar troppo la corda, si dia esecuzione a quanto esposto dal Venturelli, di spremere soldi, costringendo tutti i debitori del Comune a pagare quanto dovuto, anche se i "bisogni della Comunità" sono tanti e chiedono di venir urgentemente soddisfatti e con maggiore utilità per gli Amerini, che non fosse la riparazione della strada di Ponte Mollo! (2001)


28 -Il 28 Agosto 1523, fra le altre deliberazioni adottate dal consiglio generale, vi è quella relativa alla supplica presentata dall’armaiolo (“scoplectarius”) Mastro Biagino, di origine milanese, detenuto in carcere per reati commessi, di cui però non si ha notizia.

Il Consiglio lo proscioglie “solutis vigintiquinque ducatis de carlenis” dietro pagamento di 25 ducati di carlini “et iste pecunie dentur in elemosinam, videlicet octo ducati fabrice Ecclesie S.te Marie Pusterole, octo ducati hospitali Laicorum, quatuor ducati societatj S.ti Rochi et reliquum pecuniarum cuj obtigerit detur” e detti denari siano dati per elemosina, cioè otto ducati per la fabbrica della Chiesa di S. Maria in Posterola, otto ducati all’ospedale di S. Maria dei Laici, quattro ducati alla Società di S. Rocco ed il residuo sia dato secondo le necessità. (2008)


28  -   Il 28 Agosto 1523 vengono presentati in Consiglio, da parte del Castello di Macchie, i seguenti Capitoli:

“In Dei nomine Amen. Ad honore e gloria de lonnipotente dio della sua gloriosissima Matre delli S.mi Apostoli Pietro e Paulo e dei fortissimi Martirj S.ta Fermina e Olimpiade Advocati e defensuri dela Mag.ca Ciptà de Amelia e de tucta la triunphante corte del Cielo.

“Li infrascripti sonno li Capituli e ordinamenti della Communità e Università del Castel de Machie obtenuti e vinti nel Conseglio de dicta Università per numero sufficiente de pallotte nel luoco consueto de dicto Castello, qual Capituli per gratia impetrata dal Conseglio general dela predetta Mag.ca Ciptà Celebrato Adj XXVIIJ de Agusto MDXXIIJ ... se confirmarando (sic) e approbarando per li Mag.ci Signuri Antianj nel tempo del Pontificato del S.mo Signor n.ro Signor Adriano per divina providentia PP. VI.

“Et primo la prefata università ordinò e fece decreto che se faccia electione de quattro Homini de quel loco li quali habiano ad invigilare ad Lutile, Pace, quiete e honore de quel Castello, pure che non faccino cose che offendessero le ragiuni e jurisditionj del commune de Amelia.

“Item la electione de dicti homini se faccia nel Conseglio de dicto Castello palloctati secondo lordine de dicta università.

“Item li prefati Hominj electi in tucte quelle cose che concernono lutile, Pace e honore dela prefata università habiano autorità commandare sotto pena de duj Carlinj per ciasche contrafacente e per ciasche volta, da applicarse per li tre quarti ala mensa deli Mag.ci Signuri Antianj e per un quarto ala università del decto Castello.

“Item accadenno che bisognando jongere (aggiungere) cosa alcuna per utile per quiete e pace del prefato Castello se possa sempre jugnere purché non sia contra le ragioni de la Comunità de Amelia.

“Item colli supra decti hominj electi sempre ce intervegna el scindico de decto Castello che serrà per li tempi”.

Il Maggior Consiglio, nella stessa seduta, approva i Capitoli dei Macchianesi, “perché cognoscemo che fanno allutile honore, Pace de quel Castello”. (2009)


28  -  Sotto la data del 28 Agosto 1468 nelle riformanze cittadine si legge quanto appresso:

“Cum occurrerit me Anthonium Cancellarium ... absentare propter pestilentiam noviter in dicta Civitate Amelie superventa et ire ad patriam” poiché si dà il caso che io Antonio Cancelliere mi voglia allontanare da Amelia, a causa della peste nuovamente manifestatasi in Città e me ne ritorni a casa mia “et ut offitium Cancellarie dicti communis amerie detrimentum aliquod et incomodum pateretur” ed affinché l’ufficio di Cancelleria di codesto Comune non ne subisca qualche danno od inconveniente, “Ego dictus Cancellarius cum presentia, licentia, consensu et voluntate Magnificorum dominorum Antianorum et prefati domini Antiani cum consensu et voluntate meo substituimus Ser Marius ser Ugolinj de Ameria in vicecancellarium communis amerie loco mei Antonij Cancellarij predicti” io Cancelliere, con la presenza, il consenso e la volontà degli Anziani e gli stessi Anziani con il consenso e la volontà di me medesimo, sostituiamo e nominiamo Ser Mario di ser Ugolino di Amelia quale vicecancelliere comunale, in mia vece “et durante mea absentia dicto Ser Mario presente et acceptante ac jurante dictum offitium cancellarie bene ac diligenter ac sine favore exercere, remotis ab eo odio, amore, timore, prece, pretio et omni alia humana gratia”, con l’impegno che, durante la mia assenza, l’ufficio di cancelleria venga esercitato dal detto Ser Mario -presente ed accettante- con perizia e diligenza, seza parzialità e rimosso da sé qualsiasi sentimento di odio, amore, timore, corruttibilità o altra umana passione.

Resta da stabilire in che misura l’incolumità del Cancelliere Antonio superasse in importanza quella del Vicecancelliere Mario.

A distanza di otto anni -e precisamente il 28 Agosto 1476- il maggior consiglio deve decidere circa una questione presentata nel consiglio decemvirale di due giorni innanzi: “jam sunt plures dies ex quibus Marcus vici Varatij de ameria fuit et est detentus ad presens in Castro Civitelle districtus urbis veteris in Carcere per Castellanum dicti castrj” già da molti giorni Marco di Vico Varazi di Amelia trovasi detenuto nel carcere del Castello di Civitella, distretto di Orvieto, quivi rinchiuso dal suo Castellano, “vigore ut dicunt reprehensaliarum ad jnstantiam Ser baltassarris  de Urbeveterj olim potestatis amerie et tamen ignoratur an sint contra comunitatem amerie seu contra spetiales personas” in dipendenza -come si dice- di diritto di rappresaglia concesso su richiesta di Ser Baldassarre di Orvieto, un tempo podestà di Amelia (Baldassarre de Leonardellis, orvietano, podestà nel 1474) e tuttavia si ignora se detta rappresaglia fu concessa contro la Comunità di Amelia o contro singole persone “et in proximo preterito consilio generali per commune amerie” e nel passato maggior consiglio amerino vennero concesse rappresaglie “ad instantiam consanguineorum dicti marij et concessis contra homines et personas  et bona urbis veteris et eius comitatus pro liberatione dicti marij per Curiam dominj potestatis capti fuerunt duo de dicto Castro Civitelle” a richiesta dei consanguinei di detto Mario e contro uomini, persone e beni di Orvieto e suo contado, per ottenere la liberazione del nominato Mario dalla Curia del podestà, vennero catturati due del Castello di Civitella “et deinde mandato R.mi d.nj patriarche relaxati” e successivamente posti in libertà per ordine del Rev.mo Sig. Patriarca. “Cum ad presens per prefatos consanguineos marij predicti petatur quod causa suscipiatur et defendatur pro commune sumptibus ipsius communis et ipsa communitas non intendat in premissis habere aliquod interesse, quia nihil agere habet cum dicto Ser baltassarre” Poiché presentemente da parte dei consanguinei di Mario si richiede che il processo venga assunto e portato innanzi dal Comune ed a spese dello stesso e la Comunità non ne abbia intenzione, non avendovi alcun interesse, in quanto non ha nulla da spartire con Ser Baldassarre, si decide che,  “licet causa ipsa non intersit communis amerie, tamen Magnifici d.ni Antianj quam citius fieri poterit mittant et scribant sumptibus communis ad R.d. patriarcam ... et petant mandarj quod dictus Marius relaxetur ... et causa cognoscatur et decidatur coram ipso R. d. patriarca sumptibus detenti” benchè il processo non abbia interesse per il Comune di Amelia, tuttavia gli Anziani, più celermente possibile, scrivano a spese del Comune al patriarca ... e chiedano che si ordini la scarcerazione di Mario ... ed il processo si svolga e decida dinanzi al detto patriarca, a spese dello stesso carcerato “sed per commune nulla alia fiat impensa nisi tantum oratoris mittendi ut supra semel tantum” ma, da parte del Comune, non vi sia da affrontare altra spesa che quella relativa all’invio dell’oratore che porterà la lettera come sopra, ma per una volta soltanto.

Con un simile palleggio fra richieste di rappresaglie e carico e discarico da spese, gliela avrà fatta il povero Mario a cavarne fuori i piedi e a riacquistare la libertà?

Facendo un balzo di cinquantun’anni, si giunge ad uno dei periodi più tragici della nostra storia. Nelle riformanze del 28 Agosto 1527 se ne può  percepire un’eco. Da poco più di tre mesi e mezzo, Roma era stata devastata e saccheggiata dall’esercito di Carlo V, al cui seguito infieriva anche la peste. L’ufficio degli Anziani e delle altre magistrature cittadine non era stato rinnovato “ut moris est” (secondo l’uso) “ob urgentes curas militum hispanorum hic morantium” a causa delle impellenti necessità cui far fronte per la presenza, in Città, delle truppe imperiali spagnole quivi allocate. A completare il quadro, i becchini (“vespillones”) “petunt sibi ipsis provideri de pecunijs pro eorum victu et salario, alias intendunt non ulterius se exercere” chiedono di venir pagati del loro salario, per far fronte alle spese di sussistenza, altrimenti minacciano lo sciopero. E che ci sia urgente bisogno della loro opera, si rende evidente il giorno appresso, quando si procede all’estrazione dei nuovi Anziani. Eccone uno stralcio: “... Antonius Cancharus, qui laceratus quia mortuus; pro quo Magister Clementinus de Clementinis, qui laceratus quia mortuus; pro quo Johannes Baptista Antonatij, qui laceratus quia mortuus, pro quo ...” L’estratto Antonio Cancari viene depennato, perché defunto, al cui posto viene estratto Maestro Clementino de Clementini, che viene depennato perché deceduto ed al suo posto viene estratto Giovan Battiista Antonazzi, che viene depennato perché morto; al suo posto ... e così via.

La desolante precarietà di tanto tragico periodo emerge anche da quanto rilevasi annotato il successivo 30 Agosto, quando gli esattori delle gabelle fanno presente che, “propter casum et eventum militum hispaniorum qui in hac civitate venerunt decima nona Julij usque ad diem vigesimam sextam presentis mensis steterunt et moram traxerunt” a causa della presenza delle truppe imperiali spagnole qui giunte il 19 Luglio e restatevi senza interruzione fino al giorno 26 Agosto, “gabella grani quasi in totum deperdita est et gabella vinj in bona parte deteriorata est” la gabella del grano andò qualsi totalmente persa e quella del vino per la massima parte. (2011)


28  -  Il 28 Agosto 1590 si pone un urgente problema di sicurezza.

Si è venuto a sapere “con nostro molto dolore, che la S.tà di N.ro Signore (Sisto V, Peretti)  è passato a miglior vita (il 24 Agosto 1590, mentre infuriava un violento temporale), se perciò si debba far provisione alcuna, et racconciare la muraglia giù alla porta di S. Angelo”. Come sempre alla morte di un papa, in previsione di possibili disordini, occorre rafforzare la difesa della Comunità. Il consigliere Silvestro Cansacchi propone: “che si eleggano doi  huomini soprastanti a comandare tutto quello che bisognasse per finire la muraglia giù alla porta di S. Angelo. Oltre a ciò, che il Capitano delle battaglie proveda di far fare le guardie sì di giorno, come di notte per custodia della Città, et ancora far un corpo di guardia dove al detto capitano parerà più ispediente (opportuno), et che le porte si serrino ad un’hora di notte, et le chiavi si consegnino  in mano alli ss.ri Antiani, et ancora si metta un bando che ognuno ritorni la sera inanzi un hora di notte, altrimenti non potrà entrare per quella notte, et si dia avviso a tutti li Vicari delle castella che faccino far le guardie alli castelli, sotto quelle pene che a loro parerà, et ancora si serri la porta di Leone et della  Valle”. La proposta viene approvata all’unanimità, mentre  gli Anziani eleggono, per  sovraintendere alla riparazione delle mura, Scipione Geraldini e Pietro Vatelli. (2014)


29 - Il 29 Agosto 1500 si tratta in Consiglio di gravissimi avvenimenti.

La città di Viterbo è stata presa e saccheggiata (“capta et spoliata”) dagli eserciti di Paolo Orsini, Vitellozzo di Castello, Ferrante Farnese e Gian Paolo Baglioni (“exercitu ursinorum, vitelloctiorum, farnesiorum et baglionorum”); cacciativi Giulio Colonna e la fazione gattesca e lasciativi di guarnigione numerosi soldati dei detti eserciti e loro alleati e confederati.

Ferrante Farnese ha conquistato e depredato anche il Castello di Porchiano “in dedecus et non sine jactura comunis et civitatis amerie” a vergogna e danno della comunità amerina.

Bernardo Abbate e Luigi d’Alviano hanno occupato e spogliato il Castello di Lugnano “in dedecus S.R. Ecc.lie ac S.mi D.N. et Sedis Apostolice” a vergogna della Chiesa di Roma, del papa e della Sede Apostolica.

Lo stesso Farnese ha occupato il Castello di Giove, “quod prius erat exc.me d.ne Lucretie de Aragona” che era innanzi posseduto da Lucrezia d’Aragona.

Gian Paolo Baglioni di Perugia ha occupato la rocca ed il Castello di Penna “cum dedecore maximo ill.morum dominorum Francisci et Petri de Columna de Preneste”, con massima vergogna dei Signori Francesco e Pietro Colonna di Palestrina, che ne erano proprietari. 

Si vocifera che detti eserciti mirino ad invadere Amelia e suo territorio.

E, come se non bastasse, è giunta una lettera di Pietro Paolo de Cerichellis, ambasciatore amerino presso la Curia romana, nella quale espone che ad Amelia si richiede il pagamento di 10.000 ducati.

Peggio di così! (2000)


29  -   Il 29 Agosto 1476 dinanzi al giudice, esimio “legum doctorerem” Pietrantonio di Sanseverino, si costituisce Cristiano Cole Coscelli di Amelia, Sindaco e procuratore del Comune di Amelia, autorizzato dagli Anziani della Città, chiedendo che venga ordinata la demolizione dell’edificio recentemente costruito sulla strada e proprietà del Comune, a confine e davanti la casa di Luciano e Giusto del fu Pietro Barti di detta Città, in contrada Borgo e nel luogo volgarmente chiamato “la posta de Spiazzarello”.

Ma l’istanza presentata da Cristiano a nome del Comune non viene accolta, in quanto detti Luciano e Giusto, i costruttori della casa contestata, asseriscono e dimostrano che il palazzo “non fieri in pertinentijs communis sed in pertinentijs proprijs ipsorum et de jure posse dictum edificium facere” non è stato costruito su proprietà comunale ma sulla loro ed essi hanno tutto il diritto di effettuare la costruzione. (2009)


29  -  Nel consiglio dei X del 29 Agosto 1529 si esaminano, fra l’altro, alcune suppliche.

La prima è presentata dai gabellieri della gabella generale, del seguente tenore:

“Se supplica a questo generoso conseglio da li devoti servitori Berardino de apollinaria et Pierdomenico de Jaco de Lucha (Lucca) gabellieri generali che, per la malignità de li tempi non hanno potuto pagare la sextaria passata et la presente al monte de la pietà, li piaccia farlj de tal pagamento una pocha dilatione, che sperano per lo advenire habia la gabella a far meglio (cioè dia maggiori entrate), et loro se sforzaranno fare il debito (il loro dovere), Jl che receperanno a gratia singulare, che dio vi conservj”. Nel maggior consiglio dello stesso giorno, si concedono tre mesi ai gabellieri per mettersi in regola con i pagamenti, compresi i relativi interessi.

Un’altra supplica è presentata dai Castellani di Bassano, in preda a dissidi e discordie:

“Se expone et supplica da parte de la comunità de bassano vostri Amantissimi et Amorevolissimi (sudditi) di questa vostra magnifica communità, che essendo questa povera nostra communità flagellata desfacta et mal corressa (sicura) come evidentemente sa (sanno) le S.rie V. et per essere desiderosi ritornare al primo stato de pacifica et quiete nostra ... et per obviare a tucte le cose occurse così deli offesi como che etiam delli habitanti ... et havendo dato ordine de pacificarse et redurre quello locho a ben vivere et per ... ben vivere et perdonarse una parte et laltra con voluntà de tucta la communità nostra ... et per essere amorevolissimi di questa vostra communità, se supplica iterum de novo le s.rie v. se vogliano dignare venendo ali nostri effecti (accondiscendendo alle nostre richieste di sicurezza) et rascionamenti bisognandoce sicurtà per una parte et laltra ...”. Nel consiglio generale si decide che gli uomini del Castello di Bassano ottengano quanto richiesto, se, a loro volta, assicureranno pace e tranquillità alla Comunità amerina.

Infine, poiché “omnes fontes sunt semidirute, sunt restaurande” tutte le fonti cittadine sono rovinate e necessitano di essere restaurate. Si decide che “vocetur Ser Berardinus Acetellus qui habet curam fontium et intimetur ei quod provideat, quod si non egerit, provideatur de altero loco sui” si chiami Ser Berardino Acetello, guardiano delle fonti e gli si faccia intimazione di provvedere a quamto necessario; in caso che ciò non avvenga, si destituisca dall’incarico, nominando un altro al posto suo, sperando che almeno il nuovo guardiano non prenda ... d’acetello!  (2011)


29  - Il consiglio dei X del 29 Agosto 1540 deve interessarsi di argomenti di varia natura, fra i quali viene trattata la necessità di evitare una fonte d’inquinamento: i calzolai, “in purgando coria et alia similia” per pulire i cuoiami e simili materiali, “utuntur concimonem” usano una specie di concia, “in iacturam non vulgarem omnium” che procura notevoli danni alla comunità. Non sappiamo cosa contenesse tale materiale usato, ma è presumibile che si fosse dimostrato altamente inquinante, sia per i liquami prodotti dalla lavorazione del cuoio, sia per l’odore sgradevole che ne derivava. Nel maggior consiglio tenutosi nello stesso giorno, Ludovico Nacci propone che “m.ci D. bandiri faciant quod nemo calceolarius seu quod vulgo nuncupatur scortachiarius, sive indigena, sive alienigena sit et cuiuscumque conditionis et gradus, non audeat nec presumat ... uti ... in eorum arte concimone” gli Anziani facciano bandire che nessun calzolaio o colui che volgarmente chiamasi “scortacchiaro” (forse sinonimo di conciapelli), tanto amerino, che forestiero, possa usare, nell’esercizio dell’arte sua, detto “concimone”, alla pena di dieci ducati di carlini, da devolversi a favore della Comunità; “et ne fraudari de facili aliquis possit” e, affinché tale divieto non possa venir facilmente eluso, propone che gli Anziani eleggano “duos probos viros qui sint in arte periti” due probiviri, che siano periti nella detta arte e sorveglino le operazioni di concia delle pelli; inoltre, Dardano (Sandri) aggiunge a quanto sopra “quod nemo ut supra extrahere possit ex loco in quo pelles et coria praedicta curantur” che nessuno possa far uscire pelli e cuoiami dal luogo dove vengono trattati per la concia, se prima non siano stati visionati dai detti sorveglianti, i quali “jurare debeant eorum officium exercere fideliter atque utiliter, remotis ab eis odio, amore, prece, pretio, alijsque passionibus etc.” debbano giurare di esercitare il loro ufficio con onestà e utilità per tutti, senza farsi condizionare da risentimenti, preferenze, tentativi di corruzione o da altre umane passioni.

Altra materia presa in esame riguarda la necessità di stabilire il prezzo di vendita di alcuni vasi vinari e loro accessori, i quali “in dies cariori precio venduntur” vengono venduti ogni giorno a prezzi più alti. Anche in questo caso, provvede Ludovico Nacci -“vir ultimae senectutis et prudens”-, facendo la seguente proposta:

“Quod pro temporibus futuris, maiori precio vendi non valeant, nisi secundum infrascriptas limitationes et qui contrafacere audebit, incidat in penam pro qualibet vice carlenorum decem, applicandorum ipso facto Camerae Civitatis Ameriae” che, per l’avvenire, non si possano vendere (gli articoli infrascritti) ad un prezzo maggiore di quello sottosegnato, e coloro che osassero contravvenire, cadano, ogni volta, nella pena di dieci carlini, da devolversi immediatamente nelle casse comunali; e precisamente:

“Par bigonzorum maiorum, bolenenis triginta” un paio di bigonci grandi, a bolognini trenta; “Par bigonzorum minorum, bolenenis viginti quinque” un paio di bigonci piccoli, a bolognini venticinque; “Par cadorum secundum  stilum et morem priscum quartus bolenenis octo” un paio di orci, della forma e dimensione solita e tradizionale di un quarto, a bolognini otto; “Circulus quisque quatrenis sex” per ogni cerchio, sei quattrini; “Fundus bolenenis tribus” fondo (di bigoncio), a tre bolognini; “Compositio bolenenis tribus” assemblaggio, tre bolognini. La proposta viene approvata all’unanimità.

V’è, inoltre, da esaminare la richiesta avanzata da Maestro Anzano “chirurgycus”, di origine spagnola (“hyspani”), il quale desidera che gli venga corrisposto quanto dovutogli in base a ciò che è stato pattuito e deliberato. La decisione del maggior consiglio è di una laconicità disarmante: “si solvi potest, solvatur, si secus, fiat bullecta” se si può pagare, venga pagato, altrimenti gli si faccia una lettera di credito.

Si passa, infine, all’esame di una lettera patente scritta dall’Illustrissimo Pier Luigi (Farnese), Duca di Castro, a favore “Giorgij Egiptiaci” di Giorgio Egiptiaco (forse di origine egiziana?), del seguente tenore:

“Pierluygi Farnese Duca di Castro, Marchese di Novara e Gonfaloniero, et Capitan generale di Santa Chiesa / Essendoce fatta da molti gentil hominj di fede degni, relatione della honesta vita et boni portamenti del Capitan Giorgio Zengaro, summamente desideramo favorirlo et preservarlo. Per tanto esshortamo tutte Communità, Governaturi et altre persone alla Sede apostolica suggette, et quelli che subditi non sono pregamo et alli nostri esspressamente commandamo, che qualunche volta il decto Capitan Giorgio con sua compagnia capitarà nel loro distretto et Teritorio, lo debbano gratiosamente recevere et in tutte le suoe (sic) occurrenze accarezzare et favorire et inde possa partire et di novo ad suo piacere tornare liberamente sensa molestia et impedimento alcuno, portandosi egli et i suoi honestamente, sì come è nostra voluntà. Et jn fede de ciò havemo sottoscritto la presente di nostra mano et signatole del nostro sygillo, jn Roma, il dì viij di Decembre MDXXXVIIJ”.

Dardano Sandri - “prudentissimus et reipublicae administrandae peritissimus vir”- commentando la lettera di cui sopra, propone che Capitan Giorgio Egiptiaco “intuitu S. Jll.me” per un riguardo alla illustre Signoria del Farnese, venga accolto ogni volta che decidesse di venire in Amelia e nel suo territorio ed, a suo beneplacito, “conversari, morari indeque discedere et redire absque aliquo impedimento” trattenersi a colloquio, dimorare e, quindi, andarsene e tornare senza alcun impedimento; alla condizione, però, che detto Capitano prometta “omne damnum ac furtum quod inferri et dari reperietur ab eo eiusque societate emendare, restaurare et cum effecto restituere damni passo, tum sortem principalem, tum etiam damno, jnteresse et expensas” di risarcire, emendare tutti i guasti procurati e prontamente restituire a coloro che venissero danneggiati, le cose sottratte da lui e dalla sua compagnia, risarcendoli tanto nel capitale, quanto negli interessi e spese sostenute. La proposta viene approvata con ventitre voti favorevoli e nove contrari, questi ultimi probabilmente di coloro che poco credevano alla sensibilità del Capitano Zengaro e della sua masnada alle “graziose” accoglienze ed agli “accarezzamenti” da parte degli Amerini. (2012)


30 - Il 30 Agosto 1793 venne rilasciato al Can. Pietro Guazzaroni, dal suo "Principe" e fondatore Can. Alberto Catenacci, l'attestato di iscrizione nell'Accademia degli Ameliafobi, intesa "ad ispirare avversione all'ozio e ad accrescere la cultura delle lettere". L'Accademia fu vitale ed attiva dal 1782 al 1793; ne dà notizia il Cav. Edilberto Rosa nelle sue "Note Storiche Amerine" (Amelia - Tipografia dell'Eco - Anno 1906).

Di un'altra accademia, che avrebbe interessato la Città di Amelia, riferisce Cesare Orlandi, nobile patrizio di Fermo, il quale, nella sua opera "Delle Città d'Italia e sue isole adiacenti", edita a Perugia nel 1772, scrive che, poco prima del tempo dell'imperatore Aureliano, Gentiliano Roscio Amerino, filosofo peripatetico discepolo di Plotino e da lui lasciato erede della biblioteca e successore nell'Accademia, dopo qualche tempo lasciò Roma e venne a continuare lo "Studio" romano in Amelia sua patria, come Ginnasio per l'istruzione della gioventù, coadiuvato dai figli Papirio e Fulvia.

Il Ginnasio amerino sarebbe durato fìno all'impero di Arcadio, quando, a causa di epidemie ed eventi bellici, in seguito alle invasioni barbariche, cessò la sua attività.

Fulvia, sempre secondo la tradizione narrata dall'Orlandi, andò sposa ad un tal Lucio, figlio di un non meglio identifìcato principe di Sicilia, suo discepolo, il quale fece costruire il sepolcro di cui oggi restano le vestigia lungo la via che reca a Giove e che ricalca, in quel tratto,  l'antica Via Amerina e volgarmente chiamato "Il Trullo", nel quale sarebbero stati sepolti entrambi.

Naturalmente, l'attendibilità di quanto narrato dall'Orlandi resta tutta da dimostrare: se ne fa cenno soltanto per dovere di cronaca. (1996)


30 - Il 30 Agosto 1517 nelle riformanze viene annotato un fatto prodigioso: "In hospitale Fraternitatis Laicorum sub quadam porticu extat depincta in pariete imago Virginis Marie antiquissima que visa est a quadam puellula emittere sudorem miraculosum" in un portico dell'ospedale S. Maria dei Laici, un'antichissima immagine della Vergine Maria da qualche giovinetta fu vista emettere un miracoloso sudore "que res non videntur evenire sine Dei voluntate" il che non può avvenire se non per volontà divina "quod stuporem maximum populo intulit"; il che produsse grande meraviglia fra la gente. Si chiede che dalla Comunità si faccia un donativo o un'elemosina al pio luogo, "ut alij exemplo Comunitatis libentius dent elemosinam", affinché altri, seguendone l'esempio, elargiscano elemosine con maggior generosità.

Il consiglio delibera che "fabrice dive Marie de hospitali Laicorum ... dentur in elemosina ducati ducentum" alla fabbrica dell'ospedale di S. Maria dei Laici si diano 200 ducati "hoc ordine: videlicet quinquaginta ducatorum quolibet anno pro quatuor annis" cioè in quattro anni, in ragione di 50 ducati al'anno.

La delibera conclude dicendo: "Si quis autem ausus fuerit hanc reformationem retractare seu interrumpere habeatur pro heretico et infami"; chiunque osasse impugnare o sospendere tale decisione, si abbia per eretico ed infame. E dico poco! (2004)


30 - Alessandro VI è sdegnato contro Amelia e non se ne conosce la ragione; fra l'altro, pretende il pagamento di 10.000 ducati. Angelantonio Bartolomeo Geraldini, nel consiglio generale del 30 Agosto 1500, propone "quod statim mictantur Spoletum ad R.mum D.num Franciscum Episcopum SS. D.ni n. pp. nepotem et Commissarium Generalem" che siano immediatamente inviati a Spoleto al Vescovo Francesco, nepote del papa e Commissario Generale "oratores, videlicet D.nus Jacobus Nini et D.nus Jacobus Urselli" gli oratori Giacomo Nini e Giacomo Orselli "et videant reducere ad minorem quantitatem que possibilis sit" e cerchino di ridurre al massimo la pretesa del papa "et casu quod queratur quantitatem ultra vires Communis, statim mictentur oratores Romam ad componendum cum S.mo D. N. pp." ed in caso che venga richiesta una somma superiore alle possibilità del Comune, si inviino a Roma, a trattare col papa, due oratori e quattro cittadini da eleggere dagli Anziani "attamen compositio non excedat summam duorum milium et quingentorum ducatorum" e tuttavia la richiesta somma non ecceda i 2.500 ducati.

Il 3 Settembre successivo, dinanzi agli Anziani ed a numerosi eminenti cittadini, si discute del "redditus oratorum cum relatione" cioè circa il ritorno degli oratori inviati a Spoleto e sulla loro relazione. Ma le notizie non sono buone: "S.mus D. N. PP. vult a Communitate Civitatis Amerie decem mille (sic) ducatos nec reddit causa ob quam S.tas s(upradicta) sit adeo indignata contra hanc Communitatem Amerinam" Il papa esige il pagamento dei 10.000 ducati e non vuole esporre la ragione della sua indignazione contro la Comunità di Amelia. "Qua re audita, domini et cives omnes conticuerunt pro dolore maximo, cum nulla sit in eis culpa" Udita la qual cosa, gli Anziani ed i cittadini presenti ammutolirono dal gran dolore provato, non ritenendosi in colpa. "Et reversi ad se decreverunt ut nihil agatur super premissis nisi prius consulto et allocuto ill.mo domino Mutio Columna" Tornati in sé, stabilirono di non far nulla senza aver prima consultato e chiesto il parere di Muzio Colonna. (2007)


30 - Il 30 Agosto 1755 nel Nobile Consiglio dei X si legge la lettera inviata al Governatore di Amelia dal Cardinale Doria, a nome della Sacra Congregazione del Buon Governo, con allegata una perizia “concernente il rifacimento delle mura castellane”, del seguente tenore:

“Si rimette a Voi l’ingionta (allegata) perizia formata su la spesa di cui si crede necessaria per risarcire coteste mura castellane ... e quando resti approvata, commettere che su la medema si accenda la candela (dell’asta pubblica) e si deliberi il lavoro al maggiore offerente”.

Segue la perizia di Andrea Coldirari muratore, così formulata:

“Havendo io perito eletto dall’Ill.mi Sig.ri Anziani d’Amelia veduto e considerato alcuni pezzi di muro caduti nelle mura Castellane di detta Città e specialmente nel luogo detto il murrotto, vi ho trovato un pezzo di muro caduto  longo palmi tredici, alto palmi cinque, grosso palmi tre, che in tutto fanno la somma di palmi novantasette e mezzo. Di più ho veduto il Turrione sotto il Monastero di S. Monica, quale ha necessità di essere risarcito, essendovi necessaria una canna di muro incirca et in detto muro castellano vi sono alcuni muri rotti e fracidi, che in tutto porta una canna. Muro verso il mortaro, lungo palmi quaranta, alto palmi quattro, grosso palmi tre, il tutto fà la somma di canne due, e palmi quaranta. Fuori di Porta Leone vi è un pezzo di muro castellano caduto sotto l’orto di Antonio Carità, longo palmi cinquanta, alto palmi venticinque, sono in tutto canne cinque. Ho poi veduto un muro sotto l’orto dell’Ill. Mons.re Angelo Geraldini, che minaccia ruina, tutto spaccato, che ha bisogno di essere risarcito. Tutti li suddetti lavori, non compreso l’orto del suddetto Mons. Geraldini, constituiscono  canne dieci, e palmi trentasette e mezzo, che a ragione di scudi due la canna, vi vorrà di spesa scudi ventuno in circa”.

Massenzio Assettati, “Nobilis Consiliarius”, propone che “si accenda la candela su la perizia poco fà letta, e si deliberi il lavoro al minore offerente” e non al “maggiore”, come erroneamente scritto dal Cardinale Doria. (2008)


30  -    Nel “Liber Criminalium” (Registro dei Verbali dei processi penali) del Comune di Giove sotto la data del 30 Agosto 1594 risulta effettuata la seguente annotazione:

“... Franciscus Ludovicus de Cesio exequtor una cum duobus alijs birruarijs retulit supradicto auditori  et mihi potestati et notario torquisse publice tribus ictibus  dictum Servium ... prout habuit in mandatis” Francesco Ludovico di Cesi, esecutore di giustizia, insieme a due altri birri, riferì all’uditore ed a me podestà e notaio di aver sottoposto a tortura tal Servio, inferendogli tre tratti di fune, come aveva avuto ordine di eseguire.

Detto Servio di Fausta era stato condannato per aver giurato il falso e, rivestendo l’ufficio di custode, gli era stato revocato tale incarico anche per il tempo a venire. (2009)


30  -  Con atto rogato dal notaio Francesco di Cristoforo il 30 Agosto 1519, Baldo “Ferratini” di Giovanni nomina suoi procuratori un marchese Riccardo Malaspina e Andrea degli Albizzi, Camerieri segreti, per presentare la sua rinunzia al Canonicato di S. Pietro e ad accettare lettere apostoliche.

A sessant’anni di distanza, il 30 Agosto 1579 si propone che gli Anziani, unitamente ad alcuni cittadini da eleggere, “supplicari velint R. dominum Episcopum Amerinum attenta magna paupertate huius civitatis, ut velit monicas in monasteriis Amerinis acceptandas et introendas admittere cum ducatis centum quinquginta de carlenis pro earumdem dote et elemosina” vogliano rivolgere una petizione al Vescovo Amerino, affinché, in considerazione della grande povertà che affligge la Città, voglia ammettere le monacande nei monasteri amerini con soli (si fa per dire!) centocinquanta ducati di carlini, quale loro dote ed elemosina per il monastero, “prout decrevit et ordinavit ac stabilivit sacra congregatio Romane curie et quominus opus esset, favor Ill.mi et Rev.mi car.lis S.cti Sixti inpetretur” come decretò ed ordinò e venne stabilito dalla Sacra Congregazione della Curia Romana e, se fosse necessario, impetrare il favore del Cardinale di San Sisto e, ciò non bastando, “mittantur ad Urbem Rome oratores ut premissa obtineantur” si inviino ambasciatori a Roma, per ottenere quanto richiesto, poiché, in caso contrario, “maximum inferrerent damnum et detrimentum in generali ac particularibus personis” si verrebbe a determinare un grave danno sia per la  città, che per i suoi cittadini.

Gli eletti sono: Marco Vezio, Muzio Boccarini, Pierlorenzo Sandri e Gianfrancesco Nacci, ai quali viene data facoltà ed autorità “providendi et faciendi quod vulgo dicitur altum et bassum” di provvedere e compiere quel che volgarmente si dice l’alto ed il basso (che equivarrebbe al nostro “bello e cattivo tempo”).

Si prende, altresì, atto che “Ill.mus et R.mus cardinalis Sanctus Sixtus petit nomine Amerinj Episcopi cathenas communis pro reficiendis clavibus pro reparandis muris episcopalis palatij ruinam minantibus” il Cardinale di San Sisto, a nome del Vescovo di Amelia, chiede che il Comune fornisca le catene necessarie per le chiavi da apporre sui muri del palazzo dell’Episcopio, che minacciano di crollare. Il consigliere Ascanio Moriconi -“eximius legum doctor”- affermando che “voluntas et petitio superiores sunt precepta” che la volontà e la richiesta sopra espresse equivalgano ad un comando, “concedatur R.mo E.po Amerino ferrum dictarum cathenarum quod necesse erit pro clavibus Episcopalis palatij” propone che si conceda di buon grado al Vescovo il ferro per le catene necessarie  per le chiavi da sistemare sul palazzo dell’Episcopio, “quia Ill.mus et R.mus Sanctus Sixtus vult sic, aliter non palluctetur” poiché il Cardinale di San Sisto così vuole e, quindi, non si ponga neppure ai voti e si approvi “viva voce”. Alla faccia della democrazia che, però, allora, era di là da venire! (2014)


31 - Il Consiglio generale del 31 Agosto 1405 viene convocato e sollecitato dal consiglio speciale del dì precedente, per discutere e decidere circa la lettera inviata da parte del Tesoriere del Patrimonio agli Anziani, con la quale si comunica il tenore della bolla del papa (Innocenzo VII, eletto il 17 Ottobre 1404) "pro solutione subsidij pro satisfactione stipendij Pauli de Ursinis capitanei" per il pagamento del sussidio a soddisfazione dello stipendio del Capitano Paolo Orsini, con cui viene richiesto che "solvere procuremus sexcentos florenos auri in certos termines et ad presens solvere oporteat ducentos florenos auri de dicta summa" si provveda a pagare la bella somma di 600 fiorini d'oro in termini ben definiti, della quale urge pagarne 200 "et pro dicta solutione facienda oporteat providere unde pecunia veniat in comuni" e quindi occorre rispondere all'eterna domanda da dove prendere i soldi. 

Il consigliere Ser Stefano di Maestro Angelo "animo et intentione bene consulendi" con il buon intendimento di suggerire un'utile decisione, propose che, per il pagamento di un terzo del totale di 600 fiorini, "gabella musti dicte Civitatis pro presenti anno solvat centum flor. auri" si provveda con la gabella del mosto del corrente anno per 100 fiorini "Et centum flor. de auro" e, per i restanti cento fiorini, "solvant bestie Civitatis et comitatus Amelie" si ricavino dal bestiame esistente in Amelia e contado, "iuxta assectum ordinandum per dominos Antianos", secondo le disposizioni da emanarsi dagli Anziani. Occorre fare di necessità virtù: la proposta appare ragionevole e viene approvata con 53 voti favorevoli e 13 contrari.  (2007)


31  -   Il 31 Agosto 1473 nelle riformanze viene trascritta una lettera, scritta in forma di supplica da Placenzio Cansacchi agli Anziani, datata da Perugia il giorno prima, con la quale lo stesso lamenta di non essere stato, nel precedente bussolo, ammesso al Confalonierato della Città, “in quo officio immissi sunt homines minoris qualitatis et gradus quam ipse Dominus Placentius sit” nel quale vennero ammessi uomini di minore qualità e rango di lui (e qui Placenzio non fa mostra di eccessiva umiltà). “Jdcirco, ad V. R. D. humiliter supplicando recurrit idem orator ut dignetur mandare Potestati Dominis Antianis Cancellario et alijs ad quos spectat” Pertanto, l’oratore ricorre umilmente (ma non troppo!) supplicando le Loro Signorie, affinché ci si degni far presente al Podestà, agli Anziani, al Cancelliere ed agli altri di spettanza, “quatenus quando primum officium Confaloneriatus vacaverit per mortem absentiam vel lacerationem ipsum oratorem immictant et sibi locus eiusdem mortuj absentis vel lacerati vel cedentis assignetur” che, quando si renderà vacante il prossimo ufficio del Confalonierato per morte, assenza o revoca di qualche occupante detto ufficio, lo stesso oratore venga immesso in luogo di esso.

Immantinente, “constito de consuetudine et idoneitate et quod Jacobus Genovinj extractus de buxulo” preso atto degli usi e delle convenienze e che Giacomo Genovini, estratto dal bussolo, “renunciaverit dicto officio Confalonieratus” aveva rinunciato a detto ufficio, si delibera “in magistratus assumi Dominus Placentius Cansachus Miles et Comes” che venga assunto in detta magistratura il Signor Cavaliere e Conte Placenzio Cansacchi, con sua e generale soddisfazione. (2009)


31  - Il Podestà, a causa dell’eccessivo costo della vita, aveva chiesto di essere esonerato dal servizio e venir licenziato (v. 18 Agosto). Nel consiglio generale del 31 Agosto 1539, si propone che, per il bene pubblico, il consiglio, “ob multos varios et diversos sumptus” a cagione delle numerose, svariate e onerose spese da cui la Comunità, “premitur, gravatur et reagravatur” è pressata, gravata e superaggravata, “supplicetur S.tas D. N.”  invii una supplica al papa, affinché “dignetur autoritate apostolica concedere Communi nostro quod valeat et possit eligere unum Doctorem loco potestatis” si degni, mediante la sua autorità apostolica, di concedere alla nostra Comunità di potersi eleggere, in luogo del Podestà, un Dottore in legge, “qui sit et vocetur vice potestas, cum salario a dicto Communi deputando”, che sia e venga nominato Vice-Podestà, con una retribuzione da valutare ed assegnare dal Comune “et pro huiusmodi impetratione eligatur et pro electo habeatur orator dominus Victorius Clementinus, cui scribatur” e, quale oratore incaricato di presentare tale impetrazione al pontefice, si elegga e sia dichiarato Vittorio Clementini, al quale venga notificata la suddetta nomina. Tale proposta, giudicata “reipublice salutaris” giovevole alla Comunità, viene approvata all’unanimità.

V’è, inoltre, da prendere in esame una supplica presentata da Antonio Cerasoli, il cui nominativo era stato estratto dalla capsula contenente gli Anziani che dovevano subentrare in carica; ma, “ob eius ignentem inopiam et rerum omnium caritatem” a causa della sua grande povertà e carenza di ogni risorsa, supplica che “de pena quam solvere teneretur si dictum officium ingredi recusaret, libere gratiari” gli venga fatta grazia della pena che dovrebbe pagare, in caso di rinunzia all’incarico “et misereri tum sue inopie tum etiam familie inutili qua oneratus premitur” e venga compatito sia per la sua povertà, sia per essere gravato da una famiglia disutile; “et licet aequum videatur et sit, nihilominus reportabit de dono et gratia speciali ab (sic) vestris omnibus Dominationibus, quas altissimus preservet ad vota” e benché la sua richiesta sia equa e giusta, tuttavia lui la considererà come dono e grazia speciale da parte delle loro Dominazioni (gli Anziani), con l’augurio che l’Altissimo Iddio le conservi e protegga. Il consiglio, “attenta eiusdem ignenti calamitate et familia impotenti ac inutili, libere de pena gratietur et penitus liberetur” riconosciuto lo stato calamitoso in cui si trova  il povero Cerasoli, aggravato da una famiglia priva di risorse, gli fa grazia della pena e ordina che, al suo posto, venga estratto un altro nominativo “ex spicciolatis, ut moris est” dall’elenco dei sostituti, com’è d’uso.


31  -  Il 31 Agosto 1417 la Chiesa di S. Agata del Castello di Lacuscello, a mezzo del fattore, pagò al Vescovo Andrea di Andreuccio Moriconi “unum par spallarum carnis porcine” un paio di spallette di maiale, “occasione incensi sibi venditi” a soddisfazione del prezzo di una certa quantità di incenso a lei venduto.

Ma che strana permuta era intercorsa fra quella Chiesa ed il Vescovo!

Lo stesso giorno, il medesimo Vescovo conferma, con suo decreto, Gentilesca de’ Chiaravallesi Abbadessa del Monastero di S. Maria in Canale. E’ presente all’atto un Prete Pellegrino, Rettore della Chiesa di S. Giovanni di Collicello. (2014)


31  -  Il 31 Agosto 1518, si assiste ad un litigio fra le “pizzocchere”: quelle sottoposte al Convento di S. Giovanni Battista dell’Osservanza e quelle sottoposte a S. Francesco di Amelia. La materia del contendere è fornita dall’eredità di Giacomo Franchi ed altri. Per intervento del Vescovo, quelle di S. Giovanni  rinunciano ad ogni loro diritto e quelle di S. Francesco si obbligano a pagare ad esse centottanta ducati. E torna la pace (a suon di ducati!). (2014)


31  -  Il 31 Agosto 1511 il Vescovo Giustiniano Moriconi, alla presenza del Capitolo, presieduto dal Priore Pietro Paolo Marchesini, dota di paramenti sacri la Cappella, già di S. Biagio, divenuta “ex nova fabbricatione” dopo i recenti lavori di fabbrica, la Cappella “Assumptionis Gloriosae Virginis Mariae” dell’Assunta. (2014)


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© Giovanni Spagnoli 2013