A P R I L E


1 - Dinanzi al Consiglio del 1° Aprile 1617, viene presentata istanza da parte delle Monache del Convento di S. Stefano -che trovavasi dov’è l’attuale Ospedale Civile- che intendono “fabricare et accrescere il loro Monasterio, e perciò gli converrà fare un arco sopra la strada avanti al loro Mon.rio, che sarà alto assai, et non darà impedimento alcuno”.

La licenza viene concessa.

Nello stesso giorno, si discute sulla pretesa della comunità di Porchiano, che ha messo in vendita la “cenciaria”, cioè l’appalto della raccolta degli stracci, malgrado la comunità di Amelia l’abbia compresa nel proprio appalto. Si decide, pertanto, che Giovanni Lello, appaltatore della “Cenciaria”, richieda al Vicario di Porchiano la revoca della vendita “et si mantenga nel suo possesso et se li Porchianesi pretendono cosa alcuna, ci chiamaranno dove bisogna et in questo caso si dia conto a’ padroni delle continue innovationi et stravaganze di costoro et si cerchi fermarli in maniera, che non habbino ogni giorno a far novità”. (1999)


1 - Nel rapporto periodico trasmesso alla Direzione di Polizia Provinciale di Terni il 1° Aprile 1820, all’art. 13, sotto la voce “delitti”, figura quanto segue:

“La notte del sabato u.s. tale Gio di Domenico C. di questo territorio, si trovava malato in questo ospedale. Bisogna dire che fosse investito da una fiera febbre durante la notte, e che lo togliesse di senso, poiché si alzò, prese un bastone, che trovò a caso nella corsia, incominciò a colpire 4 altri ammalati, de’ quali due si salvarono con la fuga; uno si nascose sotto il letto; e l’altro, che era P.D.R., dell’età d’anni 80 incirca, rimase morto con un colpo di bastone in testa; l’aggressore fu anch’esso fortemente contuso in una spalla; ruppe le vetrate di due finestre e finalmente da una si buttò sulla strada. Non ne risentì offesa, e preso da alcuni fu ricondotto in letto. La Curia vescovile ha fatto gli atti preparatori poiché il caso è accaduto nel luogo pio che gode dell’immunità. Nella notte scorsa è mancato esso C. di vita”.

Si vede che la caduta dalla finestra tanto bene non gli aveva poi fatto! (2000)


1  - Il 1° Aprile 1554 in consiglio si discute, fra l’altro, della opportunità di procedere al riassetto di alcune opere di pubblico interesse, come il Monte di Pietà e l’ospedale, nonché alla costruzione, “si opus fuerit” se si riterrà opportuno, di un nuovo monastero ed al miglioramento di quelli già esistenti. Gerolamo Nacci, “eloquens Vir”, propone “quod D.ni Antiani eligant quatuor vel sex Cives qui una cum R.mo episcopo presint instaurationi montis pietatis, Hospitalis, constructioni novi monasterij et reformationi monasteriorum” che gli Anziani eleggano quattro o sei cittadini i quali, insieme al Vescovo, abbiano la stessa autorità “quam habet totum presens consilium” che possiede l’intero consiglio, di provvedere a tutte le opere sopra elencate. La proposta del Nacci viene approvata all’unanimità e, per far fronte alla sua esecuzione, vengono eletti: Flavio Crisolini, Pietro Petrignani, Salvato Sandri ed Alfonso Racani.

Si esamina anche una supplica presentata da un certo Antonio “barbitonsori” che, essendo stato condannato ad una pena non meglio precisata, ha chiesto di venir perdonato. Lo stesso Nacci propone “quod Antonio Barbitnsori fiat gratia liberalis, dummodo Amerie exerceat artem tostrine (sic)” che al povero barbiere si conceda grazia della colpa commessa, purché continui ad esercitare in Amelia la sua arte di barbitonsore. Si vede che Antonio era particolarmente apprezzato, probabilmente per avere una mano felice ed un tocco leggero col rasoio; prova ne sia che la proposta del Nacci riporta l’unanimità dei consensi: “fabba nulla nigra in contrarium reperta”: non vi si trovarono fave (cioè voti negativi). (2012)


1  -  Tomaso di Mastro Giovanni, oriundo lombardo, al Convento dell’Annunziata, si fa minore osservante, con il nome di fra Giovanni, dando un’elemosina di due ducati d’oro, “pro missis S. Gregorij dicendis” per celebrare messe di S. Gregorio in suffragio dei suoi defunti. Con atto di donazione rogato dal notaio Vincenzo Artinisi, il 1° Aprile 1516 dona, con riserva dell’usufrutto, tutti i suoi beni  a suo fratello Nino, con l’obbligo di acquistargli la tonaca e gli altri indumenti, per un totale di cinquantaquattro carlini. (2014)

 

2 - Nell'esposizione dei fatti che motivarono la sentenza alla pena capitale emanata dal Tribunale Criminale di Spoleto il 2 Aprile 1853 contro tal Arcangelo F., si può crudamente conoscere quanto si ebbe a constatare il 28 giugno 1846:

"Nel Castello di Sambucetole, governo di Amelia, la mattina di domenica 28 giugno 1846 si aprì da chi passava per la strada la porta d'una povera casa terrena abitata da tale Rosa N., onde potesse uscirne un fanciullo che piangeva al di dentro. Era questi l'unico figlio di lei per nome Alesio in età di due anni appena, che comparendo languido e oltre il solito seminudo destò compassione insieme ed ammirazione (sic) a tutto il vicinato, tanto più ché né esso né sua madre eransi veduti nel giorno innanzi. Immaginando allora che questa fosse malata, alcuni entrarono e, vista ancor chiusa l'unica fenestrella di quel tugurio, trovarono la infelice Rosa -orribile a dirsi!- tutta livida e gonfia, mostruoso cadavere, strangolata con una corda sul proprio letto. I sospetti della Curia inquirente caddero immediatamente sul di lei marito Arcangelo F., garzone capraio di certi Maccaglia coloni abitanti a due miglia circa di distanza da Sambucetole ed, arrestato nello stesso giorno, evase qualificatamente dal carcere di Amelia, dopo non ancor compito un mese, trasferendosi a Rignano di Castel Nuovo di Porto, ove poté lungo tempo occultarsi alla punitiva giusitizia, non solo, ma passare ancora ad altre nozze, finché poi arrestato di nuovo il 12 agosto 1851, nei costituti mantenne assoluta negativa in tutte le circostanze relative all'uxoricidio".

Nel corso del processo, emerse in modo inequivocabile la colpevolezza dell'imputato, che venne considerato anche "parricida", in quanto la defunta moglie era in stato interessante.

In calce all'ultimo atto processuale, possiamo leggere l'annotazione che segue:

"A dì 20 Ottobre 1855. Riferisco io sottoscritto Cursore del Governo di Amelia, che eretto il solito palco nella Piazza fuori di Porta Romana di questa Città, vi è stato condotto sopra il condannato Arcangelo F. alle ore nove antimeridiane e dal Mastro di Giustizia è stata eseguita la di lui decapitazione col mezzo dell'apposita Mannaja, e coll'assistenza della Forza armata". (2001)


2 - Il Tartaglia scrive da Toscanella il 2 Aprile 1416 agli Anziani, chiamandoli "Spectabilibus fratribus precarissimis (sic)", dicendo loro "Ho receputa vostra lettera et quella entesa (dopo averla letta) ve respondo et quanto al facto de la trieva (tregua) mi contento la cercate davere conditionata in quella forma che scrivete col Cardenale che sta a Roma et con Paolo Orsino cioè che se ve fusse comandato che se offendesse che se faccia assapere qualche dì innanti uno allaltro nante (prima) che si proceda ad alcuna offesa. Et con condictione che le mie genti possano stare in Amelia et per lo contado non facendo alcuna offesa".

Il Tartaglia, in breve, chiede agli Anziani che mantengano la pace con Paolo Orsini e col Cardinale (Legato?) e che, anche se fossero comandati di passare all'offensiva, le parti debbano preavvisarsi vicendevolmente con qualche giorno di anticipo. Chiede, altresì, che le sue genti possano restare in Amelia e contado, senza recare alcun danno.

Prosegue, poi, passando ad altro argomento. Gli Anziani hanno fatto sapere al Tartaglia che Cristoforo suo consanguineo ha sfidato Luchino ad uno scontro di lancia con lui e che provveda ad ammonirlo: "Alla parte che mi pregate debia refrenare Christoforo (di Lavello) che al presente non è tempo de fare quelli scontri de lancia con Lucchino che si sonno (sic) diffidati adseme". Tartaglia scrive di averlo severamente ammonito, di modo che non avrà per un pezzo voglia di riprovarci: "debbia indutiarse per uno pezzo". (2006)


2  -  Nel consiglio decemvirale del 2 Aprile 1445 fra le altre spese straordinarie alle quali occorre provvedere, risulta annotato quanto segue:

“Tornana pro piscibus vino castaneis nucibus et uno caprecto” a Tornana, per pesci, vino, castagne, noci ed un capretto “missis et datis infra quatuor vices in elemosinam ven.li fratri predicatori observantie S.ti Francisci et sotijs suis” mandati e dati in quattro volte per elemosina al venerabile frate predicatore dell’Osservanza di S. Francesco e suoi confratelli, “in totum libr. sex soldos tres denarios novem” per un totale di 6 libre, 3 soldi e 9 denari.

Lo steso giorno, “a pluribus civibus consultum est et dicitur bonum et pium fore” da molti cittadini venne consigliato e detto esser cosa buona e pia “quod due tunice habite a mercatoribus Amelie per fratres observantie S.ti Francisci solvantur sumptibus et de pecunia dicti communis” che si acquistino dai mercanti amerini due tonache con i soldi della Comunità, per i frati dell’Osservanza di S. Francesco “et taliter solvatur una pro fratre predicatore S.ti Augustinj quia dicitur quod est bone vite et pauperrima persona” ed altrettanto si faccia, acquistandone una per il frate predicatore di S. Agostino, in quanto si dice sia persona di santa vita e poverissima. (2009)


2  -    Nelle riformanze, il 2 Aprile 1479 risulta trascritta una singolare lettera inviata il giorno innanzi agli Anziani da Gentile Riccio, Governatore della Città, da Spoleto, ove risiede. Fra le altre cose, fa presente: “resto peximamente contento de alcuni giotti (forse “giovanotti”, ma in senso dispregiativo) che hanno presumtione delevare li homini de mano deli officialj quando sonno presi: dàtive loco de amonire la briata (brigata) perche ne farò uno giorno tal demostratione che forsia porria rencresciere a qualcheduno. Et veramente in una bona cipta como è quella quando se commecte simile excessi tucta la briata veneria etiam presa et mecterli jn mano del potestà. Ma me dubito assaj ghe ne sieno de quellj che hanno grande piacere quando vedono fare simili jnconvenienti. Or sia col nome de dio. Col tempo et con la paglia se maturano le nespole. Et bene valete”. (2010)


2  - Il Reverendo Predicatore di S. Francesco il 2 Aprile 1539 fa presente al Consiglio dei X, con una degna ammonizione, “nostram Rempublicam sub excomunicatione permanere” che la nostra Città è tuttora sotto scomunica “ex eo quia cum Judeis capitula et conventiones iniunt” a cagione dell’esistenza dei capitoli e convenzioni con gli ebrei, tuttora in vigore. Nel maggior consiglio indetto lo stesso giorno, Pierfrancesco Racani, “vir sapiens et eloquio plenus” uomo saggio e di grande eloquenza, propone, sull’argomento, “quod M.ci D.ni Antiani, auctoritate presentis Concilij irritent, annullent et cancellent nec non ea lacerent et ex nunc authoritate predicta pro cassis, annullatis, cancellatis et laceratis sint et habeantur” che gli Anziani, con tutta l’autorità che promana loro dal detto Consiglio, dichiarino immediatamente decaduti, annullino, cancellino e lacerino detti Capitoli e convenzioni, che, pertanto, si debbano considerare e si abbiano come annullati, cancellati e lacerati. La proposta viene approvata con ventinove voti favorevoli e tre contrari; forse di qualche ebreo?

Occorre, altresì, prendere con urgenza alcuni provvedimenti di carattere economico. In particolare, “Magnificus dominus Praetor veretur ne discedat cum ob victus penuriam, cum Judice et universa familia vivere nequeat” c’è da temere che il Pretore (Podestà) lasci la Città, a causa della penuria di vitto, che non consente di vivere né a lui, né al giudice a latere, né all’intera sua famiglia. Inoltre, Giovanni Andrea Geraldini  “petit satisfieri de ducatis quindecim quorum creditor est Communi, vigore bullecttarum sibi factarum” chiede di venir soddisfatto dal Comune di un credito di quindici ducati da lui vantato, come dai relativi documenti in suo possesso.

Ludovico Nacci, “circumspectus vir et aequitate ornatus”, propone che gli Anziani abbiano autorità di controllare la situazione e calcolare i crediti come sopra vantati e “satisfaciendi in pecunia si extat, si autem in rebus stabilibus Communis, servatis tamen servandis” di procedere alla loro soddisfazione in denaro, se ce n’è, altrimenti farvi fronte con i beni della Comunità e, ciò, tanto per ribadire, ancora una volta, in quali burrascose acque navigassero le finanze comunali! (2012)


3 - Angelo Petrignani, procuratore della Chiesa dell’Annunziata di Michignano (cioè l’attuale chiesa della SS.ma Annunziata), con contratto ricevuto dal notaio Tommaso Taddei il 3 Aprile 1547, con i falegnami amerini Giulio di Alvaro, Silverio e Pietro Dominici, pattuisce la costruzione -“conficere et perficere”- il coro della chiesa, a proprie spese, purché “lignamina sint bona et condecentia”, cioè il materiale adoperato sia di buona qualità e adeguato al lavoro da eseguire, che dev’essere compiuto “hinc ad festum nativitatis d..ni N.ri Jesu Christi”, cioè per il prossimo Natale, altrimenti verrà applicata la penale di 5 ducati.

Il corrispettivo dell’opera sarà stabilito da due falegnami eletti dalle parti, che ne stimeranno l’esecuzione.

Come anticipo, fra legname e contanti, gli artefici ricevono trenta ducati di carlini. (2000)


3 - Nella seduta del consiglio decemvirale del 3 Aprile 1473 viene esaminata una supplica -che rivela una situazione particolarmente penosa- presentata da Giovanni di Antonio di Pietrangelo, che espone che “jà sono tre anni over circha che luj è infermato de gravissima infermità, como è noto ad omne persona de questa ciptà in modo che è perduto de tucte sue membra, solo li è remaso che po parlare quantunque multo male et de continuo besogna che con le lenzola sia revoltato in lo lecto: jntanto chel povero homo per la longa infermità è venuto nonché in povertà ma summa miseria et vive et sustentase de quanto guadagna sua matre et la infelice sua donna come ad ogni persona po essere noto. Dice anche che quisti dì passati è stato molestato dalli offitiali dela dicta ciptà ad pagare certe date (dative) incurse nel tempo de la sua infirmità et per la sua miseria et infirmità non le ha potute né porria per alcun modo pagare”. Il povero Giovanni ottiene la cancellazione di tutte le dative pregresse. (2008)


3  -  Il 3 Aprile 1473 nelle riformanze vengono riportate le seguenti dichiarazioni liberatorie:

“Al nome de Dio Amen. Sia noto et manifesto a chi legerà la presente como lu Strenuo Andrea da Norsia dela Guardia de S. de N. Signore Capitano se chiamò contento et confesso havere havuti et recevuti da Jovanni de Rachanischi da Amelia in nome et parte dela decta Università (città) ducati dece contando ad (in ragione di) baiochi septantaduj per ducato. Li quali sono per locomplemento (saldo) de Ser Petropaulo de Ramiscinj da Norsia ia loro potestà (nell’anno 1470) per lo salario. Et ad fede et dechiaratione de laverità Jo Peromarino da Norsia Cancelliero del prefato Andrea de sua voluntà ho scripta la presente et sigillata del suo proprio sigillo. reservando però le spese facte nele scripture messe et represaglie etc. Datum jn apostolico palatio Die xxv Martij 1473”.

“Jo Jovanni de paulello de Amelia confesso havere havuti dali Spectabilj homini Ser Benedecto de Rasi aschanio de Moriconj Jsahac de Ser paulo Angelo de Jovanni petrignano et pietro de Ciardo ciptadini de Amelia confideiussorj per la comunità de Amelia per le mano del Nobile homo Jovannj de philippaccio ciptadino de Amelia quali me fece dare da Jacomo Spine in Roma ducati cento doro de Camera ad bologninj septantacinque per ducato, per parte de maiore summa (che) debio havere da decti confideiussori, presente messer pietro de Jo. pitrignano Canonico de Amelia et Ser Habel de Ser paulo de Amelia. Et ad fede del vero Jo Jovannj predecto ho facta la presente scripta de mia propria mano. Ad cautela deli sopradectj fideiussorj, la quale voglio valere como publico instrumento. Anno Dominj Millesimo quadringentessimo septuagessimo tertio Die xxvij Martij Rome”.

Da quanto sopra, si deduce che, in quel periodo, il ducato valeva 72 baiocchi o 75 bolognini; questi ultimi sostituiti dai primi al tempo di Pio II (1458-1464). (2009)


3  -  Dinanzi agli Anziani, il 3 Aprile 1531 si presenta Camillo Vatelli di Amelia, per assumersi la fornitura alla Comunità del sale “apostolico”, cioè di cui la Camera Apostolica gestisce il monopolio “et offerisce de voler pigliare el peso de ... la Camera Apostolica del pagamento da farse  per el sale in questo modo e con li jnfrascritti capitolj:

“Jn primis offerisce pigliare el sale (dal deposito) posto in Amelia ad tre quatrini la libra et vole posserlo vendere per quattro quatrinj la libra de moneta currente, per tre annj proximi futuri, jncominciando dal dì dela celebratione (stipula) del contracto da farse tra dicto Camillo et la Communità .

“... in li soprascriptj tre annj durante el tempo dela sua obligatione et anchor de poi finitj dicti tre annj non havendo (se non havesse) finito di vendere el sale receputo ... et fintanto non sia jntegralmente venduto nisciuna persona de qual se voglia conditione possa vendere altro sale, sotto la pena de ducati dece per ciasche persona et ciasche volta (che) contrafacesse, da applicarse per la mità alla Communità de Amelia, un quarto al conductore (appaltatore) et laltro quarto allo exequtore che ne farrà exequtione ...

“...dicto Camillo se obliga de accordare et satisfare la Camera apostolica de quel che la Communità è debitrice per el sale ... et promecte ogne peso de simil pagamento pigliarselo sopra de sé et da ogne spesa et danno et jnteresse venisse alla Communità per dicto sale, relevarla ad sue proprie spese”. (2011)


3  - Nel consiglio decemvirale del 3 Aprile 1618 viene avanzata la seguente proposta:

“Il Padre Predicatore, come accennò dal pulpito, è venuto qui in Palazzo a fare Jnstantia al Pubblico di una buona elemosina per la Capella da farsi alla Sant.ma Jmmagine della Vergine, come tutti loro Signori benissimo sanno, (la) quale per essere opera tanto degna, che più non si può dire, et da noi dovuta, si propone però quid agendum (cosa fare)”.

Il consigliere Gabinio Delfini così si pronuncia: “Che si scriva a Roma per ottener licenza dai SS.ri Superiori di jmporre colletta di due taglioni per darne uno d’essi all’ornamento della Jmmagine della S.ma Madonna a S.ta Firmina, et un altro si dia per la fabbrica et ornamento della Chiesa di S.ta Maria de Monticelli de Padri Agostiniani Scalzi”.

Roberto Canale -altro consigliere- aggiunge: “Che si scriva come sopra ai Padri Superiori per licenza di imporre colletta di detti taglioni, per dare scudi cento per l’ornamento suddetto alla Madonna di S.ta Firmina, et il restante per dare alla Chiesa di Santa Maria di Monticelli”.

Il 30 Aprile successivo si parla ancora di quest’ultima Chiesa: “Che essendosi visto quanto habbia operato il Padre Honofrio da Genova, mentre è stato Priore del Convento di S.ta Maria de Monticelli in servitio di quel Convento, et fabbrica, poiché sino dalla sua patria ha procacciato elemosine per detta fabbrica, (la) quale, per non esser anco ridotta alla perfettione che deve, dubitandosi della sua partenza, et giudicandosi molto bene per detto Convento il suo ritorno, si propone però se si debba scrivere una lettera  al Capitolo di detti Padri, che si fà in Roma, pregandolo per la destinatione di nuovo di detto Padre a questo Convento”. Dello stesso parere è il consigliere Gerolamo Cerichelli, che caldeggia anche lui che “li Si.ri Antiani scrivino lettere al Capitolo di detti Padri per il ritorno a detto Convento di detto Padre Priore, poiché non sarà se non ad utile et benefitio di detto Convento, acciò seguiti la cominciata jmpresa della fabbrica, et anco per il merito di detto Padre”.

Nel consiglio generale, seguìto il 27 Maggio successivo, viene data notizia che la richiesta “licenza et ordine” già “la Sacra Congregazione ha dato con lettere dirette al Signor Governatore, alla quale (“licenza et ordine”) “nessun devoto deve contradire, per esser cosa di poco peso a tutti, et di grandissimo merito”. (2012)


3  -  Il 3 Aprile 1328 Cecchino di Alviano stipula dinanzi al notaio ed ai testimoni un atto con il quale dichiara che “omni modo et iure quibus melius potuit cassavit et annullavit omnes represalias eidem concessas per commune Amelie contra exititios terre Civitatis narnie, occasione duarum salmarum pannorum, librorum et aliarum rerum et unius muli ablatorum eidem domino Comite et Benedicto Angelutij per dictos extimatos in districtu dicte Civitatis sub anno d. Millesimo iij.C°xxvj et voluit et mandavit  esse cassas et nullius valoris” nel modo più certo e definitivo ha annullato e cancellato ogni azione di rappresaglia concessagli dal Comune di Amelia contro gli sbanditi della Città di Narni, in occasione della sottrazione a lui fatta nel distretto di Amelia di due salme di panni, di alcuni libri ed altri beni, nonché di un mulo, come da stima fatta da Conte e Benedetto Angeluzzi nell’anno 1326. E vuole, quindi, che detta concessione sia annullata e di nessun valore, “renuncians exinde omne iuri sibi ex dictis represalijs acquisito. Et hoc ideo fecit quia fuit confessus et contentus sibi de dictis rebus et ipsarum extimatione esse et dampnis et expensis propterea factis, esse integre satisfactum, promictens mihi notario ... dictis represalijs non uti de cetero, ad penam vC° librarum” e quindi rinuncia ad ogni facoltà e diritto acquisito con tali rappresaglie. E ciò ha fatto, in quanto dichiara di essere stato pienamente soddisfatto di quanto ricevuto per detti beni e per la loro stima, compresi interessi e spese, con promessa di non più servirsi di detta concessione, sotto pena di cinquecento libre. L’atto viene stipulato  “in camera communis, presentibus Lutio d.ni petri, d.no Janne Guarnolfini, Begetello Cecchi, Boccharino Nordi, Cello Cacciaguerre et alijs” in una stanza del palazzo comunale, alla presenza di Luzio di Ser Pietro, Ser Janne Guarnolfini, Begetello Cecchi, Boccarino Nordi, Cello Cacciaguerra ed altri.   (2014)


4 - Il 4 Aprile 1492, i frati di S. Agostino rivolgono una preghiera al Comune di prestar loro un aiuto finanziario, per costruire la copertura delle  volte del chiostro, che sono state ultimate. (2001)


4 - Il 4 Aprile 1327, in seduta consiliare, si delibera “quid placet dicto consilio providere et deliberare quod Reverendo patre et domino domino Johanni diacono cardinali, apostolice sedis legato fiat aliquod ensenium pro parte dicti communis, ad hoc quod dictum commune habeat semper commendatum” cosa paccia provvedere circa un donativo da presentare al reverendo Giovanni cardinale legato della sede apostolica, perché abbia la comunità amerina per  particolarmente raccomandata.

Cecchino di Alviano propone che “pro parte  dicti communis Amelie fiat donum et ensenium suprascripto domino legato de L. florenis de auro, et cum illis L. florenis presententur eidem domino legato defensoria dicte Civitatis pro uno anno proximo sequturo” da parte del Comune di Amelia si offra in dono al Cardinale legato la somma di 50 fiorini d’oro ed, insieme ai fiorini, gli si chieda di assumere le difese della Città per la durata di un anno. In seguito, Dio provvederà! (2008)


4  -  Una parete del palazzo anzianale, adiacente alla cappella ed alla Cancelleria comunale, necessita di urgenti riparazioni, ma l’altra confinante, cioè una certa Ferminella, vedova ed erede di Andrea Giannuzzi, teme che ne possa derivare un danno alla sua abitazione. Per evitare che possano insorgere future questioni, il 4 Aprile 1487 viene stipulato, fra gli Anziani ed i soprastanti della relativa fabbrica, in rappresentanza del Comune e detta Ferminella, rappresentata -perché assente- da due prossimi consanguinei, cioè Francesco di Paolo di Filippo e Paolo Lanata, tutti di Amelia, un atto, con il quale ognuna delle due parti nomina un perito e, precisamente, Paolo Petrignani, per conto del Comune e Stefano di Giacomo Pej, per conto di Ferminella; ai quali ciascuna delle due parti dànno “facultatem et arbitrium extimandi” facoltà e potere di valutare “vere et recte incommodum et detrimentum omne quod ex dicti parietis reparatione domus ipsius Ferminelle et dictorum heredum sustinuerint” con reale e giusta stima, ogni possibile fastidio e danno che, dalla riparazione della detta parete comunale, possano derivare all’erede Ferminella, con reciproca promessa “de stare et consentire judicio dictorum arbitrorum” di attenersi e rimettersi a quanto verrà stabilito fra i due periti ). Beninteso, se fra di essi verrà trovato un accordo! (2010)


4  - Nell’udienza del 4 Aprile 1492 gli Anziani “unanimiter”, cioè con parere unanime, eleggono Paolo di Pietro Nardi, di Amelia, che, in qualità di oratore della Comunità, si rechi a Roma presso il pontefice “pro impetratione remissionis excomunicationis Capitulorum” per impetrare la revoca della scomunica comminata ai capitoli relativi al lusso muliebre, recando con sé un memoriale, con il quale, fra l’altro, venga richiesto “che ipsa excomonica (sic) se levi de tucti (i) Capitoli et remangano le pene pecuniarie, excepto che in neli Capitoli delle dote, delle perle, delli brochati et delle sete, dove ipsa excomonica stia rata et firma, ma che delle sete non se intenda se non delle veste et delle maneche et non de qualche extremità de seta che fosse in ipsi Capitoli. Jtem presentarite al Signor Pietro Columna la lettera dela Comunità et recommandarite la decta Comunità ad sua S(antità)”. L’oratore Nardi ritorna da Roma il 13 Aprile, recando con sé il breve di papa Innocenzo VIII (Giovan Battista Cbo), dal quale si rileva che le richieste degli Amerini vengono esaudite, con l’approvazione dei capitoli (“auctoritate apostolica relaxamus”) e “Mandantes nihilominus Dilecto filio Vicario Ven. fratri episcopi Amerini” rimettendo ed affidando al Vescovo di Amelia (all’epoca Cesare Nacci) “in spiritualibus” negli affari spirituali, “ab omni excomunicationis sententia ... occasione incursa ... eadem auctoritate absolvat iniuncta eis et cuilibet eorum”, l’autorità e la facoltà di assolvere da ogni sentenza di scomunica nella quale si fosse incorsi, “si id ab eo  humiliter peterint” se allo stesso Presule ne fosse fatta umilmente richiesta.

A distanza di 48 anni, il 4 Aprile 1540 nel consiglio dei X si esamina la supplica presentata da Leone del Castello di Fornole, il quale chiede “sibi gratiam fieri de libris duodecim cum dimidia in quibus condemnatus extat ob quedam verba altercatoria quae habuit cum quodam Joanne, prout latius etc.” che gli venga fatta grazia di dodici libre e mezza in cui venne condannato per aver avuto un alterco con un certo Giovanni, come più diffusamente risulta, ecc. Il maggior consiglio seguìto lo stesso giorno gli rimette la condanna, “soluta tertia parte penae” dopo aver pagato la terza parte della pena.

Altra supplica viene presentata dagli eredi di Giovan Paolo Matalucci, i quali, “attenta eorum orfanitate et extrema paupertate” in considerazione della loro condizione di orfani e della estrema povertà dalla quale sono astretti, chiedono “exemptos fieri a dativis D.ni Potestatis decursis et decurrendis in posterum” l’esenzione dalle dative del Podestà, sia decorse che future. Il consiglio generale decide, “attentis narratis et temporum difficultate” avuto riguardo a quanto esposto ed ai tempi difficili correnti, “quod exempti a dativis dominis Potestatis sint omnibus quas non solverunt et per annum in futurum imponendis” che siano esentati dalle dative del Podestà che non avessero pagato, nonché da quelle da imporre nel prossimo anno. 

Inoltre, occorre adottare un importante provvedimento di ordine pubblico e di interesse generale: “Quoniam infiniti et fere innumerabiles pauperes qui hanc nostram adveniunt Civitatem nido et hospitio carent et sub caelo noctis tempore sunt cohacti iacere” poiché è infinita ed incalcolabile la quantità dei poveri che giungono in Città, privi di accoglienza e di un ricetto e sono costretti a passare la notte sotto le stelle, “quod instantissime pro parte nostri Communis requiri debeat summus Pontifex et omnes alij quibuscum instantiam fieri necesse erit, ut hospitale divij Antonij in Ameria existentis uniatur pro usu et habitatione pauperum cum hospitali nostro nuncupato de Layci” che, con la massima urgenza, da parte del nostro Comune, sia presentata istanza al sommo pontefice e a tutti coloro ai quali sembrerà opportuno, affinché l’ospedale di S. Antonio esistente in Amelia venga unito a quello chiamato dei Laici, per uso ed abitazione dei poveri, secondo l’espressa volontà dei donatori di un tempo e, “pro faciliori ac magis celeri expiditione (sic) rei superius consulte, quod m.ci D. A. eligant sex probatos Cives qui una cum ipsis facultatem habeant omnimodam impendendi quantum fuerit opus de bonis publicis” per rendere più facile e spedita la realizzazione di quanto proposto, gli Anziani eleggano sei cittadini che, unitamente ad essi, abbiano ogni facoltà necessaria di spendere tutto l’occorrente, attingendo dai beni della Comunità. Tale proposta viene approvata all’unanimità, salvo un unico voto contrario. Ecco i nomi dei sei cittadini eletti: Laurelio Laureli, Giovan Battista Moriconi, Bartolomeo Petrignani, Nicola Geraldini, Simon Pietro Farrattini e Narciso Sandri. (2012)


4  -  Il 4 Aprile 1409 il Collettore Apostolico Fra Benedetto, Priore del Monastero di S. Benedetto di Norcia, intima al Vescovo di Amelia, Andrea di Andreuccio (Moriconi) ed a tutti gli Abati, Priori e Canonici della Chiesa maggiore (S. Fermina) ed agli altri luoghi, monasteri e benefici ecclesiastici della Diocesi di Amelia, “sub pena excomunicationis in personas et interdicti in ecclesiis et monasterijs”, con la comminatoria della scomunica per le persone e dell’interdetto per i luoghi sacri, di pagare al Sottocollettore Don Angelo Pocolelli, da esso deputato, entro sei giorni e sotto pena di cento fiorini d’oro, da versarsi alla Camera Apostolica, una somma di dodici denari per ogni libra (in parole povere, considerando la libra di 240 denari, un contributo pari al 5%). “Et volumus et mandamus quod, elapsis dictis terminis, missas nec alia divina officia celebrare presumatis” in caso di decorrenza dei termini fissati per il pagamento, non si potranno più celebrare né messe, né altri uffici divini.

E’ una vera e propria bomba per il clero amerino ed il Vescovo, entrato in carica da meno di un mese, raduna tutti i sacerdoti “in choro ecclesie amerine” nel coro della Cattedrale, cui intervengono Padre Pellegrino Abate di S. Secondo, Don Simone di Toma Canonico della Cattedrale, Don Petrillo Damiani Rettore di S. Procolo, Padre Bartolo Colai Rettore di S. Croce, Bastiano di Ser Gori Rettore di S. Salvatore, Giovanni di Ser Angelo Rettore di S. Benedetto, Antonio di Ser Francesco Zuccanti Priore di S. Lorenzo di Urbestole, Padre Bartolo (?) Lonardelli Rettore della Chiesa di S. Angelo di Valle, Padre Cristoforo Nenni Rettore della Chiesa di S. Maria dell’Olmo, Frate Giovanni Andreucoli procuratore del Monastero di S. Manno, Don Matteo di Simone Priore di S. Pietro in Parlascio, Don Petrillo in rappresentanza dell’Abbadessa e delle monache di S. Stefano, Don Simone di Toma per il Monastero di S. Caterina, Prete Antonio di Giacomo Rettore di S. Maria di Publica (volg. Piubica), Padre Antonio Mannucci Rettore della Chiesa di Fornole, Padre Giovanni Macciantis Canonico e procuratore della Chiesa di S. Maria di Lugnano e Padre Pellegrino Giovanelli Rettore della Chiesa di Collicello. Davanti al Sottocollettore  Don Angelo Pocolelli, il Vescovo solleva protesta a nome di tutti contro la detta intimazione e dice che “enormiter sentiunt se gravatos ex fulminatione talis edicti et in eo contentis (si edicti nomen meretur, quod non credunt)” tutti si sentono ingiustamente gravati dalla fulmineità di tale editto e da quanto in esso contenuto (se pure meriti il nome di editto, il che non si crede). Vengono, quindi esposte le varie ragioni, per cui il Clero si sente ingiustamente vessato dal decreto del Collettore Apostolico, fra le quali “quod Episcopus et clerici amelienses sunt pauperes et impotentes ad solvendum, quod est iniquum et nullus est qui possit vivere de reditibus sue ecclesie” che il Vescovo ed i sacerdoti amerini sono poveri e impossibilitati a pagare, che ciò che si chiede è ingiusto e che nessuno di loro può vivere con il reddito della propria chiesa. Inoltre, si espone che “Ecclesia maior Ameliensis multa bona immobilia alienavit pro fabrica ipsius ecclesie et multa alia bona que remaserunt sunt sterilia propter guerras et malam condictionem proprietatis nec clerici sint potentes ad emendum boves laboratoribus et bona et introytus sint diminuta ... nec dictus collector velit habere aliquam considerationem neque respectum ad paupertatem et impotentiam clericorum” la Chiesa Cattedrale di Amelia vendette molti beni immobili per la sua fabbrica e molti degli altri beni rimastile sono improduttivi, a causa dei conflitti e della cattiva condizione della proprietà ed i chierici non sono in grado di acquistare i buoi per lavorare e sia le proprietà, che i loro introiti sono diminuiti ... e che il detto Collettore non ha alcuna considerazione o rispetto per la povertà e la debolezza degli stessi chierici.

Dalle sopra esposte perorazioni del Vescovo, se ne può dedurre -come commenta Mons. Angelo Di Tommaso, da cui sono state tratte le presenti trascrizioni desunte dagli atti notarili di Francesco Celluzzi- che il Vescovo Andrea Moriconi non era stato, da giovane, inutilmente a studiare diritto nell’Università di Bologna. (2014)


4  -  Il 4 Aprile 1515 il notaio Vincenzo Artemisi è chiamato a redigere un atto di pace fra un tal Francesco di Prato, cuoco del podestà di Terni ed un certo Alessandro pistoiese, trombettiere, pure di Terni, che si erano picchiati a sangue. A suon di tromba e a colpi di mestolo? (2014)


5 - E’ il 5 Aprile 1510. Occorre nominare un oratore da inviare a Roma per disbrigare alcuni affari del Comune. Gli Anziani, con voti unanimi, nominano Angelo Antonio Geraldini; ma è necessario fornirgli i denari  per tale incombenza. Bernardino Leonardi, alias Carta, si offre di mutuare al Comune dieci ducati da passare all’oratore in partenza per Roma. Ma non basta: per garantire il credito del Carta, occorre stipulare un regolare atto con il quale la somma mutuata passi per le mani del Camerario comunale Vespertino di Pietro Paolo e da questi venga registrata “in libro Rubeo” nel libro rosso del debito pubblico, quindi consegnata al nominato oratore. A favore del mutuante Bernardino, suoi eredi e successori, viene assoggettata a garanzia la gabella di Piazza “et eius fructus, redditus et proventus proximi futuri anni (in)cepturi die quintadecima octobris 1510” suoi frutti, interessi e proventi del seguente anno, da iniziare il 15 Ottobre successivo e, quindi, in occasione della futura vendita (leggi: appalto) della detta gabella, sarà necessario tener conto che, prima dell’assegnazione, dovrà venire “satisfacto dicto Bernardino” rimborsato  detto Bernardino del prestito effettuato al Comune. E si trattava soltanto di dieci ducati di carlini!

Da quanto sopra, si ricava l’impressione in quali cattive acque dovesse navigare la finanza cittadina! (2008)


5  -   Il Generale dei Minori di S. Francesco, Fra Egidio (Delfini), aveva depositato novecento ducati “penes magistrum Antonium fisicum” presso  Maestro Antonio fisico, di Amelia. Il 5 Aprile 1508 Fra Vincenzo, Commissario Generale dell’Ordine, fa citare davanti al Vicario del Vescovo il depositario, perché sborsi la somma che tiene in deposito, ma Antonio fisico afferma di averla in gran parte spesa, d’ordine di Fra Egidio, “in opere et fabrica et in claustro Ecclesie S. Francisci de Ameria” per opere nella fabbrica e nel chiostro della Chiesa di S. Francesco di Amelia. Fra Vincenzo protesta e fa ordinare che, per l’avvenire, il depositario non debba più impiegare il denaro per dette spese. Ma non avrebbero fatto meglio a mettersi d’accordo Fra Vincenzo e Fra Egidio? (2014)


5  -   Sono stati confiscati dei beni dalla Camera Apostolica a Pier Giovanni Geraldini, per qualche reato non meglio precisato.  Il 5 Aprile 1543, il procuratore fiscale della stessa fa procedere alla loro stima. (2015)


6 - Infuria la peste. Nella seduta del 6 Aprile 1478 gli Anziani del popolo, riuniti in consiglio con il Priore e gli Anziani della Fraternità di S. Maria dei Laici, "ad deferenda cadavera ex pestilentia", per il trasporto dei cadaveri degli appestati, elessero Giacomo Assettati e Renzo di Paolo, alias Rapedale e Giovanni Tedesco, per un mese, con lo stipendio fisso di 2 ducati ciascuno, oltre a 5 soldi per ogni fossa scavata per seppellire i morti di peste, "quod deus avertat", che Dio allontani.

Tre giorni dopo, con altra delibera, viene assunto in servizio per un mese, per medicare gli appestati, il barbitonsore Andrea, con lo stipendio di 3 ducati, oltre a 2 carlini per ogni salasso -"pro qualibet sanguinatura"- praticato ad un appestato cittadino o contadino che abiti dentro la Città. Per i forestieri e per coloro che esigessero una più assidua cura, è lasciato arbitrio alle parti di contrattare il compenso. (2001)


6  -  Il 6 Aprile 1491 gli Anziani stipulano questo singolare contratto:

Gli stessi “dant et concedunt Valentino Jacobi Pej et allocant ad reficiendum  foramen sive pertusum Coccij positum in Magnifica civitate Amerie in contrada Vallis” dànno incarico a Valentino di Giacomo Pej di rifare l’apertura, ossia un buco, sito in contrada Valle “suis expensis tam calcis et harene quam etiam ferri et alijs materijs qua indigeat secundum formam et modum dandum per nobilem virum Antonium dominum Antianum ex consensu suorum collegarum” a sue spese, tanto di calce e sabbia, quanto di ferri o altro materiale necessario, secondo forma e modalità da impartirsi dal nobile Antonio, uno degli Anziani, con il consenso dei suoi colleghi “quod forum seu pertusum allocant pro pretio et ad pretium  eidem Valentino presenti stipulanti  et recipienti ducatorun trium ad rationem lxxij bayoccorum pro quolibet ducato, testibus Mosorgo balio et Mariotto tubicine ad supradicta adhibitis et vocatis”; della quale apertura -o buco- viene incaricato il detto Valentino, per il corrispettivo di tre ducati, in ragione di 72 baiocchi per ducato; il tutto avvenuto alla presenza dei testimoni a ciò richiesti, indicati nelle persone del balivo Mosorgo e del trombetta Mariotto.

Resta, comunque, da appurare chi -o cosa- fosse Coccio e di che natura fosse il buco da “trattare”.

Lo stesso giorno, quattro anni più tardi, cioè il 6 Aprile 1495, nelle riformanze viene data notizia “Adventus Sguizarorum conductorum a Communitate” dell’arrivo in Amelia di Svizzeri assoldati dalla Comunità, nei seguenti termini:

“Magister Antonius  De burges Capitaneus Sguizarorum cum quinqueginta peditibus venit dicta die conductus a Civitate” Maestro Antonio di Bruges, Capitano degli Svizzeri, arrivò detto giorno con 50 fanti in Amelia, assunto dalla Comunità. “Jtem Magister Antonius habuit ducatos centum de Carlenis pro parte sui stipendij ex decreto M. D. A. et Civium de arbitrio” Inoltre, lo stesso Maestro Antonio ebbe cento ducati di carlini in acconto del suo stipendio, per ordine degli Anziani e dei Cittadini all’uopo incaricati. “Jtem conventum est quod si quis ex dictis sguizaris interfecerit aliquem ex dominis De Alviano lucretur a Communitate centum ducatos et si quis fregerit navem Atigliani lucretur decem ducatos et qui prius intraverit menia Alviani sive Atigliani lucretur  decem ducatos, secundus novem et discurrendo usque ad decimum” Inoltre si convenne che se alcuno degli svizzeri avesse ucciso uno della famiglia degli Alviano, avrà dalla Comunità cento ducati, chi avrà affondato il traghetto (sul Tevere) avrà dieci ducati ed il primo di essi che entrerà dalle mura di Alviano o di Attigliano, guadagnerà dieci ducati, il secondo nove e via di seguito, fino al decimo.  Infine, Francesco di Alberto fu nominato depositario dei denari stanziati per dette occorrenze, da pagarsi a richiesta degli aventi diritto.

Tre giorni dopo, il 9 Aprile, si redige l’atto formale di assunzione degli Svizzeri, capitanati da Antonio di Bruges, alle seguenti condizioni: l’incarico avrà la durata di un mese, ad iniziare dal 6 Aprile e terminerà il 6 del successimo mese di Maggio; “cum salario quatuor ducatorum de Carlenis pro quolibet pedite” con il salario di 4 ducati per ogni fante “et duos bomarderios cum salario septem ducatorum de Carlenis et capitaneum cum salario octo ducatorum auri” di 7 ducati  per ciascuno dei due addetti alla bombarda e di 8 ducati d’oro per il capitano. Inoltre, tutte le promesse fatte loro dovranno essere mantenute ed osservate “ad unguem”, cioè “sull’unghia”, vale a dire con la massima puntualità, compresa la corresponsione di ogni salario per l’intero mese. Per far fronte alle spese, dovrà essere contratto un mutuo di mille ducati con un banco di Roma e cento cittadini dovranno concedere un prestito pubblico di dieci ducati per ciascuno. Si delibera, infine, che s’invii un’ambasceria ai Colonnesi ed ai Savelli, “ut mictant gentes armigeras ad favores nostros ad expugnandum hostes” affinché inviino genti armate in aiuto di Amelia, per battere il nemico.

Poiché la peste incombe, a distanza di soli tre anni, il 6 Aprile 1498, viene eletto un comitato di tre cittadini, nelle persone di Berardino Geraldini, Francesco Paulelli e Mario Fabrizi, ai quali vengono conferiti tutte le facoltà ed i poteri “quanta habet tota Amerina Communitas” quanti ne ha l’intera comunità, “ut Civitas et populus amerinus a pestifera lue defendantur”, per la difesa dal morbo della pestilenza della Città e del popolo amerino, compresa l’autorità “eligendi portatores mortuorum et deputandi custodes portarum” di eleggere i trasportatori dei morti ed i custodi delle porte cittadine. Purtroppo, anche se non doveva fare un effetto molto rassicurante, pure il compito di occuparsi dei morti appestati rientrava fra i compiti di coloro “vacantes accuratissime saluti et incolumitati Civium” che dovevano prendersi cura nel modo più scrupoloso della salute e dell’incolumità dei Cittadini. (2010)


6  -  Il 6 Aprile 1531 vengono redatti i nuovi ordinamenti per l’elezione dei magistrati cittadini. Fra di essi se ne annotano alcuni:

- I parenti da parte maschile fino al terzo grado  e gli affini da parte femminile fino al secondo grado non possano essere eletti insieme nell’Anzianato e nel Camerariato, ma, per quest’ultimo ufficio, la proibizione s’intenda limitata a rapporti fra fratelli, fra padri e figli ed agli altri che vivano nella stessa casa e siedano allo stesso desco (“aliis in eadem domo habitantibus ad eundem victum”); nell’eventualità che ciò avvenisse, il secondo che venisse eletto si riponga immediatamete nell’urna “Jlle qui fuerit secundo loco extractus  eo jnstanti restituatur in bussulum” ed in sua vece se ne estragga un altro.

- Gli Anziani eletti, prima di iniziare il rispettivo ufficio, debbano “portare clamidem sive mantellum sine scapparutio longum adminus usque ad mediam gambam” indossare il mantello senza cappuccio, della lunghezza almeno fino a metà gamba “et coloris rosacej sive pavonatij sive nigri, et non alterius coloris” e di colore o rosato, o paonazzo, o nero e di nessun altro colore e chi contravvenisse, “non admictatur modo aliquo ad officium, sub pena L. librarum denariorum de facto solvendorum a Potestate et quolibet Antiano recipiente et admictente” non possa venir ammesso in alcun modo all’ufficio cui è stato eletto, sotto pena di 50 libre di denari da pagare dal Podestà o dall’Anziano che lo avesse accolto ed ammesso. (La pena pecuniaria espressa ancora in libre di denari, quando la moneta corrente nel XVI secolo era il ducato di carlini, attesta l’antichità della norma, risalente agli statuti del 1300).

- I santesi dei Conventi di S. Agostino e di S. Francesco, che vengono eletti a coppia per la durata di un anno, debbono avere “precipua et maxima cura bona omnia tam mobilia quam stabilia dicti conventus revidere” l’obbligo di prendersi la massima cura dei beni stabili e mobili del rispettivo convento “et ut cultus divinus in huiusmodi conventu celebrandus pie veneretur ab omnibus continue invigilare” e prestare continua vigilanza affinché, in esso, il culto divino sia piamente ed universalmente praticato e gli Anziani in carica dovranno prestare, a detti santesi, aiuto e collaborazione “prout eis videbitur postulandum” secondo e quando saranno da essi richiesti e non sia loro lecito agire direttamente, senza la previa autorizzazione degli stessi santesi, sotto pena di 50 ducati “pro quolibet Antiano contrafaciente” a carico di ogni Anziano che contravvenisse. Infine, in caso che qualche frate, “ausu temerario” mosso da impulso avventato, ferisse un confratello od altra persona sia dentro che fuori del convento, se la ferita sarà con fuoruscita di sangue, “detur statim vulnerantj exilium per decennium”, i santesi, con la previa autorizzazione del Padre Priore o del Legato, possano far immediatamente espellere il feritore dal convento per dieci anni; se senza sangue, per un quinquennio. (2011)


7 - Il 7 Aprile 1478 Federico da Montefeltro, duca di Urbino, scrive (e non per la prima volta) agli Anziani la seguente lettera, che viene prodotta l'11 successivo nel consiglio decemvirale:

"Altra fiata scripsi alle V. M. pregandole strectissimamente che per lo amor che è infra noi reciproco ve piacesse ad mia complacentia volere eleggere per vostro officiale delli damni dati Ser Paulo mio ciptadino dalla Pergula, persona certamente  da bene, et pratica in simili et magiori officij, delli quali sempre ne ha reportato honore et acquistato amicitia et benivolentia. Onde poiché in lui non porria essere maiore desiderio che monstrare la sua bona volontà et servitù verso le M. V., de novo ve prego quanto più so et posso ve piaccia compiacermi de quisto officio per lo dicto Ser Paulo, della electione del quale so certo le V.M. ne remarranno omne dì più contente et satisfacte per la sufficientia et bontà sua; et ad me non porriano fare le V.M. per una fiata magiore appiacere, alle quale mi offero sempre".

Dopo un simile imbonimento -degno dei più sofisticati moderni mezzi di persuasione- nel maggior consiglio del 12 si delibera: "eligatur ad officium Guardianatus et damnorum datorum" si elegga Ser Paolo da Pergola non solo nell'ufficio dei danni dati, ma anche in quello del Guardianato per il prossimo semestre, "respectu et intercessione" per riguardo ed intercessione di tanto magnifico "press-agent". (2007)


7 - Alberto Catenacci, nel Consiglio Nobile dei Dieci del 7 Aprile 1733, richiama l’attenzione su di un problema di forma e di decoro cittadino, dicendo:

“Credo che lor Signori siano bene informati che nelle Città e Terre circonvicine alla nostra, il Magistrato va con magior decoro del nostro, che pare in certo modo sia più tosto vergogna, che decoro. Sono pertanto di parere che dovendosi venire all’elezzione de’ Famegli, che si eleggano dui Trombetti, et un Fameglio con assegnare alli dui Trombetti trentadui scudi l’anno per ciascheduno, et al Fameglio scudi quindici, che è l’intiero assegnamento che dà in Tabella la Sagra Congragazione, che mi pare sia più decoro e non si tocca niente al Publico; di più che alli Trombetti li si concedano tutti l’incerti che si guadagnano coll’Uffizio della Tromba, da dividersi tra loro due e le mancie ordinarie e straordinarie che competano alli Famegli, si debba dividere fra tutte tre, cioè Fameglio e Trombetti. E perché sarà necessario fare un’altra livrea, sarei di parere si pigliassero un pochi de quatrini che paga il Medico per le Sedie di Palazzo, tanto più che il Palazzo è ben provisto e non ha di bisogno per adesso di altra spesa, e questo si faccia per questa sol volta, et essendo vicini il tempo di rifar l’altre livree, allora si farà il calcolo di quello (che) si puol spendere”. (2008)


7  -   Il 7 Aprile 1410 gli Anziani scrivono all’ “artium medicine doctori Magistro Johanni Cicchi de Fulgineo” al dottore Maestro Giovanni Cecchi di Foligno, in risposta ad una precedente lettera del medico, con la quale, pur accettando la sua nomina, aveva escluso dalle sue mansioni la pratica della chirurgia, facendogli presente che, anche acconsentendo questa limitazione delle sue prestazioni, tuttavia lo stesso si voglia obbligare all’esercizio dell’arte del chirurgo secondo che le circostanze lo dovessero richiedere “congruo pretio” naturalmente con un appropriato compenso. Quindi, gli Anziani dichiarano “contentamus quod ad dictam cirurgie praticham nullatenus teneamini, nisi pro vestre voluntatis libito secundum in contingentibus casibus vobis secundum vestram discretionem et antiquam consuetudinem provideri esse permissum” di accontentarsi che l’esercizio della pratica chirurgica venga effettuato se e quando, caso per caso, il medico riterrà di farne applicazione, com’è d’uso nella prassi corrente.

Poiché, fra l’altro, il medico non si dichiara disponibile ad iniziare ad esercitare entro il termine fissatogli del successivo inizio di Maggio, non sarebbe stato più conveniente ed utile -anche per la salute dei cittadini- sceglierne un altro che avesse offerto maggiori garanzie? (2009)


7  -  Nella sedura del consiglio dei X del 7 Aprile 1470 vengono affrontati argomenti di vario genere. Fra gli altri, debbono esaminarsi alcune lettere di raccomandazione.

La prima è inviata e sottoscritta da persone di grande prestigio, come i Cardinali di Bologna  e di Santa Croce in Gerusalemme, il Vescovo di Fermo e il magnifico Signore Mariano Savelli, nonché dalla Comunità di Norcia; i quali tutti sollecitano il Comune di Amelia a tribuire onori e riconoscimenti a Bartolomeo  de Lucarinis di Trevi, attuale podestà della Città, al termine del suo ufficio: ma quanti protettori si ritrovava Ser Bartolomeo!

Altra lettera è inviata dalla citata Comunità di Norcia, la quale raccomanda di eleggere allo “offitio notarij dampnorum datorum” ufficio del notaio dei danni dati  il “Nobilem Virum  Ser Guidum  de Baractanis de Nursia”.

La mala pianta delle raccomandazioni, nel corso dei secoli, si è mostrata sempre particolarmente rigogliosa!

Nello stesso consiglio, vengono presentate anche alcune suppliche.

Una è esibita “per parte del vostro fidelissimo sevitore Mario de Vico Varazo delacita damelia, detenuto et incarcerato nela presione dela dicta Cità per uno certo panno de colore bisio per lui tolto delanno proximo passato delitiraturi (dai cassetti) et depoi restituito alproprio patrone del dicto panno, nanzi che venesse a notitia delacorte, vedendo havere facto male et pentuto del fallo commisso, per lemano de uno prete secreto (incaricato della restituzione) et ha hauta lapace  et laquetanza dal proprio patrone del dicto panno como appare per publico istromento, dexidera possere gaudere elbenefitio  delapace, secundo la forma delistatuti damelia, el quale benefitio ludemanda degratia li sia admisso dale V. M. S.  et lo resto delasua pena intende de pagare nanti lui esca depresione, lequale cose demanda degratia ale V. M. S. lequali dio conserve in felice et prospero stato”. Il maggior consiglio del dì appresso concede quanto richiesto. Sembra, comunque, eccessiva la pena inflitta a Mario, per aver rubato -e poi restituito- un semplice panno grigio: nemmeno se si fosse trattato del manto d’ermellino di Napoleone Bonaparte!

Un’altra supplica viene presentata “per parte del vostro fidelissimo servitore Johannj todisco per sé et suo figliolo, già habitatore dela dicta Città damelia, dicente et exponente che lui dexideraria retornare in Amelia et lì stare et habitare tucto eltempo delasua vita, et perché è povero homo, ademanda lisia facta gratia de tucte ledate (che) havesse a pagare fine nel presente dì Et da questo inpoi farlo exente per quello tempo (che) parerà et piacerà ale V. M. S. alequale sempre serecomanda”. Il maggior consiglio, in considerazione che “ista communitas propter pestem iam habitam in anno egeat hominibus et supradictus Johannes sit homo utilis in communis quamvis sit pauperrima persona” codesta Comunità, a causa della peste che l’ha affetta nel corso dell’anno abbia bisogno di braccia e detto Giovanni tedesco (“theotonico”) sia uomo utile alla stessa Comunità, sebbene poverissima persona, gli rimette tutte le dative incorse e lo esenta dal pagamento di quelle future per i prossimi cinque anni. (2011)


7  -   In passato, non occorreva aver commesso grandi colpe, affinché un religioso potesse trovarsi sotto interdetto e sospeso “a divinis”. E’ quanto occorso ai frati di S. Agostino il 7 Aprile 1533, per non aver pagato sedici ducati e venticinque bolognini per decime, che avrebbe dovuto riscuotere l’esattore incaricato Ser Gerolamo Nacci e non lo fece, perché assente. I frati si premurano di provvedere al pagamento, facendo depositare dai loro fattori Fra Agostino di Pricano e Fra Girolamo di Francesco quanto dovuto nelle mani del nuovo incaricato Simon Pietro Farrattini. (2014)


8 - Le malattie e la povertà, che spesso si manifestava in vera e propria miseria, erano assai diffuse in passato, specialmente fra le classi più indigenti della popolazione. Ne è una riprova la seguente supplica presentata al Consiglio speciale dell'8 Aprile 1424 da tale Gasparre Silvestri:

"Supplicase fedelmente et devotamente per parte del fedelissimo vostro servidore Guasparre Silvestri damelia de nanti ad voy Magnifici Signuri Antiani et Voy altri Citadini del Consiglio de la Citade damelia che cunciosia cosa che lo dicto Guasparre sia infirmo et inpedementito como aciaschuno è manifesto, et gravato dal podestade et suoi officiali per cascione de date per capo de lomo (imposizioni pro capite), ipso Guasparre considerata la sua infirmetade supplica et adomanda che le dicte date imposte per lo passato et etiandio per quelle che sando (saranno) ad imponere, che li sieno casse et annullate alo dicto Guasparre, et questo se adomanda per lo dicto Guasparre perché è povero homo et perché è infermo et inpedementito et per lamore de Dio et de vostra gratia speciale".

Il consigliere Jacobus Petri propone di demandare la decisione al Consigio generale, il quale, nella riunione del giorno successivo, su proposta di Bartholomeus d.ni Beraldi di Amelia, decide "fiat gratia", a voti unanimi. (2004)


8 - L'8 Aprile 1455 veniva eletto al soglio di Pietro Alonso de Borja, cognome poi italianizzato in Borgia, con il nome di Callisto III. Con esso, iniziava la nefasta influenza di quella dinastia, divenuta potentissima in Roma -e non soltanto in Roma- che eserciterà il suo potere fino alla morte dell'altro papa Borgia, Alessandro VI, avvenuta il 18 Agosto 1503. Lo sfacciato nepotismo di casa Borgia sarà stigmatizzato da quella che viene considerata la prima pasquinata, del seguente significativo tenore:

Ai poveri suoi apostoli la Chiesa

avea lasciato Cristo;

preda dei ricchi suoi nepoti è resa

oggi dal buon Callisto

In Amelia, il 12 Aprile successivo, in una seduta cui intervengono gli Anziani, "una cum plerisque banderariorum contratarum" con la maggior parte dei banderari delle contrade, si eleggono ambasciatori al nuovo eletto, nelle persone di Pietro Boccarini, Pirramo Nacci, Bartolomeo Cansacchi e Ludovico Broli, con un programma ben articolato: congratularsi con Sua Santità per l'elezione; raccomandargli la nostra comunità; chiedere la conferma di tutte le indulgenze ed i privilegi concessi alla comunità tanto dai precedenti pontefici, che dai legati apostolici ed, in particolar modo, di quelli riguardanti Foce, Porchiano e gli altri castelli; supplicare di essere esentati dal gravame del sale (di cui la Chiesa aveva il monopolio ed imponeva l'acquisto) e dal sussidio per la manutenzione delle strade; ed, inoltre, chiedere di non essere assoggettati a particolari governatori, ma di dipendere direttamente dalla sede apostolica.

La risposta del papa non si fa attendere: con un breve del 7 Maggio, conferma agli Amerini "omnes et singulas libertates, exemptiones, gratias nec non privilegia capitula et indulta quecumque" tutti i diritti, esenzioni, grazie, privilegi, patti ed indulti concessi dai suoi predecessori Eugenio IV, Niccolò V e dagli altri pontefici, legati e nunzi apostolici.

Il giorno 18 Maggio successivo, nel consiglio speciale, viene fatta la proposta da Giovanni Petrignani per decidere circa un donativo da fare al nuovo papa e ad alcuni cardinali e prelati, ma occorre il consenso del consiglio generale. Questo, riunitosi il dì seguente, delibera di stanziare una somma non eccedente i 50 fiorini, a carico del Comune, facendovi fronte, ove necessario, con l'imposizione di nuovi dazi: "imponatur dativa pro pecunijs que deficerent". (2006)


8  -  L’8 Aprile 1424 nel consiglio decemvirale vengono presentate alcune suppliche.

Fra queste, una viene esibita da Marcone del Castello di Collicello, il quale,”cum ipse sit pauper miserabilis persona et derelictus a filio et suis etatis lxx annorum et ultra” essendo povero e miserabile ed abbandonato dal figlio e dai suoi, in età di oltre 70 anni, chiede di non essere gravato “pro futuro de oneribus personalibus tam pro igne quam pro capite et pro custodia” per l’avvenire da oneri personali tanto per focolare, quanto per capo e per la custodia cittadina, appellandosi alle norme statutarie, in quanto “propter etatem” a causa dell’età, “custodiam facere non teneatur habens filium custodiam facientem” non sia tenuto a fare la custodia, avendo già un figlio che la fa. Chiede, quindi, la dispensa da ogni onere fiscale “pro preterito tempore usque in presentem diem et pro futuro” sia per il tempo passato, che per l’avvenire. Gli si fa grazia, “considerata senectute” in considerazione della vecchiaia e della povertà (“paupertate”) dello stesso.  (2009)


9 - Con atto del Notaio Celluzzi del 9 Aprile 1430, il Capitolo, con licenza del Vicario Bartolo Colai, vende un terreno in Vattano, per 40 fiorini d'oro, per procedere, con il ricavato, alla riparazione del tetto della chiesa ed alla sostituzione di un "cavallum" esistente sopra il coro superiore, entrambi minaccianti rovina. L'operzione relativa al cavallo viene affidata a Thomas quondam ser Agnali Venture, il quale s'impegna, verso il Capitolo, di "removere unum cavallum quod ruinam minatur existens super corum superiorem et ibidem mictere et actare novum cavallum de lignamine", il tutto da farsi entro l'Agosto successivo e per il corrispettivo di 18 fiorini, sborsatigli anticipatamente dal Camerario Bastiano Ser Gori.

Cosa ci facesse un cavallo sopra il coro superiore, resta un mistero da chiarire; ma forse la soluzione è più semplice di quanto non si pensi, se, per cavallo, invece del nobile animale, si sia voluto intendere la capriata del tetto. (2005)


9 - Il 9 Aprile 1478, gli Anziani "conduxerunt Andream barbitonsorem pro uno mense dicta die incohando et ut sequitur finiendo" conferiscono al barbiere Andrea per un mese, da iniziare da detta data in poi, "ad medendum aegrotos ex pestilentia cum salario trium ducatorum et duorum carlenorum pro qualibet sanguinatura cuiuslibet morbati civis et comitatini habitantis in Civitate Amerina" l'incarico di medicare gli appestati, con il corrispettivo di tre ducati e due carlini per ogni salasso fatto ad ogni malato cittadino o contadino abitante in Amelia. E se fosse necessario prestar loro altre cure "possit se componere cum eis et recipere uti convenerint insimul" possa convenire con loro il compenso, secondo accordo reciproco. "Circha forenses vero, accipiat solutionem uti concordabitur cum eis" Per quanto riguarda i forestieri, ogni prestazione verrà remunerata come concordato con gli stessi. "Et quod extra Civitatem non teneatur ire contra eius voluntatem nisi quatenus placuerit sibi et sicut in concordia cum aegrotis pestiferis". E non sia obbligato ad andare fuori della Ciittà se non intenderà farlo; ma se vorrà, prenda accordi con gli stessi appestati. (2007)


9  - Il 9 Aprile 1537, “ut mos antiquus servaretur” per conservare un’antica consuetudine, vengono eletti tre “nobiles expertos ac probatos  viros ad bussulum conficiendum” uomini nobili, esperti e capaci, per la confezione del bussolo, nelle persone di Pompilio Geraldini, Pier Francesco Racani e Giovanni Battista Moriconi. Queste, in sintesi, alcune delle norme deliberate:

Il luogo per le relative operazioni, sia il Palazzo Anzianale.

Gli eletti dovranno giurare “supra Crucifixum” sul Crocefisso di esercitare il loro ufficio “non odio, non amore, non privato commodo, nec aliqua perturbatione motj, sed maturitate, prudentia, pace Civitatis, excellentique animi moderatione ducti” non mossi da odio, né da sentimenti di preferenze, non da privato interesse, né da altro disordinato moto dell’animo, ma guidati da maturità, da prudenza, dalla pace cittadina e dalla massima moderazione dell’animo.

Quanto deliberato sia a lode, gloria ed onore dell’onnipotente Dio, della Sua gloriosissima Madre Maria Vergine, dei Principi degli Apostoli Pietro e Paolo e dei gloriosissimi Martiri Olimpiade e Fermina, difensori e Patroni di questa inclita Città e di tutta la Curia trionfante, per la conservazione e l’esaltazione della Santa Romana Chiesa e del Santissimo Signore Nostro Paolo, per divina provvidenza Papa III e dei suoi fratelli Rev.mi Cardinali, etc., etc.

Seguono le disposizioni relative alla nomina degli Anziani e del loro ufficio, compresa la pena di venticinque libre di denari per coloro che, pur essendo estratti, “renuerunt absque aliqua rationabili causa” rinunciano alla nomina, senza un giustificato motivo. Non possono venire eletti nell’Anzianato  contemporaneamente (“simul esse in officio”), nello stesso ufficio, i parenti (da parte maschile) fino al terzo grado e gli affini (da parte femminile) fino al secondo.

Gli Anziani debbono portare “clamidem sive mantellum sine cucullo longum ad minus usque ad mediam gambam et coloris rosacej, pagonatij et nigri et non alterius coloris” una clamide, ossia mantello, senza cappuccio, lunga almeno fino a mezza gamba e di colore rossiccio, paonazzo o nero e non di altri colori ed, allo stesso modo, le calzature delle medesime tinte; altrimenti non siano ammessi all’ufficio, alla pena di cinquanta libre di denari per il Podestà o l’Anziano che volesse nondimeno ammetterlo.

Gli Anziani, “pro jgne ipsorum in Palatio Antianali faciendo, habeant, pro mensibus junij, julij et Augstj pro quolibet ipsorum die duas salmas lignarum” per il fuoco da tenersi acceso nel Palazzo Anzianale, nei mesi di Giugno, Luglio ed Agosto, abbiano due salme di legna al giorno, “ceterorum vero mensium pro quolibet die salmas tres” e negli altri mesi, tre salme al giorno: sembra evidente la sproporzione di una tal distribuzione, ma contenti loro ...

Una singolare disposizione riguarda, poi, l’elezione del Podestà:

“Quia retroactis temporibus nonnulli Pretores in introitu sui regiminis quietationes taxarum Reverendorum Secretariorum et Cratheres argenteos communi dari solitos non afferentes” poiché, nei tempi passati, numerosi Pretori (Podestà), all’inizio del loro ufficio, non hanno soddisfatto né al pagamento della tassa dei Reverendi Segretari, né all’offerta delle tazze d’argento, che è solitamente dovuta al Comune  e, “finito eorum officio jnsalutato hospite discessere, in grave damnum et jacturam Communis predicti” alla fine del loro ufficio, se ne siano andati via insalutati ospiti (cioè alla chetichella), con notevole danno e pregiudizio dello stesso Comune, si prescrive che gli Anziani ed il Cancelliere in carica “non possint nec debeant aliquo modo aliquem Potestatem admittere ad officium Potestarie civitatis predicte nec eidem juramentum prebere” non possano né debbano in alcun modo ammettere qualsiasi Podestà nell’ufficio della Podestaria della Città, né prestare loro giuramento, “qum prius quietationem predictam dari solitam, una cum breve S. D. N. Magnificis D. Antianis predictis, seu Cancellario effectualiter presentaverit” se non prima abbia esibito e consegnato agli Anziani, o al Cancelliere, la ricevuta del pagamento di detta tassa, insieme al breve di nomina da parte del pontefice “et similiter  duos cratheres argenteos valoris et communis aestimationis ducatorum duodecim de carlenis, nec non scutum unum auri Cancellario pro sua mercede registrationis brevis et aliarum rerum de stilo et ordine consueto” e, similmente, (abbia consegnato) due tazze d’argento del valore comunemente stimato di dodici ducati di carlini, nonché uno scudo d’oro al Cancelliere, quale suo onorario per effettuare la registrazione del breve ed il disbrigo delle pratiche connesse, solite e consuete. Si vede che, anche allora, c’era qualcuno che ci marciava!

In aggiunta ai nuovi capitoli formulati per l’imbussolazione delle magistrature, “ad hoc ut Dominorum Palatium magnificentius efficiatur” affinché il Palazzo Anzianale venga dotato da maggior magnificenza,   vengono approvate le seguenti disposizioni: “pro fructibus quibuscumque ad vendendum deferentibus” in tutti i casi che si venisse in Amelia a vendere delle frutta, dovranno essere riservati, per la mensa degli Anziani:

“Pro quolibet canistro vel cistula cerasorum, scutella una” un piatto per ogni canestro di ciliege;

“Pro quolibet sacculo aliorum fructuum ad discretionem ... servitorum” per ogni sacchetto di altre specie di frutta, a discrezione degli addetti al servizio:

“Pro qualibet salma castanearum, octaiolum unum” per ogni salma di castagne, un ottaiolo;

“Pro qualibet salma peponum, pepo unus ad electionem servitorum Palatij recipiendus” per ogni salma di meloni, un melone, a scelta dei servitori del Palazzo;

Pro qualibet salma cucurbitarum, cucurbita una” per ogni salma di cocomeri, un cocomero.

“Et qui contrafecerit incidat in penam arbitrij Dominorum Antianorum” e chi trasgredisse, cada nella pena da stabilirsi ad arbitrio degli Anziani, “nihilominus jn omnibus suprascriptis, suppleat discretio servitorum” e tuttavia, in tutti i casi sopraddetti, supplisca il criterio discrezionale dei preposti a tale servizio.

A 17 anni di distanza, il 9 Aprile 1554 si propone, fra l’altro, in consiglio “super elimosina constituenda Jodditte que ingressa est religionem Cristianam” circa un’elemosina da elargire ad una certa Giuditta, che si è fatta monaca. Fabrizio Cansacchi -“oculatus vir”- propone “quod Jodditte erogentur, in elimosinam, quindecim scuti” che a Giuditta si eroghino, a titolo di elemosina, quindici scudi per la sua entrata in religione. Bell’esempio di umana solidarietà e di carità cristiana, tanto più encomiabile, in quanto manifestata dall’autorità laica della Città! (2012)


9  -  Il 9 Aprile 1486 l’Anziano del Capitolo della Cattedrale, Don Paolo di Andrea ed i Canonici Don Leonardo Jacobi Johannis, Don Travisario di Enrico e Don Pietro di Giovanni, volendo far eseguire le volte nella Chiesa di S. Fermina, dopo aver più volte bandita l’asta dei lavori, concludono il contratto con i migliori offerenti Mastro Martino di Pietro e Mastro Pietro e Mastro Gaspare di Antonio, tutti lombardi, sulla base del capitolato da cui viene tratto quanto segue:

“I detti maestri si obbligano fare et fabricare doi volte in dicta Chiesia de S.cta Firmina, cioè compartire la volta in tre croci co’ peducci de tevertini intagliati et belli et dicte volte fare de mactoni grossi et buoni et sufficienti, de la forma del comune et ad omne peduccio fare un nervo cioè de sopra duno mactone lungo ad ogni quarto de cruciera al partire per terzo la larghezza de la Chiesia.

“Item fare quactro speruni grossi uno pede et mezo et che sia alto quactro piedi et mezo, et che dicte volte siano tanto alte che tocchino le corde del tecto, et le dicte corde chiavare de ferro, ma che el ferro per chiavare dicte corde li daga (diano) et pagi (paghino) li canonici. Et ale dicte volte dare nove piedi de sexto.

“Item che la nave verso el cimiterio fare etiam ad cruciera et compartirla  ad buon modo, secondo che meglio et più degna et bella parirà a dicti magistri. Et che li archi farli de uno pede et mezo larghi et alti et grossi come è dicto de sopra dellaltri speruni ... li quali tucti lavori come è dicto de sopra li dicti Magistri promisero fare bene et utilmente, ad uso di buoni et leali magistri, et darli finiti infra uno anno proximo da venire et disgombrare dicta Chiesia de ogni ingomberamento. Et tucte le cose predicte per prezzo de centoquarantasette ducati ad rascione de lxxij bol. (72 bolognini)  per ducato, da doverseli pagar per li dicti canonici in tre partite, cioè la terza parte de li dicti cxlvii ducati  in principio del dicto lavoro et la seconda terza parte facto el mezo de dicto lavoro et il resto tucto del dicto prezzo finito dicto lavoro. Et che li dicti canonici siano tenuti ali dicti Magistri de ogni strascino (trasporto) havessero affare de legname et prete (pietre) per dicto lavoro ... ad tucte spese loro”.

L’atto venne stipulato in Amelia, “in apoteca Pauli Johannis Petrignani, sita in platea S. Marie de porta” in una bottega di Paolo Giovanni Petrignani, sita nella Piazza di S. Maria di Porta (oggi Piazza Marconi). (2014)


10 - Nella seduta del Consiglio dei Dieci del 10 Aprile 1451, "cum sint occurse in Commune nonnulle expense extraordinarie", cioè essendo occorse alcune spese straordinarie a carico del Comune, non previste dal bilancio, necessita provvedere. Fra le altre, si notano:

-"Cristoforo petri Marchoni, pro L. pignatellis ficuum donatarum Inclite domine Catharine", cioè a Cristoforo di Pietro di Marcone, per 50 pignattelli di fichi donati (per conto del Comune) alla Signora Caterina, 15 libre, 12 soldi e 6 denari. E ancora:

-"Magistro Mario pictori pro pictura armorum S.mi D. N. cum duobus angelis et armorum R.mi D.ni Cardinalis bononiensis et M. D. Cesaris Lucensis depictis apud portam pusulinam", cioè al maestro Mario pittore, per aver dipinto presso la porta Bussolina le armi papali con due angeli, nonché quelle del Cardinale di Bologna e del magnifico signore Cesare Lucense (Governatore di Amelia), quindici libre (meno dei pignattelli di fichi, angeli compresi!). 

-"Pro pisce donato predicatori qui predicat in Sancto Francisco", 4 libre.

Nello stesso consiglio, "per homines deputatos ad tractandum pacem et sedandum discordias Civitatis" sono presentati alcuni capitolati "ad bonum publicum et pacificum regimen" della Città. Fra di essi, si citano:

-che nessuna persona, di qualsiasi stato e condizione, osi "reimproperare alicui dicendo tu fusti, vel non fusti vel non es de populo vel de civibus vel de artistis" o se dica "vuoi essere con il popolo, con gli artisti o con i cittadini", oppure se dica "viva il popolo e vivano gli artisti o vivano i cittadini", tutte frasi che "rationabiliter capi possent in mala parte vel possent aliquod scandalum suscitare" cioè che possano essere prese come sediziose ed atte a suscitar faziosità e discordie. La pena proposta è di 25 libre e "quatuor tractuum corde", cioè quattro tratti di fune.

-"Si quis seminaverit per Civitatem zizaniam sive discordiam", suprattutto "dicendo tu sarai impiccato o facto male accapitare o desfacto" e cose simili. La pena è la stessa sopra indicata. (2004)


10 -Nella pergamena n.70, conservata presso l'archivio storico di Amelia e datata 10 Aprile 1326, tale "Angelellus quondam Saraceni", in qualità di pupillo, fa istanza al "sapienti et discreto viro Magistro Jacobo Pauli", Notaio e Giudice ordinario di Amelia, per chiedere che, nella sua veste di giudice, "sibi dari et concedi in tutricem et pro tutrice", gli nomini tutrice "dominam Franciscam uxorem olim domini Zocii domini Ufreducii eius avam", donna Francesca, moglie del fu Zocio di Ufreduccio, sua nonna, "cum presentia, voluntate, consensu Pellegrini domini Ciocii", previo consenso di Pellegrino, figlio del defunto Zocio (o Ciocio) e padrino dell'istante, nonche della figlia di donna Francesca, presenti all'atto, "cum sine tutrice bona ipsius pupilli  comode prosequi vel administrari non possent", perché senza tutrice i beni del detto pupillo non possono venire adeguatamente e legalmente amminuistrati.

Nella seguente pergamena n.71, sotto la stessa data, donna Francesca, ottenuta la nomina a tutrice di Angelello suo nepote, "sciens sentiens se juramento e jure teneri", consapevole del giuramento di rito prestato in seguito alla nomina, e che "bona dicti pupilli non posse administrari nisi primo de bonis et rebus eiusdem Angelelli pupillum (sic) inventarium facere" non può provvedere all'amministrazione dei beni del pupillo, senza averne prima fatto l'inventario, chiede che si proceda alla redazione dello stesso, che puntualmente segue, per mano del Notaio Angelo Cardoni di Amelia.

Donna Francesca doveva essere persona molto precisa e ligia alle disposizioni di legge, oltreché molto affezionata al nepote Angelello, orfano di padre. (2005)


10  -   Il 10 Aprile 1496 il consigliere Berardino Geraldini espone “quod Ill.mus Dominus Joannes Sfortia de Arragonia pisauri Dux in eius hinc adventu lubenti animo recipiatur et honoretur” che l’Ill.mo Signore Giovanni Sforza di Aragona, Duca di Pesaro, nel suo arrivo qui venga accolto ed onorato di buon grado “elargianturque sibi usque ad triginta ducati pro munere” e vengano stanziati fino a 30 ducati per porgere a lui un donativo “et eius copie sive armigere gentes recipiantur in Civitate et Comitatu et unicuique banderario distribuatur sors sua” e che le sue genti armate vengano accolte nella Città e nel contado ed a ciascun banderario venga assegnato il suo compito “deputenturque per dominos Antianos quatuor Cives super huiusmodi allogiamentis distribuendis et dicto domino honorando” e che dagli Anziani vengano eletti quattro cittadini per provvedere alla distribuzione degli alloggiamenti ed alle onoranze da fare per il detto Signore.

La proposta del Geraldini viene approvata con 41 voti favorevoli e 8 contrari ed i quattro cittadini deputanti per le onoranze vengono eletti nelle persone di Cristoforo Cansacchi, Lodovico Archileggi, Tranquillo Moriconi e Angelantonio Geraldini.

Nelle riformanze, è data notizia che il 12 dello stesso mese, lo Sforza “venit Ameliam cum suis equitibus circiter quatrignentis fuitque perbenigne receptus in palatio Antianali et ei exibiti fuere pro munere ducati vigintiquinque de carlenis” giunse in Amelia con i suoi cavalieri in numero di circa 400 e venne con grande cordialità ricevuto nel palazzo anzianale e gli vennero offerti in dono 25 ducati di carlini e che il successivo giorno 13 “cum parte suorum copiarum iter versus romam capiens” con una parte delle sue truppe, partì alla volta di Roma. (2009)


10  -  Dal periodico “AMERIA” del 10 Aprile 1898, sotto il titolo “Caduto e morto”, si legge:

“Lisciarelli Rosato muratore dell’età di circa 78 anni colpito da poplessia (sic), mentre il 4 corrente stava seduto sopra un murello in prossimità di porta Romana, cadeva nel terreno sottostante, restando quasi subito cadavere. Da una squadra della pubblica assistenza, accorsa immediatamente sul luogo, veniva trasportato nella stanza mortuaria di questo civico Ospedale. Nelle ore pomeridiane del giorno successivo, con accompagno della Società Operaia, del (sic) quale l’estinto era socio fino dall’impianto, e di molti altri cittadini veniva effettuato il trasporto della sua salma al pubblico cimitero”.

Gli abituali occupanti dei muretti a fianco della Porta Romana sono pregati di prestare la massima attenzione! (2010)


10  -  Era stato chiesto ad Amelia un certo numero di guastatori. Il 10 Aprile 1520, nella seduta del consiglio decemvirale, viene data lettura di una missiva, inviata da Roma il 2 Marzo precedente da parte di Bartolomeo Farrattini e indirizzata agli Anziani, del seguente tenore:

“Magnifici Signori et Patrj mej observandi Come visto quanto V. S. me han scripto per conto dellj (circa i) guastatori che so li domandano per Santa maria de loreto quelle han da sapere esser cosa che procede dalla mente de la S.tà de N. S. et jà esser per gran parte de lo stato della chiesia come Romagna Ducato durbino et de Camerino posta in exequtione con evidente opera et hora al medesimo manda tucta la Marcha el ducato, siché impossibil sirrà fugire tal peso; per ora ho operato chel commissario non ve dia impaccio acciò possiamo vedere quel che facciono le altre (città) del paese (Stato Pontificio), tra le qualj confido si la servitù mia valerà qualche cosa, che la Comunità nostra serrà lultima et mancho (meno) gravata, che de totale liberatione io non ardisco né posso darne speranza et jmperò da mo’ serrà bono  che da mo’  (fin da ora) V. S. ce pensino et diano qualche ordine accioche al tempo con la prompteza loro se possa con magior fronte domandar magior gratia et ad quelle continuo me reccomando. Et bene valete. Rome die ij Martij MDXX. Servitore et figliolo Bartolomeo Farratino”.

Nel consiglio generale seguito lo stesso giorno, Ludovico Nacci, “vir solertissimus”, in linea con quanto suggerito dal Farrattini, propone che “faciendum esse quicquid alij faciunt” debba farsi quello che fanno gli altri “et curare ne primi simus ad persolvendum” ma cercare di non essere mai i primi a farlo.

Nello stesso consiglio dei X si tratta, altresì, di pagare un vecchio debito: “quid videatur agendum super adventu cuiusdam de plumbino, generi Petri Lupi qui olim hanc preturam exercuerat” cosa si pensi di fare essendo qui giunto un tale di Piombino, che si dichiara essere il genero di Pietro Lupi, che un tempo (nel 1502!) ricoprì l’ufficio pretorile (cioè di podestà), “qui petijt a Comuni quodam residuum salarij dictj Domini Petri pro officio Potestarili” e che richiede al Comune il pagamento del saldo dello stipendio spettante al Lupi per aver ricoperto detto ufficio ben 18 anni prima! Nel seguìto maggior consiglio, lo stesso “senator” Nacci propone che “si ostendet Comunitatem jure esse debitricem satisfiat” se il genero del Lupi darà prova legittima che la Comunità risulta debitrice nei confronti di quest’ultimo, gli si effettui il pagamento di quanto richiesto.

Si deve decidere anche in merito ad una violazione di confini: “omnes Pecorarii Civitatais Amerie qui accusatj fuerunt transgressos fuisse terminos senatarum, pollicitj sunt stare dispositionj consilij generalis pro pena persolvenda qua dicuntur incurrisse” tutti i pecorai di Amelia, accusati di aver violato i confini delle bandite, si debbono impegnare a sottoporsi a quanto verrà deciso dal consiglio generale circa la pena nella quale sono accusati di essere incorsi. E la pena non si fa attendere ed a proporla è il “senator” Aurelio Boccarini, “vir omni ex parte circumspectus”: i cinque proprietari di greggi “quorum pecudes limites bannitarum transierunt solvant jnter omnes pro se et famulos ducatos vigintiquinque de carlenis” le cui pecore oltrepassarono i confini delle bandite, paghino fra tutti, pecorai compresi, 25 ducati di carlini, “que pecunie impendantur pro ornamento palatij et hoc ultra penam ordinariam” e tale somma venga spesa per l’abbellimento del palazzo pubblico anzianale. Naturalmente, fatto salvo il risarcimento per i danni arrecati, da rimborsare a parte. (2011)


11 -  Evangelista Naccius, nel Consiglio dell’11 Aprile 1550, fece la seguente proposta:

“Nullus discipulus audeat ferre arma in schola ... et patres teneantur pro filiis”; cioè, che nessuno studente osi portare a scuola una qualsiasi arma e che i padri siano tenuti responsabili per i figli. Se il padre del “ferrato” studente non provvedesse a punirlo adeguatamente, incorrerà nella pena di uno scudo.

La proposta venne messa ai voti ed approvata con “lupinos albos quadragintaunum, fabbis duobus nigris in contrario repertis non obstantibus”; cioè con 41 lupini affermativi e 2 fave contrarie.

Per sancire con una decisione consiliare tal genere di proibizioni, se ne deve dedurre che simili evenienze fossero tutt’altro che rare: le due fave nere ne sono una significativa prova.

A questo proposito, è bene precisare che la mancanza di unanimità per approvare un provvedimento tanto importante e di evidente utilità per la tutela dell’incolumità pubblica, sta a dimostrare che, in tutti i tempi, sono esistiti genitori che, con la loro eccessiva tolleranza nei confronti dei figli, si sono mostrati incoscienti artefici di esseri prepotenti e socialmente pericolosi. (1998)


11 - Nelle riformanze, sotto la data dell'11 Aprile 1518, figura annotata la seguente strabiliante notizia:

"In stabulo R.mi Cardinalis Medicis reperta est mula peperisse pullum, quod maximum spectantibus incussit stuporem": nella stalla del Cardinale Medici fu trovata una mula che partorì un pollo; il che suscito nei presenti la più grande meraviglia. 

E lo credo bene! Nemmeno il monumentale gallo nelle cui vesti apparve -per la fame- Charlot a Big Gim, nel capolavoro di Chaplin del 1925 "La febbre dell'oro" sarebbe riuscito a compiere un'impresa tanto disperata come fecondare una mula! (2004)


11 - L' "eximius doctor medicine magister Joannes Martano de Spoleto" l'esimio dottore in medicina Giovanni Martano di Spoleto chiede, nel Consiglio decemvirale dell'11 Aprile 1478, "de gratia speciali a nobis ut efficiatur civis amerinus", che, per speciale graziosa concessione, venga a lui conferita la cittadinanza di Amelia. Poiché trattasi di uomo generoso e degno della massima considerazione "et in nostra Civitate acceptatissimus" e gode di grande consenso nella nostra Città, tale conferimento recherebbe alla comunità "non minori commodo et honori quam sibi" non minore vantaggio ed onore, quanto allo stesso. Nel maggior consiglio del dì seguente, "de viva voce et omnium applausu et consensu", a gran voce e con applausi ed universale consenso, il dottor Martano viene assunto ed annoverato fra i cittadini più illustri, con tutti i diritti ed i privilegi connessi con tale qualifica. (2007)


11  -   L’11 Aprile 1512 nel consiglio decemvirale si espone che “ad requisitionem predicatoris S.ti Francisci quomodo provideatur quod, ut ipse fert, fere omnes Amerini excomunicati sunt” a richiesta del predicatore di S. Francesco, si faccia conoscere in che modo s’intenda provvedere alla circostanza che, come lo stesso afferma, quasi tutti gli Amerini sono incorsi nella scomunica  e ciò, massimamente, a causa dei capitoli firmati con gli ebrei. Lo stesso si offre di adoperare la sua autorità affinché “Comunitas potuisset componi et absolvi” la Comunità possa venir riconciliata ed assolta dalla detta scomunica. La questione viene portata nel maggior consiglio riunitosi lo stesso giorno. In esso, “speculum Patrie et vir Egregius Angelantonius Geraldini” lo Specchio della Patria ed uomo egregio Angelantonio Geraldini, “divino nomine invocato” invocata la benedizione divina, propone che “Magnifici Domini Antiani a presenti Consilio auctoritatem habeant componendi omnem excomunicationem in qua Comunitas incurriset causa capitulorum que haberet cum Judeis” gli Anziani vengano autorizzati dal Consiglio di comporre ogni scomunica in cui la Comunità fosse incorsa, a causa dei capitoli avuti con gli ebrei “dummodo ipsa compositio summam viginti carlenorum non excedat”, purché tale composizione non venga a costare più di 20 carlini. Si ha l’impressione che gli Amerini, in quel periodo, non si curassero eccessivamente dei fulmini della scomunica!  (2009)


11  - Non sempre la riscossione delle gabelle cittadine veniva appaltata a persone comuni, per lo più dedite ad attività di commercio. Nelle riformanze, sotto la data dell’11 Aprile 1543, si legge che la riscossione della terza parte della gabella generale era stata appaltata alla illustrissima Caterina Farnese, allora titolare della Signoria di Giove, nominata, nel testo, “Cantorina” e “Contarina”, discendente da Bartolomeo, duca di Latera, fratello di Paolo III. Sotto la stessa data venne appaltata anche la gabella del macello a un tal Marco Casciolo, “plus offerenti” che aveva offerto le condizioni più vantaggiose per la Comunità. In tale occasione, venne, altresì, deliberato “quod macellarij non possint vendere ad pondus cum carne coccias et ungulas, sub poena unius scuti pro quolibet et vice qualibet, Communi Amerie applicandi” che i macellai non potessero vendere a peso, insieme alla carne, anche le teste e gli zoccoli delle bestie, alla pena di uno scudo per ogni volta e per ogni macellaio che avesse trasgredito, da devolversi nelle casse comunali.

Con la medesima tornata, Pannunzio Cerichelli, “super bono publico”, volendo formulare una proposta di pubblica utilità, “dixit quod obstruantur quaedam bectule ubi continue lusores accedunt et ibidem ludunt ad ludos prohibitos ac quia blasfemant, quod bectularijis fiat poena unius ducati” propose che venissero chiuse alcune bettole, dove con frequenza giornaliera accedevano giocatori che praticavano giochi proibiti e dove si bestemmiava, comminando la pena di uno scudo ai relativi bettolieri. La proposta del Cerichelli “vicit per palluctas albas trigintanovem, nulla nigra reperta” venne approvata con unanimità di consensi, ma c’è da scommettere che ciò avvenne “a denti stretti”!

A distanza di sette anni, l’11 Aprile 1550, nella seduta del consiglio decemvirale si esaminano, fra l’altro, le suppliche presentate dai tre porchianesi Ciuchetto di Menico, Alessio e Giovanni Berardino di Pasquale, condannati per aver fatto uscire dal territorio di Amelia generi commestibili, consistenti in agnelli. Nel consiglio generale dello stesso giorno, Evangelista Nacci propone che gl’imputati “solvant unum carolenum pro quolibet agno extracto, de cetero, vigore huius consilij fiat illis gratia” paghino un carlino per ogni agnello illegalmente esportato e del residuo della pena, si faccia loro grazia. Anche Muzio Boccarini e Antonio Angeluzi, che hanno presentato una supplica per un analogo reato, vengono condannati “aut reducant agnos extractos aut solvant sicut dictum est de alijs unum carolenum pro quolibet agno” o a far rientrare gli agnelli fatti uscire illegalmente o a pagare un carlino come i porchianesi.

Nello stesso consiglio viene anche presa in esame una singolare lamentela del maestro di scuola: alcuni scolari recano con sé delle armi! La decisione in merito non ammette repliche: “quod preceptori adhibeatur omnis favor et nullus discipulus  audeat ferre arma in scholam et patres teneantur pro filijs” che alla rimostranza del maestro si dia la massima considerazione e si vieti ad ogni discepolo di portare armi nella scuola ed il padre risponda per il figlio “et si pater ipsum non correxerit, communitas teneatur illum corrigere cum brachio curie et contraventores jncidant in penam unius scuti” e se il padre non correggerà il figlio, lo possa fare la stessa Comunità, avvalendosi del potere esecutivo e chi avrà contravvenuto, cada nella pena di uno scudo. Ai tempi nostri, al massimo si portavano a scuola le figurine dei calciatori! (2012)

 

12 - Il Consiglio Provinciale delle Corporazioni di Terni, in data 12 Aprile 1939, comunica al Comune di Amelia i prezzi massimi da praticare nelle consumazioni nei ristoranti e nelle trattorie:

- coperto: 1ª cat. £.1,30 - 2ª e 3ª cat. £.0,90 - 4ª cat. £. 0,60;

- minestra in brodo con pasta comune: 1ª cat. £. 2 - 2ª e 3ª cat. £. 1,20 - 4ª cat. £. 0,90;

- minestrone di legumi o verdura: 1ª cat. £. 2,10 - 2ª e 3ª cat. £. 1,30 - 4ª cat. £. 0,80;

- pasta asciutta al sugo o al burro: 1ªcat. £. 3 - 2ª e 3ª cat. £. 2,30; 4ª cat. £. 2;

- carne bovina bollita: 1ª cat. £. 4 - 2ª e 3ª cat. £. 2,80 - 4ª cat. £. 1,50;

- carne di pollo o tacchino bollito: 1ª cat. £. 4,50 - 2ª e 3ª cat. £. 3,50;

- carne di vitella arrosto o bistecche ai ferri: 1ª cat. £. 4,50 - 2ª e 3ª cat. £. 3,50 - 4ª cat. £. 3;

- agnello arrosto: 1ª cat. £. 4,50 - 2ª e 3ª cat. £. 3,80 - 4ª cat. £. 3;

- pesce da taglio bollito o arrosto o in umido: 1ª cat. £. 4,50 - 2ª e 3ª cat. £. 3,80 - 4ª cat. £. 3;

- bocconcini, stufatino e involtini alla romana:  1ª cat. £. 4,50 - 2ª e 3ª cat. £. 3,80 - 4ª cat. £. 2;

- due uova al tegame semplici con guanciale, mozzarella: 1ª cat. £. 3 - 2ª e 3ª cat. £. 2,50 - 4ª cat. £. 2;

- contorni di verdure o legumi: 1ª cat. £. 1 - 2ª e 3ª  cat. £. 0,60 - 4ª cat. £. 0,40;

- frutta di stagione: 1ª cat. £. 1,20 - 2ª e 3ª cat. £. 1 - 4ª cat. £. 0,90;

- vino comune nostrale 1/4 : 1ª cat. £. 1,30 - 2ª e 3ª cat. £. 0,90; 4ª cat. £. 0,60.

- Prezzo massimo di pensione (compreso il servizio): 1ª cat. £. 9 con vino; £.8 senza vino. 2ª e 3ª cat. £. 7,25 con vino; £. 6,50 senza vino; 4ª cat. £. 4,50 con vino; £. 4 senza vino. (1999)


12 - Il 12 Aprile 1410 gli Anziani decidono, all'unanimità, di inviare un ambasciatore a cavallo al Capitano Attendolo Sforza "ad ferendum quoddam insenium pro parte comuni" cioè a recargli un dono da parte della comunità, evidentemente per ingraziarsi maggiormente gli Sforza.

E certamente v'era motivo di tenerseli cari, come si deduce da quanto annotato appena una settimana più tardi, in cui, fra le spese straordinarie cui far fronte, si enumerano quelle sostenute per altra ambasceria inviata allo stesso Attendolo, per significargli che, avendo avuto sentore che "gens inimica s.te matris Ecclesie actingerat ad civitatem interamne" nemici della Chiesa sono giunti a Terni, pregasse lo Sforza di avvertire gli Anziani "si sentiret aliquid contra nos" cioè se avesse notizia di qualche movimento contro la Città di Amelia. L'elenco delle spese occorse comprende anche quelle per altra ambasceria inviata al nobile Pilago di Alviano, che ha avuto da parte di Boso de Actendolis de Cotignola la notizia che "in tudertum ingressi fuerant circha mille homines equestres et una magna brigata famulorum pedestrium stabant in castro cammorate" a Todi sono entrati circa mille uomini a cavallo ed una grossa brigata di fanti  si trova nel Castello di Camerata. 

Con questi sentori di guerra, occorre rinforzare le difese cittadine. Le spese elencate il 19 Aprile possono darne un'idea. Si acquistano travi e travicelli "faciendi stecchatum iuxta muros communis, prope fontanam nucicchie" per fare uno steccato accanto alle mura comunali, nei pressi della fontana di Nocicchia. Si riattano barbacani, bertesche ed opere di consolidamento alle porte della Città e dei castelli. (2006)


12 - Nel consiglio generale del 12 Aprile 1478, si delibera circa la supplica presentata da Turcarello, che si autodefinisce "pauper et incautus iuvenis" cioé giovane povero ed avventato, nella quale ha esposto che, già da alcuni mesi, trovasi carcerato, "propter certa vulnera sanguinolenta que intulit in personam Troianij filij Andree Jannutij de Amelia" per aver inferto a Troiano di Andrea Giannuzi alcune ferite sanguinolente "de quibus iudicio medici melior speratur exitus et eventus quam prima facie ab omnibus putentur" delle quali, a giudizio del medico, si spera un esito migliore di quello che, in un primo momento, si era generalmente ritenuto. Poiché non è in grado di pagare la salata condanna per il reato commesso e poco o nulla possiede "et aliquam partem pene luerit in corpore attento diuturno carcere" ed avendo già scontato una parte della pena con il suo stesso corpo, considerata la lunga detenzione in carcere, "offert semetipsum et personam suam ad servitia et mandata quecumque dicte comunitatis in cuius manibus seipsum liberaliter remictit et reponit" offre se stesso e la sua persona, ponendola a disposizione di qualsiasi servizio gli verrà comandato dalla comunità, nelle cui mani liberamente si rimette ed affida, "eius iuvenili calori compatiendo" e si compatisca il suo ardore giovanile "qui intendit se ad frugem melioris vite reducere", essendo intenzionato a  rendere migliore la propria esistenza.

La decisione che viene presa è abbastanza dura: "prius habeat pacem cum offenso" per prima cosa, faccia pace con la sua vittima, quindi paghi 20 ducati; "quos si non solverit, stet per annum in carceribus et numquam de eis exeat" e se non dovesse pagarli, stia in carcere per un altro anno, senza poterne uscire. (2007)


12 - Il Tesoriere del Patrimonio Nicolò di Andrea de Carduccis invia agli Anziani la richiesta di pagare al Castellano di Soriano il sussidio (leggi: taglia) di ben 200 ducati d’oro. Per facilitare le pratiche della riscossione, lo stesso Tesoriere, in data 12 Aprile 1413, compila la ricevuta, concepita in questi termini:

“Jo Nicolò Carducci da Firenze tesaurieri del patrimonio etc. sono contento che ducati duecento doro che anno a pagare del Comuno damelia per lo subsidio posto per Johannecto di magniamonte Castellano di Suriano gli pagino al decto castellano o suo mandato che porterà la presente bullecta per chiareza di ciò o scripta questa bullecta di mia mano et sigillata di mio sigello adi xij daprile 1413”.

Due giorni appresso, arriva in Amelia Beltrametto, “intimo famiglio” di Giovannetto, che riscuote la taglia e rilascia agli Anziani la già predisposta bolletta del Tesoriere, nonché la quietanza, di mano dello stesso Giovannetto, che promette agli Anziani “nullo unquam tempore pro dictis ducentis ducatis inquietare vel molestare” di non far loro ulteriore richiesta per detti ducati da essi pagati.

Con piena soddisfazione del Tesoriere, di Beltrametto e di Giovannetto; un po’ meno  degli Amerini! (2008)


12  -   Il Duca di Urbino Lorenzo de’ Medici, nipote del papa Leone X (Giovanni de’ Medici), scrive agli Anziani una lettera, regolarmente riportata nelle riformanze sotto la data del 12 Aprile 1519, con la quale espone che “Mastro Lorenzo da Bibiena, homo litterato et molto amico nostro ne fa intendere como alli giorni passati fo conducto medico di quella Comunità et che da quella Comunità ne hebbe la electione et che al presente ch’era venuto el tempo del cominciare ad exercitare lofficio suo”, aveva saputo che la Comunità amerina aveva riconfermato l’incarico di medico condotto allo stesso professionista al quale Lorenzo da Bibbiena doveva succedere. E “poiché questo serria non senza grave danno et dishonore del prefato Mastro Lorenzo et ancho non con piccol carico di quella Comunità” avendo dovuto lo stesso, per favorire quest’ultima, “renuntiare et licentiare tucti li altri partiti et adiuvamenti che haveva per le mani”, il Duca sollecita gli Anziani “che li piaccia fare sì che l’electione del prefato Mastro Lorenzo sortisca lo effetto suo come è justo et ragionevole”; ché, così facendo, sia allo stesso, quanto al Duca, “ne farranno cosa summamente grata et piacere singulare”.

La risposta alle sollecitazioni del Duca non si fa attendere: gli si faccia sapere che la riconferma per un altro anno di Maestro Martino “presentem Physicum Amerie” era dovuta ai suoi meriti ed era piaciuta a tutti: la sua raccomandazione nei confronti di Maestro Lorenzo da Bibbiena si sarebbe tenuta presente alla cessazione dell’incarico di Maestro Martino.

Ma prima che fosse passato un mese -precisamente il 9 Maggio successivo- risulta annotata nelle riformanze la notizia che “Ill.mus ac Mag.cus D. Laurentius Medecis Dux Urbinas ut aiunt veneno perijt” il Duca di Urbino, come si dice, è morto di veleno: “objit brevi ac quodammodo repentina morte, cum maximo Pontificis merore (sic)”:  era deceduto, in qualche modo, di morte improvvisa, con grande stupore (?!) del papa. (2009)


12  -  Il 12 Aprile 1520 nell’assemblea generale (cerna) viene data lettura di una missiva di lamentele inviata da Alviano agli Anziani il 10 precedente da Pantasilea Baglioni, vedova di Bartolomeo d’Alviano, che così si esprime:

“Magnifici viri et ut fratres Amant(issimi) salute. Non pocha admiratione (meraviglia) piglio che lj hominj vostri se siano trovatj allj Dominj nostri in guastarce la nostra Barcha (traghetto sul Tevere) et predarce le nostre bestie et dellj hominj nostri, perché securamente viveva (ero tranquilla) de maj esser dallj homini vostri sotto promession vostre et (dal)la Comunità et la particularità (dai singoli cittadini) ad nuj facte de non maj offenderce et perché ancho speramo non sia con voluntà vostra (con il vostro permesso), ne (ci) è parso farve notj, exhortandove vogliate admonire lj vostri hominj ad non molestarce et quelli che ce sondo (sono stati) retrovatj vogliate como administratori de justitia constringere ad farce restituire le nostre bestie predate et cossì judicaremo  habiano facto de lor Capo (di testa loro) che ne (ci) pare ne sia (sia stata) da voj cossì senza causa ropta la fede (violati i patti) et havemo per certo che ce sono statj (i colpevoli siano) lj infrascriptj, videlicet (cioè) Stephano de Pannaro, Mattia de podio, saleno de mazetta, Biasio del bove Ciuco et Jo(anni) de Mario tinozo. Nec alia (e non c’è altro). Bene valete (State bene). Livianj (Alviano) x aprilis MDXX”.  (2011)


12  -  Il 12 Aprile 1391 il consiglio deve, fra l’altro, deliberare sul valore ufficiale della moneta circolante. In Amelia “bononeni novi romani non expenduntur nec valeant expendi ultra xxviij denarios pro bononeno” i nuovi bolognini romani non vengono valutati e spesi più di diciotto denari per ogni bolognino. Il consigliere Lello Dominici propone di elevare il valore del bolognino a diciannove denari, e che “nulla persona possit renuere, ad penam  xl. soldorum pro qualibet vice et quod florenus auri valeat xxxvij bononenos argenti, videlicet libre iiij.or soldos xij et denarios sex” nessuno possa rifiutare tale valutazione, alla pena di quaranta soldi e che il fiorino d’oro debba valere 37 bolognini d’argento, cioè quattro libre, dodici soldi e sei denari.

Inoltre, occorre trovare i soldi per pagare lo stipendio del podestà, che trovasi attualmente a Roma ed ha scritto più volte al Comune che intende essere pagato di 50 fiorini d’oro, “absque qua solutione ipse non potest redire ad regimen et gubernationem dictj suj officij” senza i quali non può (o non vuole?) tornare ad espletare il suo ufficio. Si propone, per reperire i fondi per tale -ed anche per altre- necessità, che “imponatur datium in civitate Amelie videlicet ... trium bononenorum pro quolibet foculari” si imponga una tassa di tre bolognini per ogni focolare. E il gioco è fatto!

Lo stesso giorno si esamina la richiesta del maestro di grammatica Ser Lorenzo da Roma, che chiede di poter venire ad insegnare “doctrinam pueris ... in grammatica et bonis moribus” la grammatica e i buoni costumi ai fanciulli, con salario ed abitazione come di consuetudine. L’assunzione segue il giorno 14 dello stesso mese. (2014)

 

12  -  Il 12 Aprile 1553 il notaio Partenio Ciocci verbalizza la consegna di dieci scudi e mezzo effettuata da Simon Pietro Farrattini, dal Capitano Battista Geraldini e da Gian Antonio Laurelio, a tal Pier Gentile da Camerino, “mulio et exportator” mulattiere e carreggiatore, quale compenso spettantegli, da parte del Comune di Amelia, per aver trasportato cinque “balle di archibugi ed una di polvere”, consegnategli da Giovanni di Brescia, a nome di Sebastiano di Bolsena. Ma che gli archibugi si portavano con le balle? (2014)


13 - Il 13 Aprile 1793, il consiglio decemvirale è chiamato ad occuparsi di un'emergenza di carattere agro-devozionale.

"Recando il tempo piovoso pregiudizio alla campagna, perciò hanno fatto istanza Domenico Barcarino, Filippo Suatoni e Giuseppe di Cinto di farsi scuoprire l'Immaggine di Maria SS.ma Assunta, onde l'Ill.mo Signore Anibale Petrignani consulendo dixit (formulando una proposta, disse): sono di parere che per l'effetto sudetto si scuopra l'Immaggine di Maria SS.ma Assunta per il corso di giorni otto, con far (facendo) la debita istanza a Monsignore Ill.mo Vescovo e Reverendissimo Capitolo e che da questa Comunità si somministri la solita cera, e si faccia fare il solito sparo”.

Fu approvato da tutti a viva voce. “Et sic gratis Deo datis, dimissum fuit Consilium" Ed in tal modo, rese grazie a Dio, fu chiusa la seduta.

C'è da augurarsi che la Beata Vergine abbia soccorso ancora una volta alle necessità dei Suoi fedeli Amerini, anche senza dover da parte loro ricorrere a spari di sorta. (2007)


13  - Nel consiglio decemvirale del 13 Aprile 1539 vengono, fra l’altro esaminate alcune suppliche.

Una è presentata da Battista di Prospero di Gaglietole (?) “in Carceribus detenti” detenuto in carcere “quia dicitur verberasse quodam bastono Canaponem” perché si dice che abbia colpito con un bastone un certo Canapone e chiede gli si faccia grazia della pena “presertim quoniam egenus et pauper est et pacem obtinuit” in particolare per essere povero e bisognoso e per aver ottenuto il perdono dalla sua vittima. Nel maggior consiglio tenutosi lo stesso giorno, Dardano Sandri, “vir prudens et disertus” uomo prudente e facondo, propone che “actentis narratis et presertim quia pacem habuit, solvat carolenos viginti et de residuo fiat gratia liberalis” considerato quanto esposto dal supplicante, il quale ha avuto buona pace con Canapone, gli si conceda che, con il pagamento di venti carlini, possa riottenere la libertà.

Altra supplica è presentata da  Luca di Carafa, che chiede “satisfieri de uno somerio sibi a militibus vi ablato, dum ibat Jovium pro jnteresse publico ad portandum victuaria (sic)” di venir risarcito della perdita di un asino, a lui sottatto con la forza dai soldati, mentre si recava a Giove, per servizio pubblico, a portare vettovaglie. Si delibera che Luca venga soddisfatto e tacitato “super proventibus gabellarum non obligatarum, scilicet ducatus unus pro singulo Antianatu, donec fuerit integre satisfactus” con i proventi di una gabella non ancora impegnata in altre obbligazioni, in ragione di un ducato per ogni durata di Anzianato, fin quando non sarà totalmente soddisfatto del suo credito. Ma il povero Luca dovrà -prima di potersi ricomprare un asinello- aver la doppia fortuna che il Comune possa trovare qualche gabella i cui proventi non siano stati ancora impegnati e di campare finché il danno gli venga totalmente risarcito! (2012)


14 - Il 14 Aprile 1941 dalla Questura di Terni vengono trasmessi, alle varie autorità locali, i contenuti dei seguenti telegrammi ministeriali:

“-comunicasi che cittadini razza ariana (sposati) con donne ebree et in caso di prole con figli riconosciuti ariani possono essere muniti certificato iscrizione per esercizio mestiere custode aut portiere;

“-comunicasi che licenza per vendita apparecchi radio riceventi deve essere ritirata appartenenti razza ebraica, anche se discriminati”. (2000)


14 - Nell'udienza anzianale del 14 Aprile 1494, alla quale parteciparono anche "residentes collegialiter", venne decretato quanto segue, per cercare "modus pro peste evitanda" un sistema per evitare la peste e affinché la Città “salubris a peste et epidemie morbo reddatur” sia resa salubre ed immune da epidemia di peste:

-qualuncha persona de dicta ciptà avesse in Roma o in qualuncha altra terra dove fosse peste, figlioli, fratelli, nepoti o altri actinenti li debbeano notificare che volendo partire de dicti lochi dove fosse peste, che infra termene de dece dì debbeano tornare nella ciptà de Ameria; altramente passato lo dicto termine non poteranno reintrare se prima non serranno stati quaranta dì fora de dicta ciptà ad purgare la infectione; et chi al contrario facesse incorra ipso facto in pena de dece ducati;

-item similiter che qualuncha mulactero o altre persone de dicta ciptà volessero e intendessero praticare per qualuncha modo in Roma o in altri lochi dove fosse peste", dovranno osservare la quarantena fuori della  città. (2001)


14 - Il 14 Aprile 1326, in seduta plenaria, si discute "super reparatione murorum circa dictam Civitatem et maxime in contrata Turris unius pertiche muri et medie" circa la necessità di riparare le mura cittadine, in particolare di una pertica e mezza (di muro) in contrada Torre, per un costo di 30 libre; "in contrata Vallis unius guardiole" in contrada Valle di una guardiola per un costo massimo di 12 libre; "iuxta domum drude unius pertiche muri" a ridosso della casa di tal Druda di una pertica di muro per un costo di 20 libre "et quod fiant quatuor guardiole extra Civitatem in locis in quibus custodia fieri consuevit et generaliter in quibuscumque locis expedire videbitur d. G. et d. Antianis" e per la costruzione di quattro guardiole fuori della Città, nei luoghi in cui si usa provvedere alla custodia e, più genericamente, in tutti i luoghi nei quali risulterà necessario, a giudizio del Guardiano e degli Anziani.

Ma le casse comunali sono vuote e, per di più, occorre pagare a Vitale ebreo "quantitatem quam mutuavit dicto communi videlicet pro d. Comite liiij lib. jtem pro talia soluta Ecclesie Romane xxx lib. jtem pro ludo Testacie vj flor. jtem pro corectione statere ij flor." quanto da esso Vitale avuto a mutuo, cioè 54 libre per le onoranze al Conte (Romano Orsini), 30 libre per imposta pagata alla Curia Romana; 6 fiorini per il gioco del Testaccio e 2 fiorini per l’aggiustatura della pesa pubblica.

Si decide, quindi, di procedere all'imposizione di una nuova tassa "duodecim denariorum per focum" di 12 denari per focolare "et duodecim denariorum pro quolibet centonario" e 12 denari per ogni centonario d'imposta "ad gradus in hac forma" in modo differenziato, come segue "de l. libr. et ab inde supra usque ad c. solvatur pro uno centonario a l. libr. infra usque ad xxv solvatur pro medio centonario et ab xxv infra solvatur pro quarta parte centonarij" da 50 libre in su, fino a 100, si paghi per un centonario intero; da 50 libre in giù, fino a 25, si paghi per mezzo centonario e da 25 in giù per un quarto di centonario. Si tratta di una vera e propria imposta progressiva.

 Anche i forestieri saranno tenuti a pagare 12 denari per focolare. (2007)


14 - Il 14 Aprile 1472 nelle riformanze risulta annotato che, essendosi verificato (“in rei veritate”) che “Spectabilis Miles d. Nicolaus Cocle, civis Ameliensis”,  l’illustre Cavaliere Nicolò Cocle, cittadino di Amelia, che, nei capitoli stipulati con il Comune di Amelia, si era impegnato “conducere L.ta (50) familias grecorum seu sclavorum ad habitandum in castro S.ti focetuli” a condurre ad abitare nel Castello di Sambucetole cinquanta famiglie di greci o schiavoni, ai quali il Comune si sarebbe impegnato a concedere le necessarie vettovaglie ed il grano relativo alla semina del primo raccolto, avendone il Cocle condotte soltanto 34, delle 50 promesse, poiché, però, lo stesso Comune, “ob eorum penuriam et inopiam” a causa della penuria di dette vettovaglie, non può mantenere il suo impegno per le 50 famiglie che sarebbero dovute venire, “liberaverit et absolverit” liberò ed assolse il Cocle dal mantenere l’impegno a condurre le altre 16 famiglie ancora mancanti “Addendo quod si ipse d. Nicolaus plures familias ultra dictas xxxiiij conducere voluerit”, con il patto che, se detto Nicolò volesse condurre con sé altre famiglie, oltre le 34, “sit in arbitrio suo”, sia sua facoltà di farlo e non più come obbligo, in base agli accordi stipulati. (2008)


14  -  Il 14 Aprile 1498 i Priori di Terni scrivono agli Anziani di Amelia, per comunicar loro la notizia della sconfitta degli Orsini, da parte di Colonnesi e Savelli. Eccone alcuni passi: 

“... ve notificamo che heri intendemmo da uno norsino che lu campo del Ursini era rocto da Colonnesi et Savelleschi presso ad Monterotondo et iurando per verità; questa matina passò uno cavallero venetiano et directe (direttamente) smontò al nostro palazo et portò simili novella per certa et demandoce lu beveragio per demonstratione che fosse vero (strano modo di garantire la veridicità di quanto si afferma!); hogi sendo venuti victurali nostri et uno frate del ordine de Sancto Agustino pure nostro ciptadino da Roma et refermava questa novella et dicono che ce è stata occisione grandissima del Ursini et che ce è prescione lu S.re Paulo Ursino ... volemo ve pigliate piacere insemi con Noy ...” Ma ci sarà poi tanto motivo per farlo?  Il 14 Aprile 1498 i Priori di Terni scrivono agli Anziani di Amelia, per comunicar loro la notizia della sconfitta degli Orsini, da parte di Colonnesi e Savelli. Eccone alcuni passi: 

“... ve notificamo che heri intendemmo da uno norsino che lu campo del Ursini era rocto da Colonnesi et Savelleschi presso ad Monterotondo et iurando per verità; questa matina passò uno cavallero venetiano et directe (direttamente) smontò al nostro palazo et portò simili novella per certa et demandoce lu beveragio per demonstratione che fosse vero (strano modo di garantire la veridicità di quanto si afferma!); hogi sendo venuti victurali nostri et uno frate del ordine de Sancto Agustino pure nostro ciptadino da Roma et refermava questa novella et dicono che ce è stata occisione grandissima del Ursini et che ce è prescione lu S.re Paulo Ursino ... volemo ve pigliate piacere insemi con Noy ...” Ma ci sarà poi tanto motivo per farlo? (2010)


14  - 

Il 14 Aprile 1539 viene bandita la  “Gabella Macellariorum” e Giovanni Girolamo di Ser Costanzo, alla presenza dei testimoni Alfonso Racani e Martino Cinelli “produxit quedam Capitula, tenor quorum sequitur, videlicet” presenta alcuni Capitoli, del seguente tenore:

“Capituli de la gabella del Macello de Joan Hieronymo:

“Jtem che tuctj quillj che macellarando (macelleranno) siano obligatj a pesare le bestie grosse a quartj et non altramente et con li primj quarti siano obligati a pesare li grassi et similmente tuctj loro interiorj che se vendono a peso che se pesino et pagino (sic) la gabella et le bestie menute tucte se debiano pesare sanj (intere) con li loro grassi et interiorj, pagando la gabella como di sopra, con conditione che nulla persona possa vendere alcuna sorta de carne si prima non sondo (sono) pesate da esso gabellierj, o da altrj da luj diputato, socto la pena d’un ducato de carlinj per ciascheduna et ciaschuna volta , da aplicarse la mità alla Tavola dellj M.ci S.ri (Anziani) et laltra mità ad esso gabellieri, (per) la qual cosa se dia fede ad esso gabellierj, con suo iuramento et uno testimonio digno di fede, sensa diminutione alcuna.

“Jtem che a ciascheduno sia licito macellare in Burgo … ogni sorta de carne compacto (a patto) che decte bestie se debiano macellare et aparechiare et occidere in nellj dictj macelli et non altrove, socto la pena como di sopra.

“Jtem che tuctj quillj che macellarando in qualunqua loco qualunqua sorte di carne sia obligato pagare la consueta gabella, socto la pena como di sopra.

“Jtem occurrendo che alcuna persona ammazasse bestie a macello per vendere et depoj non la volesse vendere ... sia obligato a (per) decta bestia pagare la consueta gabella, socto la pena como di sopra.

“Jtem domando (chiedo) io gabellieri che (per) tucte bestie che io haverò da macellare et voglio macellare non voglio essere obligato (a) pagare alcuna gabella et né pena che curressero (in cui incorressero) le decte bestie ...

“Jtem occurrendo, che dio cessi il caso (che Dio non voglia), fusse peste in Amelia da dece (dieci) case in su (oltre a dieci casi) non voglio essere obligato alla gabella ...

“Jtem che tucte persone che amazzarando bestie in alcuno (qualche) modo voglia (le vogliano) vendere siano obligatj pagare la solita gabella, socto la pena como di sopra ...” (2012)


14  -  Il notaio Vincenzo Artinisi il 14 Aprile 1514 è richiesto di stipulare un atto, mediante il quale Angelo Geraldini di Amelia (Priore, Protonotario Apostolico) conviene con Angelo Antonio  di Bartolo (altro Geraldini), che stipula in rappresentanza del figlio Gerolamo, che procurerà, “volente Deo” a Dio piacendo, che la generosa adolescente Laura, sua figlia, prenda per marito Gerolamo ed altrettanto conviene e promette Angelo Antonio. Il Priore Angelo si obbliga di dare in dote a Laura sua figlia settecentocinquanta fiorini, in ragione di cinquanta bolognini per fiorino; “et ipsam dominam sponsam vestitam ... cum forzerijs sive cassis et mobilibus, prout placebit prefato domino Angelo Antonio” e consegnare la sposa vestita ... con annessi forzieri, casse e mobilia, secondo quanto piacerà al detto Angelo Antonio (Tanto Gerolamo, anche se non interpellato, si sarebbe fidato di quel che faceva suo padre!) (2014)


15 - Il 15 Aprile 1328 gli Anziani deliberano di inviare a Roma “ad D.num Imperatorem” (Lodovico il Bavaro) che, probabilmente, sollecitava la sudditanza di Amelia,  “duo ambasciatores pro parte communis”, cioè Polellus d.ni Corradi, con tre cavalli e M.r Leonardus Jacobutij con un cavallo, con il salario di 20 soldi ciascuno al giorno per 10 giorni e rechino l’ambasciata imposta loro dal Comune. Perché, poi, “negotia dicti communi” gli affari della comunità siano “in posterum commendata”, cioè abbiano esito positivo, detti ambasciatori rechino 25 fiorini d’oro a ciascuno dei senatori “alme Urbis” Sciarra Colonna e Jacobo Savelli che, a giudicare da quanto sopra, si dovevano mostrare piuttosto sensibili “all’idea di quel metallo”, per dirla “alla Figaro”. (1999)


15 - Il notaio Guido, il 15 Aprile 1203 è chiamato a pronunziarsi nella causa “que vertebatur inter ecclesiam Sancti Manni et ecclesiam Sancte Romane”.

“Crescius”, economo di San Manno (o Magno) richiedeva, per detta chiesa, a “dompnus Benencasa”, economo di S. Romana e per la stessa, la terza parte del molino “de vonga palombaria”, mentre quest’ultima affermava, vantando i testi di provenienza, che “totum illum planum quod jacet in pede montis civite et iuxta fossatum et predictum molendinum fore de patrimonio Sancte Romane”; cioè che appartenesse alla chiesa di S. Romana tutto il piano che si stende  ai piedi del colle della città, a confine con il fossato (probabilmente il Fosso Grande o Para) ed il detto molino.

La sentenza venne pronunziata il 20 successivo e fu favorevole all’economo di Santa Romana.

Oggi non è più riconoscibile il sito dei luoghi citati nella sentenza, perché della chiesa di S. Romana non sono giunti fino a noi neppure i ruderi. Esiste, però, la collina di S. Romana, a 2-3 chilometri a N-E di Amelia ed è certo che l’attuale toponimo abbia relazione con la chiesa citata nella sentenza sopra richiamata. (2000) (V. anche 31 Maggio 1194)


15 - Il Vescovo di Amelia, Francesco Angelo Jacoboni, con suo decreto in data 15 Aprile 1782, approva e conferma "Constitutiones et Statuta pro recto regimine Ven. Hospitalis Sanctae Mariae Laicorum" le Costituzioni e gli statuti per la regolare gestione dell'Ospedale cittadino di S. Maria dei Laici, la cui prima redazione risaliva al 1575 e "juxta temporum vicissitudines reformatas" riformati secondo le nuove esigenze dei tempi "mox etiam ad modernum morem et statum diligenter aptas" e adattate alle moderne necessità "auctoritate nostra ordinaria atque a Sancto Concilio Tridentino delegata" per autorità propria derivante dalla dignità vescovile e per quella a lui delegata dal Concilio di Trento.

La pubblicazione venne curata "in Peugia, presso Mario Reginaldi Stampatore Camerale, e Vescovile". (2004)


15 - Occorre ingraziarsi i favori dell'imperatore Ludovico il Bavaro, entrato in Roma il 7 gennaio 1328, fattosi nominare poi senatore e capitano e consacrato in S. Pietro il giorno 17 successivo. Il 15 Aprile, in Amelia, "pro conservatione status pacifici dicte Civitatis" per la conservazione dello stato di pace della Città, si delibera "quod vadant ad dominum Imperatorem duo ambassiatores pro parte communis predicti, videlicet Polellus d. Corradi cum iiij equis et M. Leonardus Jacobutij cum uno equo ad salarium xx. sold. pro quolibet equo quolibet die" si inviino all'imperatore due ambasciatori da parte del Comune, cioè Polello di Corrado con 4 cavalli e Messer Leonardo Jacobuzzi con un cavallo, con il salario di 20 soldi al giorno per ogni cavallo "pro x. diebus tantum" per un massimo di 10 giorni. Da parte del camerario del Comune vengano consegnati a detti ambasciatori "L. flor. de auro, quorum xxv. pro parte dicti communis presentent Sciarre de Columpna et alios xxv. Jacobo de Sabello Senatoribus alme Urbis"; 50 fiorini d'oro, dei quali 25 da presentarsi (e darsi!) a Sciarra Colonna (che aveva, in rappresentanza del popolo romano, offerta la corona al Bavaro) e gli altri 25 a Giacomo di Savello, entrambi senatori di Roma "ad hoc quod dictis Senatoribus sit negotia dicti communis imposterum recommandata" e ciò per avere per l'innanzi raccomandati (all'imperatore) dai detti senatori gli interessi della Città. (2007)


15 - Nel consiglio decemvirale del 15 Aprile 1471, viene presentata la seguente supplica:

“Denanti da vuj M. S. Antiani del popolo et comune della Ciptà de Amelia et consiglio et consiglieri de epsa ciptà se expone et narra per parte delli vostri fidelissimi servitori Agnelello Maximo et Macteo de Galdone de Amelia humilmente et divotamente che conciosia cosa che ipsi siano per lo presente mexer lo potestà  et sua corte condennati in ducento vinti ducati doro per causa d’una rixa facta questo carnevale proximo passato si como così et per altro modo appare nelli libri  de epso potestà per mano de Ser Cesare notaio delli mallefitij al quale ipsi exponenti  et supplicanti se referiscono”. Poiché, secondo gli stessi supplicanti, “tale mallefitio non è stato facto appensatamente (cioè di proposito) né con alcuno dolo né malivolentia de alcuno, se recommandano alle V.M.S. (le quali) se digneno haverli per ricommandati et epsi tractare como veri fideli et schiavi della comunità (per la) quale non hanno mai resparagnate le loro persone in servitio de quelle ... et così per lo advenire intendono et etiam havere respecto (cioè considerato) che per l’altri tempi che ha(nno) commessi tali mallefitij de carnevale non ne sono stati mai puniti ma liberamente absoluti”.

Purtroppo, questa volta, per i tre, il carnevale finisce male, a giudicare da quanto risulta annotato a margine della supplica, in cui è detto: “Non vendicavit sibi locum (cioè non ebbe esito positivo) supplicatio hec quare perdita in consilio generali” detta supplica peché non fu giudicata degna di venire accolta nel successivo maggior consiglio. (2008)


15  -   Ludovico il Bavaro, insediatosi a Roma fin dal 7 Gennaio 1328, sollecitava la soggezione della Città di Amelia al suo potere. Lo si deduce da quanto deliberato il 15 Aprile 1328 “super responsione fatienda domino Imperatori, super ambassiata pro parte ipsius exposita et ad procurandum ne dicto communi jniuria inferatur” circa la risposta da dare all’ambasciata fatta dallo stesso Imperatore e per cercare di evitare che la Comunità amerina ne subisse nefaste conseguenze. Si decide, quindi, che “vadant ad Urbem duo ambassiatores  pro parte communis Amelie et stare debeant in ambassiata predicta, cum diebus quibus iverint, redierint et steterint, duobus mensibus tantum et non ultra, expensis communis Amelie” si inviino a Roma due ambasciatori, con facoltà di trattenervisi, a spese della Comunità, fra andata, permanenza e ritorno, non più di due mesi, “cum .xij. equis, videlicet sex equis et sex ronçinis et uno somerio” con dodici cavalli, cioè sei cavalcature e sei bestie da carico ed un asino (una vera e propria carovana!), “qui capiunt pro quolibet mense lxxv florenorum de auro et quod non possint stare in dicta ambassiata ultra dictos duos menses expensis communis Amelie, sed suis tantum” ai quali verranno pagati, per ciascun mese, 75 fiorini d’oro a carico del Comune, ma non oltre i detti due mesi, trascorsi i quali resterebbero a proprie spese “et debeant ire stare et redire omni eorum et cuiuslibet eorum personarum equorum et rerum rischio et fortuna” ed i rischi del viaggio, sia personali che delle bestie e dei beni, sarebbero restati soltanto a loro carico. La data della partenza doveva venir fissata dal podestà e dagli Anziani e, da questa, gli ambasciatori avrebbero avuto tempo quattro giorni per raggiungere Roma. Se la loro permanenza fosse stata minore di due mesi, la loro provvigione si sarebbe ridotta “pro rata temporis” proporzionalmente all’effettivo tempo impiegato nella missione. Alla partenza, “detur paga pro uno mense tantum” doveva venir loro corrisposto il salario per un solo mese. Il denaro occorrente per l’intera missione sarebbe stato prelevato “de pecunia solvenda per illos qui condempnati fuerunt occasione porcorum et pecudum, quos contra formam statutorum in districtu Amelie tenuerunt” da quanto dovuto da quelli che erano stati condannati, per aver tenuto porci e pecore nel distretto di Amelia, in violazione delle norme statutarie. (2009)


15  -  Il 15 Aprile 1412 Prete Nicolò Rici, in qualità di procuratore del Capitolo, rilascia quietanza al Canonico Bastiano di Ser Gori di dodici fiorini dallo stesso spesi per l’acquisto di tavole per la costruzione del coro, “qui nunc fit” che sta avvenendo. Lo stesso giorno, Mastro Marco Cole, carpentiere di Todi, riceve cinquanta fiorini d’oro da Mastro Tommaso, imprenditore, che aveva pattuito con lo stesso di “finire facere et construere in maiori ameliensi Ecclesia (la Cattedrale) corum in ipsa ecclesia inchoatum, usque ad finem perfectionis et complementi” portare a termine, con ogni perfezione, la costruzione, già iniziata, del coro della Chiesa Maggiore di Amelia. Mastro Marco, a titolo di “propria mercede et magisterio” corrispettivo per tale opera, rilascia regolare quietanza, a mezzo del notaio Francesco Celluzzi.

Poco meno di novant’anni più tardi, il 15 Gennaio 1499, i rappresentanti del Castello di Lugnano, dinanzi agli Anziani del popolo di Amelia ed al rappresentante di Narni, -cioè Ser Ugolino di Nicolò- si impegnano solennemente “non offendere nec offendi facere dictam magnificam Comunitatem Narnee et homines et personas Comunitatis et districtus dicte comunitatis et eorum bona ... tantum per totum mensem Junij proximi futuri, nec retinere nec receptare homines et personas qui et que offendere vellent prefatam comunitatem” a non offendere, né far offendere la Comunità di Narni ed i suoi uomini e loro beni, fino a tutto il prossimo mese di Giugno, né ospitare o ricevere persone che intendessero offendere detta Comunità, “cum hoc quod prefata Magnifica Comunitas Narnee similiter faciat versus dictum Castrum, homines et bona dicti castri Luniani” alla condizione, peraltro, che la Comunità di Narni si impegni, a sua volta, a fare altrettanto nei confronti del castello di Lugnano. Simili reciproci accordi debbono ratificarsi entro otto giorni, sotto pena di cento ducati, da versarsi, per una metà, alla Camera Apostolica e, per l’altra metà, alla parte osservante. E tutto per la durata di non più di sei mesi! (2015)


15  -  Il 15 Aprile 1507, essendo venuto a mancare il Rettore della Cura di S. Nicolò di Macchie, Padre Angelo de la Cerqua, il nuovo Vescovo Moriconi, a mezzo del suo Vicario Marchisini e con suo speciale mandato,  vi sostituisce Prete Giorgio, di Ferrara. (2014)


15  -  Il 15 Aprile 1510 Donna Angelica, venerabile Abadessa del Monastero di S. Manno, costituitasi dinanzi al Vescovo Amerino Gian Domenico Moriconi, asserisce che la Chiesa di S. Giacomo  “extra muros Amelie”  sia obbligata, nei confronti del Vescovo, “annuatim solvere pro censu unam salmam musti, quod mustum  tenetur solvere pro multis annis elapsis” di pagare annualmente, quale censo, il giorno della festività di S. Giovanni Evangelista, in Dicembre, una salma di mosto, che, però, sarebbe dovuta venir conferita anche per molti anni, già passati; e, quindi, lo stesso Vescovo, “caritate et amore paterno coactus et instigatus, ut decet bonum patrem spiritualem” mosso da carità e spinto dall’amore paterno, come un effettivo buon padre, “ex eius amplissima liberalitade et caritate, dictam dominam Abbadissam et moniales et dictum Monasterium S.cti Mannj de Amelia a dicto debito obligatione et subjectione de elapso tempore absolvit et liberavit” in virtù della sua più ampia liberalità e carità, assolve ed affranca tanto l’Abadessa, che le monache e lo stesso Monastero, dalla detta obbligazione per il tempo già trascorso “et in futurum redussit, convenit et ordinavit quod loco dicti musti, pro censu annuali, dictum monasterium teneatur et debeat quolibet anno solvere unam libram cere dicto R.do D. Episcopo” e, per l’avvenire, dispone che, per l’annuale censo, in luogo del mosto, il Monastero di S. Manno dovrà fornire al medesimo Vescovo una libbra di cera, previa -comunque- accettazione di questa sostituzione da parte dell’Abate di S. Paolo “de Urbe”, che -si presume- non abbia nulla da ridire se il Vescovo dovrà bere qualche bicchiere di meno! (2014)


16 - Il 16 Aprile 1561 il Cardinale Carlo Borromeo scrive una lettera patente (circolare), della quale viene data lettura nel Consiglio del successivo 10 maggio, con cui si notifica che, “dovendosi far condurre a Milano, per ordine di N.ro S.re (il papa Pio IV) un tabernaculo di bronzo, quale S.S.tà manda alla chiesa nostra”, poiché si rende necessario far passare gl’incaricati del trasporto attraverso molti luoghi dello Stato, “acciò non trovino difficultà alcuna di strade né de huomini o buovi che potessero loro bisognare, comandiano a tutti li vice legati, governatori, podestà et altri officiali delle Città, terre, Castella et luochi dello Stato” che apprestino quanto occorra con diligenza e sollecitudine, facendo fare strade e ponti per facilitarne il passaggio, fornendo vitto e alloggio  agli addetti al trasporto, “lasciando passare libero detto tabernaculo et senza pagamento alcuno di datij o gabelle”.

In ossequio a tale ordine, Porchiano, Macchie, Collicello e Foce fornirono 2 paia di buoi ciascuno, Montecampano, Fornole,  Frattuccia e Sambucetole un paio. (1999)


16 - Con decreto ministeriale del 16 Aprile 1951, le banconote “AM-LIRE” di tutti i tagli, emesse dal Governo Militare Alleato e dei tagli da £.50 e da £.100, emesse dalla Banca d’Italia, ormai fuori corso, dovevano venire definitivamente ed improrogabilmente presentate, per la sostituzione, alle filiali della Banca d’Italia, entro il 31 dicembre successivo.

La Prefettura di Terni ne diede comunicazione al Comune di Amelia, il quale, il 22 dicembre di quell'anno, ne dette, a sua volta, avviso alla popolazione, ottemperando, così, a quanto raccomandato nella lettera prefettizia, in cui si leggeva, fra l'altro: "si prega di voler cortesemente provvedere a dare la maggiore pubblicità possibile, specialmente fra le popolazioni rurali, alle disposizioni stesse, in modo che siano evitati, in seguito, tardivi reclami e recriminazioni".

Le “AM-LIRE” vennero stampate negli Stati Uniti d’America e introdotte in Italia, dal G.M.A. (Governo Militare Alleato), dal luglio 1943. Ebbero corso legale fino al 30 Giugno 1950. (2000)


16 - Il 16 Aprile 1802 l'imprenditore amerino Antonio Colantonio cedette l'intera partita di grano da lui prodotta all'Annona frumentaria (una sorta di ammasso), al prezzo alternativo, convenuto fra le parti, di 26 scudi d'argento ogni rubbio (circa due quintali), se il pagamento fosse avvenuto entro il 30 dello stesso mese, altrimenti di 34 scudi al rubbio "in moneta stabile ed accomodata, doppo che sarà eseguita la Lege sulla moneta", emessa con provvedimento del 31 Dicembre 1802. Il contratto "Apocha" venne stipulato fra il Colantonio e i Curatori dell'Annona sotto la data del 30 Aprile, e con esso la parte acquirente prometteva di pagare al venditore 34 scudi per rubbio "in moneta buona, stabile, non sogetta ad alcun calo e dimiuzione entro un mese dopo pareggiata ed accomodata la corrente moneta", approvata con la detta legge del 31 Dicembre, applicabile a tutte "le obbligazioni nate e contratte dal primo giorno Aprile 1800".

Non sappiamo in base a quale criterio il Colantonio abbia ritenuto di poter riscuotere il prezzo di 34 scudi d'argento a rubbio  -evidentemente a lui più favorevole- anziché a quello calcolato dalla legge edita il 31 Dicembre 1802, applicabile con inconsueta retroattività al 1° Aprile 1800. Sappiamo soltanto che il ricorso dallo stesso presentato venne deciso dai "Patres" rotali, che si pronunciarono il 27 Giugno 1803 con un provvedimento che, appellandosi ad equità, respingeva la pretesa del Colantonio, che sarebbe stata eccessivamente gravosa per l'Annona amerina, ingiungendo alle parti di calcolare il prezzo di acquisto del grano in base al valore che corrispondesse ai 26 scudi d'argento a rubbio, come inizialmente previsto dal contratto. 

La decisione presa dai Reverendi Patres Domini, "coram Tassoni", cioè presieduta dal Can. Tassoni, sotto il titolo di "Amerina Reductionis", fu oggetto di stampa presso il romano "Lazzarini "Typographum Cameralem". (2005)


16 - Nel consiglio decemvirale del 16 Aprile 1478, viene letta una supplica "per parte del Guardiano et padri del vostro loco de S.cto Joanne Baptista", i quali "humelmente ve domandano deverse fare qualche helemosina per potere sequire et furnire la ecclesia et la cappella" di detto santo, "la quale fino al presente è stata hedificata de (con le) helimosine de ciptadini et del magnifico comuno (comune) et mo non ce suno più helimosine né modo de vivare né exequire la dicta chiesia senza subsidio et adiuto del dicto magnifico comuno. Per lamore de dio se domanda qualche helimosina secondo parerà alle V.M.S. de qualche entrata del comuno acciò che ciasche anno se possa continuare et lavorare con quillo adiuto (che) noi frati ce faremo. La dicta chiesia et loco speramo se exequirà et formirà (finirà) ad laude de dio et consulatione de tucta questa magnifica Ciptà, la quale dio conservi in devotione et pace et defenda da pestilentia et da omne adversiità et male secondo V.M.S. desiderano".

Nel maggior consiglio del giorno seguente, la proposta formulata da Jsacco di Ser Paolo, di destinare "gabella piscium" la gabella del pesce per cinque anni alla fabbrica della chiesa di S. Giovanni Battista viene approvata all'unanimità ("nulla pallucta in contrarium reperta"). (2007)


16 - Il 16 Aprile 1474, nel consiglio decemvirale viene ascoltata la supplica “Magistri Gasparis de Narnia optimi cyrurgici ac medici bestiarum” di Maestro Gaspare da Narni, definito ottimo medico chirurgo delle bestie, cioè veterinario, del seguente tenore:

“Se supplica humelmente ale V. M. S. Signurj Antianj et conseglio del Populo dela Ciptà de Ameria per parte del vostro fidelissimo servitore et figlio Magistro Gasparo de magistro Juliano vostro ciptadino benché luj sia appellato da Narnj pure li soj furono de Amelia et luj serria dexideruso retornare al proprio naturale vivere et morire con la sua donna et figliolj nela propria sua ciptà de Amelia dove non vede poterse conducere senza qualche gratia de immunità et exemptione perché lui è poverissima persona et non poteria essendo anchi vechio et havere la famegliola desutile guadagnare tanto che potesse resistere ale graveze. Impertanto supplica devotissimamente ad epse V. M. S. se digneno fare exempti de omne dative et graveze de comune in perpetuo luj et soi figlioli. Et perché possa usare et fare larte sua et servire più comodamente omne persona de Amelia et ad tucti, se dignano concedere et dare ad luj et soi figlioli quello poco loco et spatio appresso la porta de pusciolino dove stava la casella de le guardie, dove intendaria fare una ponticuccia (botteguccia) per farce larte sua ali servitij de questa Magnifica Comunità. Et questo ademanda de gratia singolarissima offerendo che per ogne tempo che occorresse de fare le guardie che decta ponticuccia se possa usare ad piacimento de la comunità et quella vole non potere vendere né alienare per alcuno modo ma continuo sia ali servitij de epsa Comunità quando bisognarà. Recommandandose sempre ale V. M. S. lequale dio prospere ad loro voluntà”.

Nel maggior consiglio del dì seguente, al povero Gaspare veterinario, riconosciuto ed appellato “sue artis eruditissimus omnibus multo adiuvamento est ut bubulci agrestesque loquuntur” espertissimo nell’arte sua e di grande aiuto a tutti, come gli stessi bifolchi ed agricoltori sono pronti ad attestare, sia concessa l’esenzione dalle imposte per capo e focolare per sé e suoi figli e gli venga concessa la botteguccia richiesta, a condizione che essa resti a disposizione della comunità per ogni necessità della custodia cittadina. (2008)


16  -   Il 16 Aprile 1445 da parte di Magister Johannes de Cumo Lombardus” viene presentata l’offerta “pro fabrica murj communis prope portam Jlionis” per la costruzione di un muro prospiciente la porta di Leone; egli afferma “velle ipsum murum fabricare omnibus suis sumptibus et expensis de lapidibus arena aqua et omnibus alijs rebus preter calcem pro petio decem florenorum aurj pro qualibet pertica” di vole edificare detto muro a tutte sue spese per pietre, sabbia ed acqua ed altre cose, all’infuori della calce, che dovrà essere fornita dal Comune, per il compenso di dieci fiorini per ogni pertica di muro ed a condizione che “possit habere aditum et usum in ortis ab intus et ab extra pro facienda dicta fabrica” possa avere libertà di accesso agli orti adiacenti, sia all’interno, che all’esterno delle mura “et habeat lapides actos per angulis” ed abbia le pietre adatte per gli angoli. (2009)


16  -   Fabrizio e Prospero Colonna scrivono da Castel S. Angelo il 16 Aprile 1498 agli Anziani di Amelia la seguente lettera:

“Credemo ad questa hora haverete intesa la victoria quale havemo reportata deli inimici et siamo certissimi che de quella ne haverete preso cordiale piacere, come de cosa comune et perché per octenere quella ce siamo sforzati fino qui de quanto non sia stato possibile, non sparagnando de impegnare et fare omne cosa in modo che in gran parte siamo restati exhausti et ece (c’é) de bisogno recorrere ali Amici et fare recapito (ricorso) de (ad)  ipsi, onde quanto sapemo et possemo ve pregamo che per sequire (ottenere) tanta felicità et per possere mantenere queste genti ve piaccia volerce solvenire (versare) et imprestare milli ducati, quali ve promectemo per la fede nostra ultra de questa lettera restituirveli in spatio de uno anno, de la qual cosa ve pregamo ce vogliate per niente venire meno, anzi fare per quello che è interesse comune secundo è la speranza nostra, perché tale effectu cognoscerete essere multo fructuoso per la victoria consequita, de la quale de dì in dì reputamo che ne restarete piò contenti et satisfacti; offerendoce del continuo ad tucti vostri piaceri paratissimi con le robbe et con le proprie persone et sopra tucto ve pregamo che lu effecto sia subito, che così porta lu bisogno, secundo el latore dela presente ve refererà, alu quale ve piaccia dare fede come ad Noy medesimi”.

Nel susseguente maggior consiglio del 21, “actenta servitute quam diu et ab eterno (addirittura!) Comunitas hac Amerina habuit et habet erga Ill.mam domum de Columna et beneficiis ab ea receptis” in considerazione della  servitù (meglio: devozione) che da sempre questa Comunità di Amelia ha nei confronti della casata dei Colonna e dei benefici da essa ricevuti, si delibera di eleggere sei cittadini, per cercare di mettere insieme almeno 500 ducati di carlini da prestare ai Colonna, ricavandoli in parte dalla vendita dei raccolti del tenimento di Mimoia, in parte pignorando le possessioni comunali delle Valli e dal ricavato delle gabelle degli stracci e delle misure o dalla vendita o dal pignoramento di altre proprietà ed entrate del Comune.

E, quindi, tirando le somme, tutte queste ragioni per gioire della vittoria ottenuta contro gli Orsini, in fin dei conti sembrerebbero non troppo giustificate! (2010)


16  - Nella seduta consiliare del 16 Aprile 1555 si discute, fra l’altro, di un omicidio commesso da tal Cecchello e da suo figlio, entrambi “de Castro S.ti Liberati” del Castello di S. Liberato, commesso “in personam Cannaccini de Horto” nella persona di un certo Cannaccino di Orte. Il consigliere Vincenzo Crisolini propone che “dictos delinquentes” i detti delinquenti, “solutis scutis duobus pro quolibet ipsorum” dopo aver pagato due scudi per ciascuno, “remittantur” vengano perdonati, “attento quod a partibus pacem habuerunt”, in considerazione che, dalla parte offesa, ebbero buona pace; in paole povere: con buona pace del morto ammazzato! (2012) 


16  -  Il 16 Aprile 1429 il Notaio Francesco Celluzzi verbalizza che, alla presenza di prete Giovanni di Pietro Mannis di Paolucci e di Pietro di Antonio Mannucci, testimoni assunti e richiesti, prete Antonio di Benedetto di Narni, residente nel Castello di Mugnano, ha attestato, per la verità, di aver avuto e ricevuto da prete Pellegrino, Abate di S. Secondo, un breviario membranaceo da lui un tempo offerto e consegnato al detto Abate, per mezzo di Egidio Nicolaj di Amelia e, per tale riconsegna, fu richiesto l’intervento del Celluzzi, il quale attesta di aver redatto l’atto sulla via pubblica, “ante et prope domum meam positam in contrata platee, iuxta rem heredum domine Jacobe  Gabucij” davanti e nei pressi della casa dello stesso notaio, sita nella contrada di Piazza, a confine con la proprietà degli eredi di Donna Giacoma di Gabuccio.

Sarebbe stato interessante avere maggiori particolari circa il breviario in oggetto, considerato che lo stesso era certamente scritto a mano, non essendo stata ancora inventata la stampa a caratteri mobili e, con molta probabilità, su pergamena. (2014)


 17 - Il 17 Aprile 1555, vengono decretati i nuovi ordinamenti relativi all’ufficio anzianale, composti da 76 capitoli. Se ne riportano alcuni:

-Per i primi sei anni e due mesi, si procede all’imbussolamento di 38 capsule, contenenti ciascuna una scheda con quattro nomi, da estrarsi a sorte ogni due mesi. La presidenza passerà di 15 in 15 giorni ai quattro estratti, secondo l’ordine di iscrizione sulla scheda.

-E’ prevista una multa di uno scudo per chi, senza motivata ragione, rifiuti l’ufficio.

-L’estrazione verrà fatta il 22 del mese precedente la decadenza degli anziani in carica.

-Né congiunti sino al terzo grado, né affini entro il secondo, né i conviventi possono essere colleghi nell’anzianato.

-Gli anziani vestano “pallium sine cucullo, longum ad minus usque ad medias tibias” - mantello senza cappuccio, lungo almeno fino a mezza gamba- “et coloris rosacei, pavonatij aut nigri et non alterius coloris et similiter caligas predictorum colorum” -di colore rosa, o paonazzo o nero e di nessun altro colore e similmente i calzari degli stessi colori-. Chi contravviene, è multato con 50 libre di denari. 

-L’Anzianato ha giurisdizione d’appello sulle sentenze emesse dal Podestà e sulle multe applicate dagli ufficiali dei danni dati (cioè dai preposti alla verifica dei danneggiamenti). Ogni procedimento dovrà essere terminato entro 20 giorni dal suo inizio.

-Ad ogni riunione del Consiglio si faccia l’appello: gli assenti ingiustificati verranno iscritti nel “Libro degli Specchi” (sono le così dette “puntature”) e multati di 5 bolognini. 

-Non potrà essere accettato il Podestà se non munito di breve pontificio e se non abbia prima offerto al Comune due tazze d’argento del valore di 12 ducati.

-Il Podestà non potrà allontanarsi da Amelia, prima che la sua attività sia stata sottoposta a sindacato.

-Il Podestà,  due volte al mese, deve sottoporre alla revisione del procuratore del Comune il registro delle condanne inflitte (“Liber Maleficiorum”).

-Oltre alle pene previste dallo Statuto, chi ingiuria un Anziano o il Cancelliere sarà multato di 25 ducati.

-I procuratori dei poveri e miserabili avranno il dovere, quando ne siano richiesti, di assumere la loro difesa “gratis et amore Dei, absque aliqua mercede”.

-Chi, per debiti, fa la cessione di tutti i beni ai creditori, non potrà venir trattenuto in prigione.

Siamo al tempo del pontificato di Marcello II, uno dei più brevi della storia della Chiesa, durato soltanto 22 giorni: dal 9 Aprile al 1° Maggio 1555. (1998)


17 - Muore Ser Beraldo Andreucoli  e la comunità di Amelia il 17 Aprile 1409, per i suoi rari meriti e per i servizi da lui resi in pro della patria e della S. Madre Chiesa, lo nomina cavaliere dopo morto, decorando la sua salma "cingulo militari". 

Certamente fra le benemerenze acquistate da Ser Beraldo non si contò l'uccisione da lui perpetrata, insieme ad altri, di tre notabili amerini che avevano fatto indebitamente imprigionare e torturare sia lui che numerosi suoi familiari. Ciò era avvenuto nel 1406 (v.11 Novembre 2001). (2001)


17 - Nel diario della Sig.ra Vincenzina Barcherini Ved. Spagnoli, sfollata con i figli alla "Torre Boccarini" dopo il bombardamento di Amelia del 25 Gennaio, sotto la data 17 Aprile 1944 risulta annotato:

"Nella mattinata fortissime detonazioni hanno fatto sobbalzare tutta la Torre. Un apparecchio colpito in pieno dalla contraerea tedesca è caduto fulminato a non molta distanza e bombe hanno seguitato a esplodere per un pezzo. Molti appostamenti contraerei sono stati posti nelle vicinanze".

Il 28 successivo altra annotazione: "Verso le 17 è venuta Cecilia (Barcherini) che poi ho riaccompagnata fino a S. Maddalena. Al ritorno, sono passata per un tratto di bosco ove i tedeschi stanno lavorando per trasferirvi il comando dell'Aspreta".

Il successivo 6 Maggio, scrive: "Sono andata alla benedizione ... a S. Maddalena e al ritorno per la via del bosco dove i tedeschi hanno già costruito due grandissime baracche. Ne abbiamo incontrato uno vicino alla Torre e abbiamo chiacchierato a lungo con lui: aveva un grazioso cucciolo, caduto da un aeroplano americano".

(N.d.r. - Il cagnolino era stato trovato vivo -unico superstite- al'interno di un aereo USA abbattuto ed era stato, perciò, chiamato "Hexe", cioè strega) (2006)


17  -  Sono state effettuate alcune spese straordinarie, non previste in bilancio ed occorre procedere alla loro approvazione. Se ne discute nella seduta del consiglio decemvirale del 17 Aprile 1434. Fra di esse si notano:

“Pucho misso ad detegendum quasdam insidias inimicorum sol. xv” A Puccio, mandato in avanscoperta a scoprire alcune insidie nemiche, 15 soldi.

“Uni numptio misso ad Macchiem pro dicta re sol. .x.” Ad un messo, inviato a Macchie per lo stesso motivo, 10 soldi.

“Mactheo Angelj Romanucij misso cum licteris communis ad Illustrem dominum nuntium prope cornetum notificando combustionem Montiscampanj, lib. x. sol.ij. den. vj” A Matteo di Angelo Romanucci, inviato con una lettera del Comune all’Illustre Nunzio presso Corneto, per render noto l’incendio di Montecampano, 10 libre, 2 soldi e 6 denari.

“Anthonello de Fornulo cum tribus sotijs qui scultaverunt pontem narnie una nocte cum die quando fuit itum ad dirutionem Focis alia vice pro eorum salario lib. sex” Ad Antonello di Fornole, con tre compagni che fecero la guardia al ponte di Narni per una notte ed un giorno ed altra volta che andò alla distruzione di Foce. Per il loro salario 6 libre.

“Jacobo Ciolj pro uno numptio misso ad Fornolem ubi erat magnus timor inimicorum, lib. j. sol. v.” A Giacomo di Ciolo, per aver inviato un messo a Fornole, dov’era gra timore di nemici, 1 libra e 5 soldi.

“Uni numptio qui venerit ex collicello dicendo quod iacebant insidie, sol. xv.” Ad un messaggero venuto da Collicello per annunziare che vi erano insidie, 15 soldi.

“Paulo de Gonessa pro una clavi in hostio carceris campanilis sol. xij.” A Paolo di Gonessa, per una chiave della porta del carcere sul campanile, 12 soldi.

“Jacobo Angelj Bonis pro vino habito per porchianenses qui venerunt ad dirutionem Focis sol. x.” A Giacomo di Angelo Boni, per vino avuto per i porchianesi che vennero alla distruzione di Foce, 10 soldi.

“Bacci pro duobus pitictis vinj habitis per dictos porchianenses in reditu, sol. viij.” A Baccio, per due petitti di vino avuti per gli stessi porchianesi, quando ritornarono (dalla distruzione di Foce!), 8 soldi.

“Menecucio Petrj pro decemnovem pitictis vinj habitis pro honore facto Anthonello Connestabilj et Mariocto et eorum sotiis quando venerunt huc pro defensione nostra lib.j. sol. xviij.” A Menicuccio di Pietro, per 19 petitti di vino avuti per accogliere degnamente il Conestabile Antonello e Mariotto e loro soci, quando vennero qui in nostra difesa, una libra e 18 soldi. 

“Nicholao Olimpiadis pro sexaginta libris panis largito dictis peditibus qui iverunt in scortam ad dirutionem Focis lib. ij.” A Nicolò di Olimpiade, per 60 libbre di pane occorse per i fanti che andarono di scorta alla distruzione di Foce, 2 libre.

E via dicendo e seguitando, fra distruzioni ed incendi, pericoli di aggressioni ed insidie nemiche, per un totale di 228 libre, 12 soldi e 6 denari. (2010)


17  -  Il 17 Aprile 1531 si presentano dinanzi agli Anziani Bernardino di Mario, detto Merlaio e Bernardino di Arcangelino, detto Falzetto, entrambi banderarii della Città, esponendo che “per consilium generale fuisse decretum Portam Jlionis aperiendam esse, remotis militibus hispanis ab agro florentino” il consiglio generale ha deliberato che la Porta Leone (che era stata chiusa con muratura per motivi di sicurezza) sia da riaprire, essendosi le milizie spagnole dell’esercito imperiale allontanate dal territorio fiorentino “et quoniam dicti milites jam discessisse pro certo habetur, petierunt dictam portam aperiri debere” e poiché la notizia della loro avvenuta partenza si dà per certa, i detti Banderarii chiedono la riapertura di tale porta “et ex nunc jpsi bannerarij sponte promiserunt si opus fuerit, dictam portam remurare et remurari facere eorum sumptibus et expensis, absque aliquo Communitatis sumptu, subito visa jpsis porte remurande oportunitate” e, seduta stante, gli stessi banderarii assumono, di propria iniziativa, l’obbligo di rimurare o far rimurare la medesima porta a loro spese e senza gravare sulla Comunità, non appena fosse loro sembrato opportuno provvedervi. Per l’osservanza di quanto dichiarato e dell’impegno assuntosi, i buoni Banderarii prestano giuramento “presentibus Jo. Francisco Marci Tubicine et Baptista alias sterpalia de Ameria testibus etc.” alla presenza dei testimoni Gian Francesco di Marco, “trombetta” e Battista detto Sterpaglia, entrambi di Amelia. (2011)


17  -  Il Vescovo Giustiniano Moriconi il 17 Aprile 1510 nomina a suo Vicario generale l’assente Pierdomenico Bruno di Amandola, della diocesi di Fermo, dottore in decretali, con facoltà di sostituire altri a mezzo di Paolo Tarantino, già familiare del Cardinale Colonna; lo stesso giorno revoca tutte le nomine già fatte di Vicari e, se entro dieci o quindici giorni non venisse il Vicario da destinarsi dal suddetto Tarantino, nomina, con amplissima potestà, suo Vicario Don Luciano Geraldini. Mons. Di Tommaso commenta: “Che commedia”! (2014)


18 - Il 18 Aprile 1396  i rettori del  collegio dei notai di Amelia, Ser Francesco Cellutij e Ser Paolo Jacobutij, indicono una riunione nella sala del palazzo sede del Vicario della Città. Sono presenti ben trenta notai.

Si tratta di stabilire per il Maestro Paolo Salvati, eletto dagli Anziani “in grammaticalibus scientiis edocendis”, il salario annuale, ad iniziare dal primo maggio prossimo venturo.

Ser Berallus Andreucolj propone che l’elezione del Maestro Salvati “sit firma et rata”, cioè sia rata e valida ed il corrispettivo da pagare da parte del Comune “pro suo salario et labore” sia di tre fiorini al mese, in ragione di quattro libre e 8 soldi a fiorino; escluso l’affitto della casa, che resta a suo carico. Nulla potrà, poi,  pretendere dai suoi scolari, come si è invece usato fare in passato. 

Si approva all’unanimità. (1999)


18 - Una lettera scritta da Siena il 18 Aprile 1459, dal Cadinale "de Ursinis", legato di San Giovanni e Paolo e inviata agli Anziani, chiamati "amicis nostris carissimis" viene letta e trascritta nel consiglio del successivo 14 Maggio. Il suo tenore, che lascia trasparire una palese intromissione nel corso della giustizia, è il seguente:

"Molto desideramo che Orsello Pasqualis vostro ciptadino sia per nostra contemplatione (leggi "riguardo") restituito in gratia della V. Magnifica Comunità, et liberato dal processo facto contro de lui, come per altre nostre lettere, et messi havemo pregato, et recerchate el perché pregamo V. M. che posponendo ogne altro reguardo, et respecto vogliate de ciò compiacerce come noi speramo piglando (sic) securtà de le bone et amplissime offerte a noi facte per la vostra Magnifica Comunità ... Questa ve scriviamo per l'ultima (volta) strengendove (cioè costringendovi) vogliate per vostre littere darce aviso de quanto per la vostra Comunità se deliberarà sopra de ciò a ciò che bisognando possiamo provedere al facto suo per altra via come ce (c'è) debito (dovuto) per li continui serviti (che vi) havemo (fatti) noi et nostri fratelli (Orsini) ... Ben ce pare che non debiate havere descaro quella famiglia habia ad star in la vostra Ciptà, et che a noi non debiate denegare questa gratia. Valete ..."

Pur ignorando quale fosse il delitto commesso da Orsello,  rileviamo che, nel consiglio generale del 15 Maggio successivo, nemmeno a dirlo, venne concesso quanto richiesto dal Cardinale Orsini, con 40 voti favorevoli e 7 contrari.

Mons. Angelo Di Tommaso, nei suoi appunti, commenta questa vicenda con la seguente frase: "Il favoritismo fu una delle piaghe del dominio ecclesiastico". (2005)


18 -Viene presentata, in data 18 Aprile 1328, "coram nobili et potenti viro Bartholello d.ni Corradi de Tuderto, honorabili potestate Civitatis Amelie" dinanzi al nobile e potente Signore Bartolello di Corrado, da Todi, onorevole podestà di Amelia, una denunzia di un furto di ben 400 pecore, sottratte dal territorio amerino "noctis tempore per homines Collis Casalis, Bulmarcij et Vassani" nottetempo, dagli uomini di Colle Casale, Bomarzo e Bassano, di cui 40 bestie (ciascuno) ad Andrea Forni e Mannuccio Lelli; 160 a Colozio Guidi; 80 a Pietro Nordi; 80 a Marcelluzio Nutarelli "et communia dictorum castrorum fuerunt per licteris et ambassiatoribus requisiti super restitutionem dictarum bestiarum per partem dicti communis, quod facere non curaverunt" ed i rispettivi comuni furono richiesti, con lettere ed ambasciatori, da parte del Comune di Amelia, circa la restituzione di dette bestie; il che non si curarono di fare. 

Dopo aver quantificato pecuniariamente il danno subito, in seguito alla sottrazione di bestiame, da ciascuno dei proprietari, gli stessi chiedono agli Anziani "quod placeat vobis deliberare ordinare et reformare per vestra consilia oportuna" che piaccia loro prendere gli opportuni provvedimenti "pro redemptione supradictarum bestiarum" per essere risarciti delle dette bestie "concedantur represalie contra homines" e vengano concesse rappresaglie contro gli uomini "Collis Casalis Bulmarci et Vassani in avere et personis" di Colle Casale, Bomarzo e Bassano, nei loro beni e persone "sine pena in districtu Civitatis Amelie" nel distretto della Città, senza essere sottoposti a sanzione "usque ad plenam satisfactionem ... et emendationem dictarum bestiarum eis acceptarum et non rehabitarum" fino ad ottenere piena soddisfazione delle loro ragioni e risarcimento delle dette bestie ad essi prese e non restituite.

Si vede proprio che, nel viterbese, le pecore degli Amerini, specialmente se gratis, erano particolarmente apprezzate! (2007)


18 - Il 18 Aprile 1471 gli Anziani, riunitisi nella sala inferiore della loro consueta residenza, “una cum nonnullis civibus Amerinis” insieme ad alcuni cittadini di Amelia, “habitis inter eos salubriter colloquijs et maturis discussionibus, ut viros sapientes decet” dopo aver avuto fra loro proficui colloqui e mature discussioni, come si conviene ad uomini saggi, “pro conmutando palatio dominorum Antianorum populi civitatis cum palatio residentie domini potestatis dicte civitatis” circa la permuta del palazzo sede della residenza anzianale con quello del podestà, “consideratis considerandis, decreverunt et ordinaverunt communiter et concorditer ipsorum nemine discrepante” dopo aver considerato ogni opportunità, stabilirono e ordinarono, insieme e concordemente fra essi, senza nessun parere contrario, “quod dicta conmutatio fiat ...” che la detta permuta  avvenisse ... “cum redundet in maximum honorem et decus dicte civitatis et civium suorum”, il che sarebbe tornato a massimo onore ed ornamento della Città e dei suoi abitanti.

E’ veramente un bell’esempio di concordia cittadina e di massima  sintonia fra pubblica amministrazione ed amministrati! (2008)


18  -   Il 18 Aprile 1472 nel consiglio decemvirale si tratta, fra l’altro, di una richiesta di rappresaglie avanzata da Toma Feragalli di Amelia “contra cives et districtuales fulginij eorumque res et bona” contro i cittadini e distrettuali di Foligno e loro beni e possessioni “occasione unius ducati debiti dicto Tome per Ser Victorium ex causa mutui ut asseruit ac etiam pro expensis damnis et interesse” a causa di un ducato dovuto a detto Toma da parte di Ser Vittorio a titolo di mutuo, oltre alle spese, danni ed interessi, come dallo stesso Toma asserito, “cum sepe sepius pro parte huiuus communis fuit rescriptum communitati fulginei”, essendosi già più e più volte scritto da parte di questo Comune alla comunità folignate. Nel maggior consiglio del dì seguente a Toma Feragalli vengono concesse le richieste rappresaglie. Ma a nessuno è venuto in mente che si sia voluto usare il cannone per ammazzare una mosca?

Nello stesso consiglio si esamina la supplica presetata da tale “Schoccha de Romanello”, che si autodefinisce “fidelissimo servitore” della comunità “et povera persona”, il quale “dice essere stato condennato per la corte del presente Messer lo potestà in la summa et quantità de xxvj ducati et un quarto, defalchatolj prima uno quarto de tucta la pena per la confexione, per cascione de uno mallefitio per epso commesso in la persona de Guido da Sancto focetole, et questo fece decto Schoccha per defenderse dal decto Guido (il) quale assaltò epso Schoccha, per la qual cosa suplica alle V. M. S.  che, attento (considerato) che luj fo prima assaltato et per defenderse li fo necessario fare cusì, altramente serria pussuto incorrere in maiore pericolo et attento etiam che è povero homo, piaccia alle prefate V. M. S. decta pena remetterlj et farlj gratia  de tucta o de quella parte piacerà alle V. S. Et advegna sia usato sempre farlo ad chi lo ha domandato, nientedemeno lo receperà ad gratia singolare”. Il giorno appresso, il consiglio generale decide che al povero Scocca siano rimessi i tre quarti della pena e, quale quarta parte della condanna, “teneatur solvere consignare et portare ad castrum Sancti focetuli quingentas tegulas cum canalibus de quibus tegatur et cohopratur aut domus d. Nicolai greci, aut quacumque alia domus dicti castri, ad voluntatem dominorum Antianorum” sia tenuto a pagare e portare nel Castello di Sambucetole 500 tegole maritate, con le quali coprire o la casa di Nicolò greco (Cocle) o un’altra qualunque casa del detto Castello, a scelta degli Anziani. (2009)


18  - Il consiglio decemvirale del 18 Aprile 1540 è chiamato, fra l’altro, a decidere sulla supplica presentata da Roberto di Antonio, il quale “fuit condemnatus a Domino Tranquillo, olim Potestate, in contumacia, pro inobedientia, in scutis viginti quinque indebite tamen, supplex petit gratiam fieri, offerens solvere poenam statutariam” fu condannato in contumacia dal Podestà Tranquillo (de Cerbellis, di Colle Vecchio) a quel tempo (nel 1533) in carica, a pagare venticinque scudi per aver disubbidito (non si sa in che cosa), ma -sembra- senza sua colpa (“indebite”); chiede che gli venga fatta grazia, offrendosi di pagare la sola pena prevista dagli statuti (non meglio identificata: ma, allora, tanto innocente non doveva essere!). Il maggior consiglio dello stesso giorno gli accorda quanto richiesto.

Viene anche esaminata la supplica di Giovanni di Neto, autodefinitosi “pauperrimus”, il quale prega umilmente “senatum hunc celeberrimum” che si degni di esentarlo dal pagamento delle dative del Podestà presenti e future. Il consesso chiamato a decidere in merito dovrebbe sentirsi lusingato dal termine (“celeberrimum”) usato nei suoi riguardi, ma accorda al povero Giovanni l’esenzione richiesta “dumtaxat per annum” solamente per un anno. (2012)


19 - L’ “inventarium munitionis” in essere alla data del 19 Aprile 1552, riportato nel libro delle riformanze del Comune di Amelia, può dare un’idea dei mezzi di difesa di cui si poteva disporre all’epoca:

“- Moschette de bronzo doi - Moschette de ferro cinque - Archibusci grossi vintiuno, delli quali ne sonno diciassette in la munitione et quattro a s.co liberato - Mortari otto - Ferri de cavalletti tre - Sonaglie grosse doi - Polvere grossa col tinozo libre sedici - Polvere fina col tinozo libre trenta - Zolfo col tinozo lib. novantaotto - Un marco d’otto pezi di lib. dodici et meza lib. - Item il boccale, il mezo et foglietta da l’olio tucti de rame numero tre - Item il terzo della foglietta et meza foglietta tucte de rame - Item doi sigilli de ferro un grande et l’altro piccolo - Un catenaccio - Tre ferre de calcangini - Quattro serrature - Funichi doi”.

Segue l’”Inventario delle robbe consegnate ad Jo. Andrea Geraldino Massaro del Communo per li prefecti della guerra. In primis - Salnitro libre doicento - Carcature de ferro stagnato quarantadoi - Doi carcature de moschette con sue haste - Doi apilacci de moschette - Un raschiatoro d’archibuscio da muraglia coll hasta - Corda cotta per archibusci et moschette lib. cinque - Palle d’archibuscioni centocinquantasette - Quadri de ferro vintisette - Polvere fina libre trentatre et once nove”.

Con simili armamentari non c’era motivo di tremare! (1998)


19  -   Il 19 Aprile 1470 nelle riformanze risulta annotato che al podestà di Amelia, Bartolomeo di Francesco de Lucarinis di Trevi -che aveva ricoperto il suo ufficio dal 17 Ottobre 1469 al 16 Aprile 1470- “propter Benegesta” in riconoscimento della buona gestione da lui svolta “dudum potestatis” nell’esercizio dell’incarico podestarile, “facto sibi dono per Commune Amerie de insignis, videlicet armis dicti Communis”, da parte del Comune di Amelia gli venne presentato e consegnato un donativo contenente le insegne, cioè l’arme della Città, “in vexillo sirico”, consistente in un gonfalone di seta, “cum potestate et facultate illis utendi et ponendi  in vexillo”, con potere e facoltà di poterne fregiare il proprio gonfalone. La cerimonia della consegna avvenne “per dominos Antianos” da parte degli Anziani “nomine Communis Amerie, in pede scalarum palactij” a nome del Comune, ai piedi della scala del palazzo anzianale, con la sola condizione che il detto gonfalone “non utatur neque uti valeat contra statum Sancte Matris Ecclesie S.mj d. n. pape et communis amerie” non venga mai usato contro lo Stato della Chiesa, il Papa e lo stesso Comune di Amelia.

Il detto Bartolomeo, “ibidem equester, presenti et acceptanti”, ivi presente ed a cavallo, accettò il donativo e le esortazioni fattegli, “promittenti et gratias agenti”, con promessa di osservare quanto prescrittogli e rendendo grazie di quanto ricevuto. 

Si vede che il podestà Bartolomeo de Lucarinis si era procurato notevoli benemerenze nei confronti della nostra Città, per meritare un trattamento di tanto riguardo! (2009)


19  -  E’ morto il Governatore Maurizio Cibo, fratello del papa Innocenzo VIII. Ne dà notizia il suo successore, Leonardo Cibo, altro parente del pontefice, con la lettera, scritta da Spoleto il 19 Aprile 1491, del seguente tenore:

“Ad tucti et singoli priori, potestà, vicarij, Comunità, homini de Ciptà, terre, Castella et loci infrascripti (fra cui figurano Amelia, Lugnano, Sangemini e Collescipoli) al nostro governo sottoposti, salute. Havendose qui ad celebrare Martedì proximo che serà adì XXVI del presente mese daprile le exequie della recolenda (onoranda) memoria dela Ill.ma S.(Signoria) Mauritio Cibo Fratello Germano de la S.tà de N. S. et de Spoliti, Tode, Fuligni, Amelia et c. dignissimo Governatore passato. Essendo etiam condecente nostro debito quelle (esequie) honorare secondo che ad tale S.re et fratello del summo pontifice se convene, Ce è parso de mentovare questo alle humanità vostre, et etiam recercarne che ciasche una Commonità debbia provedere de duj Ambasciatorj degnj et idonej, li quali se habbiano ad trovare lunidì ad sera per omnj modo qua in Spolito con veste lugubre, o più convenente ad tale acto funebre sia possibile, ad ciò tucti inseme possano demonstrare la debita mestizia dela perdita de questo nostro Ill.mo S.re. Jn che non solum si satisfarrà al debito et piu officio nostro, ma etiam se farrà Cosa alla S.tà de N. S. assai grata. Jn quorum testificationem et fidem presentes litteras fieri jussum et nostri Sigilli impressione muniri. Datum in arce Spoletana die XVIIIJ aprilis MCCCCLXXXXI”(A testimonianza e in fede di ciò, si è comandato redigere la presente lettera e di munirla con il nostro sigillo. Dalla Rocca di Spoleto, il giorno 19 Aprile 1491). (2010)


19  -  Il 19 Aprile 1517, nel corso del consiglio decemvirale, vengono esaminati alcuni argomenti, assai diversi fra loro. Il primo  riguarda la notizia che un cittadino, restato anonimo, aveva consegnato 10 fiorini al frate predicatore di S. Giovanni per debito di coscienza, “ut restitueret Communitati” perché venissero restituiti alla Comunità, alla quale erano evidentemente dovuti; “qui predicator petierat predictos  X florenos jn elimosina pro reparatione murorum hortj dicte ecclesie Sancti Joannis” e lo stesso predicatore aveva fatto richiesta affinché, a titolo di elemosina, i dieci fiorini venissero elargiti alla Chiesa di S. Giovanni, per riparere il muro dell’orto del convento. Nel corso del successivo maggior consiglio, tenutosi lo stesso giorno, “vir summa prudentia Angelus Antonius geraldinus” il consigliere Angelo Antonio Geraldini, chiamato uomo di somma prudenza, propone di soddisfare la richiesta del predicatore; il che avviene con 36 voti favorevoli e 9 contrari.

Si passa, quindi, a trattare di un invito a nozze: “quia Comunitas fuit jnvitata ad Nuptias a domino Ludovico de actis de Tuderto quia eius filius D. Angelus ducebat jn uxorem Virginiam filiam Domini Angeli de Cesis Advocatj Consistorialis”: la Comunità era stata invitata da Ludovico degli Atti di Todi ad intervenire al matrimonio che suo figlio Angelo stava per contrarre con Virginia, figlia di Angelo di Cesi, Avvocato Concistoriale. Non si poteva fare brutta figura; quindi, nel seguìto consiglio generale, Domizio Mandosi, “vir circumspectus”, uomo prudente, propone “quod mictantur duo oratores qui portent et donent duas pateras seu crateres argenteas cum insignibus Comunis” che s’inviino due oratori in rappresentanza della Comunità e rechino in dono agli sposi due tazze d’argento, con impresse le insegne del Comune (molto verosimilmente “riciclate” da un donativo che il podestà di nuova nomina era uso effettuare al Conume); “qui oratores jntersint predictis nuptijs et vadant sine salario: solvatur tamen vectura equorum” e gli stessi, per intervenire al matrimonio, non percepiscano alcun compenso (forse per limitare le spese e nella speranza di rifarsi con il pranzo!); tuttavia si rimborsi loro il costo della vettura dei cavalli. “Derogando illj reformationj ne possint pignorarj crateres Comunis nec alienarj pro hac vice tantum” Ed, in tal modo -e per questa volta soltanto- si deroghi alla norma che prescrive che le tazze del Comune non si debbano né pignorare, né alienare. La proposta passa con 38 voti a favore e 7 contrari.

Altro argomento da trattare: “multj jnceperint vendere scoppettos quos emerant ex decreto Numerj quatuordecim ad Civitatis munitionem ac defensionem” molti cittadini hanno preso a rivendere gli schioppetti che avevano acquistato per ordine della Commisssione dei Quattordici, per armamento e difesa della Città. Si propone che “quicumque jnventus fuerit vendidisse scoppettum advenis et extra districtum Amerie cogatur solvere unum ducatum aurj et ad redimendum scoppettum” chiunque sia stato trovato ad aver venduto lo schioppetto a forestieri e fuori del distretto di Amelia, sia obbligato a pagare un ducato d’oro ed a recuperarlo “et hoc de preterito jntelligatur: jn futurum autem cogatur solvere quicunque vendiderit ut supra duos ducatos aurj et teneatur tamen redimere scoppettum” e, ciò, per quanto riguarda il tempo trascorso; per l’avvenire, invece, chi lo avrà alienato, sarà tenuto a pagare due ducati ed al recupero dell’arma. Di dette pene pecuniarie, “quarta pars sit officialis facientis exequtionem quarta pars  sit accusatoris et teneatur secretus; reliquum sit Comunitati Amerie” un quarto vada all’ufficiale procedente, un quarto a chi ne avrà fatto denunzia -ed il suo nome resti segreto-; il residuo, poi, vada alla Comunità di Amelia. Si approva con 34 voti favorevoli e 11 contrari.

A tredici anni di distanza, il 19 Aprile 1530, il Vescovo Moriconi ha emesso alcune disposizioni che prevedono provvedimenti inibitori contro Deifobo Cerichelli, per un delitto -non meglio identificato- che si ritiene da lui commesso, ma gli Anziani non sono d’accordo, perché si sentono chiamati in causa. Nelle riformanze viene redatto un vero e proprio atto di appello contro la decisione del presule. Eccone alcuni tratti:

“Magnifici Domini Antiani Civitatis Amerie, habentes et tenentes in manibus quasdam jnhibitorias licteras pro malefitio Deiphebi Cirichelli a R.do D.no Jo.Domenico de Moriconibus Episcopo Amerino emanatas” i magnifici signori Anziani della Città di Amelia, avendo ricevuto alcune lettere inibitorie relative ad un reato commesso da Deifobo Cerichelli, scritte dal Rev.do Giovanni Domenico Moriconi, Vescovo di Amelia, “licet jniquas et nulliter factas prout in eisdem latis et sentientes se dicti D.ni Antiani pro dicta Communitate satis lesos et enormiter gravatos”, sebbene ingiuste e da considerare come non fatte e nulle nei loro confronti e ritenendosi detti Anziani, anche a none della Comunità, notevolmente lesi e ingiustamente accusati, “dubitantesque jn futurum eos ... posse ledi et gravari” e dubitando che, in seguito, ne possano ulteriormente venir danneggiati e colpiti, “hinc est quod in presentia mei Lucangeli Palmolini de Malliano Sabinorum Civitate notarij publici et nunc notarij Reformationum et Cancellarij prefate Civitatis Amerie ac Testium jnfrascriptorum” e, pertanto, alla presenza di me, Lucangelo Palmolini, di Magliano Sabina, Pubblico notaio e attualmente notaio delle Riformanze e Cancelliere della detta Città di Amelia, nonché dei testimoni infrascritti, “a dictis licteris jnhibitoribus et contentis in eis provocant recurrunt et appellant ad R.dos D. Presbiteros Casinum de Casinis et Evangelista de Chrisolinis Canonicos Amerinenses et ad aliam personam competentem ...” alle dette lettere inibitorie si oppongono, ricorrono e si appellano ai Reverendi Canonici di Amelia Casino de’ Casini et Evangelista Crisolini ed a ogni altra persona all’uopo competente. Sperando che -malgrado il nome del primo di detti Canonici- venga fatta completa chiarezza su tutta la vicenda, a cominciare da quanto commesso dal Cerichelli, restato un mistero. (2011)


19  - Il 19 Aprile 1537 nelle riformanze risulta trascritta la lettera patente scritta da Perugia il 16 precedente dal Cardinale Grimaldi Legato per l’Umbria ed inviata ai rappresentanti di tutte le città e terre soggette al Patrimonio di S. Pietro “pro urgentiis sedis apostolice et fidei Christiane necessitatibus” per le più urgenti necessità della Sede Apostolica e della fede cristiana e per far fronte ai pericoli incombenti “terra marique” per terra e per mare “ab immanissimo (altrove “inhumanissimo) Turcharum Tiranno” a causa del mostruoso (o crudelissimo) tiranno (cioè capo) dei Turchi, mediante il pagamento di “subsidium jam per suam sanctitatem jmpositum unius ducatj pro quolibet foculari” un contributo, già imposto dal papa, di un ducato per ogni focolare, in modo tale che, in ciascuna Provincia -e, quindi, anche da quella dell’Umbria-, possa venir ricavata “trigintamilium ducatorum dicti subsidij”, dalla riscossione del detto contributo, la bella somma di trecentomila ducati, da far pervenire con la massima celerità, “sub excomunicationis” sotto pena della scomunica, “ac mille quo ad universitates, centum quo ad vos particulares ac decem auri ducatorum pro singulo foculari” nonché della multa di mille ducati d’oro per ogni Comunità, di cento per ogni persona comandata (Gonfaloniere, Priore, Anziano, Console o Sindaco) e di dieci per ogni focolare; il tutto da eseguirsi “per totum diem jovis qui erit 26 mensis presentis” entro il giorno di giovedì 26 del corrente mese di Aprile.

A distanza di tre anni, il 19 Aprile 1540 nelle riformanze è riportata la seguente quietanza:

“Jo alberto Conte del Castel di Piero me chiamo confesso havere hauti et receputi da ser Thomasso Artemysio di Amelia scudi ottanta cinque ... a bon conto delli cento scudi imprestati alla Comunità di Amelia, liquali decto ser Thomasso et ser Dardano (Sandri) sono depositarij, del che ne appare scritta di loro mano, et per la presente gli se fa piena quietanza delli ottanta cinque scudi ... et de mia propria mano scritto et sottoscripto in Sipicciano, in casa nostra, Presentj Jntimo de Sipicciano et Joanni berardino di Cesarino di Amelia Testimonij”. La Comunità di Amelia, per far quadrare il bilancio, non esitava a far ricorso anche al credito privato da parte di qualche Signorotto!

 Quindici anni, il 19 Aprile 1552 si discute, fra l’altro, in consiglio “de modo satisfaciendi ludimagistro qui si non solvitur est discessurus” di come soddisfare a quanto dovuto al maestro di scuola che, se non sarà pagato, minaccia di volersene andare. Vincenzo Crisolini –“Gravis et eloquens Vir”- propone “quod D. Antiani cum consilio X et quatuor electis habeant autoritatem … impegnandi gabellas et vendendi illarum fructus pro solutione ludimagistri” che gli Anziani, con il consiglio decemvirale e quattro cittadini eletti per l’occasione, abbiano autorità di impegnare le gabelle comunali e di destinare il loro introito per soddisfare il credito del maestro. Ma quanto mai doveva avere il “ludimagister”, per mobilitare tanta gente e tanti mezzi?

Nello stesso consiglio, “accuratissimus vir” Ser Tommaso Artemisi, avendo la “Societas boni Yhesu” chieso un’elemosina, propone che le si concedano “tres scuti qui solvantur de bimestri in bimestri” tre scudi, da pagarsi a rate ogni due mesi: ma per aver l’intera somma assegnatale la Confraternita del Buon Gesù quanti bimestri dovrà aspettare?

Sotto la stessa data, nelle riformanze si legge il seguente “Inventarium Munitionis”:

“Moschette de Bronzo doi (due)

“Moschette de ferro cinque

“Archibusci grossi vintiuno, delli quali ne sonno (stanno) dicissette in la munitione (nell’armeria) et quattro a sancto Liberato

“Mortari otto

“Ferri de Cavalletti tre

“Sonaglie grosse doi

“Polvere grossa col tinozo libre sedici

“Polvere Fina col tinozo libre trenta

“Zolfo col tinozo libre Novantaotto

“Un marco d’otto pezi de libre dodici et meza

“Item il boccale il mezzo et Foglietta da l’olio tucti de rame numero tre

“Item il terzo della Foglietta et meza Foglietta tucte de Rame

“Item doi sigilli de Ferro un grande et l’altro piccolo

“Un Catenaccio

“Tre Ferri de Calcangini

“Quattro serrature

“Funichi doi”

Segue un “Inventario delle robbe consegnate ad Jo. Andrea Geraldino Massaro del comuno per li Prefecti della Guerra:”

“Salnitro libre doicento

“Carcature de Ferro stagnato quarantadoi

“Doi Carcature de Moschetti con sue Haste

“Doi nettatori de Moschette con sue haste

“Doi apilacci de moschette

“Un raschiatoro d’archibuscio da muraglia col hasta

“Corda cotta per archibusci et moschette libre cinque

“Palle d’Archibuscioni centocinquantasette

“Quadri de Ferro vintisette

“Polvere fina libre trentatre et once nove”

(2012)


19  -   Il 19 Aprile 1541, con atto del notaio Francesco Fariselli, Marchesino del fu Giacomo Farrattini riceve, a titolo di mutuo, trecento scudi dalla illustrissima Signora Contarina Farnese, abitante nella sua rocca di Giove, obbligandosi a restituirla entro un anno ed, in caso contrario, a cederle un terreno di pari valore.

Donna Contarina doveva avere gli affari nel sangue, se il 17 Novembre dello stesso anno, la troviamo ancora a concedere un mutuo, questa volta ad Antonio di Anselmo di Papa! (2014)


20 - A corredo di un'istanza presentata alla Sacra Consulta dagli Anziani e imbussolatori deputati della città di Amelia, tendente a verificare la condizione sociale di alcuni cittadini, per giudicare della loro idoneità a far parte del Consiglio dei X, venne allegata la seguente dichiarazione giurata:

"AI nome, etc. Noi sottoscritti per la verità ricercati, facciamo piena ed indubitata fede a chi spetta mediante anche il nostro giuramento come abbiamo conosciuto benissimo il Padre del vivente Sig. Pasquale Presei, che si chiamava Carlo Presei Notaro ed un Fratello Carnale di questo, di cui non ci ricordiamo il nome proprio, ma per sopranome era chiamato "Ferruzzo", che teneva la bottega di fabro a piedi del Vicolo di Parasacco (1). Abbiamo ancora conosciuto il Padre del vivente Sig. Pietro Marchegiani. che si chiamava ancor egli Pietro, il quale faceva come è noto a tutti il mulattiere. E finalmente abbiamo anche conosciuto benissimo il Padre del Signor Francesco Lancia vivente, che si chiamava Valentino e teneva una bottega di barbiere sotto il Palazzo de' Signori Petrignani; e per essere tutto ciò la pura verità, abbiamo sottoscritto la presente di nostro proprio pugno.

In fede, etc. Amelia, 20 Aprile 1764.

Io Francesco Scafolla d'anni 84, affermo come sopra mano pr.

Io Bonaventura Rossi d'anni 77, affermo come sopra mano pr. 

Sequitur recognitio manuum in forma. 

Ita est.  Paulus Cerasi Not. publ. Amerinus Etc. 

Loco + Signi" .

(1) Attualmente "Vico Sdrucciolo". (1996)


20 - Antonio di Angelo del fornaio "comparisce" dinanzi al consiglio decemvirale del 20 Aprile 1478 "et expone che dell'anno presente sentendo Angelo de Christoforo de Buccio havere dette certe parole contra de Malvolto suo fratello calunniose et infamatorie et non vere anti de omne verità aliene (cioè false) in preiudicio de alcuni ciptadini de Amelia, ipso Antonio sentendo dal dicto suo fratello non essere vere trovando(si) appresso al castello de Fornole, epso Angelo una cum (con) ipso Malvolto et inseme venendo ad alcune parole altercatorie dicto Antonio con una partesciana (che) haveva in mano ammenò al dicto Angelo et lo dicto Angelo pigliò con tucte doi le mano el ferro della dicta partesciana per modo che per quella presa dessa partesciana esso Angelo se fé certe ferite in tucte doi le mano et de poi ipso Malvolto tolse al dicto Antonio la dicta partesciana reprendendo epso Antonio et allora dicto Angelo fuggì et volto verso Antonio con saxi et epso Antonio con uno saxo dié sulla testa al dicto Angelo et feli (fecegli) doi ferite in la testa con sangue col dicto saxo, per le quale ferite ipso Antonio è stato in contumacia condemnato per (da) lu presente vicepodestà in ducati 440. Et essendo el dicto povero supplicante poverissimo et non habbia in questo mondo più niente se non la povera sua persona et de quella dela fatiga ... governi se (e) la sua disutile famiglia et paghi li altri carichi et dative della comunità, con somma devotione se recommanda alle V.M.S. attenta (considerata) la sua povertà et miseria et attenta la cascione et levità del delicto et attento (che) le V.M.S. fanno et usano de fare gratie et remissione et immunitate ad schiavi (schiavoni), albanesi et ad altre persone stranie (straniere) se dignino per lamore de dio et che dio deliberi (liberi) questa ciptà et li hommini dessa da omne peste et tribulatione, allui de tal maleficij fare gratia et remissione come ad quelle (Signorie) parerà et piacerà, offerendo sempre la sua povera persona alli serviti  et commandi delle V.M.S. che altro non ha, le quale dio conservi in prospero et felice stato".

Lo stesso giorno, altra supplica viene presentata da Antonello di Nicola Pei, detenuto in carcere, "exponente che per la corte de misser el podestà li sonno (sono stati) formati doi processi per cascione de certe testimonianze false". Anch'egli chiede alle Magnifiche Signorie "per intuito de pietà et de misericordia et etiam per lo amore de dio farli gratia delle dicte condemnationi et processi", riducendogli le pene comminategli, (compresa la condanna alla "mitra") perché lo dicto supplicante non intende né vole per nisuno modo contendere con la comunità ma remetterse alla benignità et gratia delle V.M.S."

Nel maggior consiglio del giorno 21, ad Antonio Angelo del fornaio si impone di far pace con l'offeso, pagare dieci ducati, e fornire 200 salme di sabbia per la riparazione del palazzo anzianale. Quanto ad Antonello di Nicola Pei, prima di uscire dal carcere, paghi al Comune 30 ducati papali, venga quindi liberato e gli si faccia grazia di ogni altra pena, compresa quella della mitra. (2007)


20 - Il 20 Aprile 1331, presenti i consigli generale e speciale, i rettori delle arti, su mandato del podestà “Johannelli domini petri de Narnea”, si discute sulla necessità di “providere et deliberare quod de bonis et avere communis, satisfatiat camerarius communis omnes expensas factas pro domino Capitaneo et Gente sua, quando stetit ad ecclesiam sancti secundi” provvedere e deliberare che il camerario del Comune di Amelia, adoperando denari e beni dello stesso, soddisfaccia a tutte le spese effettuate in occasione della venuta del Capitano generale, quando, con le sue genti, si accampò presso la Chiesa di S. Secondo. (2008)


20  -  Il 20 Aprile 1327 nel consiglio generale si legge una lettera inviata al Comune da parte del Capitano del Patrimonio, presentata a mezzo del suo ambasciatore, il notaio Ser Vanni di Città della Pieve, contenente l’ordine di espellere dalla città gli esiliati da Spoleto e gli altri ribelli di S. Madre Chiesa (“licteris presentatis dicto communi et ambassiata exposita per discretum virum Ser Vannem de Castro plebis notarium dominj Capitanei pro parte domini Capitanei supradicti, super repulsione exititiorum Civitatis spoleti, et aliorum rebellium sancte matris ecclesie”). Cecchino di Alviano propone di far atto di obbedienza al Capitano del Patrimonio e quindi di eseguire quanto richiesto (“expellantur de Civitate Amelie et comitatu secundum formam dictarum licterarum et ambassiate exposite per suprascriptum Ser Vannem”). La votazione trova ben 130 favorevoli e soltanto quattro contrari. E così sono ancora una volta gli Amerini a dover piegare il capo!

Due anni più tardi, il 20 Aprile 1329 si stabilisce che “per Camerarium communis” da parte del Camerario comunale a coloro che portano in Amelia grano dalle terre non soggette ad Amelia né civilmente, né penalmente, fra le quali si comprendano Canale vecchio, Alviano, Giove e Guardea, si percepiscano dieci soldi per ogni salma di grano e cinque se di altro cereale (“illis qui deferrent eidem Civitate bladum a terris non subiectis communi Amelie in civilibus et penalibus, inter quas intelligantur Canale vetus, Alvianus, Jovis et Guardeia, pro qualibet salma grani x. soldos, pro qualibet salma alterius bladi v. soldos”) (2015)


21 - Il 21 Aprile 1807 viene firmata la "concordia" fra la Comunità di Amelia e l'Ill.ma Sig.ra Marchesa Virginia Pepoli Accoramboni ("filia bo. me. Guidi Nobilis Bononiensis, vidua bo. me. March. Philippi Accoramboni", di probabile origine eugubina), circa la demolizione di un muro eretto dalla Comunità "di rimpetto al Palazzo della prefata Sig.a Marchesa nel sito intermedio fra la di lei piazza e la publica strada, per l'unico oggetto di riparare al pericolo che sovrasta ai carri e carrozze di ribaldare (sic), atteso lo smanco del terreno e la bassezza della suddetta piazza, al di cui ridosso rimane assai superiore la divisata strada".

L'accordo raggiunto prevede, da parte della Comunità, la demolizione del contestato muro, "e così lasciare alla Sig. Marchesa il passo libero per poter anche da quella parte aver l'accesso al suo Palazzo e Piazza", mentre, "per sicurezza della strada e per rimuovere ogni pericolo che sovrasta ai legni che transitano per la stessa strada, in poter ribaldar dalla sponda della medesima nella sottoposta piazza, debba e sia tenuta la lodata Sig. Marchesa togliere a proprie spese lo smanco che fa il terreno dall'imboccatura della strada, detta di Porcelli, fino alla sua Piazza (forse Piazza Catena?) e così di uguagliare e ridurre il medesimo terreno e sito al pari della stessa strada".

Si conviene in 15 giorni il termine per l'esecuzione dei lavori da effettuare da entrambe le parti.

Sarebbe interessante conoscere quando la M.sa Pepoli si sia stabilita in Amelia e se il di lei marito Filippo Accoramboni discenda dalla stessa famiglia di Gubbio da cui nacque Vittoria, tolta giovanissima in moglie dal nipote del Cardinale di Montalto Felice Peretti, poi Sisto V, a nome Francesco, fatto assassinare nel 1580 da Paolo Giordano Orsini duca di Bracciano, invaghitosi della bella Vittoria. (2001)


21 - Il 21 Aprile 1445 il Consiglio speciale si deve occupare di alcune spese straordinarie occorse, delle quali "nulla fiat mentio in ordinaria tabula", cioè, in sostanza, non è stato fatto cenno nel bilancio delle spese ordinarie. Fra di esse, figura: "Magistro Laurentio de Orto pictori pro ymaginibus gloriosissime Virginis Marie et beate Firmine et S.ti Francisci et pro insignibus S.mi d.ni n.ri pape et R.morum d. Cardinalium Camerarij et Legati, et d.ti comunis pingendis apud portam pusciolini secundum conventionem secum habitam" al maestro Lorenzo di Orte, pittore, per aver dipinto, presso la porta Bussolina, secondo accordi avuti con lo stesso, le immagini della Beata Vergine Maria e dei Santi Fermina e Francesco, nonché gli stemmi del papa (Eugenio IV), dei Cardinali Camerlengo e Legato, nonché del Comune "florenos quatuor cum dimidio auri" quattro fiorini e mezzo, "valentes libr. 39, sol. 7, den. 6" cioè di valore corrispondente a 39 libre, 7 soldi e 6 denari. Se ne deduce che, all'epoca, il fiorino valeva circa 4,5 libre.

Fra le altre spese affrontate in relazione al detto lavoro eseguito da maestro Lorenzo, figurano: 10 soldi a tal Tornone, inviato ad Orte con una lettera del Comune al pittore;  5 libre a Paolo Adduzi, che fece due ponteggi; 15 bolognini, pari a 1 libra, 17 soldi e 6 denari a Tommaso Arcangeli, per le opportune funi, oltre ad 1 libra e 10 soldi per altra fune; 2 libre a Cristoforo Ceccarelli, per fornitura di calce, rena ed acqua; ed, infine, 1 libra, 9 soldi e 8 denari a tal Giovanni "funario" di Narni, per la fornitura di un'ulteriore fune resasi necessaria. (2006)


21  -  L’incarico del medico condotto è scaduto. Occorre provvedere al suo rinnovo. Nel maggior consiglio del 21 Aprile 1778 il Capitano Olimpiade Petrucci così si pronuncia:

“Stimo superfluo rammemorare a tutti Lor Signori l’abilità e la diligenza del Sig. Sisto Girotti Cerusico Condotto di questa nostra Città, praticata nelle cure maravigliose fatte da lui, perché non solo sono note a tutti noi, ma eziandio a’ Forastieri per le chiamate continue che gli vengono fatte dalle altre Città e luoghi circonvicini, la cura stupenda felicemente compita in persona di Vincenzo Castrataro sfondato da un bove lo dichiara abastanza non solo esperto, ma eccellente nella sua Professione. Io posso parlarne per esperienza nella mia infermità ed ammirarlo e crederlo uomo necessario per curare con maestria salutare l’incomodi del nostro corpo, onde son di parere, per compensare la sua abile capacità, quando piaccia a tutti Lor Signori di confermarlo per altri due anni in questa nostra Condotta, come fu praticato nell’ultima sua riferma”.

A stragrande maggioranza di voti, il Dottor Sisto Girotti viene riconfermato nell’incarico. (2009)


21  -   Nel consiglio decemvirale del 21 Aprile 1499, fra gli altri argomenti, viene esaminata la supplica presentata “per parte del vostro fidelissimo servitore et poverissima persona Jorino de gaitano sclavone da Sancto focetole, lo quale dice essere condempnato in libre trentasepte vel circha, per casione havere facti alli pugni con uno altro sclavone, dal quale ha havuta et ha de continuo bona pace et pratica, quale (pena) serria impossibele aposerla (di poterla) pagare. Recorre adunqua ale V. M. S. selli voglia remectere et farli gratia de dicta pena, como ha de continuo facto ad tucti li altri sclavoni, che hanno facto simili et maiori delicti, maxime essendo cusì consueto fra ipsi schiavoni. E’ sempre apparecchiato ad mectere la vita per quessa (sic) magnifica Comunità, quale dio exalte et conserve ad vota (come augurio)”. Nel maggior consiglio del 21 seguente si delibera di ridurre a Jorino la pena a quattro libre ed il residuo gli venga condonato. (2010)


21  -  Sotto la data del 21 Aprile 1517 nelle riformanze risulta annotato quanto segue:

“Fuit examinatus Marianus de Viterbio Magistrus scoppettorum coram Sensino Mariottj electo a numero xiiij ad faciendum computum de scoppettis” davanti a Sensino Mariotti, eletto dalla Commissione dei Quattordici, venne sottoposto ad esame Mariano di Viterbo, Mastro armaiolo “dixit medio juramento se fecisse scoppettos ad jnstantiam numerj et Comunis pro pretio carlenorum quindecim pro quolibet scoppetto” ed egli dichiarò, sotto giuramento, di aver fabbricato schioppetti su richiesta di detta Commissione e del Comune, per il corrispettivo di 15 carlini ciascuno. (2011)


21  - Il 21 Aprile 1540 si tratta di appaltare la gabella del sussidio, cioè della riscossione dei dazi per i prossimi cinque anni. Giovanni Battista Moriconi offre di assumersene la riscossione, ai patti (“Capitoli”) dei quali si riportano i seguenti:

“Jn dei nomine amen. Jmprima, Jo Joanne baptista de Moriconibus domando volere tollere et comparare (comprare, cioè appaltare), dalla Comunità di Amelia, la gabella del subsidio papale per cinque anni proximi da venire, comenzando in Kalende di maggio proximo et da venire et pagare alla Comunità ducati TracentoTrentaSette (sic) a baiocchi novantasei per ducato in oro et argento per (secondo) il corso (che) haveranno le monete in Roma ...

“Jtem voglio posser riscotere quatrini undici per soma di mosto et soma di uva, per cavallo et mulo buligninj doi, et per asino bulignino uno et mezo.

“Jtem domando cogliere (riscuotere) la gabella del subsidio cioè grani ligumi baiocchi quatro per soma, et biada et miglio bulignini doi per soma.

“Jtem domando non se possa remettere (far passare) né uva, né mosto, né grani, né biadi, né legumi per altra porta che per la porta de Pisciolino (Busolina, cioè da Porta Romana) sotto la pena de perditione della bestia et della soma et de dece ducati de Carlinj, da applicarse per uno quarto alla Comunità di Amelia et uno quarto alli officiali (che) ne facesse exequtione, et la mità alli gabellieri et sia leceto ad ogni persona accusare con suo giuramento, et sia creso (creduto) ...

“Jtem domando che nisciuno possa fare raspino (vino raspato) né dentro né di fora della Città sotto la medesima pena, sensa licentia delli gabellieri. Circa l’uva per appiccare (da appendere) ciasche famiglia possa appiccare una soma ... havendo vigna o pergole, et chi non havesse né vigna et né pergole et ne lavorasse d’altri et facesse uva passa o appiccasse, ... caschi nela medesima pena et sia leceto ad ogni uno accusare et sia creso col giuramento (in pratica, Amelia era diventata una comunità di delatori!) ...

“Jtem domando che tutti quelli (che) remetteranno cose pertinenti ad decta gabella siano obligati pagare alla porta de Pisciolino, al luoco deputato, et quelli (che) fraudassero, caschino in la medesima pena et perditione di bestia et soma ...

“Jtem domando che se alcuno macinasse alcuna sorte di grano, o biada, siano obligati monstrarlo alli gabellieri alla porta di Pisciolina, et pagare la debita gabella, over dimandare licentia, sotto la medesima pena.

“Jtem domando che tutti foristieri che venessoro a lavorare nel Tenimento di Amelia overo patruni delli terreni (che) fossero habitanti de decta Città et distretto siano obligati per tutto el mese di maggio venire ad assignare (denunziare) et dar sicurtà a pagare quel tanto (che) li venisse di gabella et non facendo questa diligentia, caschino nella decta pena et perditione de grani ligume et biade, da posserse exigere a beneplacito de detti gabellieri.

“Jtem domando che tutti habitanti et lavoraturi in decto Territorio et castelli debbano pagare come i cittadinj di Amelia, sotto la medesima pena ...

“Jtem domando che ogni castello sia obligato dare alli gabellieri doi para de pollastri (pure!) in quelli luochi dove andranno a gabellare et per ciasche volta et le spese conveniente.

“Jtem voglio esser tenuto pagare la cera alle Ecclesie solite ... et fare doi mantelli alli famigli di Palazo.

“Jtem domando posser rescotere li subsidij ordinarij della Città et castella in oro, argento, cioè julij, carlini grossi et jncontane (anconetani) ...

“Jtem domando perché multi Cittadinj cercano mettere le loro possessioni in quel de Canale, in preiudicio de la Città et della gabella, che quel (il territorio) di Canale se intenda il piano de Canale, dal fossato dentro fino alla cima de monti, come acqua pende, et verso il Colcello et la Frattuccia, et quello non paghi, excepto una vigna che sta in quel del Colcello, che sempre ha pagato; et quilli (che) havessono da decti terminj in qua, paghino ...

“Jtem domando possere elegere uno esequtore a mio beneplacito.

“Jtem domando che li pegni (che) se relassaranno alla porta over se faranno per esequtione, che quilli (che) li lassaranno o li saranno facti (presi) per esequtione, li debbano rescotere (riscattare) in termine de dece dì, altrimente li vol (voglio) possere vendere ... et se quelli (che) seranno lassati alla porta se perdessero (andassero perduti), sia il danno del patrone et sia obligato pagare la gabella (pure!) ...

Ci mancava poco che venisse assoggettata a gabella anche l’aria che si respirava! (2012)


21  -  Il 21 Aprile 1448 il Vescovo, con il consenso del Capitolo, vende un terreno della Mensa, per provvedere, con il ricavato, alla riparazione della Chiesa di S. Maria in Canale, unita alla stessa Mensa, che, insieme al campanile ed annessa campana, “ex tronitu et tempestate celesti et similiter eius campanile cum campana in eo existenti” a causa di un fulmine, durante un temporale, è “ruginata et diruta” rovinata e crollata, insieme al suo campanile, “prout ego notarius dictam campanam fractam vidi”, come lo stesso notaio può attestare, per aver visto in pezzi detta campana. (2014)


22 - Alla data del 22 Aprile 1541 il pittore amerino Gian Francesco Perini risulta eletto nel Consiglio Generale.

Il nostro Artista figura anche eletto Vicario di Foce, ma il 22 Giugno 1542, la nomina viene invalidata, perché riconosciuto debitore.

Anche il 22 Giugno 1556 ed il 20 Giugno 1562, il Perini è chiamato a far parte del Consiglio Generale.

Il giorno 11 Ottobre 1562, a causa di tre assenze nelle riunioni consiliari, il pittore chiede che il suo nominativo  venga cancellato dal “Libro degli Specchi”, nel quale venivano annotate le dette assenze (“puntature”), giustificandosi perché lontano da Amelia all’epoca delle relative convocazioni.

Il Nostro, ormai settuagenario, il 18 Luglio 1574 rivolge analoga supplica agli Anziani, per essere esonerato dalla puntatura, poiché “con fatiga posseva andare dalla casa alla chiesa” e, benché conscio di essere stato giustamente multato, “non da meno la riceverà a gratia speciale da questo generoso et magnifico Consiglio, quale Nostro Signore Iddio feliciti et conservi in longo et felice stato”. (1998)


22 - Il 22 Aprile 1944 viene reso pubblicamente noto, a mezzo manifesto, che, con decreto ministeriale, è stato reso obbligatorio l’ “ammasso” delle uova. Si dispone, pertanto, che:

“Tutti gli allevatori di galline sono tenuti a conferire, ad apposito centro di ritiro (ammassatore Nicolucci Luigi) il numero delle uova fresche che sarà determinato annualmente, tenuto conto della produzione, del consumo famigliare e del fabbisogno per la cova.

“Gli allevatori tenuti all’obbligo del conferimento che non abbiano effettuato, in tutto od in parte, la consegna delle uova, nel quantitativo fissato entro i singoli periodi, incorrono in una ammenda di £. 20 per ogni uovo non consegnato, senza pregiudizio dell’azione penale”.

Caro mi costa l’ovetto! (1999)


22 - Stefanuccio ed Enrico Colonna inviano al Comune di Amelia alcune lettere, affinché “fiat auxilium ... ad defensionem castri Jovis” sia recato aiuto al Castello di Giove. Il 22 Aprile 1331, si delibera di aderire a quanto richiesto. Dodici persone elette dagli Anziani e precisamente Luzio di Pietro, Giovanni Paci, Andrea di Giovanni, Colaolo Guidi, Pietro di Mastro Pietro, Mastro Celestino di Mastro Angelo, Ugolino di Uffreduccio, Mattiolo Zucci, Mastro Cardinale, Tuzzarello di Vitale, Angelo Conti e Mastro Angelo di Stefano vengono incaricati di provvedere in merito, dando assicurazione ai Colonna “quod commune Amelie paratus est capere defensionem castri predicti, et ad ipsius defensionem omnia operare que facerent pro seipsis” che il Comune di Amelia si dichiara pronto ad assumere la difesa del Castello e a provvedere a quanto occorre, come si farebbe per il proprio interesse. (2008)


22  -   Il 22 Aprile 1473 il Cancelliere “umanista” Barnaba da Sarnano riporta puntualmente e con fiorita prosa ed elegante calligrafia, l’estrazione del nuovo bussolo, avvenuta nella sala magna del palazzo pubblico, dove il Maggior Consiglio, “convocato et cohadunato sollemni pompa nec parva civium  sequente caterva” riunito con pompa solenne e con un seguito di moltitudine di cittadini, che avevano accompagnato “clangentibus tubis a templo Sancti Francisci cassectam in qua ibidem nomina offitialium Amerinorum recondita sunt” il prelievo, effettuato con squilli di tromba dalla chiesa di S. Francesco, della cassetta nella quale erano contenuti i nomi dei candidati alle Magistrature amerine. Quindi, “post brevem anime habitam cum invocatione sanctisimi dei prefationem” dopo una breve predisposizione dell’animo, con l’invocazione della Divinità, “palam extracta fuit una buxola nomina Antianorum continens” venne estratta, pubblicamente, una bussola (capsula), contenente i nomi degli Anziani (da eleggere) “ex qua manu Petripauli Becti Viri Egregij et honorabilis potestatis huius inclite urbis” dalla quale, per mano di Pietro Paolo Betti (di Perugia), uomo egregio ed onorevole podestà di questa inclita Città, “sorte ac suavi fato brisiolus seu cerea pallucta educta fuit” a sorte e per dolce destino venne prelevata una pallina di cera “habens in se nomina Antianorum dicte Civitatis  pro duobus secuturis mensibus incipiendis Kalendis venturi mensis Maij” contenente i nomi degli Anziani della Città per i due mesi futuri, da iniziare con il venturo 1° Maggio. I nomi degli estratti furono: Pace Cerichelli, Confaloniere; Tommaso di Filippazzo, Eusebio di Mario, Giovanni alias Farrata (Farrattini?), Egidio di Colozio e Battista di Francesco.

Con la stessa procedura, vengono estratti i nomi “sorte ex alia buxula manu eiusedem domini potestatis”, il Camerario generale del Comune, in persona di Benedetto Ser Artemisis, i Notai per gli affari civili Ser Fabrizio Nicolaj e Ser Nicolò di Ser Andrea, tutti per i detti due mesi; quindi i notai addetti al Catasto (“Catasterij”) per la durata di quattro mesi, nelle persone di Ser Alberto Jacobi di Veraldo, Ser Giacomo Genovinj e Ser Manzio di Toma. Per ultimi, vengono estratti i Sindacatori dell’attuale podestà Pietro Paolo Betti, in persona di Placenzio Cansacchi e Fabrizio Nicolai, oltre al loro notaio Ser Francesco di Ser Ricco.

“Expeditis demum feliciter omnibus” condotte felicemente a termine tutte le  dette operazioni, “scrinium clausum fuit”, la cassetta viene richiusa “atque eodem apparatu et pompa qua fuit advectum relatum est” e con il medesimo apparato e con la stessa pompa con cui essa era stata portata, viene ricondotta “digna caterva et tubarum leto clangore ad templum Sancti Francisci” con un degno seguito di popolo ed al lieto squillo delle trombe, nella chiesa di S. Francesco, “atque ibidem in armario quodam solito illius templi Sacrarij” ed ivi riposta (“reconditum est”) nel consueto armadio conservato nella Sacrestia della chiesa, “signo communis impressum ne violarj clam posset” e sigillato con l’impronta del Comune, affinché non possa venir di nascosto violato; “multis qui comitabantur astantibus” il tutto alla presenza di molti accompagnatori.

E questa complessa e variopinta cerimonia avveniva ogni due mesi! (2009)


22  -  Il 22 Aprile 1517 si deve provvedere all’estrazione dei nuovi anziani ed ufficiali per i futuri due mesi. Nelle riformanze si registrano le complesse operazioni che tale elezione comportava e che, in questa particolare circostanza, si rivelò ancor più complicata e difficoltosa. Si inizia col dare atto che i membri del maggior consiglio, “jn Sala Antianalis Palatij congregato jngentj patritiorum convenctu” riunito nella sala del palazzo anzianale con grande concorso di appartenenti al ceto patrizio “hominum preclarissimorum Civitatis Amerie” e dei più illustri cittadini della Città di Amelia, “cum quo Magnifici Domini Antianj premisso tubarum sono ad Templum divj Francisci profecti sunt” si erano recati, in loro compagnia, premesso il suono delle trombe, nella Chiesa di S. Francesco, “unam capsulam jn qua nomina Antianorum et aliorum officialium recondita sunt in predictam aulam transportandam curaverunt” da dove avevano avuto cura di prelevare una cassetta contenente i nomi degli Anziani e degli altri ufficiali da eleggersi e di averla, poi, trasportata nella detta sala anzianale. Si dà, quindi, inizio all’estrazione dei nuovi Anziani: “ex urnula quae antianorum nomina continebat” da una piccola urna contenente i nomi degli Anziani, il Pretore (o Podestà) estrae, a caso, una capsula (di cera) “quae jllico per me Antonium Cancellarium perforata fuit et dissoluta” che viene immediatamente aperta e dissolta dal Cancelliere Antonio, liberandone la scheda ivi contenuta, recante i seguenti nomi: Anselmo Liardelli, Gian Francesco Perini (il nostro illustre pittore!), Deimo di Ser Eliseo, Pietro Gentile Cerichelli, Baglione Profili e Francesco Antonio Mej. Ma, dopo aver preso atto, tanto il Podestà che gli Anziani in carica, che Anselmo Liardelli era precedentemente deceduto e che sia Gian Francesco Perini che Deimo di Ser Eliseo non si potevano eleggere, perché risultati debitori nei confronti del Comune, “jusserunt educj debere subrogatos. Tunc aperta quadam saccula jn qua erant nomina subrogatorum” comandano la loro sostituzione con nominativi di riserva. Estraggono, quindi, da un apposito sacchetto i nominativi seguenti: Angelo Antonio Geraldini, in luogo di Anselmo Liardelli; Antonio Mandosi, in luogo di Gian Francesco Perini e Borgia di Dario, in luogo di Deimo di ser Eliseo. Ma gli ultimi due risultano assenti e, quindi, si estraggono altri due nomi, cioè Pietro Francesco Alberti, in luogo di Antonio Mandosi e Dardano Piccioni (Sandri), in luogo di Borgia di Dario. Ma anche Dardano viene scartato, perché assente. A questo punto “deficiebat unus Antianus et non erant amplius subrogatj extrahendj” manca un Anziano e non vi sono più nominativi di riserva da estrarre. Si decide, quindi, di riconvocare il maggior consiglio, prima dell’inizio del prossimo mese.

Che faticata! (2011)


22  -   Il 22 Aprile 1330 il consiglio è chiamato a deliberare circa la richiesta avanzata dal Cardinale Legato di concedere il transito sul territorio amerino da parte del vettore Giovanni da Rimini per trasportare cento salme di cereali dal Castello di Canale alla città di Narni (“pro parte d.ni Legati petentem sibi dari licentiam pro dicto d.no deferendi ad Civitatem Narnie per territorium Amelie C. salmas bladi abstrahendas de Castro Canale”). Cecchino di Alviano propone che si conceda il trasporto soltanto limitatamente a 25 salme di grano e 25 di spelta, “pro victu ipsius domini et sue familie” da servire esclusivamente per il consumo del Legato e della sua famiglia. Gli Anziani autorizzano a levare dalla Rocca di Canale 50 salme di grano, per metterle in vendita nel territorio di Amelia, di cui 25 a Porchiano. “Do ut des”!

A circa centocinquant’anni di distanza, il 22 Aprile 1482 il Vicario del Vescovo Mandosi, il Priore ed il Capitolo presentano, davanti ai Vescovi di Suessa e Catanzaro, Angelo e Giovanni, le bolle di nomina ad Arcidiacono di Agapito Geraldini, rappresentato dal procuratore Alberto di Ser Nicolò. Vi erano state, infatti, delle differenze di vedute fra il Capitolo ed il Geraldini, circa l’Arcidiaconato. Dopo l’avvenuto chiarimento, Mons. Angelo dona al Capitolo quaranta ducati d’oro per l’acquisto di un oliveto “ad ornamentum altaris majoris”. Ma sul finire dell’anno, ad onta dell’espressa intenzione del donante, il Capitolo spende detta somma nell’acquisto di un tabernacolo, forse pensando -non a torto- che, ad ornamento dell’altare maggiore, fosse più adatto un tabernacolo, che un oliveto! (2014)


23 - Il 23 Aprile 1589 nel consiglio decemvirale viene letto un memoriale presentato dai padri del convento di S. Angelo, del seguente tenore:

“Li padri della doctrina christiana che habitano a S.to Angelo humilmente espongono alle SS. VV. come alli giorni passati hanno ricercato Mons.re R.mo Vescovo che gli voglia consignare perpetuamente per instrumento detto luoco, esso Mons.re gli ha risposto che quando li Cittadini di ciò si contentino, et d’essi padri siano sodisfatti, gli farando (sic) instrumento à requisition loro. Però (perciò) detti Padri pregano le SS. VV. à pigliar le voci nel consiglio per sapersi sopra ciò la resolution loro. Supplicando tutti particolarmente, et universalmente nelle viscere di Giesù Xpo à voler aiutare il bono e santo desiderio che hanno di giovare all’anime et d’augmentare detto loco di bene in meglio. Il che ottenendo come sperano s’offriscano di pregare sempre il S.re Iddio per il felicissimo stato di questa Città, quam Deus ad vota etc.”

Si delibera in merito “quod si necessarius est et requiritur consensus Civitatis prestetur et vigore presentis consilij censeatur prestatus” che se detto consenso della Città è necessario e richiesto, venga prestato e tale considerato dal consiglio “et quod Communitas dictos R.dos patres semper protegat, et in omnibus illis auxilietur” e che la Comunità sempre protegga detti Rev.di Padri e li aiuti in tutti i modi. (2008)


23  -   Il 23 Aprile 1395 gli Anziani ed il Guardiano della Città concedono al mercante ebreo Matteuccio di Todi licenza di esercitare il suo commercio in Città, per la durata di sei mesi. Vale la pena di riportare qui di seguito l’elaborata forma della relativa autorizzazione:

“Nos Antiani populi et guardianus Civitatis Amelie pro sancta Romana Ecclesia Tibi Abree (sic) Mactheutij mercatori de Tuderto licentiam damus liberamque securitatem ac salvum conductum a nostris gentibus subditis et subiectis veniendi ad Civitatem Amelie et eius comitatus cum mercantijs salmis et arnesijs cuiuscumque generis et spetiei vel sine, ibique standi morandi et negotiandi, ibique ipsas mercantias salmas et arnesia vendendi ac per quoscumque victurales et homines ipsas mercantias arnesia et salmas ad eandem Civitatem conducendi et conduci faciendi et ex jnde redeundi et ipsas mercantias salmas et arnesia extragendi et extragi faciendi quo volueris ad tui libitum voluntatis. Tute libere et secure absque aliquo obstaculo jmpedimento iactura seu gravamine reali vel personali Non obstantibus quibuscumque hinc inde commissis ac jmposterum commictendis. Mandantes quoque omnibus et singulis nostris gentibus subditis ac subiectis quatenus eidem Abrae et vecturalibus et eorum cuilibet inveniendo stando negotiando et morando ac redeundo nullam inferant seu inferri facere presumant noxiam novitatem in personis vel rebus neque in ipsis mercantijs salmis et arnesijs quovis modo. Set potius si opus fuerit favorabiles ed adiutores assistant hoc nostro salvo conductu durante quem durare et valere volumus et decernimus sex mensibus proxime venturis. Datum Amelie in palatijs nostre solite residentie sub annis dominj Milleximo trecenteximo nonageximo quinto jndictione tertia tempore domini Bonifatij pape nonj die viceximotertio mensis Aprilis”. (2009)


23  -  Il 23 Aprile 1493 Alessandro VI scrive al Luogotenente del Legato per Rieti, Terni ed Amelia il breve che, da quest’ultimo, viene inviato agli Anziani, mediante il quale il papa comunica che “Quoniam favente atque jnspirante divino Spiritu, pro bono pacis et tranquillitatis Status Ecclesiastici, totiusque Jtalie, et universe Rei Publice Christiane” poiché, con  il favore e l’ispirazione dello Spirito Santo, per il bene e la tranquillità dello Stato della Chiesa, di tutta l’Italia e dell’intera Cristianità “nuper foedus, amicitiam et ligam inivimus cum Dilectis Filijs  Nobilibus Viris Augustino Barbadico (sic), Duce et Domino Venetiarum ac Joanne Galeaczu et Lodovico Maria Sforcia Vicecomitibus Mediolanj et Bari Ducibus, publicaturique sumus deo dante in proxima Sancti Marci festivitate in missarum solemnibus in ecclesia eiusdem Sancti, ubi personaliter erimus” recentemente abbiamo stipulato un trattato e lega di amicizia con i diletti figli Nobili Signori Agostino Barbarigo, Doge e Signore di Venezia e con Gian Galeazzo e Ludovico Maria Sforza Visconti, Signori di Milano e Bari; patto che andremo a pubblicare, con l’aiuto di Dio, nella prossima festività di S. Marco, durante le solennità delle messe da celebrare nella chiesa dello stesso Santo, dove saremo personalmente presenti “Jdcirco dignum existimantes Deo in primis, Cuius beneficio tantum bonum processit debite laudes et gratie referantur” Per la qual cosa, stimando cosa degna che vengano tribuite lodi e grazie  principalmente a Dio, per il cui favore ne è derivato tanto utile “Tibi per presentes committimus et mandamus ut in ista Civitate et locis omnibus tuo guberno subiectis missarum et processionum solemnitatibus a Clero et populo universo celebratis” ti commissioniamo ed ordiniamo che, in codesta città ed in tutti i luoghi sottoposti al tuo governo, celebriate con solennità di messe e processioni da parte del clero e di tutto il popolo “laudes et gratias condignas deo Altissimo et Gloriose Marie Virgini reddi” il rendimento di grazie e degne lodi all’Altissimo Dio ed alla Gloriosa Vergine Maria “Jgnasque et alia exultationis et letitie signa fieri publice faciatis” e facciate fare pubblicamente fuochi ed altre manifestazioni di giubilo.

La lega era stipulata con l’appoggio di Inghilterra, Spagna e dell’Imperatore Massimiliano, in chiave antifrancese, in quanto Carlo VIII, che immediatamente invase l’Italia, mirava ad impadronirsi del Regno di Napoli, come erede degli Angiò. Per l’Italia -Amelia compresa- c’era poco da stare allegri, con feste e luminarie! (2010)


23  -  Il 23 Aprile 1467 viene effettuata la permuta di benefici, con il consenso del Vescovo, tra Luciano, Rettore di S. Maria di Alvo e Camillo di Berardino Geraldini, Rettore di S. Fermina di Luchiano. Commenta Mons. Angelo Di Tommaso con un giudizio forse anche troppo severo: “Così si serviva il Signore. E le curie vescovili avevano l’impudenza di dichiarare nei pubblici istrumenti che si prestavano a questi giochi commerciali “ut Ecclesia in temporalibus et spiritualibus bene serviatur” affinché la Chiesa sia ben assistita sia negli affari temporali, che in quelli spirituali! (2014)


23  -  Il 23 Aprile 1590 vengono banditi i Capitoli della pesatura, da doversi rispettare da colui “qui meliorem conditionem fecerit” che avrà effettuato la migliore offerta, vincendo l’appalto. Se ne trascrivono alcuni.

“In prima. che si trovi una stanza atta al’uso del pesone (il peso ufficiale) in una contrada della Città, che sia più comoda che si po’, tanto alla piazza, et al Borgho. quanto all’altre contrade.

“2° Che in detta stanza si faccino fare tutti li ordenghi (sic) necessarij, et una statera grossa, giusta, et sigillata con una bilancia, con la quale si habbia da pesare, come si dirà da basso.

“3° Che si deputi un pesatore, quale non habbia interesse nessuno nelli molini d‘Amelia, né sia parente ad alcuno delli padroni di detti molini fino in secondo grado di consanguinità, o di affinità inclusive, il quale habbia cura di pesare il grano et la farina nel modo che si dirà da basso.

“Che al detto pesatore, per suo salario, per ogni carcha di grano o biade che pesarà, che non passi la somma di 250 libre, (spetti) un quattrino per carcha, ma passando la detta somma, se gli diano doi quattrini per pesa et sia il peso grande quanto si vole et non più, a spese del padrone del grano.

“Che il detto salario se li debba dare allhora quando pesa il grano et al ripesare della farina non se li dia niente.

“ ... Che detto pesatore debba stare et risedere continuamente nella stanza deputata, sino a due hore di notte et la state (l’estate) stia a un hora inanzi giorno, nelle altre hore se sarà chiamato sia obligato di andare a pesare, sotto pena di tre giulij per ciascuna volta che non fusse trovato alla stanza deputata, excetto alla hora del pranzo, d’applicarsi la detta pena un 3° alla Comunità, un 3° alla mensa Antianale et un’altro 3° al’essegutore.

“ ... Che il pesatore sia obligato, pesata che havrà la farina et aggiustato il peso, suggellare la carcha per renderla al carreggiatore, acciò non si possa commettere fraude.

“Che nessuno possi cavar della Città grano per andare a macinare, che prima non sia pesato nel luogho deputato.

“Che li carreggiatori ordinarij delli molini siano obligati con l’infrascritta mercede, portare il grano al molino, pesato che sarà, et dopoi riportar la farina al luogho deputato et aggiustata che sarà, riportarla a casa del padrone.

“Che per molitura et portatura del grano come di sopra quando il grano sarà portato a macinare dalli carreggiatori ordinarij delli molini non si possa pigliar più di quattro libre per cento, ma se il padrone volesse partare il grano a macinare con la sua bestia, non paghi se non mezza molitura, che sonno (cioè) due libre per cento.

“... Che il pesatore, della sua mercede sia obligato pagar la pigione della stanza da pesare et delli ordenghi, et statera, se si pigliaranno a pigione (in affitto) et di supplire della cera per suggellare come di sopra, tanto per se stesso, quanto per li molinari.

“Che si debba defalcare il peso (dal peso) da farsi del grano et altre biade per il saccho, corde, stanghoni, anelli, libre 25.

“ ... Che li ss. Priori pro tempore siano obligati almeno una volta nel tempo del loro Magistrato rivedere la statera se sia giusta.

“ ... Item che il pesatore et molinari siano obligati notificare alla Comunità, sotto pena di periurio (spergiuro) et di scudi 25, quando havessero notitia che alcuno havesse commesso qualche fraude, contravenuto alli capitoli, o falsificato il sigillo come di sopra.

“Item che li ss. Priori non possino far gratia alcuna delle pene sopradette, anzi, essendo negligenti in essigere, incorrano in pena d’uno scudo per uno, per ciascheduna volta”. (2014)


24  -  Viene rivolta al Comune, da parte dei Frati dell'Annunziata, una richiesta in data 24 Aprile 1473, affinché, per amore di Dio ed a causa della loro povertà ("amore Dei et ratione paupertatis") vengano loro concessi un migliaio di mattoni, "pro edificio eorum conventus".

Ser Evangelista de Rachanis propone di concedere ai frati quanto richiesto, anche in considerazione che da essi non venne mai preteso nulla dal Comune e che il materiale serve loro non per spese voluttuarie o di abbellimento, ma per la necessità di costruire delle celle per ospitare altri confratelli. Il Comune accoglie volentieri la domanda avanzata dai frati. (2001)


24  -   Il 24 Aprile 1473 si legge nel consiglio decemvirale la supplica “Corradi Johannis theutonici” di Corrado di Giovanni, di origine tedesca, formulata come segue:

“Se supplica humelmente per parte del vostro fidelissimo servitore et poverissima persona Corrado de Jovan Todescho d’Amelia el quale dice et expone come ipso Corrado è stato condennato in libre vinticinque de denarj sbactutoli (defalcati) li beneficij dela confessione et dela pace per uno mallefitio commesso per ipso in la persona de Tito de Ser Pirrhamo (Nacci?) nela festa del Carnevale proximo passato da laquale condemnatione se è appellato non per piatire (aver questione) col suo Magnifico Commune ma perché non li corra el tempo a demandare gratia ad questo Magnifico conseglio. Perlaqual cosa con humilità recorre alle V. M. S. che attento la sua miseria et infinita povertà li voglia fare gratia de decte xxv libre, quale serria impossibile  ad posserle mai pagare como è noto ad omne uno la sua povertà. Et questo quantunque sia iusto et sempre quisto Mag.co commune habia usato fare gratia a tucti li delinquenti, et maxime ad quelli liquali in la festa del carnevale hanno questione, pure lo riceverà ad gratia singulare dale V. M. S. le quale dio conserve ad vota etc.”.

Nella riunione del maggior consiglio del dì seguente, si delibera che “si constiterit ab offenso habuisse pacem” se si sia constatato che abbia avuto il perdono dall’offeso, a Corrado “cum sit inops”, essendo povero, si concedano i benefici della riduzione ad un quarto della pena.  (2009)


24  -  “Cum hoc sit quod sepe sepius ad aures et notitiam domini potestatis et dominorum Antianorum ac Gabellarij communis Amerie pervenerint qualiter Gabella et pedagium dicti communis defraudatur per forenses transeuntes per teritorium Amerinum in pluribus et diversis locis”; poiché più e più volte era giunta notizia alle orecchie del podestà, degli Anziani e del gabelliere del Comune di Amelia che, in molti luoghi, da parte di forestieri che transitavano per il territorio amerino, venisse frodata la relativa gabella (sul pedaggio), il podestà e gli Anziani avevano dato incarico al milite aiutante dello stesso podestà, Giacomo di Antonio di Cremona, coadiuvato da alcuni cittadini, “ut deberent personaliter accedere in dictis locis et receptos culpabiles et defraudantes ducerent eos animalia res et bona que portarent” perché dovessero personalmente accedere in detti luoghi e, trovati i trasgressori, arrestarli, insieme a quanto recassero con sé, animali compresi, “secundum formam statuti dicte Civitatis” secondo le norme statutarie. 

Il 24 Aprile 1467 nelle riformanze viene data notizia del risultato delle  indagini condotte “in contrata Castri focis communitatis Amerie et in fossato Turris picchij” nella contrada del Castello di Foce e nel fossato di Torre di Picchio, dove erano stati rinvenuti un giovese e tre todini del Castello di Farnetta, con animali e masserizie, “sine aliqua bullecta gabellarij Amerie” privi di ogni bolletta attestante il pagamento del relativo pedaggio e, quindi, i trasgressori erano stati tradotti “in fortiam communis” cioè nelle mani dell’autorità comunale. Gli stessi, opportunamente interrogati, non negarono il fatto, giustificandosi di non aver pagato gabella “quia parvum teritorium dicte Civitatis transiverunt” perché il territorio amerino attraversato era di breve entità. Interrogati da chi conduceva l’inchiesta che chiese loro: “per quanto spatio siete passati per quello de Amelia senza bollecta dove ve trovarono costoro che ve anno menati”, risposero: “per la fede nostra, che non era più de uno mezo tracto de balestro dentro nel tenimento  damelia, dove costoro ci anno trovati”. Al che, l’ufficiale inquirente rispose: “basta questo et bastaria ne havessete pigliato et passato per uno dito per quello damelia senza bollectino”. Dura lex, sed lex!

Stesso giorno, a distanza di dodici anni, cioè il 24 Aprile 1479, l’argentiere Mastro Gerolamo da Sutri, con dichiarazione annotata nelle riformanze, rende noto quanto segue:

  “Al nome de dio Adj xxiiij de Aprile 1479. Faccio fede Jo mastro hieronymo de Lorenzo da Sutro havere  receputo da Miser piacente damelia Ambasiatore (inviato) alle nozze del S.re Stefano Colonna ducati vintidoj a ba(iocchi) lxxij per ducato per uno baccile facto per (da) me con l’Arme del decto communo de Ameria, presente Ser Matheo dangelo damelia cancielleri del decto S.re Stefano Colonna. Et ad fede de cio ho facto questa scripta de mia propria mano”. (2010)


24  -  Nel consiglio dei X del 24 Aprile 1475 viene presa in considerazione la supplica presentata “per parte del vostro fidelissimo servitore et povera persona Leonardo de Jovannj Bono de Amelia el quale dice et expone come per la corte del presente potestà è stato condennato in libre trentasej o circha, o più o meno secondo ne li librj de malefitii se contene ali quali se referisce, per casione che essendo de nocte preso el suo fratello et dubitando non fosse marturiato essendo chiusa la porta del palazo, alta voce gridò et chiamò più volte el cavalierj (la forza pubblica?) et (disse) altre parole secondo nel processo formato se contene et parendoli fosse iusto de chiamare per farli la securtà acciò non fosse martorato, per laqual cosa humilmente se recommanda se li remecta decta pena o parte dessa, secondo parerà ala discretione de V. S. considerato el malefitio commesso essere de pochissima importantia et senza havere offeso alcuna persona. Et questo quantuncha sia iusto et rasionevole et sempre siano (usate) V. S. farlo adchi lo ha demandato, nientedemeno lo receverà ad gratia singolare da V. M. S. le quale dio conserve in felice et prospero stato”.

Nel consiglio generale del giorno appresso, “ratione paupertatis et levis criminis in quo nullus offensus est, presertim quod ut presumitur non animo maligno deliquit” considerata la povertà dell’imputato e la lievità del reato da lui commesso, nel quale nessuno è risultato danneggiato ed inoltre che si presume non vi sia stata malafede da parte dello stesso imputato, “admictantur illi omnia beneficia ita ut solvat quartam partem totuius integralis pene et reliquo donetur” gli si concedano tutte le attenuanti, in modo che paghi soltanto la quarta parte della pena ed il residuo gli venga condonato.

E così il povero Leonardo, che dovette far baccano di notte per aiutare il fratello restato chiuso fuori ed aggredito, invece di ricevere un elogio, dovette pure pagare una multa!  

Lo stesso giorno si legge una lettera del Cardinale di Milano, sotto il titolo di Sant’Adriano, diretta agli Anziani, con la quale lo stesso caldeggia l’elezione all’ufficio dei danni dati “uno nostro servitore”, in questi termini: “vi pregamo che nel loco reservato in esso offitio ad contemplatione nostra (per un riguardo a noi) voliate deputare Ser Petro de Laudati da Perosia, dal quale ce rendemo certissimi sarete in tal modo serviti et satisfacti che meritamente ne commendarite (ringrazierete) haverve preposto tale homo”. La mala pianta delle raccomandazioni è tanto antica e cresciuta, che potrebbe gareggiare, in età ed altezza, con le più gigantesche sequoie californiane! (2011)


24  -  Occorre provvedere alla nomina di un custode delle munizioni del Comune, necessarie alla difesa della Città ed il 24 Aprile 1536 gli Anziani, unitamente ai cittadini scelti e deputati “pro munimine Civitatais” alla difesa della Città, “elegerunt ad munitionem Communis manutenendam de omnibus in dicta munitione necessaria” elessero, per il mantenimento e la custodia di tutto quanto necessario alla difesa cittadina, “Presbiterum Stephanum Petrj de castro Porchiani, virum in predictis jdoneum et expertum” prete (!) Stefano di Pietro, del Castello di Porchiano, uomo ritenuto idoneo ed esperto in materia, “cum salario ducatorum sex pro quolibet anno” con il salario di sei ducati all’anno, da prelevare dai proventi derivanti “in gabella vinj” dalla gabella del vino “et incipiendo die primo mensis Maij proximi futuri” ad iniziare dal primo maggio prossimo. Detto custode “teneatur omnia recipere per inventarium per cancellarium communis scribendum et non dare alicuj persone pulverem in dicta munitione sine licentia consilij x” sarà obbligato a ricevere (e custodire) tutte le munizioni risultanti dall’inventario da redigersi dal Cancelliere comunale e a non dare a nessuno la polvere conservata in esse, senza licenza del Consiglio decemvirale, “sub pena privationis suj salarij si contrafecerit” a pena, in caso contrario, di decadenza dal suo ufficio e privazione del salario; “in qua munitione sint claves due retinende una per cancellarium communis et alia per ipsum Presbiterum Stephanum” ed il luogo dove le munizioni vengono conservate abbia due chiavi, di cui una da tenersi dal Cancelliere del Comune e l’altra da esso Presbitero Stefano; “revidendam, dictam munitionem, quolibet anno semel, videlicet Domini Antiani qui fuerint de mense Maij” e dette munizioni dovranno venir ricontrollate una volta all’anno, in particolare dagli Anziani in carica nel mese di maggio, “sub pena unius ducatj pro quolibet Antiano si contrafecerint” sotto pena di un ducato per ogni Anziano che contravvenisse a quanto sopra.

Il 31 Maggio successivo viene redatto l’inventario delle munizioni.

E, così, il prete “polveriere” può iniziare il suo ufficio! (2012)


24  -  In un inventario dei beni della Chiesa di S. Secondo effettuato il 24 Aprile del 1528 dal notaio Tommaso di Taddeo Artinisi, fra le “robbe lasciate in chiesa alla morte di D. Luciano Geraldini Abate”, si riscontrano “una bibia grande de carta pecorina, uno breviario grande de carta pecorina con laudi, uno libro corista in carta pecorina”. Chissà che fine avranno fatto?

 Lo stesso giorno, Prete Francesco Chiucchio di Amelia riferisce al notaio  “audivisse de suis peccatis” di aver confessato certa Antonia Manichielli “et post confessionem factam” e dopo la confessione, la morente gli disse: “Io voglio fare testamento” il prete rispose: “Io non sono notaio, ma come parrocchiale ne oderò et lei dixit: Io lasso la dote mia alli miei dui figlioli et de poi la morte loro morendo senza figli legittimi voglio che dicta dote torni a casa de mio patre”. Testamento fatto per interposta persona! (2014)

Il 24 Aprile 1541, un tal Matteo Mannicello di Amelia è depositario  delle esazioni delle decime papali imposte al clero diocesano per il passato biennio, come da editto pubblicato “ad valvas” sulle porte della Chiesa di S. Fermina, con la consueta comminatoria -in caso di contravvenzione- dell’interdetto. Il Vescovo, il Priore ed altri due Canonici rilasciano al Mannicelli una dichiarazione di indennità. (2015)


25 - Il 25 Aprile 1470 risulta stipulato fra il Comune di Amelia da una parte e Stefano Jacobi Pei dall'altra, l'atto a margine indicato come "Venditio sigillorum et mensurarum Communis pro decem annis".

Nel contesto dell'atto, che può considerarsi non tanto una vendita, ma un appalto, si legge che "Bettinus de Ferraria, famulus dominorum Antianorum et Sindicus Communis Amelie", agendo in rappresentanza dello stesso Comune, con l'assistenza, il consenso e la volontà dei detti Anziani, "in perpetuum vendidit, tradidit, cessit et concessit Stefano Jacobi Pei de Amelia", cioè, in parole povere e senza tante clausole di stile, fu concessa, a detto Stefano, per dieci anni, la facoltà di controllare, sigillare ed aggiustare tutte le misure circolanti in Amelia, il cui elenco viene riportato in cace all'atto, come segue:

"Unum Marcum metalli ponderis xii. librarum cum dimidia . Unum coppitellum . Unum medium coppitellum. Quatuor galetas raminis ad mensuram vini, videlicet: Unum petictum, Medium petictum, Unam fogliettam et Mediam fogliettam. Tres galetas ad mensurandum oleum, videlicet: Unum petictum, Medium petictum et Unam fogliettam de ramine. Tres stampas cum sigillo et immagine et scultura Santi Olimpiadis, actas ad fatiendum sigilla, videlicet duas magnas et unam parvulam. Duos lapides aptos ad faciendum immagines Santi Olimpiadis, seu ad faciendum frullinos. Unam cassam pro passectis adiustandis et sigillandis. Unam formam pro Tibulis et Unam pro lateribus et Unum par bilanciarum raminis fulcitis".

Conoscere con esattezza la corrispondenza delle misure sopra elencate con quelle a noi note non è né agevole, né sempre sicuro. Si sa, ad esempio che il petitto equivaleva circa a due litri, il mezzo petitto ad un litro e la foglietta al mezzo litro. Il passetto era una misura di lunghezza usata dai venditori di stoffe e doveva equivalere a circa mezzo metro. Tutte le misure dovevano essere sigillate ed a questo doveva servire il "marcum metalli", del peso di dodici libbre e mezza, che figura nel citato elenco. (2004)


25 - Il 25 Aprile 1453, su ordine del Governatore Cesare Lucense, il suo “Auditor et Commissarius” Melchiorre di Monte S. Maria in Lapide, “pro bono et pacifico statu S.te R.ne Eccl. et S.mi D.ni N.i Pape (Niccolò V)” venne costituito un comitato di sei persone composto da: Ermanno di Pietro, Francesco di Ser Arcangelo, Ser Ricco di Ser Francesco, Paolello di Ser Giovanni, Ser Arcangelo Mandosi e Ser Andrea di Pietro, “qui habeant plenam licentiam cum pleno jure” che abbiano ampi poteri “sedandi pacificandi et quietandi omnem litem controversiam differentiam malivolentias invidias hodia et similia” di sedare, pacificare e quietare ogni lite, controversia, discrepanza, malevolenze, invidie, odii e simili, sia esistenti, sia che potessero insorgere “de omni tempore” in ogni momemto “inter civem cum alio cive et cives cum civibus” tra un cittadino ed un altro o tra cittadini ed altri cittadini, con facoltà di imporre sanzioni e pene contro i disobbedienti, con autorità altresì di bandire i delinquenti. “Et quidquid per predictos actum factum et gestum fuerit” E quanto da essi verrà deliberato ed attuato avrà forza di legge.

Che gli Amerini del tempo fossero tanto attaccabrighe da porre in pericolo il pacifico stato della Chiesa e addirittura dello stesso Papa? (2007)


25  -  I bifolchi minacciano di scioperare. Nella seduta consiliare del 25 Aprile 1479 gli stessi affermano “quod necessario coguntur artem et exercitium agriculture et soccitarum deserere” che di necessità saranno costretti ad abbandonare l’esercizio dell’agricoltura e della soccida, se non verrà modificata la decisione presa in materia di danni dati col bestiame che prevede di triplicare le pene per quelli recati nei casali, chiedendo “quod casale non intelligatur” che non sia considerato casale “nisi possexio illa in qua vinea fuerit” se non quella possessione dove sia presente una vigna. Nel seguente consiglio generale si decide che gli Anziani, insieme ad una commissione formata da “quatuor civibus de maiori libra, duobus de media et duobus de minori libra” quattro cittadini appartenenti alla classe più abbiente, due alla nedia e due alla minore, da eleggersi dagli stessi Anziani, abbiano piena facoltà di decidere in merito, “salva tamen voluntate Ill.mi Dominj Gubernatoris nostri”, con il consenso, tuttavia, del Governatore in carica.

Si esamina, anche, la supplica presentata da Matteo di Brancatello di Amelia “el quale dice et expone como ipso Macteo ha duj case in la contrada del Colle cio è una verso la casa dele herede d’Egidio de Anima negra (bella nomea!) et laltra de rempecto la via del Communo jnmezzo et vorria fra le dicte doi case cio è da una alaltra fare uno ponte, o vero annavenj (va e vieni, cioè un passaggio) relevato et alto da terra secundum formam statuti (quanto lo consente lo statuto cittadino)” considerando l’altezza in “piedj alla mesura del communo, et questo per sua comodità et abilità. Et nol vorria fare senza licentia dele V. M. S. (ma che cittadino esemplare!) advengna (anche se) jn Amelia jn più lochi et Contrade ce siano simile et magiori facti et senza alcuna contraditione dela Comunità; per laqualcosa humilemente recorre alle V. M. S. se vogliano de gratia concederlj dicta licentia et che possa fare dicto ponte o vero annavenj”. Gli si concede licenza, purché il ponte sia elevato da terra dodici o almeno dieci piedi. (2010)


25  - Il 25 Aprile 1551 occorre prendere alcuni provvedimenti di ordinaria amministrazione. Ser Gerolamo Nacci –“vir summe probitatis” passa, fra l’altro, ad esaminare la supplica di tre donne: Paolina, Margherita e Flora, che erano state condannate per aver venduto pane in violazione di un ordine emanato dalle autorità, forse per contrastare il commercio non autorizzato. Il Nacci propone che “fiat gratia liberalis de rata pene tangente communitatem” si faccia loro remissione della parte della pena che avrebbe dovuto incamerare la Comunità. La proposta riporta l’unanimità dei consensi, meno uno: che si sia trattato del tesoriere comunale? Altra proposta del Nacci: “quod quicuumque fuerit repertus pascere studiose animalia in segetibus incidat in penam unius scuti pro qualibet bellua de die et de nocte pena duplicetur et teneatur emendare in duplum damnum patienti; si vero sine custode, solvat medietatem dicte pene” che chiunque sarà trovato a pascolare intenzionalmente bestie nelle messi, cada in pena di uno scudo per ogni bestia (chiamata addirittura “bellua”!) se di giorno; di notte, la pena raddoppi e sia in ogni caso tenuto a risarcire il danno; se le bestie fossero senza custodia, la pena si riduca alla metà. Propone, inoltre, che, per facilitare l’individuazione di chi reca il danno, chi transiterà di notte con le bestie, sia tenuto “denuntiare janitori numerum belluarum per eos ducendarum” a denunziare al custode della porta il numero delle bestie condotte con sé. Le stesse pene colpiscano anche chi reca danno “manualiter” personalmente “et de hoc fiat proclama” e di quanto sopra venga fatto pubblico bandimento.

A distanza di un anno, il 25 Aprile 1552 si decide, fra l’altro, su di una richiesta avanzata dal Capitolo della Cattedrale di S. Fermina, circa la vendita di alcune terre di sua proprietà, site in agro del Castello di Macchie, “in confectione organorum” per provvedere alle spese di costruzione di un organo. Vincenzo Crisolini, “Nobilis et facundus Vir”, nel consiglio generale propone “quod habita jnformatione a comitatinis Castri Machie et a x. colonis amerinis si alienatio terrarum petitarum a Capitulo prejudicat Civibus vel comitatinis et si illorum testimonio affirmatum est non multum interesse concedantur dicte terre ut petitum est, aliter non” che, dopo essersi informati da parte dei contadini  del Castello di Macchie e di dieci coloni amerini se l’alienazione di terre richiesta dal Capitolo possa recare pregiudizio agl’interessi dei cittadini o dei contadini e se, a loro giudizio, la vendita non presenti per essi un rilevante interesse negativo, si conceda, altrimenti no. La proposta del Crisolini venne approvata con 24 voti favorevoli (lupini) e 15 contrari (fave). (2012)


25  -  Il 25 Aprile 1359 il notaio Tommaso Fariselli, con suo testamento, lascia venti soldi a prete Marco Bucciarelli, suo appatrino (confessore) e parroco ed un fiorino d’oro, affinché, nella Chiesa di S. Fermina, fosse dipinta l’immagine di S. Agostino nella Cappella dei Santi Apostoli, alla quale lascia alcuni suoi possedimenti e ordina che, nella Chiesa di S. Agostino, sia dipinta l’immagine “Beate Virginis Marie cum filio” della Beata Vergine Maria con il Figlio. (2014)


25  -  Avendo il Comune di Amelia concesso ai coloni di Foce alcune immunità, tra cui l’esenzione dalla metà delle imposte sui pascoli, i gabellieri consorziali, tra cui un Petrignani, protestano al Comune per il mancato introito, avendo fatto il contratto di appalto prima di tale concessione. Il 25 Aprile 1466 si addiviene ad una transazione, consistente, da parte dei gabellieri, alla rinunzia di quindici ducati sui quaranta che avrebbero dovuto incassare, contentandosi di venticinque. (2015)


25  -  Il 25 Aprile 1494, con dichiarazione resa al notaio  Ugolino di Nicolò, Giovan Lorenzo di Pietro Paolo Bartocci dichiara di aver ricevuto in deposito dal Confaloniere Pietro Paolo di Girolamo e dagli altri Anziani del popolo della Città di Amelia “n. 14 tactias de argento” quattordici tazze d’argento, con lo stemma del Comune e “cochiaios decem, forchettas decem, unam crucem cum crocefisso de argento et pacem de argento” dieci cucchiai, dieci forchette, una croce con Crocifisso d’argento ed una ‘pace’, pure d’argento. (2015)

 

25  -  Il Rev. Nicolò Franchi, Priore della Chiesa di S. Fermina, il 25 Febbraio 1557, con atto rogato dal notaio Fazio Piccioli, concede in affitto due appezzamenti di terreno del Priorato, uno in contrada il Lago, l’altro nella stessa contrada, al di sopra del fosso (Fosso Grande?), “iuxta viam” a confine con la strada; per la durata di tre anni e contro corresponsione di tre salme di grano e due di paglia all’anno. L’affittuario dovrà coltivare a regola d’arte e non tocchi gli alberi “sine licentia ipsius Prioris vel successoris” senza licenza dello stesso Priore o del suo successore. (2014)


26 - Poiché il defunto Francesco Cansacchi, fra le altre disposizioni testamentarie, lascia incarico alla sua madre d.na Elena di dividere e dispensare “inter pauperes Christi” 250 scudi, detta esecutrice, con atto ricevuto dal notaio Tommaso Taddei il 26 Aprile 1558, in considerazione che “venerabiles presbyteri Societatis Jesus”, cioè i Gesuiti, con grande dispendio di energie si prodigano nella nostra Città, contrastando “verbo, opere et exemplo”, cioè con parole, opere ed esempio “ad pravos mores et scelera”, a cattivi costumi e delitti, e a difendere e diffondere “Christi sanctam religionem et doctrinam”, essa esecutrice testamentaria mette a disposizione della Compagnia di Gesù un orto da lei posseduto presso la sua abitazione, in adiacenza alla chiesa di S. Angelo, perché vi venga costruita (certamente a sue spese) un’abitazione da destinare a coloro che si trovano “in summa paupertate”.

Cede, quindi, detto orto -valutato 50 ducati- alla Compagnia dei Gesuiti, con il patto, però, che non venga rivenduto, poiché, in tal caso, il ricavato sarà anch’esso devoluto “inter pauperes Christi”.

Forse Donna Elena nutriva qualche perplessità? (2000)


26 - Ad Amelia vi è carenza di moneta spicciola. Il 26 Aprile 1472, nel consiglio decemvirale si espone “cum optimum factum foret tam pro communi Amelie quam etiam pro eius particularibus personis quod in civitate Amelie sint piccioli et expendantur” che sarebbe ottima cosa sia per il Comune che per i privati cittadini, che in Città vi siano e si possano spendere monete spicciole. Nel maggior consiglio del dì seguente, viene dato incarico ad alcune persone, affinché “eis liceat providere inveniendi pecuniam necessariam pro dictis picciolis inveniendis ... nec non possint et valeant ordinare et deliberare pro quanta quantitate expendi et recipi debeant” siano autorizzati a procurare la moneta occorrente a reperire detti spiccioli e siano altresì facoltizzati a decidere circa la quantità di denaro da impiegare in detta operazione. Si aggiunge di bandire  “quod piccioli a nemini recusari possint” che detta moneta abbia libera circolazione e non possa venir rifiutata da alcuno. (2008)


26  -  Il 26 Aprile 1508 il Canonicato di S. Barbara, in S. Giovanni di Canale, “extra muros Castri Colcelli” fuori delle mura di Collicello, è stato rinunciato  da Stefano di Ser Francesco de’ Vatelli e rimesso nelle mani del Vicario Marchesini, il quale, accettata la rinunzia di Stefano, conferisce il Canonicato a Giacobbe di Ser Francesco de’ Vatelli; così tutto resta in famiglia, ma -come commenta Mons. Angelo Di Tommaso-: “sine labe simonie!” senza macchia di simonia! (2014)


26  -  Il 26 Aprile 1558 il notaio Tommaso di Taddeo verbalizza quanto Donna Elena, madre del defunto figlio Francesco Cansacchi, in attuazione delle disposizioni lasciate nel suo ultimo testamento, alla presenza sua, di suo figlio Anchise, dei testimoni e di esso notaio, dichiarò “divideret et dispensaret inter pauperes Christj ducenta et quinquaginta scuta” di voler dividere e distribuire fra i poveri di Cristo duecentocinquanta scudi “animumque advertens quod venerabiles presbiteri Societatis Jesu summopere proficiunt et prosunt in hac Civitate verbo, opere et exemplo ad pravos mores et scelera repellenda” ed in considerazione che i venerabili padri della Società (Compagnia) di Gesù, con la più grande cura, sono presenti in questa città e giovano con le parole, le opere e l’esempio a reprimere malcostume e delitti “et Christi Sanctam religionem et doctrinam superinducendam et seminandam”, predicando e diffondendo la santa religione e la dottrina cristiana, “eos in summa paupertate reperiri et pro habitatione sibi apud Ecclesiam suam S.ti Angeli construendam valde indigere horto quem ipsa domina Elena prope dictam ecclesiam habet” e per ricercare coloro che si trovano in somma povertà e  per costruire per loro un’abitazione presso la sua Chiesa di S. Angelo, sia di grande utilità l’orto che essa Donna Elena possiede nei pressi di detta chiesa.

Dopo una tale premessa, Donna Elena, fatto stimare il predetto orto -che venne valutato cinquanta ducati di carlini- lo cede alla Compagnia dei Gesuiti, rappresentata da Don Giorgio, procuratore ed agente della stessa, con la espressa condizione che non sia venduto ad altri, poiché, in tal caso, intende riaverlo, per erogare “inter pauperes Christi” fra i poveri di Cristo il relativo importo di cinquanta ducati, essendo intenzionata ad adempiere coscienziosamente ed integralmente al suo dovere di esecutrice testamentaria del figlio Francesco. (2014)


27 - Il 27 Aprile 1615 il Consiglio dei X viene convocato per deliberare su di una questione di precedenze cerimoniali durante le celebrazioni che si svolgono nella chiesa Cattedrale.

“Havendo Mons. Ill.mo Vescovo nostro mandato il stabilimento circa le pretensioni , che vertono fra il Rev. Capitolo et la nostra Comunità”, viene letto quanto poposto dal Vescovo, con l’esibizione della pianta del coro “con l’accomodamento dissegnato da farsi”.

Il Consigliere Maurizio Boccarini propone di accettare il suggerimento del Presule, redigendo una memoria scritta o stipulando all’uopo un istrumento. Passa, quindi, ad illustrare detto progetto.

“Se il Governatore sarà Prelato, s’incensi immediatamente dopo il Vicario, et doppo lui li Canonici Cappellani, il resto del clero conforme al solito, et poi li Antiani et Magistrato, ma se il Governatore non sarà Prelato, s’incensi dopo il clero.

“Gli Antiani si potranno incensare con doi incensate et nella Purificatione et Domenica delle Palme darli la candela, et palma della qualità che si dà a’ Canonici, ma debbiano andare a pigliarla all’altare di mano di chi le distribuisce, secondo l’ordine che si è detto nel incensare.

“Li Canonici habbiano le loro sedie nel choro superiore appresso al Vescovo, di là, o di qua distintamente secondo il loro ordine, et il Governatore nella prima sedia del corno del choro superiore verso la Cappella del SS.mo Sacramento, il quale ha corrispondente al corno dell’Evangelio dell’altar maggiore. Se il Governatore sarà Prelato, si potranno mettere alla sua sedia coscini per sedere et per inginocchiarsi, come al Vescovo.

“Il Medico cirusico, et altri di Palazzo staranno nel detto choro inferiore à dirittura delli Antiani. 

“Per maggior comodità sarà bene aprire per ciascuna banda li corni del choro superiore da ciascuna banda, et farvi li scalini per salire al choro superiore, conforme all’accluso sbozzo di disegno” (che viene riprodotto nel libro delle riformanze).

“Nella cappella del SS.mo Sacramento si dia al Governatore et Magistrato il più degno luogo dopo il Capitulo, procurando il Vicario d’accomodar il negotio in maniera che non si levi il potervisi salmeggiare alternativamente”.

La proposta di Maurizio Boccarini fu approvata “per lupinos affirmativos trigintaduo, fabis tribus contrariis non obstantibus” (cioè con 32 lupini del sì e 3 fave del no). (1997)


27  -   Il 27 Aprile 1476 nel consiglio decemvirale si legge la supplica di donna Rosa di Giovanni “de schiavonia, poverissima perché conciossia cosa che essa supplicante sia stata condennata per la corte de Messer lo potestà per la cascione di certe questione (che) fece al forno con donna bensivenuta de Salvatore et sia stata condennata in certa quantità de denari ala quale epsa supplicante se referisce et epsa supplicante habia li beneficj dela pace e dela confessione domanda di gratia ale V. M. S. vi piaccia farli gratia che le facino amessi tutti li beneficij come è usanza di fare ale povere persone et de quelle (che) toccassi pagare farli qualche remissione, secondo parerà ad V. M. S.”. Nel maggior consiglio del dì seguente le si concedono i benefici richiesti, “attenta eius inopia”, in considerazione della sua povertà. (2009)


27  -   Nel consiglio decemvirale del 27 Aprile 1467 viene, fra l’altro, letta la supplica presentata da Agostino e Giovanni Piccioli, figli di Silvestro di Tomasso di Porchiano, “al presente habitanti in Jove”, i quali espongono “umelmente et con devotione ... che conciosia cosa ipsi Supplicanti et etiam Silvestro predicto gia loro patre per malefitij per ipsi commissi fossero condampnati in libre vclx (560) de denari per ciaschuno dessi al tempo dela potestaria de Benedicto deli Cospi da Sertiano (Benedetto de Cospis di Sarteano), già potestà delacittà damelia (nel 1464) nelapersona dantonio alias forioso de francara, et Antonio alias Capoccio de malliccio daporchiano, como nelilibri delimalefitij de epso potestà se contene, per mano de ser lonardo de nannj da sertiano, allora notaro delimalefitij de ipso potesta. Et lu dicto Silvestro gia loro patre sia morto et loro remasti con molti affannj et fatighe, jntendeno tucti o parte dessi retornare stare et abitare nel dicto vostro Castello de porchiano et lì socto lale (le ali) dele V. S. vivere et morire, se recomandano aquelle actento (considerato che) ipsi sonno stati sempre fidelissimi servitori dele V. S. averli per recomandati et receverli ad misericordia. Et loro offeriscono pagare contanti ala dicta communità damelia ducati dece doro, attento (purché) alloro secasseno le dicte condampnasionj et loresto addemandano lisserelasse per lamore dedio per pietà et misericordia per le V. S. Et questo quantunqua a più sia facto, lo receveranno de gratia singulare dale S. V. lequali dio conserve in felicissimo stato. Amen”.

Nel consiglio generale del dì seguente, si delibera che, affinché i supplicanti possano tornare a stabilirsi a Porchiano e vivano sotto l’obbedienza della Comunità amerina, si concedano loro “omnia benefitia a statuto Civitatis Amerie concessa” tutti i benefici previsti dallo statuto, purché gli stessi versino immediatamente i dieci ducati che si sono offerti di pagare, che verranno utilizzati dall’ambasciatore inviato a Roma per trattare interessi del Comune; mentre il residuo della pena “concedatur communi Castri porchianj, pro bonis meritis ipsorum” si dia al Comune di Porchiano, quale offerta meritoria degli stessi supplicanti. (2010)


28 - Il 28 Aprile 1555, il Consiglio dei Dieci, sotto il titolo  “De campana Christi pulsanda”, deliberò di concedere “viva voce” al Presbitero Giulio Quagliozzi la facoltà di suonare le campane “contra tempestates”.

La consuetudine di suonare le campane per avvisare la cittadinanza dell’imminente pericolo di temporali trae probabilmente origine dalla credenza che il suono (come più tardi i cannoni antigrandine) potesse disperdere i nembi grandinigeni, ma ciò non tanto per la possibilità che il propagarsi delle vibrazioni sonore potesse produrre tale effetto, quanto quale esortazione ai credenti ad elevare preghiere al Cielo, perché venisse allontanato il pericolo  costituito da fenomeni atmosferici dannosi alle colture.

In linea con tale interpretazione, sarebbe la liturgia penitenziale -ormai di fatto caduta in disuso- delle “Rogationes” (dal latino “rogatio” = supplica), la cui origine risale all’anno 470, per opera del Vescovo di Vienne (nel Delfinato, in Francia), S. Mamerto, adottata da Roma nell’VIII secolo, dopo la sua diffusione in Francia.

Il rito consisteva in una processione al canto delle “litanie dei Santi”, fra le quali veniva  anche ripetuta l’invocazione “a fulgure et tempestate libera nos Domine”, con la benedizione delle campagne, per impetrare un buon raccolto, ed aveva luogo nei tre giorni precedenti l’Ascensione.

Tale usanza venne mutuata dal paganesimo, sempre con lo stesso fine di propiziare abbondanza di raccolti e allontanamento dei pericoli che potevano minacciarli.

Ne sono testimonianza le processioni rituali durante le feste “Ambarvalia”, che si celebravano in onore di Cerere (la divinità protettrice dei raccolti), alla fine di Maggio, con sacrificio di un maiale, una pecora ed un toro (“suovetaurilia”); e le “Robigalia”, in onore della divinità Robigo (= ruggine), che risalivano al tempo del re Numa Pompilio e si celebravano il 25 Aprile, per tenere lontana la ruggine del grano (“Puccinia triticina”).

(Notizie derivate dalla cortesia del Rev. Don Settimio Laudi). (1998)


28 - Il 28 Aprile 1817 il Conte Monaldo Leopardi, Gonfaloniere della città di Recanati e padre del poeta Giacomo, allora appena diciannovenne, scriveva al collega di Amelia circa un’iniziativa -della quale purtroppo non conosciamo il contenuto- che interessava la realizzazione di un comune desiderio, non sappiamo se di carattere letterario o, forse, patriottico, se, stando a quanto accennato dal Conte Leopardi, “il concerto che si andava prendendo” era venuto a conoscenza del Governo e la Direzione Generale dell’alta Polizia, secondo quanto gli aveva confidato “questo Mons. Delegato”, “non gradiva la simultanea espressione dei nostri voti”, pur serbando egli “grata lusinga che, presto o tardi”, essi sarebbero stati esauditi. (1999)


28 - Papa Alessandro VI invia un breve in data 28 Aprile 1500 “Dilectis filiis Antianis populi et Comuni civitatis nostre Amelie”, con il quale “non sine molestia et percturbatione percepimus”  non senza cruccio e turbamento è venuto a conoscenza che, da parte di alcuni cittadini di Amelia sono stati catturati ed imprigionati sudditi di S.R.E. e costretti a pagare taglie (“ad solvendi taleas astringi”).

 Pretende, pertanto, che tale abuso venga a cessare, altrimenti verrà pronunziata contro di loro sentenza di scomunica e di ribellione, con conseguente confisca di tutti i loro beni, da devolversi alla Camera Apostolica (“sub excomunicationis late sententie ac rebellionis, omniumque bonorum vestrorum camere apostolice applicandorum”). (2000)


28  -   Il 28 Aprile 1522 nelle riformanze è riportato l’inventario delle munizioni della Comunità, come segue:

“Arconi d’acciaio da balestra senza tenero trentasei - Quatro balestre col tenero - Quatro martinetti da balestra da bancho et un altro martinetto simile - Quatro teneri de legno da balestra colle staffe de ferro - Vintiuno pezi de scale - Tre girelle de ferro - Sei imbracciatore vecchie - Unaltro tenero da balestra senza noce - Una statera - Un paro de manette colla catena - Cento sexanta octo ferri da passatori - Cento vinti haste da passatori - Una bombarda grossa - Una mannara - Una stella da mercare - Una catena da strada con sedici anelli et uno oncino - Pallocte de più sorte de tevertino tra grandi e piccole più de cento - Un spingardone con quatro code - Doi bombardelle piccole col tenero - Un mortale de bronzo col ceppo - Vinti septe archibusci - Tre sonaglie de ferro - Un martelletto col tenero - Una spingardella cola coda et col tenero - Una cicogna de campana con un martello de campana - Doi pize de salnetro fra tucte doi libre octanta doj - Un cannellierj con quatro anelli da sala et da appendere - De polvere libre settantuna - Doi funicchij vecchij - Polvere grossa libre cinque”.

Segue un “Inventario novo - Res empte a io. bap.ta Cerasi” (Cose acquistate da Giovanni Battista Cerasi): “Solfo libre sexanta doi - Salnetro libre sexanta una - Un paro de forme da far pallocte - Doi code - Sei pezi de piombo libre 213 - Artigliaria de bronso in doi pezi libre 128  Ad un carlino la libra montano ducati 26 - Artigliaria de ferro libre 108 in doi pezi ad un grosso la libra ducati 15 bolognini 5”. (2009)


28  -  Nel maggior consiglio del 28 Aprile 1467 si dibatte, fra l’altro, circa un’esecuzione capitale alla quale si deve assoggettare un certo Angelo di Giove, in seguito ad una condanna contro di lui pronunziata, che prevede “quod debeat pastonari” che debba venir eseguita mediante la più crudele pena di morte prevista dallo statuto amerino, cioè la pastinazione, che consisteva nell’infilare in terra, a testa in giù, il condannato, che sarebbe morto per lento soffocamento. Poiché si teme che “ex qua morte posset ipse Angelus desperari et ad hoc ut ipse reddat animam suam deo” con tale esecuzione il condannato possa, per disperazione, perdere la sua anima, si propone “quod convertatur dicta mors ad aliam mortem non tam duram et acerbam” che la pastinazione venga convertita in un altro tipo di esecuzione capitale, non altrettanto duro ed atroce.

In detto consiglio si propone “quod pena pastinationis quam pati et substinuere debet prefatus Angelus vigore condempnationis contra eum late trasmutari debeat in pena furcharum, ne anima ipsius angeli pereat propter ipsius condempnationis executionem” che la pastinazione cui detto Angelo venne condannato debba commutarsi con la forca, per impedire la perdita della sua anima ed anche in considerazione di quanto richiesto e dichiarato da alcuni massari di Giove intervenuti per l’occasione. Non si conosce quale tremendo reato fosse stato commesso dal disgraziato Angelo (forse tradimento od assassinio prezzolato), ma certo di estrema gravità. La votazione che ne seguì fu favorevole alla conversione della pena da pastinazione ad impiccagione, con 47 voti favorevoli e 2 contrari.

Stessi giorno e mese, ma 23 anni più tardi, precisamente il 28 Aprile 1490, nel consiglio decemvirale si discute circa una proposta di acquisto, da effettuare da parte del Comune: “Quia emi a Communi potest bonis juribus pro mille octingentis ducatis ad carlenos duodecim pro quolibet Territorium Castri Marruti, cuius confinia sunt Tiberis, Lugnanum, Podium, Castellum Machie et Alvianum et in eo pars quadam Territorij Guardegie continetur” poiché da parte del Comune può, a buon diritto, venire acquistato per 1.800 ducati -in ragione di 12 carlini a ducato- il Castello del Marruto, i cui confini sono: il Tevere, Lugnano, Poggio, il Castello di Macchie, Alviano ed una parte del territorio di Guardea,  viene concessa facoltà ai cittadini, eletti per procedere all’acquisto, di dare un acconto di 300 ducati ed il residuo in tempi da stabilire con i detti incaricati, ai quali viene, altresì, dato il compito -non certo facile- di cercare “unde pecunie reperiantur” dove trovare i soldi. Agli stessi si conferisce, pertanto, ogni più ampia facoltà, affinché “possint utilius et validius ut eis videbitur agendi, cum potestate mictendi licteras, nuntios, oratores, faciendi sindicum ad emendum, fidejubendum, cavendum, obligandum et alia faciendum que ipsi opportuna judicabunt” possano agire nel modo più utile e valido che sembrerà loro opportuno, con potere di inviare lettere, nunzi, oratori, di nominare il procuratore per effettuare l’acquisto, prestare fideiussioni e garanzie, obbligarsi e fare quanto altro riterranno conveniente per ottenere il consenso per l’acquisto da parte dei venditori. Contattino argentieri e banchieri, circa il paganento del prezzo, ivi compresa la facoltà di vendere “argentea Communis utensilia” le suppellettili d’argento del Comune. Non sappiamo se sia poi andato a buon fine l’acquisto, per il quale la Comunità era addirittura disposta  a dar via i gioielli di famiglia!

Otto anni dopo, precisamente il 28 Aprile 1498, nelle riformanze risulta annotato un prestito fatto dal Comune di Amelia a quello di Lugnano, con rilascio della relativa ricevuta effettuato a mezzo del nobile lugnanese Riccardo di Giovanni Nalluzi, della somma di cento ducati, “ad rationem sectuagintaduorum bolenenorum pro quolibet ducato”, in ragione di 72 bolognini a ducato. (2010)


28  -  Il 28 Aprile 1527 Margherita di Lodovico Giovanni Crespolli de’ Cansacchis entra nella Congregazione delle Mantellate di S. Agostino di Amelia e ne veste l’abito. Suo padre Lodivico, sui suoi beni, le assegna l’usufrutto per il vitto ed il vestito e dispone che, dopo la sua morte, suo figlio ed erede Andrea pensi lui a quanto occorre alla sorella Margherita, in quanto, non avendo ancora le Mantellate un proprio Monastero, potevano continuare ad abitare in casa propria. Ma, in previsione che ella non potesse vivere a suo agio (“in pace”) in casa del fratello Andrea, costui sia obbligato a procurarle un’opportuna abitazione altrove, provvedendola, ogni due anni, di un vestito di panno di lana ed, annualmente, di dodici quarti di grano, tre some di vino, sei petitti (dodici litri) d’olio, cinquanta libbre di carne porcina, venticinque forme di cacio e mezzo ducato (per i minuti piaceri!). Volendo, poi, Margherita entrare, in seguito, in qualche monastero di clausura, Andrea sarà tenuto a fornirla di una dote di ottanta ducati. L’atto viene stipulato dal notaio Francesco di Cristoforo, nella Cappella di S. Monica, a S. Agostino, dove Lodovico Cansacchi, accompagnato dal figlio Andrea, presenta Margherita  a Donna Graziosa, Abbadessa  delle Mantellate ed al Capitolo dei Frati, fra i quali, oltre al Priore frate Sensino di Evangelista, è menzionato Frate Ambrogio di Carmignola, “qui evangelizavit in quadragesima nunc decursa”, che aveva predicato in Amelia durante la decorsa quaresima. La postulante Margherita, genuflessa davanti all’altare, chiede di essere ammessa alla Congregazione delle Mantellate e di vestirne l’abito, promettendo di vivere in conformità alla regola ed alle consuetudini e di sottoporsi all’obbedienza ai frati e all’Abbadessa, rinunciando in tutto al “secolo”; essi, “habita matura deliberatione” dopo matura riflessione, la accettano e la vestono. (2014)


29 - Il vetusto Palazzo pubblico di Amelia, che, secondo una notizia tratta dal Codice Diplomatico di Orvieto e riferita dal Prof. Getulio Ceci, era stato costruito nel 1216, simile a quello di Todi, di due anni più antico e certamente dotato di una scala esterna e di un portico a loggia, probabilmente in seguito ad un aggravio di peso dovuto a ristrutturazioni di adiacenti fabbriche e, forse, anche minato alla base da infiltrazioni d’umidità provenienti dalle sottostanti cisterne romane, il 29 Aprile 1817 rovinò nelle stesse, trascinando con sé una quantità di antiche memorie documentali, che andarono irrimediabilmente perdute, anche se una gran parte dell’archivio storico venne posto in salvo.

Una lapide murata sul fronte del palazzo già adibito a carcere ne serba la mesta memoria. (1997)


29 - Il 29 Aprile 1547 il Consiglio dei Dieci, all’unanimità, delibera di concedere alla Congregazione delle Pinzocchere, del Terz’Ordine, sotto la protezione dei frati dell’Osservanza del Convento di S. Giovanni fuori delle mura, la facoltà che alcune di esse, prive di abitazione, possano dimorare presso l’Ospedale di S.Maria dei Laici, prestando, in cambio dell’ospitalità, la loro opera per l’assistenza dei malati e degli indigenti, occupandosi, nel contempo, sia della lavanderia che della cucina, “faciendo ea que poterunt” (quello che potranno fare) e cercando, in tal modo, di “allectare animos caritativarum personarum ad largiendum”; cioè, di suscitare nelle persone caritatevoli un generoso impulso alle offerte di aiuto finanziario. (1998)


29 - Il 29 Aprile 1472 il Governatore di Todi "J. Antonius Eps. Aprutinus", d'ordine del papa Sisto IV, eletto al soglio di Pietro il 9 agosto 1471, fa intimazione al Comune di Amelia "sub pena indignationis Sue Sanctitasis" -che è bene evitare- di inviare a Todi 100 fanti bene armati. Si fa il bando "per loca publica" della Città, premesso il suono di due trombe "duarum tubarum sono premisso", che qualunque persona "abilis et ydonea" volesse andare a spese del Comune, "cum salario congruo", si presenti al Cancelliere e si faccia mettere in lista.

Il bando non dà l'effetto sperato: a stento si raggiunge il numero di 80, a causa dell'alta mortalità fra la gioventù e della povertà delle casse comunali. (2001)


29  -  Nel maggior consiglio del 29 Aprile 1487 si decide circa alcune questioni di vario genere. Una riguarda un problema di carattere igienico: “locus publici macelli in phoro (sic) propter estatem magis feteat, quod turpe est et periculosum in morbis” il luogo del pubblico macello sito sulla piazza, a causa del caldo estivo, manda ancor più fetore, la qual cosa è vergognosa e pericolosa per il diffondersi di malattie. Si popone che quel che sarà necessario fare al riguardo, “nec opus aliter quam bene agatur, presint omni facultate idem Cives qui ad sternendam urbis stratas facultatem habeant ut omni arbitrio sicut visum eis fuerit, curent fabricare macellum honestius et comodius” affinché l’opera non venga condotta altro che nel modo giusto, ne siano incaricati gli stessi cittadini che provvedono alla selciatura delle vie della città, i quali curino di fabbricare il macello con maggiore decoro e comodità, secondo il loro giudizio e dove sarà stato scelto il posto maggiormente adatto alla bisogna, “loca idonea construantur ubi cedi animalia possint et carnes vendi, ne fetor sentiri neve sanies et immonditie videri querant” si costruiscano luoghi idonei dove possano venir mattate le bestie e vendute le carni, cercando che non possa diffondersi fetore né sia possibile vedere marciume ed immondizie. “Ad quod agendum gabelle macelli pecunie et si quae aliunde haberi poterunt tribute sint et committantur” e, per fare ciò, vengano impiegati i proventi della gabella del macello ed anche altri introiti che sarà stato possibile reperire.

Si delibera, altresì, su alcune suppliche.

Una è stata presentata da “Johanni Muscella, Michahele de Gregorio, Anthonio de Michahele et soi fratelli Schiavoni habitanti in Amelia, li quali dicono et expongono che con cio sia cosa che loro siano poveri como è noto et desiderano vivere et morire sopto la fidelità del dicto Comune et suo distrecto et in la dicta Cipta non possano vivere per le gravecze et date et altri incarichi (pesi) che occorrono, et lo vostro Castello de Sancto focetulo sia poco habitato per le morie et morti de persone lì occorse, et anche per la partita (partenza) de molti Schiavonj, quali se sono absentati de ipso loco. Et li dicti oratori entendano, quando piaccia ale V. M. S.  andare ad habitare con loro fameglie in lo dicto Castello et lì vivere et morire, recorrono et supplicano ad quelle se digneno farli liberi et exempti de tucte et singule date et gravecze per qualunche casione reali o personali per vinticinque anni proximi da venire, quale occorrerando (verranno imposte) in lo dicto tempo, como lo hanno havuto li altri Schiavonj quali habitano et hanno habitato in lo dicto loco. Jtem che li si conceda et done duj quartate de terra per ciaschuno de loro libere, et la casa per la habitatione loro, como è stato conceduto ali altrj Schiavonj habitanti in lo dicto loco. Et lo dicto Johannj de Muscella demanda deverseli donare et concedere uno pezo de terra, quale è una mesalata, posto in la tenuta de Amelia, presso le cose de Ser Manno de Archangelo, le cose de le heredi de Petropaulo de Barthotio, et le cose de Johanni grande et de Thomaso Schiavo, quale la dicta Comunità ha conceduto ad uno magistro Benedicto scalpellino, quale pigliò per moglie Anna Schiava et havela habandonata, et dicese havere presa unaltra moglie; le quali cose li dicti supplicanti demandano deverseli donare et concedere de gratia speciale, Statuti, reformantie, et altre cose che in contrario facessero (stabilissero) non obstante per le V. M. S. le quale Dio conserve in stato felice et pacifico”: Ai supplicanti si concede quanto richiesto, alla condizione, però, che né loro, né i loro eredi, possano mai donare o vendere quanto ricevuto dal Comune, pena la nullità dell’alienazione e la retrocessione dei beni allo stesso Comune.

Altra supplica sulla quale si è chiamati a decidere è quella presentata “per parte deli vostri oratori in Christo Canonici et Capitulo de la vostra Ecclesia de Sancta firmina, como ipsi sonno creditori et debiano havere da la vostra Comunità ducati vintiotto o circa per li palij de più et più annj, quali la vostra Comunità dona omne anno ala dicta Ecclesia, la quale essendo povera, et nuda de paramenti, ipsi Canonici desiderariano quanto a loro fosse possibile honorare et ornare ella de belli et nobili paramenti, como se rechiede aduna Ecclesia de tanta Comunità, quale hornamento torna honore et exaltatione dela Comunità et soi ciptadini: unde humilemente se ricommendano ale V. M. S. che li vogliano concedere et dare li dicti vintiotto ducati con qualche additione et adionta con la quale possano fare uno bello piviale secondo se recercha et hogi se usa con qualche insigne (insegna) et arme parerà ale V. M. S.  Et questo quantunche sia justo et honesto et consueto ale V. M. S. fare ale altre Ecclesie et lochi pij senza alcuna rechiesta, non demeno el demandano per lo amore de Dio, ad ciò Sancta firmina preghi et interceda adpresso Dio per questa Cipta che la defenda et exalti ad sue voluntà”. Si delibera di donare alla Chiesa di S. Fermina un piviale “cum insignibus Communis Amerie” ed i Canonici “pro ipso hornatu solos ducatos quadraginta recipiant” ricevano soltanto 40 ducati per l’ornamento della Chiesa, da ricavare dagl’introiti (magri!) del Comune “quam celerrime fieri poterit” quanto più celermente sarà possibile. I Canonici possono essere più che contenti!

Quindici anni dopo, nel maggior consiglio del 29 Aprile 1502 si delibera su alcuni argomenti trattati due giorni innnanzi nel consiglio dei X.

Uno riguarda alcune richieste avanzate dall’ebreo Gabriele, procuratore di altro suo omonimo, il quale, su istanza del Comune, “vult mutuare ad usuram in nostra Civitate” è disposto ad esercitare il credito feneratizio nella nostra Città, purché gli vengano confermati i capitoli a suo tempo stipulati da Ser Benedetto di Norcia, cancelliere comunale, con l’aggiunta dei seguenti nuovi patti:

“In prima, che dele cose passate non se ne parli più et che li pegni che si trovano al presente in mani di decto Gabriele siano restati (restino) liberi, attento che questa è compagnia nova (una nuova gestione);

“Secondo, dare via et modo de rihavere li denarj già prestati ala Comunità (quando si tratta di riscuotere, la “compagnia” resta la stessa!);

“Terzo, che la Comunità habia ad paghare la cura dela confirmatione di decti capitoli dali superiorj ad sue spese;

“Quarto che ... fino ala confirmatione da farsi de dicti capituli non intende pagare la taza (imposta) incursa, né cosa alcuna altra”.

Si concede quanto richiesto.

Si decide, altresì, su alcune suppliche.

Una è quella presentata “da parte deli vostri figlioli et figliole de la Compagnia del Corpo di Christo, che conciosia cosa che al presente dio habia spirato (sic) le menti loro et de altri predicatorj del verbo divino, ad sua laude et de tucta questa Comunità gloria perpetua, volere fare uno campanone de grandeza ad loro possibile et datose, per dio gratia, bon principio, et mediante V. M. S. si spera infra pochi dì ad ultimare, cum suffragio et agiuto de quelle, (che) se vogliano contentare donarli certa quantità di metallo ramo (rame) et simili (che) se ritrovano inutile et rotte in nella munitione dela Comunità. Appresso se vogliano V. M. S. degnare et pro posse (secondo possibilità) interponere le vie loro per santa opera pia con li Conventi et frati di S. Francesco et di S.to Augustino (che) concedano a decta Compagnia del Corpo di Christo quella quantità di metallo spezato (che) loro havessero per complemento di decto campanone, in prestanza overo in vendita, con alcuno spatio di tempo congruo, per el quale sperano exigere di multi relicti (crediti) et di quelli satisfare. Et essendo tanta campana ... assai spendiosa, se implora de novo ad quelle non li voglino mancare, el che, quantunqua sia cosa pia et de tucta la nostra Comunità universale bene, tamen (tuttavia) se haverà per gratia singularissima da V. M. S., quali idio conservi con bono et felicissimo vivere”. 

Altra supplica è stata presentata da Melchiorre di Collicello, il quale,  poiché Astolfo e Campagnese di Montecastrilli, suoi nepoti, vorrebbero venire a stare con lui a Collicello, sottoponendosi a tutti i doveri ed oneri di ogni genere ai quali sottostanno tutti gli altri massari, “ut filij et fideles Civitatis Amerie”, chiede che gli stessi vengano accolti nella Comunità amerina, offrendo e prestando la propria garanzia a loro favore.

Entrambe le suppliche vengono accolte. (2010)


29  -  Nel consiglio dei X del 29 Aprile 1529 vengono trattati diversi argomenti.

Fra gli altri, “officiales presentes officij d(amnorum) d(atorum) habent solvere tassas argenteas ut est de ritu, offerunt se solvere eas in pecunia si placet comunitati ut alias solitum est” gli ufficiali in carica nell’ufficio dei danni dati debbono, come è usanza, offrire tazze d’argento, ma vorrebbero converire l’offerta in denaro, come altre volte è avvenuto, se la Comunità sia d’accordo. Nel consiglio generale dello stesso giorno, si decide “quod eis concedatur prout per dictos officiales petitur” che si conceda loro quanto richiesto, “satisfacto per officiales d. d. in argento vel in pecunia eiusdem valoris et summe pro ut jn argento”, purché offrano lo stesso valore o in argento o in moneta, per un valore corrispondente a quello delle tazze d’argento.

Si passa, quindi, ad esaminare una delicata questione di rappresaglie: “ad instantiam comunitatis et hominum civitatis narnie, est intimata in civitate Amerie excomunicatio S.ti Eleuterij contra omnes eorum bona possidentes et detinentes” a richiesta della comunità e degli uomini di Narni, è stata comminata ad Amelia la scomunica di S. Eleuterio, contro tutti i posessori e detentori di proprietà; ma la cosa grave (“quod magnum est”) è che “talis excomunicatio dicitur tendere contra civitatem generaliter et contra etiam  non habentes interesse et excomunicationes iuste vel iniuste sunt timende” tale scomunica è rivolta in modo generico contro tutta la città ed anche contro coloro che non hanno alcuna colpa e le scomuniche, giuste o ingiuste che siano, sono tutte da temere. Nel consiglio generale, “vir nobilis” Aurelio Boccarini propone di ricorrere al Vescovo di Amelia (allora Filippo Venturelli) “et queratur impetrari quod publicentur excomunicationes Papales et non sancti Eleuterij” che faccia richiesta che vengano comminate le scomuniche papali e non più quelle di S. Eleuterio, “quia excomunicationes S.ti Eleuterij tamquam nimium horrende veniunt contra communitatem et alios etiam non habentes interesse” poiché queste sono troppo da temersi, venendo comminate contro l’intera Comunità e, quindi,  anche contro coloro che non sono colpevoli. Dal che si deduce che è meglio tenersi buono S. Eleuterio! 

Infine, si ascolta la supplica presentata “per parte de Antonio de la gatta de Amelia, qualmente lui se ritrova condennato in li libri de li maleficij di epsa cipta in ducati xxv de oro, pigliata la causa (a cagione del fatto) che con una trippa fetida maculasse in testa donna drusiana moglie de Jo(anni) de gentiloccio de Amelia sì come in dicta condennatione se contene ala quale se referesce in tucto; et perché il prefato oratore non nega tale excesso havere commesso, ma dice haverlo commesso tirato da ira juvenile, (la) quale regere in li primi moti è cosa difficile et di tale errore se dole con tucto il core et possenolo (se potesse) ritornare in dereto (indietro che) non fosse fatto ce exponeria (darebbe) il proprio sangue, humilmente ricorre et se riccomanda ad questo magnifico conseglio supplicandolj per la sua innata clementia se dignj, actento (considerando che) se dole del caso occurso et poi di questo ne ha hauta pace da la parte offesa, de dicta pena farlj gratia liberale overo redurla ad qualche ligier (minore) summa per che ha fatiga al vivere et governare sé et la sua Fameglia in questi tempi tanto carestosi et commettere a chi specta che dicta condennatione cassi et annulli, ogni cosa in contrario disponente non oobstante, il che lo haverà a dono et gratia da questo inclito conseglio, quali idio exalti ad vota”. Il maggior consiglio decide “quod soluta quarta parte sue condemnationis, de residuo sue pene ei fiat gratia ut petit” che, dopo aver pagato la quarta parte della pena, del residuo gli si faccia grazia, come chiede, con la speranza che, d’ora innanzi, Antonio de la Gatta non getti più contro nessuna donna né trippe fetide, né pesci in faccia! (2011)


29  - Nel consiglio decemvirale del 29 Aprile 1537 vi sono da trattare diversi argomenti.

Il primo è di carattere puramente amministrativo e riguarda “de nonnullis exiguis expensis in presenti Antianatu factis” alcune spese di lieve entità fatte durante l’Anzianato in carica. I successivi, si riferiscono, invece, ad alcune suppliche, che il consigliere (“Prior”) Giovan Vincenzo Morelli -”spectabilis vir”- con il consenso dei colleghi (“annuentibus collegis”), sottopone all’attenzione del Consiglio.

Una riguarda “supplicatio benedicti de quatrellis habitatoris castri Machie, condemnatj in florenis quinquaginta pro quibus est carceratus, et fame perit” la supplica presentata da Benedetto di Quadrelli, abitante nel Castello di Macchie, condannato, per un reato commesso, a pagare cinquanta fiorini ed, a causa di tal debito, è stato posto in carcere e sta letteralmente morendo di fame.

Altra supplica è presentata da una certa Spagnola, per la quale Onofrio Geraldini chiede l’esenzione dalle imposte.

La successiva supplica è presentata da “Caroli Magistri Antonij condemnati pro blasfemia in libris centum” Carlo di Mastro Antonio, condannato in cento libre per blasfemia.

Da ultimo, si esamina la supplica di un tal Polito di Giovanni, “pro crimine condemnatj in florenis quindecim” condannato, a causa di un reato commesso, a pagare quindici fiorini.

Il Consigliere  Pier Francesco Racani “Gravissimus vir” propone che tutti gli argomenti “transferendi esse jn Consilium generale” siano da riportare e decidere nel Consiglio generale, che, puntualmente, viene convocato lo stesso giorno. Il medesimo Racani -ora chiamato “prestantissimus vir”- propone che, quanto alla supplica di Polito, questi paghi due fiorini e gli si faccia grazia del residuo; di un simile trattamento goda anche Carlo di Mastro Antonio, dopo il pagamento di dodici carlini. Quanto alla Spagnola, le si conceda l’esenzione per venticinque anni da tutte le imposte pregresse e future.

Un altro Consigliere, Dardano Sandri, per quanto riguarda le spese fatte nell’interesse pubblico, propone che “scribantur more solito ad exitum” si pongano, secondo il consueto, nel registro delle spese, intendendo, con ciò, che siano riconosciute come legalmente effettuate. Successivamente, trattando della supplica di Benedetto di Quadrelli, propone che “attenta sua extrema miseria et ne fame pereat jn carceribus, liberetur modo a carceribus et, pro solutione sui malefitij, expectetur donec venerit ad meliorem fortunam” in considerazione della sua estrema povertà ed affinché non muoia in carcere, ne venga liberato; quanto, poi, a ciò che deve pagare a causa del reato commesso, si soprassieda, fino a quando non avrà migliorato le sue condizioni finanziarie. C’è da scommettere che Benedetto non avesse alcuna fretta di arricchirsi!

Tutte le proposte, pur con qualche differenziazione nel numero dei voti favorevoli, vengono approvate. (2012)


29  -  Il 29 Aprile 1328 si delibera “quod cogatur Vitalis Judeus ad mutuandum communi illam quantitatem pecunie que ad presens est oportuna tam pro solutione talie, quam pro grano quod deportatum est et deportabitur ad vendendum” si costringa l’Ebreo Vitale a concedere un prestito al Comune per quella quantità di denaro che sia necessaria attualmente tanto per il pagamento della taglia, quanto per l’acquisto del grano che si porterà a vendere sul mercato “et quod restituatur eidem de primis introitibus seu in prima dativa imponenda in posterum” e che gli si restituisca con i primi introiti del Comune o con il ricavato della prossima tassa che verrà imposta ai cittadini. Era il periodo della soggezione di Amelia a Ludovico il Bavaro e non era improbabile che fosse maggiormente sentita la necessità di avere denari in contanti sia per pagare taglie imposte, quanto per altre esigenze finanziarie. Ad ogni modo, la formula adottata per procurarsi il denaro denota una volontà quasi vessatoria nei confronti degli abituali finanziatori del Comune, che giunge addirittura a costringerli a concedergli prestiti!

Lo stesso giorno s’impone a coloro che gestiscono i mulini nei corsi d’acqua del distretto amerino a prendersi cura anche di quelli di proprietà comunale, obbligandoli (anche qui!) a tenerli permanentemente in attività (“Quod homines qui habent molendina in aqua districtus Amelie et molendinarij cogantur ad tenendum centimbula communis et macenandum continue”). Si vede che la gestione dei mulini comunali non era sufficintemente appetibile! Segue l’elenco dei mulinari soggetti a tale obbligo e si resta sbalorditi dall’esorbitante numero di coloro che ne possedevano uno: sono ben quindici! (Marco di Andrea, Bresciano di Giacomo, Donadeo Buzi e Lucciarello Ceracchi, Cecco di Pietro, Cola Pagliarini e Juccolo di Andrea, Gherardo Nordi, Boccarino e soci, Buzio Ranieri e Marciano, Nino di Ermanno, Somarello (!) di Buzio, Fratezzolo di Jacobuccio, Colozio Venturelli, Paolo Nicolozi, Pietro Ugolinacci, Lello di Jucolo Angeli, Manno Nicolucci). Ma quanto grano si macinava a quel tempo?

Ad oltre centosessant’anni di distanza, il 29 Aprile 1496 nella loggia della Chiesa di S. Giovanni Battista degli Osservanti di Amelia viene firmata la pace tra i Chiaravallesi e la città di Narni, rispettivamente rappresentati da Vittorio de Canali, Altobello e Girolamo, e dal procuratore Marco di Lazzaro narnese. Interviene, in proprio, anche Chiaravalle de Claravallensibus di Todi. Si pattuisce che i nobili Chiaravallesi e di Canale e loro associati, nonché gli uomini di Castel dell’Aquila, di Farnetta, di Camerata e di Montecchio ed altri di lor fazione “possint et valeant libere et secure ire, transire, praticare cum eorum bonis, rebus et animalibus” possano liberamente e con sicurezza andare, transitare, passare con beni ed animali, sia a piedi, che a cavallo, e con i loro stipendiari per il territorio di Narni, senza alcun impedimento ed anche a recarvisi “ad macinandum” per molire cereali.

Gli uomini di Narni, Capitone ed altri Castelli del Comune narnese, a loro volta, possano fare altrettanto nei luoghi soggetti alla giurisdizione dei Chiaravallesi.

Nel promettersi vicendevolmente di astenersi da qualunque offesa, le parti pattuiscono per i contravventori mille ducati di pena da erogarsi,per una metà, alla Camera Apostolica e, per l’altra metà, alla parte offesa.

Curiosa clausola finale: non s’intendano rotti i patti, se otto o dieci persone particolari, contro la volontà dei contraenti, perpetrassero offesa ad alcuno di essi: si vede che ce ne volevano almeno undici! (2014)


30 - Sul periodico AMERIA del 30 Aprile 1899, in un trafiletto dal titolo "Per le capre":

"Un'ordinanza del Sindaco stabilisce ai branchi delle capre, per la vendita del latte, la piazzetta di S. Agostino e quella di prospetto al palazzo Farrattini, impedendo per tal modo il transito che andavano facendo per tutte le vie, infiorandole..."

La capre sono avvertite! (2006)


30 - Su di un frammento di carta conservato nel volume delle riformanze del periodo, sotto la data del 30 Aprile 1782, si legge quanto segue:

“Comparisce in questa Publica Segreteria Anzianale d’Amelia Gaspero Racani e fà istanza tanto a suo Nome proprio, quanto à nome del Popolo di questa suddetta Città, qualmente ritrovasi la Pubblica Strada detta de Tufilli, che d’Amelia conduce in Narni, ed in altri luoghi, impraticabbile e pericolosa, come è accaduto ne’ mesi scorsi d’esser perite Bestie e Persone per la profondità delle pericolosissime ripe cadute, per cui ricorrono ora alle SS. LL. Ill.me se volessero compiacersi ordinare alli Sig.ri Deputati della detta strada che con tutta prestezza venghino risarciti quei passi impraticabbili ad uso d’arte, colla dovuta stabbilità”. (2008)


30  -   Il 30 Aprile 1496 risulta trascritto nelle riformanze un breve di papa Alessandro VI Borgia, datato da Roma il giorno 12, con il quale lo stesso notifica a tutte le popolazioni soggette, loro reggitori e rappresentanti responsabili, che “venit dilectus filius Nobilis Vir Joannes De Consaga frater Germanus Dilecti Filij Nobilis Viri Marchionis Mantue cum quibusdam Gentibus Armigeris in favorem Carissimi in Christo Filij nostri Ferdinandi Sicilie Regis Illustrissimi” sta per giungere Giovanni Gonzaga, fratello germano del Marchese di Mantova con alcune genti armate, in soccorso di Re Ferdinando di Sicilia. “Quare volumus ac vobis mandamus quatenus eisdem Gentibus de victualibus et rebus necessarijs ... provideatis ac provideri faciatis humaniter et benigne tractetis” Per la qual cosa, il papa ordina e vuole che dette genti armate vengano provvedute di vettovaglie e di quant’altro possa esser loro necessario e di trattarle con umanità e benevolenza “ita ut libere et expedite in Regnum Neapolitanum porgere (sic) possint” in modo che possano liberamente e celermente avviarsi verso il Regno di Napoli “vosque de promptitudine et obbedientia vestra valeatis merito commendari”  e voi possiate meritatamente venir lodati per la vostra sollecitudine ed obbedienza.

Resterebbe da fare una riflessione: quando verrà il turno degli Amerini a venir trattati “humaniter et benigne”? (2009)


30  -   Il 30 Aprile 1329 il Camerario del Comune di Amelia, fra Nicola Bomaynardi di Todi, per conto del Comune, si fa rilasciare dall’Ebreo Vitale quietanza dei denari che lo stesso Vitale diede a mutuo al Comune “pro talia debita ecclesie Romane, anno proxime preterito” per il pagamento della taglia dovuta alla chiesa romana nell’anno appena trascorso, del quale “fecit quietationem et pactum de ulterius non petendo, promictens eidem dictam quietationem et omnia et singula supradicta perpetuo rata habere, tenere, sub pena dupli et obligationem suorum bonotum” rilasciò quietanza, dichiarando di nulla più avere a pretendere a tale titolo, impegnando, a garanzia, tutti i suoi beni ed alla pena della restituzione del doppio. Il relativo atto viene stipulato nel palazzo anzianale, alla presenza dei testimoni Cecco di Baschi, Giannotto di Alviano e Marco Cecchi. (2014)


30  -  Tra prete Pellegrino e prete Berardino esisteva una lite, “occasione vulneris et percussionis” a causa di una percussione ed una ferita inferta da Berardino alla persona di Pellegrino. Fra i due si rimette la vertenza al giudizio di due arbitri il 30 Aprile 1479. E’ condannato il padre di prete Berardino -causa del litigio- a pagare all’offeso diciassette ducati in tre rate, al risarcimento delle spese incontrate in medici e medicine e per le cicatrici rimaste in faccia a Pellegrino. (2015)


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© Giovanni Spagnoli 2013