L U G L I O


1 - I pellegrini di ambo i sessi, ricoverati nell'ospizio di S. Maria dei Laici, a mezzo della Confraternita di cui l'ospizio fa parte, il 1° Luglio 1457 sporgono querela agli Anziani, accusando gli officiali del Podestà di venir da essi maltrattati "et verberati gravissime et mulieres peregrine extracte per violentiam" e gravemente percossi e le donne sottoposte a violenza. Chiedono, pertanto, che l'istituzione sia dichiarata sottratta alla potestà laica; goda, cioè il privilegio d'asilo.

E' assai doloroso constatare che l'abuso di poteri sia potuto giungere a tanta efferatezza anche nella nostra Città e soprattutto verso i ricoverati in una istituzione sorta con finalità benefiche ed altruistiche come quella della Confraternita di S. Maria dei Laici. (2001)


1 - Il 1° Luglio 1478 il Cancelliere dichiara che il trombetta del Comune Antonio di Trevi, su ordine del Pretore (Podestà) e degli Anziani, ha eseguito bandimento "in locis publicis et consuetis dicte Civitatis" nei luoghi  pubblici della Città a ciò deputati, che nessuno, a qualsiasi stato o condizione appartenga, si rechi a Montoro, "sub pena iiij.or ducat. et iiij.or tractuum corde" a pena di 4 ducati e 4 tratti di corda; della quale pena, "quarta pars sit officiali, quarta accusatoris et residuum communi" la quarta parte sia degli ufficiali, altra quarta parte di chi ne avrà fatto la segnalazione (leggi "spia") ed il residuo del Comune. Chiaramente, tale distribuzione si riferisce ai soli denari e non anche ai tratti di corda! (2007)


1  - “In dei nomine Amen anno dominj 1465 Jndictione xiij tempore S.mj d. n. pape paulj secundj die primo Julij et die ij° mensis eiusdem.

“Ad Sanctissima laude et gloria sempiterna dello onnipotente Dio della sua gloriosissima madre Madonna Sancta Maria sempre Vergene delli gloriosi Principi delli apostolj messer San P.° et messer San paulo capi et duci della nostra Religione Christiana et della nostra fede, delli beatissimj martirj sancta Fermina et sancto olimpiade protectori et defensori del popolo del comune damelia Et generalmente de tucti  Sanctj et Sancte de lacorte del cielo. Ad honore stato perpetuo exaltatione et grandeza della sacrosancta Romana chiesa et del S.mo in christo patre et signor nostro Signore paulo per la divina providentia papa secondo et de tucto el sancto collegio delli suoi R.mi fratelli S.ri Cardinalj. Ad honore stato pace et tranquillità del popolo et comune della cipta damelia et delli homini et università del Castello de Jovj morte et destructione de chi el contrario volesse o non appetesse per alcun modo”.

Il lungo preambolo sopra riportato precede i patti e capitoli firmati i giorni 1 e 2 Luglio 1465 fra Amelia ed il Castello di Giove, dopo che quest’ultimo era stato, parte forzatamente e parte consensualmente, riportato dagli Amerini sotto l’obbedienza della Chiesa, dopo essere stato in potere di un tirannello locale (conte Everso dell’Anguillara?). Vale la pena trascriverne una buona parte, come segue:

“Li spectabili homini Ludovico de Carlo paulo de petrignano et Mario de Jacovo Signorj Antianj del popolo della ciptà damelia et Ascanio dantonello sannio deludovico Moricone de thomasso buccialo dagnilo Angelo de petrignano et p.° (Pietro) de ciardo ciptadinj della ciptà damelia conducti ad Jovj con molta fantaria per redure et dicto castello et sua roccha et li hominj desso alla devotione et fidelità de sancta chiesia et de nostro S. per levare dicti homini de manj de tirannj et redurlj alla devotione predecta vennero alli infrascritti pacti premesse et capitulj colli dicti massarj et hominj parte nellavuta (nella conquista) della terra et castello de Jovj et parte nella havuta et acquistamento della Roccha col castellano della dicta roccha, col factore ora delli S. (Signori) passatj et colli homini et massarj del dicto castello de Jovj nel modo et forma et ordine infrascripto: secondo le domande per loro facte, li qualj conventionj pactj premesse et capituli sono infrascripti et delli tenorj infrascripti cioè:

“Jn prima. Li prefati Massari et homini de Jovj volendo venire ad la devotione de sancta chiesia et della S.tà de N. S. per mano della comunità damelia et Ciptadinj dessa, per poter vivere de bono animo sotto la dicta devotione et scordarse dogne altro pensiero havuto per lo passato, domandarono  le cose infrascripte. Videlicet (cioè): che la comunità da melia per stato de sancta chiesia et de N. S. (il papa) sia tenuta ad defendere dicto comune et homini de Jovj iuxta posse (per quanto potrà) da ogne molestante persona et tenere amicj per amicj et Jnimicj per inimicj et cossì fare ... dicto comune de Jovj. Placet, non tamen sine expresso consensu et licentia ro(mani) pontificis.

“Item la prefata comunità damelia promette alla dicta Comunità et hominj de Jovj de fare et operare siche la S.tà de N. S. per sua clementia gli farà restituire tucte le prede et prescionj toltalj nella presente guerra et refarlj tucti li dannj nella decta guerra recevutj o vero non possendose rehavere la dicta preda del prezo et justa extimatione dessa selli satisfarà de terrenj pertinenti alla corte de Jovj secondo la stima iustamente da farese.

“Item la decta comunità damelia promette alli prefati homini et comune de Jovj che de tucte et singole terre et possessionj dele quali renderanno alla corte de Jovj certa parte la S.tà de N. S. serà contenta che per x. annj proximi davenire rendano la octava parte de fructj de dicte terre cominciando al presente et da quella inpoi siano obligati et tenutj rendere la sexta parte delli fructi predicti da recoglierse nelle dicte terre perpetualmente et similmente se intenda delli fructj delle vigne.

“Item la dicta comunità damelia in nome della S.tà de N. S. promecte che alli dictj homini de Jovj serà lecito et permesso fare per ciasche anno nelli terrenj predictj una quarta duna soma in canapi linj o vero ortj per ciasche fuocho senza renderne alcuna parte alla corte et similmente de poma et altri fructj de arborj non siano tenutj rendere alcuna cosa.

....................................................................................................... 

“Item la prefata comunità damelia vole che li dicti homini de Jovj possino liberamente mettere passare et trarre della ciptà predecta ogne generatione de robba senza alcuno pagamento de gabella et similiter dicti homini de Jovj permettono alla predecta comunità damelia et hominj dessa possano mettere cavare et passare ogne generatione de robe et mercanthia per lo dicto castello et sua tenuta senza alcuno pagamento de gabella de passo et de nave.

“Item la dicta comunità damelia promette alli dictj hominj de Jovj de fare ... sì che la S.tà de N. S. serà contenta se possa tenere dove per lo passato hanno havuta una nave per comodità della detta comunità de Jovj et homini dessa.

“Item la dicta comunità damelia promette al dicto comune et homini de Jovj che tucte et singole concessionj et donationj donde apparessero publicj instrumenti o per altro legitimo modo facte per li loro signorj passatj fino nel presente dì ad qualunque delluominj de Jovj la S.tà de nostro S. haverà rate et ferme. Et simelmente la sua Sanctità farà restituire alli dicti homini de Jovj et ciascuni dessi qualunque terre o possessioni tolteli per li loro signorj passati iniustamente et questo capitulo se intenda havere luoco per quelli che al presente habitano in Jovj solamente.

“Item la dicta comunità damelia promette che la S.tà de N. S. non imporrà alcuna graveza alli dictj homini de Jovj né permetterà che siano gravatj ad alcuno pagamento si non come sono stati obligati per lo passato mediante la limitatione supradicta excepto che ad pagare et tollere rugli x. de sale per uso dellominj del dicto castello.

“Item la dicta comunità damelia promette che sia cassa ogne condennatione et processo che li hominj de Jovj o alcuno de loro havessero nelle carte o comune damelia siche non possino conseguire alcuno effecto. Et simelmente promette che la S.tà de N. S. non recognoscerà alcuna offensa (?) delle cose passate per guerra o per qualunque altra via facta delle quali exnunc (da ora) glisia facta plenaria remessione dogne excesso siche delle cose facte insino al presente dì non se recognosca niente et exnunc se intendino essere remesse perdonate et factaglinne (fattagliene) plenaria gratia et remissione.

“Item la dicta comunità damelia ad petitione dellominj de Jovj che domandarono non havere statutj et volere essere sotto li ordinamenti et statuti de porchiano promecte che dicti hominj et università de Jovj staranno et viveranno sotto lordinamenti et statuti del castello de porchiano et cossì procurerando (sic) che se observarà per la S.tà de N. S.

“Item la dicta comunità damelia promette alli dicti hominj et comuno et università de Jovj che la tenuta del dicto castello de Jovj serà desso comune et per esso comune de Jovj reservata né serà impedita né turbatalj da alcuna persona ultra loro volontà et più che alloro piaccia.

“Item la dicta comunità damelia promecte condure sani et salvi el castellano el factore de dicto castello quali erano nella roccha de Jovi in la Ciptà damelia et nella dicta Ciptà tenerlj ad tucte spese dela comunità de dicta Ciptà in epsa Ciptà per fino attanto che el castello de Ronciglione serà nelle forze et manj de sancta chiesia et de la S.tà de N. S. et hauto per sancta chiesa dicto castello de Ronciglione condure et fare condure dictj castellano et factore ad tucte loro spese bene accompagnati siche siano securj loro con tucte sue cose.

“Item ad domanda et rechiesta delli hominj et massarj de Jovj predicti quali erano nella Roccha de Jovj et dicta roccha era in loro potestà domandanti che essendo pretermissa alcuna cosa o domanda honesta et concernente el bisogno loro in questi presenti capitulj che alloro posta lapossino domandare et reputise per domandata una colle (insieme alle) domande et capitulj predictj la dicta comunità damelia promette curare et fare che la S.tà de N. S.  approvarà et confermarà tucte cose honeste da domandarse per loro ultra le cose premesse pretermesse et lassate in derieto (dietro) per scordanza et che haverando loco et vigore come si qui fossero expresse et particularmente dchiarate.

“Reservando sempre nelle cose predecte et ciasche uno delli dictj capitulj et promesse la volontà et dispositione della S.tà de N. S. el suo volere”. (2009)


1  -  Il 1° Luglio 1387 si presenta dinanzi al Vicario ed agli Anziani il “Nobilis Vir” Bellebono di Viterbo, “legum doctor”, esibendo la pergamena, con annessi sigillo di cera su “corda rubea” cordicella rossa,  rilasciatagli dal Cardinale Legato Tommaso Orsini, con la quale viene nominato Riformatore e Commissario papale di Amelia e distretto, compresi i Castelli di Porchiano e Foce, “cum salario pro die quolibet trium florenorum de auro”, con il salario giornaliero di tre fiorini d’oro. C’è da sperare che, essendo “buono” per quanto è “bello”, il suo stipendio di Riformatore non debba gravare troppo sulle spalle degli Amerini! (2014)


2 - In una lettera inviata il 2 Luglio 1796 al Conte Bartolomeo Farrattini (IV in ordine di discendenza), Cavaliere del Sacro Militare Ordine di S. Stefano, sposato con Anna Geraldini e residente in Amelia, un suo corrispondente da Roma comunica le ultime notizie relative all'invasione napoleonica in corso nelle terre dello Stato della Chiesa, con le seguenti accorate parole:

"Le condizioni della Pace, o sia armestizio indeterminato, già mi pare averglie dette, ma benché tenute occulte Le rinovo, cioè: 4 milioni in contanti e generi, 60 Statue, 60 quadri , molti codici, il mantenimento della guarnigione a Ferrara ed Ancona, e dicesi che nel sottoscriversi Saliceti (1), con disprezzo dicesse "Con questo Nome vi dono Roma".

“A Bologna vi sono 8 mila Francesi, benché le ciarle dicono soli 700, ma posso assicurarla che una lettera segreta scritta da un Famigliare di Casa Spada che trovasi in Bologna col mio Sig. principe, dice che anno pagato 4 milioni, levate l'arme da fuoco a tutti, rimasto priggioniere il Vice Legato, di poi sono passati a Imola, Faenza, Cesena e Rimini, ecc. e per tutto anno voluto grosse contribuzioni. Napoli continua ad armare, e questo per Noi sarà l'ultimo contrapelo, se non succede la pace. Li affari vanno male per tutto e non creda quanto sente che li Francesi anno perduto di qua, e di là che non è vero, mentre il Diavolo, che li porti, l'ajuta, e a Noi il Signore ci vuol gastigare".

(1)Cristoforo Saliceti, uomo politico corso, nel 1794 fu inviato dal Direttorio come rappresentante del popolo in missione presso l'armata d'Italia . Incoraggiò le audacie di Napoleone, invece di contenerle, come ne aveva avuto l'incarico. (2001)


2 - Il 2 Luglio 1577 il Notaio Egidio Troiani "de Piscia", cioè di Pescia, redige, nel Castello di Penna in Teverina, il testamento pubblico dell'ill.mo "dominus Maharbal Ursinus de Castello" Maerbale Orsini (Senior) "sanus per Dei gratiam mente et intellectu, at corpore mediocriter valens" sano, per grazia di Dio, di mente e d'intelletto, ma mediocremente valido nel corpo. E qui il notaio ci lascia un saggio della sua retorica, facendo grande sfoggio di massime e buoni consigli: "considerans quod nihil est certius morte, hora autem mortis nihil incertius" in considerazione che nulla è più certo della morte, ma nulla è più incerto della sua ora "et ideo sapientis esse eam semper habere prae oculis" e perciò è dell'uomo saggio averla sempre davanti agli occhi, "ut quacumque hora venerit Dominus, et pulset, reperiat nos paratos" affinché a qualunque ora verrà il Signore a bussare, ci trovi preparati "et quod inter alia, quae paranda sunt, non est minimum domus suae prospicere" e che fra le cose importanti cui è necessario provvedere non è certo la minore (la sorte) della sua casa (cioè della famiglia) "Idcirco mortem habens prae oculis exemplo tantorum tamquam prudentium virorum dum mens sana est, et nullo distracta dolore" pertanto, avendo la morte dinanzi agli occhi, sull'esempio di tanti prudenti uomini, mentre la mente è ancora sana e non distratta da alcuna afflizione "sed tota in sese collecta perspicacius videt rebus suis pro pace et quiete successorum ordinem dare volens" ma tutta concentrata in se stessa, con maggior perspicacia considera le sue cose, volendo ordinarle per la pace e la tranquillità dei successori "sponte et ex eius certa scientia, omnibusque melioribus modo, via, iure, causa, et forma, quibus magis, melius, validius, et efficacius potuit, et debuit, ac potest, et debet" spontaneamente e per sua sicura conoscenza e nel modo, via, diritto, causa e forma migliore e maggiormente efficace che si possa e debba e può e deve "praesens suum nuncupativum testamentum, quod dicitur sine scriptis condidit in hunc qui sequitur modum" il suo presente testamento nuncupativo cioè non scritto (ossia verbale) ha compilato nel modo che segue. Alla buon'ora!

(Ex arch. priv. F. Razza) (2006)


2  -  E’ restato da pagare un residuo di mille ducati di una imposizione -fra le tante- ordinata da papa Alessandro VI a carico di Amelia. Quest’ultimo, con un breve riportato nelle riformanze sotto la data del 2 Luglio 1502 e scritto da Roma il precedente 28 Giugno, dopo aver impartito la sua “apostolica benedizione”, ad Anziani e popolo, così si rivolge loro: “sepius iam per numptios et licteras vos monivimus ut residuum pecuniarum quas nobis debetis integre solvere deberetis” già più volte, con nunzi e lettere, vi abbiamo ammoniti a pagarci integralmente il residuo dei denari che ci dovete “Cumque id hactenus facere distuleritis, vos peremptive monemus et sub excomunicationis late sententie pena mandamus ut statim et visis presentibus debitum huiusmodi integre ad nos huc mittatis” e poiché a tutt’oggi avete omesso di farlo, vi ammoniamo in modo perentorio e sotto pena di scomunica, affinché, alla ricezione della presente, immediatamente ci inviate il saldo del vostro debito, “quod nisi feceritis, ad executionem aliarum penarum quas propterea jncurristis sine ulla remissione deveniemus” e ciò non facendo, procederemo a fare esecuzione e ad applicare le altre pene nelle quali incorreste per questo motivo, senza alcuna remissione. (Fra le quali, non ultima, quella di rinchiudere l’ambasciatore di Amelia in Castel S. Angelo!) (2010)


2  -  Il 2 Luglio 1329 gli Anziani ed il Consiglio decemvirale ordinano “quod nulla persona terrigena vel forensis audeat vel presumat portare vel extrahere seu portari vel extrahi facere de districtu Civitatis Amelie aliquod bladum in carris vel sachis seu alio modo et qui contrafecerit in xxv libris denariorum cortonensium et in perditione bestiarum et bladi quod portaretur vice qualibet” che nessuna persona, né del luogo, né forestiera, osi far uscire dal distretto di Amelia alcun cereale, in carri o in sacchi o in altro modo e chi contravverrà, sia punito. ogni volta, in 25 libre di denari cortonesi, nonché alla perdita sia delle bestie, che del cereale trasportato. E’ una drastica misura che lascia supporre un raccolto assai scarso!  (2014)


3 - Il 3 Luglio 1616, convocato il Consiglio Speciale dei X, “coram Ill. D.nis Raimundo Roscio, Trebonio Archilegio, Antonio Giraldino et Joanne Clementino” Anziani, si fecero le seguenti proposte:

“ -Le strade della città, come da tutti può essere visto, vanno in ruina, et benché vi siano gli ordini circa l’accomodamento, tuttavia per le difficultà che vi si fanno dalli adiacenti (frontisti) non si mettono in cantiere, e quelle tuttavia vanno di male in peggio, però si propone quid agendum (cosa fare).

“- La campana del Comune è rotta, et il lasciarla star così non par conveniente, però già che più si ritrova un maestro, dal quale per refarla non se n’havrà cativa conditione, tanto più che, con l’occasione di questa, se ne rifaranno dell’altre ancora; però parendo rifarla, si propone quid agendum con la spesa che vi andrà”.

Il Capitano Gerolamo Cerichelli, per spese fatte da lui per la soldatesca andata contro i banditi, per ordine dei superiori, bussa anche lui a quattrini.

Angelo Cerichelli, uno degli Anziani, propone che “essendo cose nelle quali bisognano denari” e non trovandosene -come sempre- nelle casse comunali, “se ne scriva a Roma, a’ Signori Superiori, et s’ottenga licentia di imporsi colletta di due o tre taglioni (1)  o di quanto bisognerà per dette spese”, occorrendo denari anche per risarcire le “muraglie cittadine”.

La risposta da Roma non si fa attendere.

Dopo circa venti giorni, il Consiglio viene nuovamente convocato: 

si leggono le lettere venute d’ordine dell’Ill.mo Sig.Cardinal Borghese “circa il pagamento che tocca a questa Comunità per l’accomodamento della strada che va dalla Porta del Popolo di Roma a Ponte Molle”.

Radunato il Consiglio Generale il 1° agosto successivo, si delibera che “ob urgentia negotii impositionis collectae pro solvenda taxa ordinata ab Ill.mo D. Cardinali Burghesio, ne Civitas gravetur expensis ob retardationem dictae solutionis” (cioè, che, a causa dell’urgenza con cui viene richiesto il pagamento dal Cardinale Borghese, per evitare aggravi di spesa dovuti a ritardi), si imponga colletta  “duorum tallionum” e, quindi, “super bono publico”, per evitare il peggio, i due taglioni andranno per il pagamento della strada da Porta del Popolo a Ponte Molle.

“Hora resta di vedere quello (che) debba farsi” per trovare i denari necessari alle spese di utilità della Comunità.

Gli Amerini son serviti!

(1)Taglione era un tributo straordinario imposto per supplire a una spesa non di carattere bellico. (1997)


3 - E’ tempo di sistemare le strade rurali ed il Consiglio degli Anziani è chiamato a provvedervi. Le suore del Convento di S. Maria in Monticelli, nella seduta del 3 Luglio 1683, fanno richiesta di “provvedere al risarcimento della strada che conduce al loro convento, essendo hor mai ridotta impratticabile, con pregiudizio grande del Convento e delle genti della città”.

Il problema, “pro bono publico”, viene dibattuto anche nella seduta del giorno seguente e riguarda il “risarcimento di tutte le strade” ed il “rifacimento di Ponte Alvario” ed il consigliere Mauritius Boccarinij è del parere che si debba “ordinare alli Sig.ri Magistri di Strada” di provvedere, con particolare riguardo, “alle strade per dove passa la Processione della Madonna dell’Assunta”, che siano sistemate per quell’occorrenza.

Meno male che, a quei tempi, c’era almeno qualche “santo” che riusciva a far riparare le strade! (1999)


3 - Come si deduce dalla pergamena n. 38, conservata nell'Archivio Comunale, il 3 Luglio 1318 il Sindaco del Castello di Porchiano Lellus Jacobi "promisit et convenit per solempnem stipulationem et pactum domino Martino Petri de Amelia syndico procuratori communis Amelie" per solenne patto stipulato con il Sindaco di Amelia, promise e convenne "ad ipsius communis Amelie et rectori eiusdem beneplacito et voluntate" a beneplacito e richiesta del Comune di Amelia e suo rettore, di "facere pacem et guerram" insieme al detto Comune "et ad defensionem et offensionem contra et adversus omnem personam, collegium et universitatem, civitatem seu commune quodcumque dum taxat exceptam Sanctam romanam Ecclesiam et sacrum romanum populum" ed agire sia a difesa che in attacco contro qualsiasi persona, comunità, città o comune, salvo che l'azione fosse rivolta contro la Santa Romana Chiesa ed il Sacro Popolo Romano, poiché -parafrasando la bolla di Alessandro IV- "ob devotionem quam ad romanam gerebant Ecclesiam" per la devozione che mostravano avere verso la Chiesa di Roma e "ad sacrum romanum populum" ed al sacro popolo romano, a partecipare, nell'interesse di Amelia, ad azioni dirette contro questi ultimi soggetti, i buoni Porchianesi non sarebbero stati mai tenuti. (2005)


3  -  Sul periodico AMERIA del 3 Luglio 1898, sotto il titolo “Servizio musicale”, si legge la seguente notizia:

“La sera del 26 Giugno dalle ore 21 alle 23 il Concerto municipale, diretto dall’egregio Maestro Presuttari Giacomo, fece in Piazza V. “E. il primo servizio estivo eseguendo il seguente programma:

“1. ALARICO SILVESTRI - Marcia eroica

“2. DOLCE DESIO - Mazurka

“3. GIOCONDA - Terzetto e duetto finale

“4. ESPANA - Valtzer

“5. Riminiscenze (sic) nell’opera - L’EBREA

“6. DOMOKOS - Marcia militare

“Buonissima esecuzione, ma poco concorso di gente”. (2009)


3  -  Con breve di papa Alessandro VI in data 3 Luglio 1499, quest’ultimo si compiace della pace conclusa da Amelia con gli Ortani: “placuit nobis quam maxime pax ista nuperime (sic) inter vos et dilectos filios  comunitatem orthanam ... domino concedente conclusa” in massimo grado ci fu gradita questa pace recentissimamente conclusa fra voi e i diletti figli e la Comunità di Orte “quam stabilem et perpetuam optantes approbamus et benedicimus” che approviamo e benediciamo,  augurandoci che resti stabile e perpetuamente duratura; “hortamur devotionem vestram ... ut illam in omnibus quo ad vos et promissiones vestras actinere custodiatis et firmissimam conservetis” ci appelliamo alla vostra devozione affinché, in tutto e per quanto attiene e riguarda voi e le vostre promesse, vogliate custodirla e fermamente conservarla. “Nam, sicut eius violatio esset nobis molestissima, ita de illius observantia plurimum comendationis et gratie apud nos consequemini” Infatti, così come la sua violazione sarebbe per noi oltremodo sgradita, altrettanto dalla sua osservanza ne potreste da noi massimamente ricevere lodi e favori. (2010)


3  - Il 3 Luglio 1536 nelle riformanze risulta trascritta una lettera patente scritta da Perugia il 30 Giugno da Marino Grimani, Cardinale di S. Marcello, Patriarca di Aquileia e Legato papale di Perugia e dell’Umbria, indirizzata a Tiberio Forti, “fiscalis nostro”, cioè giudice apostolico del fisco (pubblico ufficiale che nei giudizi difendeva l’interesse della legge: l’attuale “pubblico ministero”), al quale notifica “in Civitate Amerina non sine nostra displicentia intelleximus ad aliqua verba iniuriosa fuisse inter pretorem et antianos deventum” di aver, non senza disappunto, appreso che in Amelia erano corse parole ingiuriose fra il pretore (Podestà) e gli Anziani “et etiam ad tumultum in populo cum pulsatione campane ad arma fuisseque per dictos tumultuantes armata manu dictum pretorem in palatio obsessum et tentatum ingredj etiam per muros et pretorem capere” ed anche che vi fossero stati dei tumulti di popolo, con suono della campana per correre alle armi e che, da parte dei rivoltosi, si fosse assediato detto pretore nel suo palazzo e si fosse tentato di penetrarvi attraverso i muri per catturarlo, “ac demum negando bayulos ne ad pretorem accederet officij exercitium impeditum nec non fuisse” ed infine, avendo i famigli difeso l’accesso al pretore, quest’ultimo  ne risultò impossibilitato a svolgere il suo ufficio; avendo altresì avuto notizia che “in eius comitatu quedam homicidia commissa ac alia enormia” nel contado amerino fossero stati commessi alcuni omicidi ed altre simili enormità, “unde volentes discolos debitis penis plectj” di conseguenza, volendo che i delinquenti vengano assoggettati alle opportune pene, “te de cuius fide et diligentia confidimus, commissarium nostrum in dicta Civitate eiusque Comitatu constituimus et deputamus”, facendo affidamento sulla fedeltà  e la diligenza del Forti, lo nomina Commissario papale in detta Città e suo contado, dandogli “amplam et liberam facultatem  examinandj, inquirendj ... et omnia alia faciendi ... sub penis per te imponendis” ampia e libera facoltà di procedere ad esami, inquisire e fare quanto altro necessario, compresa l’imposizione delle opportune pene.

Ma non basta: il 1° Luglio successivo lo stesso Cardinale Legato riscrive da Roma a tutte le città e Castelli dell’Umbria, con lettera riportata nelle riformaze il giorno 13, trasmettendo anche un breve del pontefice Paolo III, in cui quest’ultimo manifesta tutto il suo dispiacere a causa dei “multa delicta ac maleficia que quotidie in provincia nostra umbrie perpetrantur” molti delitti e reati che vengono quotidianamente commessi nella nostra Provincia dell’Umbria. 

Per far pervenire a tutte le città, castelli e Terre -e precisamente ad Amelia, Rieti, Cascia, Terni e Narni- il contenuto del detto breve (“breve predictum ad vestrorum omnium notitiam deveniat”), viene dato incarico ad un inviato speciale (“per nostrum latorem”) di notificare singolarmente ad ogni centro destinatario, a carico del quale sarebbe stato anche un contributo per le “spese di notifica”, quantificato in “soldus, bayocchus, bononenus unus pro quolibet miliarij de loco ad locum” un soldo o baiocco o bolognino per ciascun miglio di distanza da luogo a luogo. 

La diversa denominazione adoperata per indicare l’entità del contributo (soldo, bolognino, baiocco) rivela che, in detto periodo, i sottomultipli dell’unità monetaria venivano ancora chiamati -a seconda dei vari luoghi- con le diverse denominazioni che si erano, nel tempo, venute evolvendo dall’originario denario, poi chiamato denario grosso o grosso. 

Forse per essere sicuri di venir compresi da tutti! (2012)


3  -  Il 3 Luglio 1529, con atto del notaio Bernardino de’ Acetellis, i Frati Agostiniani comprano un casale con oliveto a S. Maria in Posterola “pro luminatione et lampadibus” per provvedere all’illuminazione e alle  relative lampade; e, così, la luce è assicurata per parecchio tempo e c’è da sperare che resti un po’ d’olio anche per condire l’insalata e magari anche per una saporosa bruschetta! (2014)


4 - Occorre, fra l’altro, deliberare “pro bono publico” circa la riconferma del chirurgo, per scadenza del mandato.

Il consigliere Ascanio Clementini, nella seduta del 4 Luglio 1683, avanza la seguente proposta:

“Sono di parere che si dia la riferma al Sig. Chirugo Angelo Boccalini, havendolo per tanto tempo esperimentato diligentissimo nella sua professione, altrimente sarebbe un pagarlo d’ingratitudine. Perciò si mette a partito, secondo il solito”.

La proposta viene approvata. (2000)


4 - Il 4 Luglio 1839, dal S. Uffizio di Ancona, venne autorizzata la stampa, presso la Tipografia Sottiletti di detta città, del libretto della "Lucia di Lammermoor - Dramma Tragico da rappresentare nel Nobile Teatro di Amelia nella stagione d'estate 1839". Gaetano Donizetti, che aveva musicato il libretto che Salvatore Cammarano aveva tratto dal romanzo "The Bride of Lammermoor", di Walter Scott, aveva presentato la prima dell'opera il 26 settembre 1835, al Teatro S. Carlo di Napoli, con soli quattro anni di anticipo sulla rappresentazione nel teatro amerino. L'Autore, in una premessa del libretto, si scusa se, nel dar forma drammatica al romanzo di Walter Scott, che definisce "l"Ariosto scozzese", ebbe ad affrontare "non pochi ostacoli, per superare i quali fu mestieri allontanarmi, più che non pensava, dalle tracce di Walter Scott", togliendo "dal novero dei miei personaggi taluno di quelli che pur sono fra i principali del romanzo e la morte del Sere di Ravenswood diversamente da me condotta, avendomi soltanto a ciò indotto i limiti troppo angusti delle severe leggi drammatiche", che non si stenta ad individuare nella rigida censura ecclesiastica.

Fra l'orchestra, che eseguì il melodramma, figurano: quale primo violino e direttore, Luigi Luzzi Gradassi "attuale primo violino in Terni"; primo oboe e corno inglese, Antonio Assettati "Dilettante" e primo flauto ed ottavino, Prospero Canzacchi "Dilettante", entrambi di chiara origine amerina, "con altri Professori della Città e forestieri". (2006)


4 - Il 4 Luglio 1667, nel consiglio decemvirale, è detto: “L’Ill.mo Sig.r Giulio Cardinale Rospigliosi della Città di Pistoia, essendo stato meritamente creato Sommo Pontefice Romano il dì 20 Giugno prossimo passato chiamato Clemente nono, per lo che parendo alle SS. VV. come veri, e fedeli Vassalli della S. Sede Apostolica farne le solite  dimostrationi d’alegrezza, con fare fuochi, lumi, e sparar mortaletti ne’ luoghi consueti, e pubblici per tre sere continuate e far anche le due Armi di esso nuovo Pontefice massimo, una sopra la Porta del nostro Palazzo pubblico Anzianale, e l’altra alla Porta Romana, che tanto fu fatto nella creatione di Papa Alessandro Settimo defonto”. Per l’esecuzione delle onoranze da tributare al neo eletto Pontefice, vengono nominati Francesco Geraldini e Podio Venturelli, quest’ultimo sostituito poi da Aurelio Boccarini, “cum omnibus facultatibus”.

Si parla anche di un memoriale presentato da tal Francesco Trenti, pittore, forse l’artista a cui si commise poi l’accennata pittura delle “Armi” del nuovo papa. (2008)


4  - Il 4 Luglio 1537 si procede alla redazione dell’inventario dei mobili conservati nel Palazzo Anzianale. Eccone uno stralcio:

“Jn primis, Crucifixus unus argenteus (un crocifisso d’argento);

“Calix cum patena argentj (un calice con patena d’argento);

“Missale parvum (un piccolo messale);

“Cocleare unum argenteum et due furchette similiter argentee (un cucchiaio d’argento e due forchette, pure d’argento);

“Corona una argentea (una corona -rosario?- d’argento;

“Sigillum magnum argenteum (un sigillo grande d’argento);

“Sigillum parvum argenteum cum S.ta Firmina (un sigillo piccolo d’argento, con l’immagine di S. Fermina);

“Sigillum de auricalco (un sigillo di oricalco);

“Sigillum argenti parvum cum S.to Olimpiade (un sigillo piccolo d’argento, con l’immagine di S. Olimpiade);

“Sigillum magnum argenteum solitum ad sigillandum patentes (un sigillo grande d’argento, usato per sigillare lettere patenti;

“Scutelle magne sexdecim de stanno (sedici scodelle grandi di stagno);

“Scutelle parve vigntiquinque computatis quinque veteribus (venticinque scodelle piccole, di cui cinque vecchie);

“Tonnj decem de stanno et scutellini tres (dieci piattini tondi di stagno e tre scodelline);

“Patine seu placti magni duo de stanno (due tegami o piatti grandi di stagno),

“Foculares duo in Audientia (due alari nella sala delle Udienze);

“Foculares magni duo in Aula Magna (due alari grandi nell’Aula Magna);

“Foculares duo parvi in Cancellaria (due alari piccoli nella Cancelleria);

“Ammolles in audientia de ferro cum paletta” (molle di ferro, con paletta, nella sala delle Udienze);

“Foculare unum in Culina” (un braciere in cucina);

“Candelabrum unum de auricalco” (un candeliere di oricalco);

“Pelves de auricalco duo” (due bacili di oricalco);

“Vas de auricalco unum” (un vaso di oricalco);

“Caldara de ramine magna una” (un caldaro grande di rame);

“Caldarozi de ramine duo unus magnus et alius parvus” (due calderozzi di rame, di cui uno grande ed uno piccolo);

“Vas aeneum pro refrigerando vinum” (un vaso di bronzo per tenere in fresco il vino);

“Verua duo unum magnum et aliud parvum” (due spiedi, di cui uno grande e l’altro piccolo);

“Furchetta ferrea pro mensa Dominorum (Antianorum) ad jncidendum acta” (una forcina di ferro per la mensa degli Anziani, idonea a tagliare);

“Tripes ferreus unus” (un treppiede di ferro);

“Coclearia ferrea duo pro culina” (due cucchiai di ferro per la cucina);

“Mortarium aeneum unum parvum” (un mortaio piccolo di bronzo);

“Cocumum unum de ramine” (una cuccuma di rame);

“Vexillum de serico Communis vetus” (un vecchio stendardo del Comune);

“Pennones de serico magni quatuor” (quattro pennoni grandi di seta);

“Unum petium panni rosacej pro cassetta” (un pezzo di panno rosa per la cassetta);

“Pannus pro tabula pro Cancellaria viridis” (una tovaglia verde da tavola per la Cancelleria);

“Tapetum unum pro tabula quatra” (una coperta per tavola quadrata);

“Pannus pro tabula magna dominorum more turcarum” (una tovaglia di stile moresco, per la tavola grande degli Anziani);

“Candelabra duo pro Cappella” (due candelieri per la Cappella);

“Statera una parva” (una piccola stadera);

“Tabula magna cum tripodibus in aula” (un grande tavolo a tre zampe, nella sala”);

“Tabula de nuce mediocris cum tripodibus” (un tavolo di noce a tre zampe, di media grandezza);

“Tabula quatra de nuce pro mensa Dominorum” (un tavolo quadrato di noce, per la mensa degli Anziani);

“Quoddam scannum pro credentia” (una panca per la credenza);

“Scannum unum in Cancellaria ad usum cassule” (una panca nella Cancelleria, ad uso cassetta);

“Armarium unum jn audientia” (un armadio nella sala delle Udienze);

“Cassa una pro reponendo pane” (una cassa per la conservazione del pane);

“Cassettinus unus cum tribus clavibus” (una piccola cassa con tre serrature);

“Duo cerei lignei jn Cappella” (due portacandele di legno nella Cappella);

“Duo extintores de stanno” (due spegnitoi di stagno);

“Mortarium lapidis cum pistatoribus ligneis” (un mortaio di pietra, con pestelli di legno);

“Scanna tria in aula magna” (tre panche nell’Aula Magna);

“Scandula tria et unum in Cancellaria” tre piccole panche, di cui una nella Cancelleria);

“Cortelleria cum quatuor gladiis” (coltelliera -armeria- con quattro spade);

“Cathena ad jgnem acta” (catena per il focolare;

“Cassa cum libris Catastorum” (cassa contenente i libri del Catasto)”.

A distanza di tre anni, il 4 Luglio 1540 nel consiglio dei X si propone, fra l’altro, “si videtur pro futuro anno facere aliquam provisionem ut non fame Populus praematur” che si prenda qualche provvedimento per il prossimo anno, affinché la popolazione non patisca la fame. Ser Dardano Sandri, “vir laudata morum disciplina” uomo di lodevole disciplina di costumi, nel consiglio generale celebratosi lo stesso giorno, propone che gli Anziani nominino quattro cittadini che presiedano ai rifornimenti di generi alimentari, con facoltà “accipiendi pecunias ad interesse” di procurarsi il denaro necessario ricorrendo al credito. La proposta, ritenuta “Reipublicae perutillima” grandemente utile per la Comunità, viene approvata a stragrande maggioranza. Come se contrarre debiti fosse giudicato il non plus ultra della convenienza!

Vi è da considerare un’offerta di prestazione d’opera, contro l’esenzione dalla dativa del Podestà. E’ presentata da un certo Riccio, il quale “qualibet hebdomoda in die sabati offert et pollicetur forum et arcum mundare dive marie” si offre, in cambio di detta esenzione, di tener puliti, ogni sabato della settimana, sia la piazza del Comune, che l’arco di S. Maria. Gli si concede quanto richiesto, “adeo ut jnmunditiae non remaneant” purché, in detti luoghi, non restino immondizie.

Altro argomento da affrontare, riguarda molte famiglie di forestieri, che vengono giorno dopo giorno a stabilirsi in Amelia e “vivendi modus non sit” non vi sia per esse un adeguato modo di sostentarsi. Lo stesso Sandri propone “quod banderarij contratarum teneantur notificare m.cis d.nis Antianis omnes familias existentes in sua contrata” che i banderari delle contrade siano incaricati di notificare agli Anziani quante famiglie (di forestieri) vi siano in ogni contrada e se ve ne saranno trovate alcune che non coltivino “ad minus quatuor quartatas terrae” almeno quattro quartate di terra, “expelli debeant” debbano venir espulse dalla Città; e ciò s’intenda tanto delle famiglie presenti, che di quelle che venissero in futuro. La proposta viene accettata all’unanimità, anche se non perfettamente in linea con la carità cristiana!

Occorre frenare gl’ingenti danni che vengono arrecati sia di giorno che di notte ai raccolti. L’instancabile Ser Dardano propone di emanare drastiche disposizioni a carico di chi, non essendo trattenuto dal non commettere illeciti per amor della virtù (“virtutis amore peccare non odit”), lo sia almeno per paura del castigo (“saltem formidine poenae eidem sit odio”). Dopo una tale saggia premessa, enumera una dettagliata serie di illeciti,  proponendone le relative pene: “pro solo introytu ad aliquam vineam sit pena dimidij scuti, et si uvas collegerit infra viginti racemos, sit poena unius scuti, compensata poena introytus” colui che entri in una vigna, soggiaccia alla pena di mezzo scudo e, se avrà colto meno di venti grappoli d’uva, paghi uno scudo, comprensivo anche della sanzione dovuta per la sola entrata; “a viginti vero supra, sit poena duorum scutorum et eademet poena sit contra illum qui legerit fructus existentes in vinea et contra forenses sit poena dupli” se coglierà più di venti grappoli, paghi due scudi e lo stesso dicasi per chi cogliesse altre specie di frutti esistenti nella vigna; contro i forestieri, poi, le pene raddoppino. “Jtem si aliquis furaretur decem gremias frumenti vel a x. infra, solvat nomine poenae scutum unum” inoltre, se alcuno ruberà dieci covoni di grano o fino a dieci, paghi, a titolo di pena, uno scudo; “a decem vero gremijs supra solvat ut dictum est scutos duos; si autem aliquis legerit fructus alibi existentes quam in vinea, incidat in poenam unius floreni” oltre dieci covoni, pagherà due scudi; inoltre, se qualcuno raccoglierà dei frutti fuori dalle vigne, incorra nella pena di un fiorino “et quod nemo habens vineam possit facere raspinum et uvam passam sine licentia dominorum Antianorum in scriptis facienda” e chi possiede una vigna, non possa fare il (vino) raspato e l’uva passita, senza licenza scritta degli Anziani: non si conosce la ragione di un simile drastico divieto, che Ser Dardano ribadisce anche nei confronti dei forestieri. Lo stesso prosegue imperterrito: “Et quoniam parum est iura condere nisi sint qui exequi faciant” e poiché non è sufficiente emanare norme, se non vi siano coloro che le facciano osservare, propone che gli Anziani diano disposizioni “ut banderarius cuiuscumque contradae det nomina omnium forensium in sua contrada existentium, una cum possessionibus quas colunt” affinché un banderario per ciascuna contrada fornisca i nominativi di tutti i forestieri esistenti nella sua contrada, nonché l’elenco di tutti i terreni da essi coltivati; inoltre, “imbussulentur centum cives ex quibus die quolibet extrahi debeant octo, quorum duo ad Portam Pisciolini remaneant, reliqui vero sex requirere debeant domos tam urbanas quam foris existentes” si eleggano cento cittadini, fra i quali ne vengano scelti ogni giorno otto, di cui due stiano alla Porta Busolina e gli altri sei debbano individuare le abitazioni sia urbane, che extraurbane (degli stessi forestieri). Infine, di quanto riscosso dalle pene pecuniarie come sopra comminate, “medietas sit dominj damnum passi, quarta pars accusatoris, reliqua vero quarta mensae dominorum” la metà vada a coloro che hanno subito danni, la quarta parte a chi ne avrà fatto denuncia e l’altro quarto sia destinato alle spese per la mensa degli Anziani. Ciliegina finale: “si aliquis forensis non esset solvendus, dari debeant ictus quatuor funis” se un forestiero non pagasse la pena, gli vengano applicati quattro tratti di corda!

La proposta del Sandri viene giudicata “dictum saluberrimum et valde oportunum” grandemente salutare e assai opportuna e viene approvata con tutti i voti favorevoli, tranne due soli contrari (forse di qualche forestiero?). (2012)


4  -  Per lungo tempo, “fuit litigatum in Romana Curia super quodam petio terre” vi fu controversia dinanzi alla Curia Romana circa un pezzo di terra fra i fratelli Agapito e Virgilio Geraldini ed un tal Lucantonio di Terni. Quest’ultimo il 4 Luglio 1507 venne condannato alla rifusione ai Geraldini delle spese della lite in trecentoquarantaquattro ducati ed essi si contentano (si fa per dire!) di risolvere il litigio con la consegna di un casale del Lucantonio. (2014)


5 - Per iniziativa del Vescovo Giuseppe Crispini, il Monte del S. Salvatore venne dotato, nell’anno 1702, delle edicole della “Via Crucis”, che ancor oggi possono vedersi, pur ridotte in istato di grande decadimento ed abbisognevoli di urgente restauro.

Una lapide murata sulla prima edicola ricorda che, per concessione del Papa Clemente XII emanata il 5 Luglio 1732, coloro che, meditando la passione di Cristo, percorressero il devoto itinerario, acquisterebbero le medesime indulgenze previste per quelli che personalmente visitassero le stazioni della “Via Crucis” di Gerusalemme. (1997)


5 - La peste che si sta diffondendo in Città fa paura a tutti. Il 5 Luglio 1478, nelle riformanze, è annotata, da parte del Cancelliere Nicolò di Antonio, la notizia che "urgente pestilentia in civitate Amerie", incalzando la pestilenza in Città "reliqui officium et clavem cancellerie in eorum manibus et discessi ad Montemfalcum" esso Cancelliere lasciò l'ufficio e consegnò nelle mani degli Anziani la chiave della cancelleria, partendo per la natia Montefalco. Vi ritornerà soltanto il 10 Settembre successivo. Nel frattempo, la sua funzione venne esercitata "partim Pirrhamus de Naccijs et partim Ser Taddeus Artimisijs" in parte da Pirramo Nacci ed in parte da Taddeo Artemisi, come risulta da una sorta di vacchetta ("bastardello") inserita nel volume. Il successivo giorno 6 è la volta del trombetta Antonio di Trevi a lasciare l'incarico; il 7 se ne vanno il Guardiano ed il notaio dei danni dati e anche prete Vittorio di Nepi, maestro di grammatica, "conductus pro uno anno", assunto per un anno, dopo sette mesi, fattosi saldare di quanto dovutogli, "propter pestem" lascia Amelia. Infine, l'8 Luglio se ne vanno "dominus potestas cum tota eius familia". E' un fuggi fuggi generale! (2007)


5 - Il 5 Luglio 1388 compare dinanzi agli Anziani Cecco Gorj di Piperno, conducendo con sé venti fanti “ad stipendium huius Civitatis pro duobus mensibus proximis futuris hodie incohandis” al soldo della Città, per la durata di due mesi ad iniziare dallo stesso giorno. La cerimonia della “mostra”, o rassegna, avviene “in logia suptus scalis palatij residentie dicti domini vicarij” nella loggia esistente sotto la scalinata del palazzo podestarile. E’ singolare notare che fra di essi, che vengono personalmente annotati con dati anagrafici e luogo d’origine, ve ne sono di Firenzuola, di Roma, di Ferrara, di Modena, di Cortona, di Bolsena e finanche di Milano e Treviso. (2008)


5  -  Il 5 Luglio 1468, dinanzi agli Anziani ed al consiglio decemvirale, si espone “quod ad ipsorum notitiam pervenerit qualiter R.mus d. Cardinalis Spoletanus venerat Narniam et de brevi erat recessurus et iturus Mevaniam” che era loro pervenuta notizia che il Rev.mo Cardinale Spoletano era venuto a Narni e che, di lì a poco, sarebbe ripartito per Bevagna e, quindi,  si chiede “si videretur dicto consilio aliquid providere et sue R.me d. aliquem honorem facere” se sembri opportuno al consiglio di provvedere a fare qualcosa per onorare Sua Eminenza. Il consigliere Evangelista de Racanischis prende la parola per dire che, essendo detto Cardinale degnissima persona, meritevole di ogni considerazione, “per Magnificos dominos Antianos fiat sue R.me d. aliquod ensenium de bono et optimo vino, et varijs maneribus ac de pollastris et prosuttis, prout ipsis M.cis Antianis melius videbitur et placebit” da parte degli Anziani si deliberi di presentare al Rev.mo Cardinale un donativo di ottimo vino ed altre cose, come pollastri e prosciutti, come meglio sembrerà agli stessi Anziani. Si nomini, inoltre, un oratore da inviare al Cardinale e “preter alia imponatur dicto oratori quod in sua expositione narret et supplicet” innanzi tutto che s’imponga al detto oratore che, nella sua esposizione al Cardinale, lo supplichi di “videre et tractare bona concordia inter hanc communitatem et communitatem Narnie” cercare di mantenere un rapporto di amicizia e concordia fra le Comunità di Narni e di Amelia, anche in relazione “de differentia noviter exorta inter ipsas communitates de grano accepto in campo sive possessione devoluta ad commune Amelie” alla questione sorta recentemente fra esse Comunità, circa certo grano portato via da un terreno di pertinenza del Comune di Amelia (in quanto espropriato a tal Monachetti di Foce, bandito dallo stesso Comune) e indebitamente asportato dai Narnesi e si esorti il Cardinale a dirimere tale questione “pro bona pace et quiete ipsarum communitatum” per la buona pace e tranquillità delle due Comunità.

Si nominano due oratori, nelle persone di Ser Benedetto de Rasis e Ser Giacomo Salem, presenti ed accettanti l’incarico.

Ma si ritiene che i due incaricati non cavassero un ragno dal buco, se l’11 successivo si nominò, con lo stesso incarico, Ser Antonio di Ser Ugolino. (2009)


5 - Il 5 Luglio 1504 scrive agli Anziani, da Lugnano, il Commissario papale Federico Flavio “de Fuglineo” (da Foligno) nei seguenti termini:

“El S.re Bartholomeo de Alviano mustra animo molto generoso de haverme consignati li prisuni vostri liberamente per obedire la S.tà de N. S. come promise una conla (insieme alla) restitutione de Lugnano, el che ha exequito senza altra cautela (riserva) et cusì ve li mando al presente, dalli quali anche jntenderite lo animo de epso S. Bartholomeo. Pertanto conforto quanto fo et posso la V. M.ca Comunità volesse relassare quello suo nepote con quella liberalità che ha facto sua S. perché questo acto solo siria quello che concludaria una bona pace et cossì me fanno jntendare da ogni Banna (parte); Jo ve ce conforto molto che dubito che quando el s. bartolomeo havarà chiarita (informata) la S.tà de N. S. de havere servate le promesse non se faccia qualche provisione che poi non havarite le gratie; Jo ve exorto ad questo effecto, che non ce vedo altra via che questa de posser concludare questa pace. Puro se V. S. ce cognosierando (conoscessero)  qualche altro modo più expediente (efficace) me lo facciano jntendare; che cussì dio me adiuti como ho disiderio de fare cosa che sia grata ad questa Mag.ca Comunità cui me offero et commendo (affido). Lugnani v Julij MDIIIJ”.

Lo stesso giorno, alla presenza degli Anziani, del Commissario del Cardinale Colonna -il tarantino Paolo de Suffiantis- e dello steso Giacomo d’Alviano, nipote di Bartolomeo, i Signori Lorenzo di Roberto, Cesarino di Crisostomo, Onofrio di Piero, Pietro di Mario, Bernardo di Puccio, Sebastiano di Puccio e Giovanni di Bernardo di Puccio, “sponte per se ipsos eorumque heredum et successorum” spontaneamente, per sé e loro eredi e successori, promettono al detto Commissario ed agli Anziani “custodire dictum D. Jacobum et custodia habere et onus ceperunt in se ipsis de custodiendo dictum D. Jacobum” di prendere in consegna il detto Giacomo, assumendone ogni onere e responsabilità circa la sua custodia, “sub pena mille ducatorum auri camere Amerie applicandorum” sotto pena di mille ducati d’oro, da versarsi nelle casse comunali, dando in garanzia “omnia eorum bona presentia et futura pro observatione predicta” tutti i loro beni presenti e futuri per l’osservanza degl’impegni assunti “et predicta juraverunt ad sancta dei evangelia corporaliter manu tactis scripturis” e con tanto di giuramento, effettuato con la materiale apposizione delle loro mani sulle sacre scritture.

A distanza di 24 anni, il 5 Luglio 1528 il consiglio dei X deve interessarsi di problemi di varia natura. Uno riguarda il rifornimento della carne: “magna est penuria carnium” ve n’è grande penuria e “Bernardinus Johannis grandis vellet macellare certam quantitatem pecudum sodarum”, il macellaio Bernardino di Giovanni Grandi sarebbe disposto a macellare una certa quantità di pecore sode (cioé sterili, non adatte alla riproduzione), “ad quatrenos quatuor cum dimidio pro qualibet libra” al prezzo di quattro quattrini e mezzo la libbra. Il consiglio generale dello stesso giorno gli concede tale licenza, “sed vaccinas macellet pro ut extitit ordinatum” ma la carne vaccina la macelli come gli è stato ordinato, certamente per non incidere sull’entrata della relativa gabella comunale.

Gli Anziani “haberent agere expensas in palatio” avrebbero da effettuare delle spese nel palazzo di loro residenza, ma “cum sit quod magna sit egentia in grano, vino et plurimis alijs rebus de presenti” poiché, attualmente è grande la necessità di grano, vino e di altre vettovaglie, “videatur quid agendum” si veda cosa sia opportuno decidere, anche se tutto lasci propendere per una soluzione a favore dei rifornimenti alimentari, a meno che gli Anziani decidano se “velle stare cum salario vel sine” di rinunziare al loro salario.

V’è anche un sollecito da parte di Malatesta Baglioni in favore di un medico da lui raccomandato (“in commendationem Magistri Jo. baptiste petrutij de mevania, medici, jam Amerinj Populj Phisicus”) il Maestro Giovanni Battista Petrucci di Bevagna, già medico fisico del Popolo Amerino. Il Baglioni chiede “quod ei satisfiat de residuo quod consequi debet pro suo salario” che gli venga pagato il saldo delle sue prestazioni durante l’effettuata condotta “et quia respectu domini malateste et alijs justis rationibus magistro Johanni baptiste non est deficiendum” e poiché per un riguardo verso il Malatesta ed anche per altri validi e giusti motivi (fra cui, si spera, anche l’obbligo di dare un’equa retribuzione a chi lavora) non si può mancare agl’impegni assunti nei suoi riguardi, “videatur quid agendum” si provveda su da farsi. Si decide “quod domino Malateste rescribatur grate et quod cum primus pervenerint pecunie, magistro Jo. baptiste satisfiat” che si scriva al Malatesta, ringraziandolo del suo interessamento e si assicuri che, non appena vi saranno denari disponibili, si soddisferà il credito del suo amico medico. Ma, con tale precisazione, ci sarà stato, poi, motivo di stare tanto tranquillo da parte di Maestro Giovan Battista? (2011)


5  -  Il 5 Luglio 1523 il notaio Moricone Cerichelli è richiesto da Donna Pertichetta, vedova di Ser Ciardino di Piediluco, per ricevere la sua promessa di rinunziare al mondo ed entrare fra le “pizzocchere” sottoposte al Convento di S. Giovanni Battista di Amelia, vestendone l’abito ed osservandone le regole. (2014)


6 - Plenerio, notaio “Sancte Romane Ecclesie”, in data 6 Luglio 1233, “tempore Domini Gregorij noni pape (Gregorio IX), redasse l’atto con il quale Aviano, priore di San Lorenzo in Urbestole e Maifredo Tebalduccij, arbitri eletti sopra la controversia esistente fra Tebaldo, procuratore e rettore dell’ospedale e chiesa di S. Giacomo “de redari”, da una parte e Mentede, figlio del quondam Adamo Miliante, “pro se et fratribus” per sé e suoi fratelli, dall’altra, circa la proprietà di un appezzamento di terra “et silve seu cese” (bosco ceduo), posto “in plano de redari”, cioè sulla piana di Redere, rivendicata dall’ospedale di S. Giacomo contro gli eredi di Adamo Miliante, che ne contestavano il possesso.

Gli arbitri si pronunziano a favore dell’ospedale, che dovrà però pagare ai detti eredi la somma di 29 soldi lucchesi (1).

(1)La moneta lucchese, nelle nostre zone, cominciò a diffondersi verso la metà dell’XI secolo, soppiantandovi quella pavese (cioè di Pavia), affermatasi all’inizio del X secolo. Verso la metà del sec.XIII, la moneta lucchese cedette il campo al denaro c.d. cortonese, come si può vedere dallo statuto amerino del 1330, a sua volta sostituito, a pochi anni di distanza da quest’ultimo, dal denaro perugino, che figura già nel successivo statuto del 1346. (2000)


6 - Poiché, in esecuzione dell'esortazione e mandato del papa concesso al suo incaricato Jo. Sancte Mariae in via Lata, "facta et firmata fuerit pax inter oratores Communis Magnifice Civitatis Amerie" fu fatto e firmato, in Roma, il trattato di pace fra gli oratori della Città di Amelia, cioè Stefano Bartolomei de Corradinis, Francesco Jacob de Vasellis "ac oratores Ortanos" e gli oratori di Orte, tramite i segretari papali Rev.mi Jo. Pe. Accoramboni, vescovo di Urbino e Adriano di Corneto, deputati "ad dictam confitendam pacem" alla redazione del relativo trattato; ciò premesso, il 6 Luglio 1499, poiché "a confectione dicte pacis sancitum extitisse captivos omnes hinc inde debere relapsari et ad patriam remitti" nel trattato di pace è stato stabilito che i prigionieri di ciascuna parte vengano reciprocamente restituiti, si dà atto dell'avvenuto scambio dei  detti prigionieri. "Que res gratissima fuit Amerino populo". Il che fu di grande soddisfazione per il popolo. 

Il papa Alessandro VI, con un suo breve, si congratula con gli Amerini della felice conclusione della pace con gli Ortani, esortandoli a conservarla in futuro: "custodiatis et fermissime conservetis", ammonendoli: "cum violatio esset nobis molestissima" che ogni violazione sarebbe per noi oltremodo spiacevole, lasciando intendere che il corruccio di papa Borgia non debba essere preso sotto gamba! (2004)


6 - Il 6 Luglio 1607 nel consiglio decemvirale vieve presentata la seguente proposta “pro bono publico”:

“E’ venuto un Commissario (da Roma) per exigere il resto di quello che si deve per la guerra de Venetia che è per tutto maggio che importano scudi 93 et bajocchi 75, oltre li altri che si devono restituire presi in prestito a questo effetto; (si chiede) quid agendum”.

L’accenno alla guerra di Venezia, con molta probabilità, va riferito allo scontro avuto dal papa Paolo V (Camillo Borghese) con la Serenissima, che, oltre ad aver proibito nel proprio territorio l’istituzione di monasteri ed i lasciti di beni immobili a persone appartenenti al clero, si era rifiutata di concedere l’estradizione di due sacerdoti, rei di delitti comuni, che dovevano venir giudicati a Roma. Considerando ciò una ribellione della diocesi veneziana al primato di Roma, il papa aveva colpito la città lagunare con l’interdetto, che però venne tenuto da quest’ultima in nessun conto.

Si propone di provvedere ai denari occorrenti, raddoppiando la gabella di grani, biade, legumi e miglio. E così sia! (2008)


6  -  Sotto la data del 6 Luglio 1523 nelle riformanze risulta trascritto un breve di Adriano VI (l’olandese Adriaan Florensz), indirizzato al nostro pittore Gian Francesco Perini e del quale vale la pena riportare alcuni brani:

“Exponi nobis nuper fecisti quod licet tu ab illicitis quantum humana sinit fragilitas te abstinere et ex pictoria arte tibi victum querere consueveris” Ci hai fatto recentemente esporre che, sebbene tu ti astenga dal compiere illiceità quanto lo permetta l’umana fragilità e sei abituato a trarre il tuo sostentamento dall’arte pittorica “nihilominus superioribus annis dum in Ro. Curia artem tuam pictoriam exercebas” tuttavia, negli anni passati, mentre esercitavi la tua arte nella Curia Romana “a quodam Jo. Antonio mediolanensi, tunc in habitu laicalj, ad ludum cartarum provocatus et ab eodem in dicto ludo victus” sfidato da un certo Giovanni Antonio milanese, presentatosi in abiti secolari, a giocare a carte e dallo stesso vinto “quum tu loco pecuniarum ita ludendo amissarum seu pro illarum parte eidem Jo. Antonio certos annulos et res alias in pignus dedisses” avendo tu, al detto Giovanni Antonio, in sostituzione parziale o totale del denaro perduto, dato in pegno alcuni anelli ed altre cose “et deinde non sine tuo dedecore super relevatione dictorum pignorum a prefato Jo. Antonio etiam importune molestareris et palam diffamareris” ed in seguito fosti anche importunamente molestato dallo stesso, circa il riscatto dei detti pegni e, non senza tua vergogna, pubblicamente da lui diffamato “ira percitus illum cum ense in capite et manu vulnerasti ex quibus vulneribus infra paucos dies decessit” eccitato dall’ira, lo feristi con una spada sul capo e sulla mano ed a causa delle dette ferite, dopo pochi giorni morì.

Poiché, in seguito, il Perini venne a sapere che detto Giovanni Antonio apparteneva all’ordine clericale e forse anche presbiteriale, né sapeva a chi rivolgersi per averne il perdono e la restituzione dei pegni, ed ignorando anche di essere stato condannato da qualche ufficiale in seno o fuori della Curia Romana, profondamente contrito (“ab intimis doleas”) e promettendo di astenersi, per il futuro, dal commettere simili mancanze (“et a similibus committendis in futurum te abstinere proposueris”) si rivolse umilmente al pontefice (“pro parte tua fuit nobis humiliter supplicatum”) per venir assolto dal commesso omicidio (“ut a reatu dicti homicidij absolvere”). Il pontefice si mostrò benevolo al massimo grado nei confronti del Nostro: “Nos igitur, qui eius vice in terris gerimus cuius proprium est misereri semper et parcere huiusmodi supplicationibus inclinati” e Noi, che facciamo la sua vece (del Signore) in terra, del quale è prerogativa aver misericordia e perdonare ai supplici, “te a reatu dicti homicidij et quibusvis alijs inde provenientibus penis et culpis absolvimus et totaliter liberamus” ti assolviamo e totalmente liberiamo dal reato di omicidio e da tutte le colpe e le pene con lo stesso connesse “teque comunioni fidelium et ecclesiasticorum sacramentorum participationi ... ac ad publicos honores ... reintegramus” e ti reintegriamo e riammettiamo nella comunità dei fedeli, alla partecipazione ai sacramenti ed al godimento della pubblica onorabilità.

Poco mancò che il papa chiedesse scusa al Perini!  (2009)


6  -  Le monache di S. Maria Maddalena di Narni avevano venduto “tria golumina librorum” tre volumi al Priore di S, Agostino di Amelia, fra Matteo Menecucci, amerino, per trentasette ducati d’oro, che questi si era obbligato a pagare entro il mese di Maggio. Ma fra Matteo, dopo aver pagato quattordici ducati, benché “pluries et pluries et pluries fuerit pro parte dictarum monialium requisitus ut dictum residuum solvat” più e più volte richiesto dalle monache di pagar loro il residuo del prezzo, aveva fatto orecchie da mercante. Il 6 Luglio 1472 le monache protestano per essere risarcite del danno subito. Piuttosto cari, i libri delle monache!  (2014)


7 - Dall’atto rogato dal Notaio Francesco Celluzzi in data 7 Luglio 1409 risulta che fondatrice del Monastero di S. Caterina fu Donna Riccha, moglie “olim” di un Ser Salvi e che l’ammissione e l’approvazione delle aspiranti monache spettava al Capitolo della Chiesa amerina. (1998)


7 - Il 7 Luglio 1453 vengono presentate alcune suppliche.

La prima è quella di Giorio di Tobiolo di Macchie, che espone “che da due anni et mezo passati li intervenesse uno casu finestro (funesto) per lu quale fo perduto de lato mancho (sinistro) per modo che non se (si è) may pututo operare (adoperare) la persona ad nignuna cosa. Al presente esso Giorio è sì debilitato de tucta la persona che non se po levare né colcare delletto senza adiuto nanti continuo li conviene de jacere unde sempre per remedio de li soy gravj et intollerabilj dulurj chiama la morte. Et lui poverissimo e coscì infermo ha moglie con doy figlioli picculi et non ha de que poterlj sostentare né sé medesimo se non quanto è subvenuto per lamore de dio. Il (E) perché el dicto Giorio essendo gravato de le dative et graveze che occorrono (vengono) imposte e che se impongono in comuno et non le possa per niente pagare ne reale ne personale et sia molestato dalli offitialj, per dio et per misericordia ve dignate provedere che de tutte le dative occorse in comuno dal ditto tempo in qua ne sia deliberato (liberato) et siano cassate de libro del comuno et per lavinire li sia gratia conceduta per quello che serà de vostro piacere fra quillo termene da deverse concedere per voy ò serrà esso Giorio in megliore valetudine ò la morte porrà fine a la sua miserabile et penosa vita”.

Altra supplica viene presentata da prete Bastiano di Ser Gori, che esponendo di possedere una casa in contrada Valle, a confine, fra l’altro, con un muro di proprietà comunale, “necesse sit sibi altiare murum communis et in eo fabricare murando adpoiando et alia faciendo que pro comoditate dicte sue domus videbuntur necessarie” sia a lui necessario alzare e costruire sul muro comunale, appoggiandosi ad esso e facendo quanto opportuno per la comodità di detta sua casa.

Entrambe le suppliche sono accolte favorevolmente, condonando ogni imposta dovuta dal povero Giorio, accertata la verità di quanto da esso esposto ed esentandolo anche per l’avvenire, se perdurerà la sua inabilità al lavoro ed accordando a prete Bastiano la sopraelevazione e l’appoggio al muro comunale, che non potrà che risultare più solido dall’esecuzione dei lavori medesimi. (2008)


7  -  Il 7 Luglio 1644 Girolamo Cerichelli “de Moriconibus”, in consiglio, così si pronuncia:

“Stante le grandi difficoltà che si trovano in far reservar (preservare) la Selva di Piana (verso Giove) dal taglio, per il danno che giornalmente vi si riceve da forastieri, io sarei di parere che, per servire nella miglior forma che si puole all’Ecc.mo Sig. Duca Mattei (Girolamo Mattei aveva scritto, in merito, una lettera ad Amelia il 4 dello stesso mese) ... con cooperare con quelle provisioni (provvedimenti) che saranno necessarie con l’autorità del S.r Governatore”, propone “che si reservasse lo stradone (che attraversava la Selva) sei canne di misura da terra di là, e sei di qua, e così sei canne per banna (lato) et a quest’effetto s’eleggano dai Sig.ri Antiani due gentilhuomini quali sopra di ciò se l’intendano con detto S.r Duca ... e per maggiormente far vedere al S.r Duca che questo Publico (cioè Amelia) ha desiderio di servirlo, si prieghi e se li dia autorità in nome di questa Città e come nostro Cittadino, che voglia, se così haverà guasti, deputare uno o più guardiani, che riguardino detta reservata di là e di qua a detto stradone, e trovando alcun delinquente che vi faccia danno, lo faccia condurre  qui in Amelia, ad effetti che se li facciano pagare le pene da mettersi, come si dirrà a basso (in seguito) e che, tratanto, si metta bando ... che tutti quelli che tagliaranno nella detta riservata, incorrano in pena di diece scudi d’applicarsi conforme al solito, e tre strappate (tratti) di corda per ciascuno e ciascuna volta, et in questo si possa procedere anco per inquisitione (cioè penalmente); et il tutto s’intenda solo dentro le dette canne riservate e non altramente ... e che si rappesentasse (si facesse sapere) anco al S.r Duca che qua pubblicamente si dice che il maggior danno che ci è stato fatto, è stato fatto da Giovesi e Pennesi ...”. (2009)


7  - I Padri Somaschi si sono dimostrati validi insegnanti dei giovani. Poiché occorre provvedere alla nomina del nuovo corpo insegnante per l’anno venturo, nel Consiglio dei X del 7 Luglio 1596 si propone: “Si placet confirmare magistros discipulorum pro anno futuro stante eorum bona servitute” se sia opportuno confermare gl’insegnanti per un altro anno, in considerazione della buona prova dimostrata. Gerolamo Mandosi –“providens vir” uomo prudente- nel maggior consiglio immediatamente seguente così si esprime: “che li magnifici Sig.ri Antianj debbano elegere doi cittadinj (ed) a questo (Consiglio) parendo che li presenti maestri de scuola siano al proposto (all’altezza dei loro compiti), se dia autorità et per autorità del medesimo Consiglio possino confermarli per l’anno futuro con salario denari et cose soliti”. I due eletti sono: Marcello Petrignani e Stazio Nini. Un altro membro del consiglio, Dozio Leonino, -“prudens vir”- aggiunge “che essendo confermati li presenti maestri di scuola, il repetitore sia delegato dare la lectione alli putti acciò più agevolmente possino impararla”. (Il “repetitore” doveva essere una specie di collaboratore del maestro, con il compito di facilitare agli alunni l’apprendimento di quanto loro insegnato). (2012)


8  -  Maestro Johannes Blaxij Agure todino, “magister balistarius”, armaiolo fabbricante di balestre, chiede licenza agli Anziani, in data 8 Luglio 1395, di trasferirsi in Amelia, con tutta la famiglia, essendo a conoscenza che la Città, per la sua sicurezza, “eget”, cioè ha bisogno di una notevole quantità di dette balestre.

Gli si concede un salvacondotto per cinque anni, durante i quali avrà “licentiam et securitatem large et largissime pro exercendo dictam suam artem balistarum”; cioè con la più ampia facoltà e sicurezza di svolgere il suo lavoro. (1999)


8 - E’ piuttosto singolare il contenuto dell’atto stipulato dal notaio Tommaso Taddei l’8 Luglio 1552, con il quale Prete Matteo del fu Mariotto di Amelia si obbliga, nei confronti di Don Sberto del fu Gerolamo, pure di Amelia, arciprete della chiesa di S. Simeone di Porchiano, a servire nella detta chiesa in qualità di cappellano, avendo cura delle anime ed amministrando i sacramenti (“in divinis animas curare et sacramentum dare”), mantenere e custodire l’illuminazione ("manutenere et custodire eius lumina et eius cerea olei") e fare qualsiasi altra cosa “necessaria et oportuna que ad officium cappellani spectant et pertinent, solliciter et reverenter”, che si rendesse necessaria od opportuna di spettanza all’ufficio di cappellano e, ciò, in modo sollecito e con l’opportuna riverenza, per la durata di tre anni, ad iniziare dalla data dell’atto. 

L’arciprete Sberto si obbliga a corrispondere a prete Matteo, per le sue “prestazioni”, tre salme di grano all’anno; inoltre, a dargli la decima delle rendite, “nec non omnia incerta dicte ecclesie et ipsi presbytero tangentia” e gli “incerti” (cioè le entrate impreviste) della chiesa e dell’arciprete. 

Le decime papali (cioè dovute alla Camera Apostolica) siano a carico dell’arciprete, come anche le onoranze al vescovo amerino.

Il cappellano dovrà provvedere a pagare tutte le altre spese che competono alla chiesa di S. Simeone “et rendere bon conto delle robe que ipso receverà per inventario”, da scrivere “de sua mano”.

Il tutto da osservare sotto pena di 25 ducati.

L’atto viene stipulato in Amelia, nella casa dell’arciprete Sberto, in contrada Valle, alla presenza dei testimoni “Mario Archilegio et Nicolao Morello”. (2000)


8 -  L'uditore e luogotenente Graziano del Governatore Vescovo di Perugia, in data 8 Luglio 1470 comunica agli Anziani di Amelia un breve di Paolo II, datato da Roma il 3  Luglio, nel quale il pontefice espone che "magno cordis dolore classem impiissimorum turchorum adversus christianos ignenti cum exercitu nuper solvisse, indeque pericula non parva fidei et religioni nostre imminere", cioè di aver appreso con gran trepidazione che la flotta turca abbia testé salpato con un grosso esercito contro i cristiani, con grande ed incombente pericolo per la fede e la nostra religione; dà notizia che, "licet altera parte dilecti filii veneti classem suam etiam potentem ad resistendum paraverint, nihilominus logne impar, logneque impotens est." che, benché contro di essi, i diletti figli veneziani abbiano approntato la loro flotta pur potente, questa è lungamente inferiore alla turca. Chiede, pertanto, che si diffonda la notizia della minaccia turca fra il popolo cristiano e che, nelle chiese e con pocessioni propiziatorie, "cum precibus et orationibus, in Deo semper sperantes", si invochi la protezione divina "ad christianorum exaltationem, turcorumque ruginam", ad esaltazione dei cristiani e a rovina dei turchi. Il pontefice concede cento giorni d'indulgenza per ogni orazione od elemosina o celebrazione di Messa o processione fatte per il fine anzidetto.

Siamo a poco più di un secolo di distanza dalla vittoriosa battaglia di Lepanto, del 7 Ottobre 1571, che segnò la sconfitta del Turco e la fine del pericolo della sua espansione nell'area mediterranea.

Secondo quanto narrato nella "Cronistoria Amerina" dal conte Carlo Cansacchi, un suo parente, fra Marco Cansacchi, Cavaliere di Malta, commendatore di Orvieto, imbarcato sulle galee pontificie, prese parte alla famosa battaglia, quale ufficiale addetto al Marchese del Monte, comandante le truppe da sbarco, dove militavano alcuni uomini d'arme di Amelia. (2004)


8  -  Dagli oratori inviati a Roma viene fatto sapere che “Castrum et turris Sancti Liberati restituantur fratribus sancti Francisci” il Castello e la torre di S. Liberato debbono venir restiuiti ai frati di S. Francesco e che, all’uopo, sta per giungere in Amelia Padre Francesco di Orte “sacrarum licterarum doctor” laureato in teologia, Ministro Generale della Provincia di Roma del detto ordine, “cum licteris R.di patris Magistri Egidij Amerini civis dicti ordinis generalis procuratoris” recante un apposito mandato del Padre Generale Egidio (Delfini), cittadino di Amelia, assurto alla più alta carica dell’Ordine.  Il giorno 8 Luglio 1499 si dà atto dell’avvenuta restituzione e si fa menzione che il relativo istrumento, con il quale viene regolata ogni pendenza, “repositum est in Archivio Communi” è stato regolarmente riposto nell’archivio comunale.

Il dì seguente gli oratori inviati da Amelia Stefano di Bartolomeo de Ceracchinis e Francesco di Giacomo de Vatellis tornano da Roma, “cum confectione pacis cum ortanis et remissione penarum quorumlibet incursarum” recando l’atto di pace convenuta con Orte e la remissione delle pene nelle quali gli Amerini erano incorsi, durante le relative operazioni belliche. (2010)


9 - Il 9 Luglio 1439 vengono annotati nel libro delle Riformanze i nuovi valori delle monete circolanti, che, sotto il pontificato di  Eugenio IV, a mezzo del Cardinale Fiorentino, Legato della Sede Apostolica, si comunicano ai territori facenti parte del Patrimonio “Beati Petri in Tuscia” di S. Pietro in Tuscia, affinché vengano osservati in tutte le contrattazioni:

Bolognino romano, 4 cinqui(ni). Il cinquino era composto da 5 denari provisini.

Bolognino aquilino ed altri forestieri, 3 cinquini e 3 denari.

Grossi della colonna, 4 bolognini, 3 cinquini e 3 denari.

Carlini, ovvero Grossi papali, 26 cinquini, equivalenti a 6 e 1/2 bolognini romani.

Ducato veneziano e ducato nuovo, con l'arme di Papa Eugenio IV, 70 bolognini romani, ovvero 10 carlini e 5 bolognini.

Ducato romano ed altri fiorini di camera, 10 carlini e 3 bolognini, ovvero 68 bolognini.

Bolognino marchesano e celle aquilane, 6 cinquini.

Bolognino nuovo papale di Eugenio IV, 6 cinquini e 4 denari (detta moneta presenta da un lato la figura di S. Pietro e dall'altro le chiavi decussate). (2001)


9  -  Un contratto di vendita di bestiame viene posto in essere il 9 Luglio 1438 fra Ser Nicolò di Ser Ugolino di Amelia e Giovan Paolo Mattiacci, anch’esso amerino. L’oggetto della vendita viene descritto come segue: “quatuor bestias vaccinas, videlicet unum par bobum pilaminis rubej vel quasi, unam vaccham cum cauda aliquantulum incisa, pilaminis bianchacij vel quasi et unum torum pilaminis merli vel quasi” quattro bestie vaccine, cioè un paio di buoi di pelo  quasi rossiccio, una vacca con la coda un po’ corta, di pelame quasi bianchiccio ed un toro di pelame di colore quasi merlo.  Per il prezzo complessivo, stabilito e pagato, di venticinque fiorini d’oro. Viene convenuto che, avendo il venditore Nicolò in corso un lavoro di aratura e semina con dette bestie, presso i suoi operai Giovanni di Cecco, detto Falsorecchia, Mechello di Marino di Brancato e Serotto Scannavini, la consegna delle stesse dovrà avvenire, ad ogni richiesta dell’acquirente Giovan Paolo, soltanto dopo la conclusione dei lavori agricoli nei quali il bestiame è impiegato.

Resta, comunque, un dubbio: ma che tipo di colore era il ‘merlo’? (2014)


10 - La peste, che infuria ovunque, non ha risparmiato neppure il Cancelliere e notaio del Comune, Ser Angelus de Filijs di Cesi, colpendolo negli affetti più cari: è lui stesso che, con impeccabile calligrafia e con aulico stile umanistico, sotto la data del 10 Luglio 1528, affida al registro delle riformanze, come fosse un diario personale, la memoria delle tristi sue vicende familiari. Eccone un saggio:

“Persius et Cynthius, mei Angeli de Filijs cancellarij chara, dulciaque natorum pignora, tenelli filioli, dum insimul amerinos lares anthianales colebamus, ambo, parvo temporis curriculo, pestifera contagione corripiuntur: Cynthius, dilectulus meus, morte in amplexu patris rapitur ad celestes auras, aurora surgente, jovialis proximi diei, none huiusce mensis; Persius vero, quamquam gravi morbo sub ulna sinistra laboraret, divorum numine evadit. Rogo ‘abortis lachrimis flexoque genu’, superos et junctis ad celum extensis manibus, ut demptos Cynthio dilecto filio meo dies, addant coacerventque prosperibus continuis successibus altero filio Persio mihi unico superanti et vitam eidem nestoream concedant”.

Ed eccone una libera versione:

“Persio e Cinzio, cari, dolci pegni di mia progenie, teneri virgulti, mentre insieme veneravamo in Amelia i paterni penati, furono entrambi aggrediti, in breve spazio di tempo, da pestifero contagio.

“Cinzio, mio piccolo diletto, fu strappato dalla morte alle paterne braccia e condotto fra celesti aure, allo spuntare dell’aurora dell’ incipiente giovedì, nono giorno di questo mese.

“Persio, pur da atro morbo colpito sotto l’ulna sinistra, scampò per volontà divina.

“Con le lagrime agli occhi, il ginocchio flesso e con le mani giunte, protese al cielo, imploro la divinità che i giorni sottratti a Cinzio, figlio mio diletto, vengano aggiunti ed arricchiti con eventi propizi e fecondi,  all’altro mio figlio Persio, che solo mi sopravanza, a cui sia concessa una prudente e saggia esistenza”. (1999)


10  -  Il 10 Luglio 1497 nelle riformanze viene data notizia dell’arrivo in Amelia dei Colonnesi e dei Savelli, nel modo che segue:

“Illustres domini, videlicet: D.nus Antonellus de Sabellis, D.nus Camillus de Columna, D.nus Troylus Sabellus, D.nus Julius Columna, D.nus Ludovicus et D.nus Jacobus de Sabellis venerunt Ameriam cum eorum gentibus Armigeris et Copiis die predicta, circha secundam horam noctis, castramentati sunt prope portam dicte Civitatis et Magnificis dominis Antianis et civibus totaque Amerina Civitate perbenigne recepti et honorati ut servitus Amerini populi erga ipsos Dominos exposcebat” gli Illustri Signori Antonello Savelli, Camillo Colonna,Troilo Savelli, Giulio Colonna, Ludovico e Giacomo Savelli arrivarono in Amelia con loro genti armate e masserizie il detto giorno, a due ore di notte, si accamparono presso la porta della Città e vennero ricevuti ed accolti con tutti gli onori dagli Anziani, dai Cittadini e da tutta la Città, secondo quanto richiesto dalla devozione (meglio sudditanza) del popolo Amerino nei loro confronti.

Due giorni dopo, un’altra annotazione rende noto che “prefati Illustres domini abierunt jter versus Jnter Anne (sic) sumentes cum eorum copiis et gentibus Armigeris” gli stessi Illustri Signori hanno ripreso il cammino verso Terni, con armi e bagagli (e certamente con un notevole sollievo da parte degli Amerini!) (2010)


10  -  Il 10 Luglio 1519 nelle riformanze viene data notizia della sofferta nomina del nuovo imperatore Carlo V, nel modo che segue:

“Post multos Conatus regum Chrystianorum qui ad imperatoriam maiestatem contendebantur creatur Jmperator Serenissimus Catholicus rex hispaniorum bonisque auspicijs Deo optimo maximo Annuente coronabitur” dopo molti tentativi effettuati dai re dei Cristiani, che  si contrastavano per ottenere l’autorità imperiale, è stato creato Imperatore il re degli Spagnoli e, con buoni auspici, sarà incoronato, con il beneplacito di Dio Ottimo Massimo (che si dava già per scontato!).

Carlo era nato a Gand nel 1500, da Filippo il Bello arciduca d’Austria e da Giovanna la Pazza. Divenuto re di Spagna e delle Due Sicilie nel 1516, alla morte di Ferdinando d’Aragona, ottenne la corona imperiale nel 1519, contesagli da Francesco I, re di Francia. E’ probabilmente dovuto a quest’ultima circostanza il termine usato dal cancelliere verbalizzante: “contendebantur”. (2011)


11 - Sotto la data dell'11 Luglio 1477 nelle riformanze viene trascritta la lettera inviata agli Anziani dai Conservatori di Camera "alme Urbis" di Roma, scritta il 25 Febbraio 1477, con la quale si espone quanto segue:

"In questo dì havemo receputa una vostra lettera data sub die xij del presente (mese di Febbraio) per la quale ce significate mandare Pietro de Marcone ad fare el ioco de Testaccia secondo la vostra obligatione. Et benché habbia pocho loco al presente, attento (dato che) è passato el tempo che se dovria assignare. Et credamo non proceda (dipenda) se non da defecto del messo, nondimeno ve rengratiamo offrendoce ad vostri piaceri. Valete."

Ritardo più, ritardo meno... si vede che il messo con la lettera degli Anziani, per andare a Roma era passato per Milano, via Palermo! (2007)


11 - L'11 Luglio 1498 si presentò dinanzi agli Anziani e ad alcuni "ex primatibus civibus Civitatis Amerie" fra i più eminenti cittadini di Amelia "Ser Permateus Jacobi Johannis Felicis de Lugnano", recante alcune lettere credenziali da parte degl'illustrissimi Signori Fabrizio e Prospero Colonna, del seguente tenore:

"Magnifici Signori Antiani et Ciptadini, ve dico et notifico per parte de li Ill.mi S.ri Fabritio et Prospero Colonna come tra loro Ill.me S.rie et li Segnori de casa de ursina è facta la pace in la quale sendo inclusi tucti adherenti et confederati del una parte et del altra et così per parte de loro Ill.me S.rie ve dico che debbeate stare de bona voglia et che non dubitate né de Bartholomeo de Alviano né de alcuno altro; et se pure lu prefato Bartholomeo de Alviano ve damnificasse in cosa alcuna, ne debbeate dare subito adviso alle loro Ill.me S.rie che per omne minima cosa che perdessate (sic) ve farrimolo refare el doppio et questo tenite per certissimo".

"Quibus auditis" all'udire tale notizia, "prefati magnifici Domini et cives summo gaudio exultavere" detti Anziani e cittadini esultarono con grande gioia "et nihilominus delliberaverunt quod prefatis Ill. dominis agantur gratie de tam optima ipsorum erga Communitatem hanc voluntatem" e nondimeno espressero la loro volontà che si rendessero grazie a detti illustrisimi signori di tanto ottime decisioni prese nei confronti della nostra Comunità.

Ma quanto durera? (2008)


11  -   Dal periodico “AMERIA” dell’11 Luglio 1897 si trae la seguente singolare notizia, sotto il titolo “Operazione chirurgica”:

“P. F. , affetto da lungo tempo da malattia chirurgica e non potendo più oltre sopportare i dolorosi effetti del male, che, a parere di esperti sanitari, avrebbe indubbiamente a lui procurato delle irreparabili conseguenze, si recò a Roma e, fattosi visitare da varii professori, fu da essi consigliato a farsi praticare l’orcheotomia, operazione che, per assicurazione dei detti professori, poteva senz’altro venire eseguita dal Dottor Pio Sabatini Chirurgo in Amelia ad essi notissimo, quale distinto scienziato ed esperto operatore. Ritornato infatti in Amelia, si assoggettò a detta operazione che, praticatagli dal sullodato sig. Sabatini, ebbe il più sollecito e felice risultato e del quale il P. intende esternare pubblicamente la gratitudine sua e della famiglia”.

Noi ci sentiremmo in dovere di domandarci: anche della di lui consorte? (2009)


11  - Alla fine del XV secolo, in molteplici occasioni, gli Amerini ebbero a rivolgersi per aiuti materiali e morali a membri delle famiglie romane dei Savelli e dei Colonna, in particolare ai Cardinali delle rispettive casate. Però non sembrava assolutamente conveniente presentarsi a mani vuote; ma poiché spesso e volentieri erano vuote pure le casse dell’erario, si doveva ricorrere, anche per piccoli prestiti, a qualche usuraio presente in Città. Ne possiamo trovare un’eco nell’annotazione fatta nelle riformanze cittadine dal solerte Cancelliere Giovanni Mazarono l’11 Luglio 1497: “Habiti fuerunt mutuo a Gabriele Ebreo ducati octo pro expensis factis prefatis Illustribus dominis Columnensibus et Sabellis” dall’ebreo Gabriele si ottennero a mutuo otto ducati per spese fatte per gl’illustri Signori Colonna e Savelli. Diversi giorni più tardi, il 25 Agosto, lo stesso Cancelliere annota puntualmente: “Fuerunt restituti dicto Gabrieli ducati quinque, bononenos sexdecem per manus Giliberti Galiassi Camerarij Communis” vennero restituiti a detto Gabriele 5 ducati e 16 bolognini, a mezzo del Camerario comunale Gilberto Galeassi. Almeno si saranno risparmiati un po’ d’interessi! (2010)


11  - Dal periodico “AMERIA” dell’11 Luglio 1897, sotto il titolo: “Fatto biasimevole” si riporta la seguente notizia:

 “Travagliata da lunga e terribile malattia, cessava di vivere il 28 Giugno, in questo Civico Ospedale, alla sola età di circa 19 anni, G. A. di S. nativa del Collicello, frazione di Amelia. Aveva per vario tempo prestato servizio in qualità di fantesca presso la famiglia P. e per il suo carattere veramente docile e per le ottime sue qualità si era acquistato l’amore di tutti.

“Il giorno 29 dello stesso mese le Suore dell’Ospedale, nonché buon numero di amiche e conoscenti ne accompagnarono la salma all’estrema dimora.

“Ed ora non sappiamo abbastanza deplorare l’ordine dato, affine (al fine) di risparmiarsi una seconda gita al Cimitero, di far collocare nello stesso carrettone la salma della compianta giovinetta unitamente a quella di un detenuto morto lo stesso giorno in questa casa penale”.

Un carro funebre a due piazze? E’ facile trovare la spiegazione: “Les affaires sont les affaires”! (2012)


12 - Vi è necessità di trovare denaro per il pagamento dei debiti contratti dal Comune e, quindi, si pone il consueto problema "unde habetur pecunia", cioè da dove prenderlo. Il 12 Luglio 1328 Paolo Paoluzzi propone che venga soppresso, per un anno, l'ufficio dei danni dati tramite accusa dei custodi celati "set quilibet possit accusare et denuntiare dantes dampnum coram offitio d.ni potestatis" e che ognuno possa direttamente accusare e denunziare dinanzi al podestà coloro che arrecassero qualche danno. Ma non basta. Il 26 successivo viene deliberata una tassa per "omnes homines et persone Civitatis et comitatus habentes et tenentes bestias" tutti i possessori di bestie, della Città e del contado, nella seguente misura: 5 soldi per ciascun bove, somaro, giumenta e mulo; 12 denari per ogni capra, becco, porco o scrofa; 6 denari per ogni pecora. Inoltre, i proprietari di mulini "a pare lacus usque ad focem" per tutta l'estensione del lago della Para, siano tenuti ad accatastarli in ragione di 100 libre per ciascun molino. Infine, i locatori di case dovranno pagare 12 denari per ogni libra di canone che riscuoteranno dai loro inquilini, per la durata di un anno. (2007)


12  -  Il 12 Luglio 1410 il Tesoriere del Patrimonio Nicolò di Andrea “de Cardutijs” scrive da Viterbo agli Anziani che, pur ribadendo che il controllo su tutte le entrate e le uscite del Comune di Amelia sia di sua spettanza, pur tuttavia “populum illum videmus effectu in sanctam romanam Ecclesiam fidum” poiché riconosce in effetti la sua fedeltà alla Santa Romana Chiesa “vobis de introytu gabelle bladi presentis anni autoritas plena sit expendendi pro vestris occurentibus et expensis de necessitate factis non vitandis” abbia piena autorità, per l’anno in corso, sulla riscossione della gabella della biada, con facoltà di disporne per le spese opportune e necessarie che non possano essere evitate.

Bontà sua! (2009)


12  -  Nel consiglio decemvirale del 12 Luglio 1529 si apre la seduta con una curiosa questione relativa a ostilità sorta fra cittadini: “Evangelista naccius ob jnimicitias quas ad presens habet cum Fausto clementino et suis complicibus fuit requisitus per numerum quatuordecim ad evitandum maiora scandala ut nominatis per eum primitus  quos habet pro inimicis” Evangelista Nacci, a causa di inimicizia che ha nei confronti di Fausto Clementini e suoi favoreggiatori, per evitare maggiori disordini, venne richiesto dalla magistratura dei Quattordici che, dopo aver in primo luogo dichiarato quali sono le persone che considera sue nemiche, “ceteros homines de civitate et comitatu amerie de quacumque etate promicteret et fideiuberet sub pena duorum milium ducatorum de non offendendo” prometta e garantisca, sotto pena di 2.000 ducati, di non recare offesa agli altri uomini, di qualunque età, della Città e del contado, “nec non promicteret et fideiuberet etiam sub dicta pena non facere tumultum aut novitatem aliquam in civitate et comitatu predictis” ed, inoltre, prometta e presti garanzia, sempre sotto la stessa pena, di non creare disordini o tumulti né in Città, né nel suo contado. Il Nacci accetta, a patto che la Comunità si obblighi, parimenti, a non offenderlo. Nel consiglio generale dello stesso giorno, si rimette all’autorità della commissione dei Quattordici, “capiendi modum et partitum quem voluerit ad hoc ut communitas restet in quiete” di trovare il sistema che meglio crederà, al fine di conservare la pace e lo stato di quiete della Comunità.

Si affronta, quindi, un’altra spinosa questione: “dominus Stephanus Johanninensis de senis, Potestas Amelie proxime elapsus fuit condennatus  in pluribus summis” Stefano Giovanninense di Siena, che è stato podestà di Amelia  nel recente passato (cioè nel 1528), venne condannato (certamente in sede di sindacato) a pagare diverse somme di denaro “qui id recusavit et recusat et a sententia lata se appellavit et sua bona charicavit nec non fama volat quod volebat discedere clam non satisfactis per eum suis debitis et obligationibus” cosa che egli ricusò di fare e tuttora ricusa, si è appellato alla sentenza (di condanna) e, dopo aver caricato le sue cose, sembra -per quel che si dice- che voglia andarsene di nascosto, senza soddisfare e pagare quanto da lui dovuto. Il maggior consiglio delibera “quod vocetur dictus dominus Stephanus Potestas et magnifici d.ni Antiani, cum octo civibus per eos eligendis” che si convochi detto Stefano e gli Anziani, insieme ad otto cittadini da eleggersi da loro, “resolvant istam causam” risolvano la questione, con attento esame “tam de debitis quam creditis” sia dei debiti che dei crediti, di modo che la controversia non si risolva “in preiudicium communitatis Amerie” a danno della Comunità amerina. E bravo Messer Stefano, che voleva squagliarsela alla chetichella! (2011)


13 - Il 13 Luglio 1526 si fa l'inventario "mensurarum Communis" delle misure del Comune, che vengono elencate come segue:

"In primis, la marca delle tegule

“La forma de mattoni

“Un paro de belanciette

“La cassa del passetto vecchio

“La cassa del passetto novo

“Doi stampe co' lamprompta (l'effigie impressa) de S.to Olimpiade

“Un marcho de pezi dece (dieci) fra grandi et piccoli de peso in tucto libre dodici et mezo

“Un bochale de rame da olio

“Un mezo de rame da olio

“La foglietta de rame da olio

“El terzo del vino de rame

“La foglietta de rame dal vino

“La stanghetta de ferro da stampare".

Dette misure erano state riestituite dagli eredi del massaro deceduto Antonino di Giovanni di Paolo, che le aveva in consegna e, dopo l'inventario, vennero passate ai nuovi massari Bernardino di Giovanni Grandi e Battista Cristiani, eletti per un anno dal Consiglio generale. (2005)


13 - Il 13 Luglio 1789, nel Consiglio dei X nobili, del quale erano presenti Giovanni Battista Franchi Clementini, il Conte Diomede Cerichelli, Alvaro Perejra, Francesco Franchi Clementini, Annibale Petrignani, Nicola Lancia, il Canonico Stefano Cansacchi ed il Conte Gaetano Pontici, "si propone ... ritrovarsi presentemente il nostro Palagio Anzianale senza la cappella, per esser stata demolita l'altra ed essendo eminente (imminente) la rinovazione del Bussolo, se piace formare la medesima nella stanza che presentemente serve ad uso di Guardarobba ed impiegare per le spese che occorreranno per la medesima li denari che restano depositati in questo Sagro Monte di Pietà ... ascendenti a circa scudi 67".

Messa ai voti, la proposta venne approvata all'unanimità.

"Et sic, Gratijs Deo datis, dimissum fuit Consilium" e, così, rese grazie a Dio, il Consiglio fu congedato.

Certamente nessuno poteva prevedere che il giorno seguente 14 avrebbe avuto inizio un cambiamento epocale nel corso della storia dell'umanità! (2006)


13  -  Per sopperire alle spese di riparazione ed ampliamento delle mura di Montecampano, dall’Università ed uomini di quel castello era stata imposta  una dativa alle singole famiglie del luogo, in ragione di sei carlini per focolare, ma le famiglie dei Bozi e dei Carosi si sentirono ingiustamente gravate. Il 13 Luglio 1500 si ricorre ad un arbitrato e gli arbitri Ceraso di Giacomo e Cristoforo di Giovan Stefano emettono lodo di condanna nei confronti dei renitenti, obbligandoli a pagare quanto dovuto, pur abbonando loro le spese processuali. (2014)


13  -  Come da atto del notaio Vincenzo Artemisi del 13 Luglio 1512, Bartolomeo Farattini (sic) prende possesso della Chiesa  rurale di S. Maria “de Castro Liviani” del Castello di Alviano, a mezzo dei procuratori Canonico Pietro Paolo Marchesini e Giovanni Zaffini, “aperiendo hostium, pulsando campanam, aspergendo aquam sanctam, visitando et venerando  altaria, revidendo paramenta et reliqua bona dicte Ecclesie” aprendo la porta, suonando la campana, aspergendo acqua benedetta, visitando e venerando gli altari, controllando i paramenti e gli altri beni della Chiesa. Gli stessi procuratori, per conto del detto Bartolomeo, prendono anche possesso della chiesa rurale di S. Angelo di Marruto, nonché di S. Benedetto  e di S. Salvatore di Guardea; quasi certamente con la stessa laboriosa procedura. (2014)


14 - Nel consiglio dei X del 14 Luglio 1602 si tratta, fra l'altro, di un argomento dal quale può dedursi quale doveva essere la considerazione di cui, all'epoca, doveva godere la medicina.

"Il Cirusico (medico) dice esser necessitato andare al paese a vedere le sue faccende, sendosegli morto un fratello, et però domanda licenza per otto, o diece giorni, offerendo de lasciare un barbiere, che in occasione faccia il servizio necessario in sua vece".

Il consiglio, all'unanimità, decide "che al Cirusico si conceda licenza per otto o diece giorni d'andare al paese purché lasci uno in suo luogo".

In sostanza, se ne deve concludere che, in quel felice periodo, l'arte medica era intercambiabile con quella dei barbieri! (2007)


14 - Il 14 Luglio 1655, “stante che si vede il tempo cattivo e che giornalmente piove, per il che né si può finir di mietere né tritare et i poveri si ritrovino senza grano, se pare di far pregare li R.di SS.ri Canonici che voglino scoprire la Madonna SS.ma dell’Assunta in Santa Fermina ad effetto d’impetrare la serenità”. Pietro Corrado de Quattrocchis, in merito, risponde in Consiglio  con la seguente proposta: “Sarei di parere che essendo così vicini  alla mutazione della luna, l’Ill.mi SS.ri Antiani stiano osservando questi due giorni e poi secondo il bisogno faccino istanza a detti SS.ri Canonici per lo scoprimento di detta SS.ma Madonna”. Se il cambio della luna farà mutare il tempo, non ci sarà bisogno d’incomodare la Beata Vergine! (2008)


14  -  Il 14 Luglio 1472 si dà atto che “Ill.mus ac Excelsus Dominus” l’illustrissimo ed eccelso signore “Ruera de Aragona, Nepos S. D. N. pape” Ruera d’Aragona, nepote del papa (Sisto IV della Rovere) “prefectus Alme Urbis dux Sore Armorum Capitaneus etc.” prefetto di Roma, duca di Sora, capitano delle armate (pontificie) ecc. “optatus Ameriam” desiderando (di venire) in Amelia, vi giunse “ante solis ortum” prima del levar del sole e vi fu accolto “honorifice cum populi applausu” con onore e con l’applauso del popolo, che ebbe, così un’ulteriore occasione di spendere altri soldi da cavare dalle già magre borse! (2009)


14  -  La Comunità di Amelia era tenuta a corrispondere, ogni anno, un sussidio di ben 336 ducati d’oro “pro menium stratarum palatiorum publicorum ac pontium reparatione” per destinarle alla riparazione delle mura, delle strade, dei palazzi pubblici e dei ponti di Roma. Il 14 Luglio 1476 nel consiglio decemvirale si discute, fra l’altro, di far pervenire al papa una “supplicationem de gratia petenda” supplica per impetrare la grazia di aver abbonato il pagamento di tale sussidio “per decem annos” per la durata di dieci anni. Poiché “nonnullis videatur  nimis magna et immoderata petitio et supplicatio” ad alcuni è sembrato che la richiesta, così formulata, possa sembrare di eccessiva portata “ita ut mentem pontificis sit potius lesura quam impetrande gratie causa” tanto da urtare la suscettibilità del pontefice, piuttosto che disporlo alla concessione della grazia richiesta, “jgitur placeat consulere utrum in scriptis verbis honestetur an alio modo permutetur dicta supplicatio” e quindi si provveda a deliberare se la supplica sia da presentare per iscritto, con belle ed ornate parole, o sia da porgere in altro modo “et an hoc modo melius habeatur, videlicet quod in principio dicatur quod petit totum vel partem subsidij” e quale diverso modo sia da considerare il migliore, magari iniziando a dire che il sussidio si riduca non in tutto ma parzialmente “et de tempore ponatur quod decem annos plus minusve prout Sanctitate sue videbitur et placebit” e, quanto alla durata (della richiesta esenzione) possa essere di dieci anni o anche meno, come sembrerà meglio a Sua Santità.

Bartolomeo Cansacchi, definito dal Cancelliere verbalizzante “eloquentissimus vir” uomo di grande eloquenza, suggerisce che gl’incaricati di presentare la supplica di cui sopra “porrigere supplicationem possint nomine communitatis et enarrare oportunitates ipsius et indigentiam ac necessitates” possano presentare la detta supplica a nome della Comunità, facendo presente le necessità di quest’ultima ed il suo stato di indigenza e, a tale scopo, “quod fiant plures supplicationes eiusdem tenoris et cum fiet consistorium dentur singulis cardinalibus intrantibus ad consistorium cum comendatione communitatis” in occasione del concistoro dei cardinali (indetto in Roma), vengano redatte più suppliche del medesimo contenuto,  consegnandone un esemplare ad ogni cardinale quando entrerà nel concistoro stesso e raccomandando loro benevolenza verso la Comunità Amerina.

E bravo Bartolomeo, che già 550 anni fa aveva capito il valore della propaganda pubblicitaria! (2011)


14  - Sono tempi di carestia ed occorre provvedere alla sopravvivenza delle classi più indigenti. Nel consiglio decemvirale del 14 Luglio 1585 viene presentata la seguente proposta: “Si placet in histis (sic) temporibus penuriosis aliquam provisionem facere ne pauperes fame pereant hoc anno”  in questi tempi di penuria, si chiede di prendere provvedimenti affinché, nell’anno venturo, i poveri non muoiano di fame. Manno Geraldini –“magnificus ac prudentissimus vir”- nel maggior consiglio convocato lo stesso giorno, propone “quod Magnifici Domini Antiani debeant eligere octo Cives in presenti Consilio qui habeant plenam auctoritatem et facultatem tamquam presens Consilium providendi pro abundantia Civitatis pro anno futuro et possint providere pecunias quomodocumque eis placuerit pro grano emendo pro dicta abundantia” che gli Anziani debbano eleggere otto cittadini fra i presenti affinché provvedano al reperimento delle scorte alimentari della Città  per il prossimo anno e abbiano, per la bisogna, la stessa autorità del Consiglio, compresa quella di rinvenire i fondi necessari, per l’acquisto del grano, nel modo che loro riterranno migliore “et rogare debeant agentes seu ministros montis ut velint erogare pecunias dicti montis in emendo grano” e debbano far richiesta agli amministratori del Monte (di Pietà), perché eroghino i denari occorrenti all’acquisto “et Communitas debeat eisdem favorem in conseguendis licentijs … et etiam in conducendis granis pro servitio dicte abundantie ne pauperes hoc anno fame pereant” e la Comunità li debba favorire nel rilascio delle opportune autorizzazioni e per il trasporto del grano acquistato per rinnovare le scorte, impedendo, in tal modo, che –almeno per il prossimo anno- i poveri non abbiano a morire di fame. La proposta del Geraldini viene approvata ed i cittadini eletti sono: Nanne Geraldini, Prospero Cansacchi, Giovanni Farrattini, Giantommaso Racani, Gerolamo Guarnolfini, Angelo Cascioli, Giovanni Crisolini e Pierlorenzo Sandri. E ci si dovevano mettere in otto per chiedere i soldi al Monte di Pietà? (2012)


15 - Dinanzi al Consiglio speciale del 15 Luglio 1391 viene letta la supplica di Colaolo Petrucci di Amelia, in qualità di padre ed amministratore del figlio chierico, condannato dal podestà a pagare un'ammenda di 22 fiorini d'oro e mezzo, accusato di aver, detto chierico suo figlio, "igniuriose ex proposito et irato animo et malo modo" con ingiuria, intenzionalmente e mosso da ira, percosso "cum quodam baculo de ligno sive bastone", con un bastone di legno, "de sua natura ad offensionem non parato" non per sua natura predisposto a recar danno, Marco di Pietro Angelelli, colpendolo per tre volte sulle spalle "sine sanguinis effusione", senza spargimento di sangue. Il supplice padre afferma che il chierico suo figlio non è colpevole, "cum ipse non tetigerit dictum Marcum irato animo nec malitiose", per non aver colpito -secondo l'accusa mossagli- con animo adirato né con cattive intenzioni. Fa quindi appello all'innocenza (che padre indulgente!) ed alla povertà del figlio, per chiedere la revoca della sua condanna.

Il dì seguente, il Consiglio generale dei 40 ed il Consiglio speciale dei Dieci "de Populo" accettano la supplica di Colaolo con 35 voti favorevoli e 13 contrari. (2005)


15 - Nel Consiglio generale del 15 Luglio 1460 vennero nominati i notai Ser Antonio di Ser Ugolino e Ser Ricco di Ser Francesco "ad faciendum assectum et capitula notariorum civilium et salariorum percipiendorum", cioè, in altre parole, per la redazione delle norme (capitoli) dell'attività notarile nel campo della procedura civile, comprese le relative tariffe.

Oggi una tale attività, che allora poteva venire addirittura appaltata, non sarebbe più di competenza notarile, ma escusivamente di pertinenza del campo giudiziario.

Fra i detti "capitula" si ricordano le seguenti norme:

Per esercitare l'attività in detto ambito, un notaio dovrà "habere unum sotium notarium ad dictum officium una secum ita quod continuo sint duo notarij parati ad scribendum acta civilia more solito et servando formam juris et statuti dicte civitatis et ordinem judiciarium" avere affiancato a sé un collega in detto ufficio, in modo da essere entrambi pronti a redigere i relativi atti, secondo il consueto e rispettando la procedura legale e gli statuti cittadini, nonché l'ordine giudiziario "Et facere et componere et ordinare quilibet ipsorum unum librum de folio bene compositum cum intitulatione et rubricijs nigris in margine et cum kalendario dierum feriatarum" e ciascuno di essi dovrà compilare e tenere ben ordinato un libro, con titoli e rubriche annotate a margine con inchiostro nero e con l'indicazione in calendario dei giorni festivi "Et sedere ad banchum singulis horis juridicis et alijs horis et temporibus oportunis" e sedere al banco deputato nelle ore di rito riservate all'ufficio e negli altri tempi ritenuti opportuni, (sotto comminatoria di una pena pecuniaria e del risarcimento dei danni) "Et in fine annj debere dictos libros relassare in cancellaria dicti communis" ed, a fine anno, debbano depositare detti libri nella cancelleria comunale. "Debent quoque accipere et sibi solvi facere pro scripturis et actis modo et forma infrascriptis et non plus" Dovranno, inoltre, riscuotere e farsi pagare per le scritture compilate e gli atti compiuti le seguenti tariffe e nulla di più.

Seguono diverse voci di varie prestazioni, fra le quali:

"Pro qualibet petitione et libelli oblatione bol. unum" per ogni richiesta e presentazione di denuncia, un bolognino.

"Pro preparatorijs iudicij bol. unum" per gli atti preparatori del giudizio, un bolognino.

"Pro examinatione cuiuslibet testis bol. duos et nihil plus alicui solvatur" Per ogni esame testimoniale, 2 bolognini e non si paghi niente altro a nessuno.

"Pro pronuntiatione et immissione tenute bol. unum" Per la dichiarazione ed immissione in possesso, un bolognino.

"Pro rogitu appellationis bol. duos" Per la redazione di un appello, 2 bolognini.

"Pro copijs pro qualibet carta bol. duos" per rilascio di copie, per ogni documento, 2 bolognini.

Si stabilì, inoltre, che quando fosse necessario produrre "simul et semel plures scripture" cioè contemporaneamente e per lo stesso oggetto più documenti, "tamen pro una productione et uno actu tantum solvatur" si considerasse e venisse pagato come unica presentazione.

"Et insuper prefati duo Notarij, una cum consilio et videre duorum membrorum dicte artis et de licentia, consensu et auctoritate dominorum Antianorum fecerunt ordinaverunt et imbussolaverunt matriculam artis Judicum, medicorum, notariorum et aromatariorum" ed inoltre, i detti due notai, con il consiglio ed il parere di due membri dell'arte e con il consenso e sotto l'autorità dei Signori Anziani, redassero, regolarono ed imbussolarono la matricola dell'arte dei giudici, medici, notai e speziali, "eiusdem artis rectores, notarios et Camerarios quos reposuerunt in sacrestia Ecclesie S.ti Augustini de Amelia more iuris cosueto" ed i (nomi dei) rettori, notai e camerari della stessa arte, che vennero depositati nella sacrestia della Chiesa di S. Agostino, secondo le consuete norme.

"Et deliberaverunt quod pro singulis sex mensibus duret unum officium Rectorum notarij et camerarij ita tamen quod unum offitium sit tempore festivitatis et vigilie S.te Marie de mense Augusti et aliud offitium sit tempore festivitatis et vigilie S.te Firmine de mense Novembris" Deliberarono, inoltre, che l'ufficio dei rettori del notaio e del camerario dovesse durare sei mesi, di modo che, durante ognuno di essi, venissero alternativamente a cadere le vigilie e le festività di S. Maria del mese di Agosto e di S. Fermina del mese di Novembre.

"Item deliberaverunt quod Rectores novi successores sindicent Rectores notarium et camerarium veteres et videatur eorum calculum et quod superest in manibus predecessorum ponatur in manibus novorum" Stabilirono, inoltre, che i nuovi Rettori dovessero sindacare i Rettori, il notaio ed il camerario uscenti e si verificasse la loro contabilità e quanto residuasse nelle mani dei vecchi, venisse consegnato ai nuovi eletti. (2007)


15  -   Il 15 Luglio 1453 gli Anziani, riuniti nella “sala magna” della loro consueta residenza, “nemine eorum discrepante”, ad unanimità di consensi, “eligerunt et nominaverunt ac deputaverunt Meum Johanni marinj presentem et acceptantem” elessero e nominarono Meo di Giovanni Marini, presente ed accettante, “ad mundandum fontem extra portam pisciolinj qui vocatur la fonte delle cinquj” per la pulizia della fonte sita fuori della porta Busolina, detta Fonte delle Cinque, “pro uno anno proxime venturo jncipiendo hodie et ut sequitur finiendo et terminando” per un intero anno ad iniziare da oggi e proseguento senza soste per l’intera durata, “cum hoc pacto et conditione quod ipse Meus teneatur et debeat mundare et mundum tenere” all’espressa condizione che detto Meo sarà tenuto ed obbligato a pulire e tener mondata detta fonte, “totiens quotiens opus fuerit pro dicto tempore sine aliquo salario et mercede nisi quod ey excomputabuntur omnes custodie nocturne et diurne que in dicto tempore sibi eveniet” ogni volta che sarà necessario nel detto periodo di tempo e senza altro salario o corrispettivo che quello della remissione delle custodie notturne e diurne, che egli fosse tenuto a fare durante il detto anno. Meo si obbligò, infine, con suo giuramento, ad osservare quanto sopra stabilito, “sub pena arbitrij dominorum Antianorum” sotto pena da comminarsi ad arbitrio degli Anziani. (2009)


15  -  Sotto la data del 15 Luglio 1504 nelle riformanze risulta trascritta la lettera inviata da Roma il 13 precedente agli Anziani, da parte del Cardinale Giovanni Colonna, che risponde in merito alla richiesta fatta agli Amerini, da parte di Bartolomeo d’Alviano, di rilasciare il Castello di Porchiano. Essa è del seguente tenore:

“Magnifici Viri Amici nostri salute. Jnteso quanto per lettere de v. Ma(gnificen)tie ne (ci) è stato scripto circa la inconveniente (inopportuna) domanda del S.(ign)or Bartholomeo e de li Altri de Alviano de la dipusitione (rilascio) de porchiano na (ne) restamo non pocho admirati (meravigliati) onde poteranno quelle (Signorie) in ciò respondere (a Bartolomeo) che tale requesta et petitione apertiense fare (spetterebbe solo) alla S.tà de N. S.re (il papa), considerato che se altri che questa vostra comunità ha in ipso porchiano alchuna rasione (pretesa) è solo la chiesia et non loro. Et per o (perciò) quando la prefata sua S.tà verecercarà de tal cosa (cioè del rilascio di Porchiano) voi como obedientissimi subditi et figloli de quella (Chiesa) in tucte cose licite et che de justitia serrando (saranno), sete et sirite sempre pronti et bene disposti fare quanto ve conmandarà. Confidando certo che essa non vorrà si non el dovere per essare justa et benigna et cussì sollicitarite li Conmissarij (che) vogliano procedare et exequire quel tanto lo (solo quel che) è stato comesso et non altramente che in ciò non accade (occorre) altro scrivare. Bene valeanse (stiano bene) V. M(agnificen).tie”.

A 24 anni di distanza, il 15 Luglio 1528 gli Anziani fanno bandire  “per Johannem Franciscum publicum tubicinem” dal “trombetta” Gian Francesco che nessuno, sia in Città, che nel contado e distretto di Amelia, acquisti del sale se non dalla salara della Camera Apostolica “et similiter nemo vendat salem sub ... pena excomunicationis” e, similmente, nessuno ne venda, sotto pena di scomunica (!). Il dì seguente il Podestà e gli Anziani fanno bandire dallo stesso Gian Francesco che nessuno “capiat pro eundo in militiam et stipendia denarios ab aliquo conducterio, capitaneo vel alia persona, exceptis a conducterijs et capitaneis S.te romane ecclesie et d.ni nostri, sub pena rebellionis” riceva denari a titolo di stipendio per arruolarsi militarmente sotto condottieri e capitani o altre persone, eccetto che militino per la Chiesa e per il papa, sotto pena di essere considerati e dichiarati ribelli. (2011)


15  - Le necessità finanziarie della Sede e della Camera Apostolica hanno richiesto un aumento del prezzo del sale. Nelle riformanze, sotto la data del 15 Luglio 1540, viene riportata copia della lettera patente inviata il 5 Luglio dal Camerario di Santa Romana Chiesa, Guido Ascanio Sforza, diacono Cardinale di S. Maria in Cosmedin e di Santa Fiora, al Commissario e primo luogotenente Giovanni Papa, di Castel Franco, con la quale, “cum sicut accepimus nonnulli ex commissarijs super exactione augumenti salis per Nos deputati negligenter se gerant” poiché ha avuto notizia che molti Commissari da lui designati per provvedere alla riscossione dell’aumento del sale si comportano negligentemente, “intentioni nostrae existat ut exactio huiusmodi cum celeritate fiat”, è sua intenzione che tale riscossione proceda celermente, “ut ex proventu dicti augumenti sedis et Camerae apostolicae necessitatibus subveniri possit” affinché, con tale aumento, possa farsi fronte alle necessità finanziarie della Sede e della Camera Apostolica, “volentes super hijs sicut ex debito nostri Camerariatus officij tenemur oportune providere” volendo opportunamente provvedere in merito, com’è richiesto dall’ufficio del suo Camerariato, “ad te direximus mentem nostram, sperantes quod ea quae tibi commiserimus, cum fide ac diligentia exequeritis” si è rivolto al detto Commissario, nella speranza che lui esegua fedelmente e con diligenza l’incarico affidatogli. “Jgitur, de mandato S.mi D. N. Papae vivae vocis oraculo super hoc nobis facto et auctoritate nostri Camerariatus officij” Pertanto, per incarico a lui, su detta materia , oralmente conferito dal Papa e con l’autorità che gli proviene dall’ufficio del suo Camerariato, “tenore presentium discretioni tuae commictimus et mandamus” a tenore della presente lettera, affida alla sua discrezione ed ordina “ut visis et receptis presentibus in Provinciam Umbriae te conferas, ac omnes et singulos commissarios dicti augumenti per dictam Provinciam constitutos visites, illosque nostro et Camerae apostolicae nomine moneas et requiras” che, presa visione della lettera, si rechi nella Provincia dell’Umbria e prenda contatti con tutti i commissari deputati alla riscossione del detto aumento, ammonendoli e sollecitandoli sia a nome suo, che della Camera apostolica, “ut exactioni dicti augumenti iuxta eorum debitum et commissione sibi data incumbant” affinché procedano alla riscossione del detto aumento, secondo le direttive e l’incarico loro affidati “et tu a Tuderti, Narniensi, Jnteramnensi et Amerinensi alijsque Civitatibus, Terris, castris et locis dictae Provinciae, quae dictum augumentum hactenus non solverunt ... exigere” ed esso Commissario possa riscuotere tale aumento dalle Città di Todi, Narni, Terni ed Amelia, nonché dalle altre Terre, castelli e luoghi di detta Provincia, che non abbiano ancora provveduto al pagamento del preteso aumento, “videlicet trium quatrenorum pro qualibet libra salis, ultra soletum (sic) precium, iuxta formam literarum apostolicarum desuper sub plumbo expeditarum, tam pro tempore praeterito quam currenti” ammontante, detto aumento, a tre quattrini per ogni libbra di sale, oltre al solito prezzo; il tutto come previsto dalla lettera apostolica come sopra spedita sotto il sigillo plumbeo, e ciò sia per il periodo già decorso, che per il tempo futuro, “ac non solventes renitentes inobedientes et rebelles per censuras ecclesiasticas ... infligendo ... ac pecuniarias et alias poenas etiam represaliarum ... sub excomunicationis et alijs nostri arbitrij ... poenis” con autorità di infliggere ai disubbidienti e ribelli le censure ecclesiastiche, nonché le pene pecuniarie e le altre sanzioni, compresa la rappresaglia; non ultima, anche la comminatoria della scomunica.

Per far fronte al pagamento dell’aumento del prezzo del sale, occorre provvedere urgentemente. Lo stesso giorno 15, Ser Girolamo Nacci -”vir administrandae Reipublicae peritissimus et omni laude dignus”- propone che “imponatur et ex nunc pro imposita habeatur gabella super uva passa, quae solvere teneatur et debeat carolenum unum pro quolibet Centinario, et etiam gabella super macenatum, quae sit et esse debeat quatrenus unus pro singulo quarto tam frumenti, quam etiam aliorum bladorum cuiuscumque generis ac etiam fabarum” venga imposta, con decorrenza immediata, la gabella sull’uva passita, in ragione di un carlino per ogni “centinaio” (cento libbre?), nonché sul macinato, nella misura di un quattrino per ogni quarto (quartarolo), tanto di grano, che di altro genere di cereali ed anche di fave; inoltre, per quanto riguarda la gabella sul macinato, si propone che vengano approvati i relativi capitoli, fra i quali:

-Che tutti coloro che porteranno in Amelia farina ricavata da grano comprato fuori dal territorio, non siano tenuti al pagamento della relativa gabella e ciò s’intenda quando il grano non sia stato prima introdotto nel territorio di Amelia; nel qual caso vi sia l’obbligo di provvedere al detto pagamento.

-Che tutti coloro che torneranno dai mulini con farina di qualsiasi cereale, non possano entrare, con detta farina, che per la Porta Busolina, alla pena di otto carlini ciascuno e per ogni volta, da devolversi per metà all’entrata del Comune e, per l’altra metà, all’esattore della gabella, purché non vi sia stato un denunziante, nel qual caso, detta parte andrà divisa fra i due.

-Poiché l’autorità civile (“Caesar”) divide il comando (“imperium”) con quella religiosa (“cum Jove”), chi ha redatto i capitoli vuole che “presbiteri et clerici habentes prebendas” gli ecclesiastici godenti di prebende non siano soggetti al pagamento della gabella “pro illa tantum portione quam quisque presbiter seu clericus consumare potest pro eius victu” limitatamente a quella parte (della farina) che ciascuno di essi può consumare per la sua sussistenza, che viene quantificata in una salma e mezza.

-Che le religiose ed i frati di ogni monastero siano esenti dal pagamento della gabella.

-”Jtem quod bizochae stantes in congregatione insimul” inoltre, che le bizzochere (laiche del terz’ordine) organizzate in associazione siano anch’esse esenti dalla gabella.

-Infine, che al gabelliere che riscuoterà la gabella per il Comune, “pro mercede sui assiduj laboris” quale mercede per il suo assiduo lavoro, spettino dodici ducati di carlini all’anno.

La proposta del Nacci -compresi i capitoli da lui presentati- “perplacuit” riporta il massimo gradimento, “omnibus viva voce affermantibus” e viene approvata a viva voce da tutti i presenti.

Ma non basta: lo stesso Nacci propone -sempre per far fronte all’aumento del sale- che si faccia pubblico bandimento che “si aliquis vellet emere hospitium panactaria, calzolaria, pizicaria et ciabattaria”) chiunque voglia acquistare la gestione dell’albergo, della panetteria, della calzoleria, della pizzicheria e della “ciabattaria” (fabbrica di pantofole?) si presenti dinanzi agli Anziani e faccia la sua offerta “et plus offerentibus deliberabuntur”, da assegnarsi a chi avrà fatto l’offerta più conveniente. Anche tale proposta riporta l’unanimità dei consensi.

C’è veramente da pensare che le finanze comunali di allora non godessero miglior salute di quelle dei giorni nostri! (2012)


15  -  I Rettori dell’arte della lana, quale canone per l’anno 1436, gravante un terreno ed un orto al Vocabolo Pantanello, versano libre dieci e mezza a Carobino, Abate di S. Benedetto ed il di lui padre Nicolò di Ser Ugolino, che è anche il suo amministratore, ne rilascia quietanza il 15 Luglio 1437, a mezzo del notaio Paolo Paulelli.

Lo stesso giorno, Bartolomeo Colai, rettore della Chiesa di S. Croce, che ha necessità di venir riparata, in virtù di decreto vescovile e su stima dei periti Bartolomeo Victolini e Tomaso di Mastro Angelo, vende una casa per il prezzo di quattro fiorini, da impiegarsi in detta riparazione. Ma per un prezzo tanto basso si trattava di una casa o di un casotto per cani? (2014)


15  -  Il 15 Luglio 1520 il notaio Francesco di Cristoforo porta a conoscenza che la Società secolare di Porta Posterola, a mezzo del suo Priore Davide di Stefano Cansacchi, acquista un orto nella detta località. Inoltre, l’anno seguente, 1521, lo stesso notaio roga un atto con il quale la Società di Nostra Signora di Posterola (la medesima della precedente?) assume come Cappellano un Don Riccardo Francigena, con l’accordo di devolvergli il pane che verrà offerto all’altare e, se non sarà sufficiente, di integrarlo con i proventi della Cappella, con cui provvedere anche al vino ed all’abitazione. Nel caso poi che Don Riccardo dovesse ammalarsi, la Società s’impegna anche a farlo custodire da una donna. E Don Riccardo è sistemato! (2014)


16 - Il 16 Luglio 1816 dalla Camera Apostolica viene diramata una “Notificazione per li crediti verso la Francia”, con la quale venivano invitati “ciascun particolare, Pubblico Stabilimento e Communità dei Paesi dello Stato Pontificio, che componevano li così detti Dipartimenti di Roma e Trasimeno, che si trovassero creditori verso il Governo Francese, a dovere nello spazio di un mese esibire le note dei loro crediti, accompagnate da legali giustificazioni”. 

“Ciascuno si affretti a valersi di questa disposizione, dichiarando che la presente affissa e pubblicata ne’ luoghi soliti e consueti s’intenderà come se a ciascun creditore fosse stata personalmente intimata”. 

Un’altra notificazione, in data 15 novembre 1817, assicurava “ai possessori la conservazione degli acquisti dei così detti Beni Nazionali alienati a loro favore sotto i due cessati Governi Francese e Italiano”. (1999)


16  -  Il 16 Luglio 1497 nelle riformanze risulta vergata la seguente breve e laconica annotazione:

“Magister Berardinus de Lunctis de Fulginio Artium et medicine doctor excellentissimus conductus ad annum ad stipendia communis Civitatis Amerie, pestis timore territus, abiit et recessit ad istac Amerina Civitate” Maestro Berardino de Lunctis, da Foligno, eccellentisimo (!) dottore nell’arte medica, assunto per la condotta di un anno allo stipendio del Comune cittadino, terrorizzato dal timore della peste, se ne partì di qua e lasciò la Città di Amelia. Cosa ne avrebbe pensato Ippocrate?

Sotto lo stesso giorno, il cancelliere Giovanni Mazarono annota anche quanto segue:

“Castrum Lugnani captum et occupatum ac etiam derobbatum fuit a D.no Bartholomeo de Alviano in dedecus S.cte Romane Ecc.ie et eius pastoris domini Alexandri Romani Pontificis” il Castello di Lugnano fu conquistato, occupato ed anche depredato da Bartolomeo di Alviano, a vergogna della Chiesa di Roma e del suo pastore Alessandro, pontefice romano. Altrettanto stringata annotazione risulta fatta il 22 Agosto seguente: “Castrum Lugnani predictum fuit dimissum a prefato D.no Bartholomeo de Alviano et rediit ad devotionem Sancte Romane Ecclesie” lo stesso Castello di Lugnano venne abbandonato dal predetto Bartolomeo d’Alviano e tornò alla devozione della Santa Chiesa di Roma. (2010)


16  -  Scrive da Graffignano in data 16 Luglio 1529 ad Amelia Adriano Gentile, luogotenente di Malatesta Baglioni, dicendo che lo stesso “se contenta mandare il grano lì in Amelia per la affectione et fede (che) ha con testa communità magnifica, però è necessario fate scrivere una lettera da testa magnifica communità a me, dicendome che lo S.re (Malatesta) a requisitione di epsa communità si è contentato servirla di questo grano (che) ha in Graffignano et che a questo effecto manda cinquanta bestie o quante poterà et così si faccia con effecto et presto”. Da quanto sopra, sembra che Amelia abbia fatto richiesta al Malatesta di inviarle del grano, ma costui pretende una richiesta scritta da inviare al suo luogotenente. Però quel che pare anche meno chiaro è la contropartita che Amelia dovrebbe inviare: cinquanta bestie, la cui natura non viene precisata: se si fosse trattato di polli, forse Amelia avrebbe avuto convenienza nel baratto, ma se -com’è più probabile- Malatesta si aspettasse di ricevere bestie bovine, siamo sicuri che la nostra Città avrebbe avuto qualche vantaggio a stipulare un simile atto di commercio? (2011)


16  -  Il 16 Luglio 1387 il Vicario e gli Anziani di Amelia nominano “ad custodiam castri Sanfocetoli, cum quatuor eorum sotiis” alla custodia del Castello di Sambucetole, con quattro aiutanti, Palamide di Gregorio e Giovanni Fermucci. Così i Sambucetolani potranno dormire sonni tranquilli! (2014)


17 - Viene dagli anziani sancito, sotto la data del 17 Luglio 1588, il seguente divieto:

“Ne quis audeat colligere spicas in aliquo agro, vel alibi, nisi prius inde asportatis et levatis gregnis et barconibus grani et aliorum bladorum”; cioè nessuno ardisca “spigolare” nei campi dopo la mietitura, finché dagli stessi non siano stati asportati i covoni ed i barconi del grano o di altri celeali (“gregne” e “cordelli” vengono tuttora chiamati in vernacolo amerino, rispettivamente, i covoni ed i barconi).

Si vede che non era inusuale l’abitudine di rendere più celere e redditizia la spigolatura, attaccandosi direttamente alle messi già falciate ed ammassate! (1998)


17 - Nello statuto di Narni, approvato con breve di papa Gregorio XI del 17 Luglio 1371 e che non ci è pervenuto se non in una copia del 1716, al capitolo 115 del libro I è prevista una disposizione a favore degli uomini di Foce, frazione a lungo contesa ad Amelia fin dall’epoca della conquista e distruzione della Città ad opera di Federico II, nel 1240, come risulta ampiamente dalla bolla di Alessandro IV del 13 Giugno 1256.

Detta disposizione dice testualmente:

“Homines Castri Focis veniant et venire possint in Civitate Narniensi salvi, et securi in personis et rebus, veniendo, stando et redeundo ... et nullus eos offendat” (gli uomini del Castello di Foce possano venire a Narni incolumi e sicuri nelle persone e nei beni, venendo, trattenendosi e ripartendo a loro piacimento ... e nessuno rechi loro offesa). (2000)


17 - Si riporta una curiosa relazione fatta il 17 Luglio 1821 da una guardia campestre:

"Giuseppe Sincieri Guardia Campestre di Lugniano (sic) e Porchiano riferisce di aver trovato à danneggiare nella colte (in terreno coltivato) n°. 3 maiali ed una scrofa nella maggiese e piantata giovene, in contrada il Casone, il pastore vedendo me si diede alla fuga con i detti maiali, da me fu inseguito sino dentro Porchiano, per ivi scoprire chi era il padrone, ed'avendo (dovendo) essere Lorenzo C. (si tace il cognome) gli hò richiesto il pegnio, o pure i maiali, per condurli in Deposideria, il medesimo mi condusse in di lui casa con dirmi dove avevo ritrovati i maiali, risposi lo' (li ho) trovati al Casone, e lui rispose si arrabbi il Casone e di chi è, se non ci vole le bestie, sin'colli (si incolli) il terreno e se lo porti (ad) Amelia. Io seguitai hà (a) richiedere il pegnio, e lui misse mani all'accetta, e la moglie corse à chiudere i detti maiali, e non mi volse dare né pegnio, né maiali. Io per non far nasciere un'inconveniente maggiore, ho tralasciato la questione, e ne dò parte ai miei Superiori, affin'che si degnino fare quella giustizia che crederanno più opportuna. Il nominato terreno è dell'Ill.mo Sig.r Conte Ferratini". (2005)


17 - Pene severissime erano previste per coloro che, non essendo proprietari di vigne, asportassero o fossero trovati in possesso di uva. Nel consiglio generale "quatuor scricturarum et capitaneorum sive banderariorum contradarum civitatis Amerie" delle quattro scritture e dei capitani o banderari delle contrade della Città di Amelia, riunitosi il 17 Luglio 1496, venne approvata la legge a tutela dell'uva ("lex pro conservandis agrestis et uvis"), nella quale si prevedeva, in particolare, che "si quis inventus fuerit portare ultra duos racemos agreste sive uve mature incurrat penam trium librarun den. ultra penam in statutis et reformationibus contentam": se alcuno sarà trovato a portare più di due grappoli d'uva matura, incorra nella pena pecuniaria di tre libre di denari, oltre alla pena prevista dagli statuti. (Lo statuto del 1441 prevedeva che chi recasse uva senza licenza del Notaio dei danni dati, dovesse pagare una multa di 12 denari per ogni grappolo, da 5 a 10 e, oltre il decimo, 5 soldi per ogni grappolo) "et totidem pro emendatione damni patrono" ed altrettanto era dovuto a risarcimento del danno prodotto al proprietario dell'uva. Ciò si intendeva riferito ai soli cittadini di Amelia; "forenses vero reperti portare agrestam sive uvam in parva vel magna quantitate, statim ponantur et ligentur ad catenam ferream in platea communis" i forestieri, invece, se trovati a portare uva in piccola o grande quatità, dovevano venir immediatamente presi e legati con una catena di ferro sulla piazza del Comune, salvo che pagassero il doppio delle pene pecuniarie riservate ai cittadini e -beninteso- che emendassero il danno provocato al proprietario dell'uva. (2006)


17 - Nel consiglio decemvirale del 17 Luglio 1613 occorre provvedere ad alcune urgenze, fra le quali si enumerano le seguenti:

“Una muraglia de pusterla menaccia gran ruina.

“L’orologgio (pubblico) come si sente da tutti non va mai a dovere.

“Se pare fare raccomodare li muretti del ponte de Pesciolino et anco quelli del Ponte della Molina.

“Che li SS. Antiani ... facciano accomodare la casa per il Chirurgico quanto prima acciò si possa habitare avanti che venga”. (2008)


17  -  Un tal Celio Volpe Alfani di Amelia, latitante, nel consiglio decemvirale del 17 Luglio 1519 fa produrre  un rescritto firmato dal Vicelegato di Perugia, datato 20 Febbraio, nel quale detto Vicelegato espone che il suindicato Celio “retroactis temporibus, videlicet de anno 1514 de mense Augustj quodam ferreo pugnone noctis tempore” nei tempi passati e precisamente nel mese di Agosto del 1514, durante la notte, con un pugno di ferro “percussione et vulnere a gula infra cum sanguinis effusione percussit et vulneravit gaudium parisij de Ameria in eadem urbe”  in Amelia colpì e ferì, dalla gola in giù, con fuoriscita di sangue, Gaudio di Paris, amerino, “pro quo crimine in florenos lx.ta condendatus extitit” per il qual reato venne condannato a pagare 60 fiorini, “jntervenuta tamen postmodum pace bonarum personarum opera”, ed in seguito, per interessamento di persone buone, è intervenuta fra di essi  una riappacificazione. Si espone, inoltre, che, “de anno MDXVIIJ de mense decembris cum sanguinis effusione percussit et vulneravit percussione et vulnere unico jn eadem Civitate cum quadam alabarda Alexandrum de pontiano jn capite, tunc Potestatis Amerie socium militem” nel mese di Dicembre del 1518, nella stessa città, percosse e ferì nel capo con un colpo di alabarda, Alessandro di Ponziano, all’epoca socio milite del podestà di Amelia, “cuius vulneris occasione jn florenis auri centum et quinquaginta condendatus ac mulctatus apparet”, per la qual ferita lo stesso Celio è stato condannato a pagare 150 fiorini d’oro; “quae condendationes utriusque delicti per Potestates prenominatos Civitatis esse facte elucescunt” le quali condanne per entrambi i delitti risultano (addirittura “splendono”!) fatte dai suddetti podestà della Città. Ma poiché “prefatus orator jn ea est miseria constitutus ut serviendo ac continuo sudore sibi sue familie victum queritet” l’istante Celio trovasi in tanta miseria, che a stento può procacciare con il suo lavoro ed il sudore della fronte il vitto alla famiglia “et si caperetur potius jn carcere marcesceret quam dictas penas possit solvere” e, se venisse catturato, sarebbe costretto a marcire in carcere, piuttosto che poter pagare le citate pene pecuniarie. Il Vicelegato conclude la sua lunga perorazione, chiedendo che, essendosi Celio rivolto all’autorità, come “ad ... misericordie uberrimum fontem vivumque pietatis” ad una abbondantissima e viva fonte di misericordia e di pietà, “absolvat ac penitus liberet” lo assolva e liberi del tutto dalle condanne contro lui pronunciate, “solutis tamen florenis octo ... actenta maxima oratoris paupertate ... dummodo jdonee caveat jdem orator de bene vivendo”, dopo aver tuttavia pagato otto fiorini, in considerazione della estrema povertà del ricorrente e purché badi bene di rigar dritto per l’avvenire.

In seguito a quanto perorato nel rescritto del Vicelegato, si decide di cassare i procedimenti a carico di Celio e di aderire a quanto proposto con lo stesso rescritto. (2011)


17  -  Il “Professor Dominus” Egidio del fu Antonio Delfini, cittadino di Amelia, “U. J. D. et mira facundia ornatus”, dottore in entrambe le leggi  e adorno di mirabile facondia, conclavista “et de numero militum Sancti Antonij de piis nuncupatorum” e facente parte dei cosiddetti soldati di Sant’Antonio dei Pii, a richiesta e preghiera  del giovane porchianese Bernardino del fu Simeone, il 17 Luglio 1564 lo nomina e crea notaio. Si faceva presto, allora, a ricevere il tabellionato! (2014)


18 - Il 18 Luglio 1528 si paventa l’avvicinarsi delle truppe imperiali, con le quali trovasi Pier Luigi Farnese ed è grande il timore -che risulterà poi giustificato- che il loro passaggio per Amelia sia imminente. Si provveda ad inviare lettere, donativi ed ambascerie al Farnese, per cercare di accattivarsene le simpatie; nel contempo, si intensifichino la custodia e la difesa delle porte e del campanile e si passino in rassegna  le artiglierie depositate presso il Massaro del Comune. Il giorno seguente, il Farnese è alle porte: il Consiglio è in grande subbuglio ed i pareri sul da farsi sono discordi. Si decide, comunque, di murare la porta d’ “ Ilione” (Leone) e di serrare le altre, eccetto quella della Valle. Si faccia buon viso a cattiva sorte, cercando di guadagnarsi la simpatia del comandante delle truppe imperiali, ma lo si preghi di farne entrare in città il minor numero possibile, anche per il costante pericolo del contagio della peste. Si provveda, nel periodo -che si spera breve- in cui si tratterrà in Amelia, al suo fabbisogno di strame e legna e, magari, a presentargli in omaggio qualche paio di pollastri. (1999)


18 - Il 18 Luglio 1471 dinanzi agli Anziani vieve stipulato atto di pace e concordia fra Giovanni di Francesco, alias de Poscia del Castello di Porchiano, per sé e per conto di Bartolomeo, Francesco, Galeotto, Cherubino, Antonio e Sperandio suoi figli, da una parte e Giovanni Ciocci alias Saracino, pure di Porchiano, per sé e per Cioccio, Manno, Antonio, Menecuccio e Berardino suoi figli, dall’altra; i quali tutti, ciascuno in  proprio e per i rispettivi numerosi figli, “fecerunt ad invicem vicissim inter se obsculo pacis in ore interveniente” fecero vicendevolmente, con la cerimonia simbolica di un bacio sulla bocca, “pacem perpetuam, remissionem et veram concordiam specialiter et expresse” in modo chiaro ed espresso, perpetua pace, remissione e vera concordia “de percuxionibus tam cum sanguine quam sine sanguine” delle percosse sanguinolente e non “conmissis et factis per Simonectum Menici de dicto Castello et Berardinum filium dicti Joannis aliter Saracino in et contra personam Francisci filij dicti Joannis Posce” arrecate e commesse da Simonetto di Menico da Porchiano e Berardino figlio di detto Giovanni alias Saracino contro la persona di Francesco, figlio di Giovanni de Poscia; il tutto come meglio risultante dagli atti della curia del podestà eseguiti contro detti Simonetto e Berardino e, inoltre, ”de omnibus iniurijs, mallefitijs, offensionibus, culpis, excessibus ac delictis quomodocumque et qualitercumque usque in presentem datam illatis per unam dictarum partium ... contra alteram” di tutte le ingiurie, le offese, i reati, gli eccessi e i delitti commessi comunque e dovunque fino al giorno presente da una parte verso l’altra ... e chi più ne ha, più ne metta.

Chi avesse osato trasgredire tale atto di pace sarebbe stato soggetto ad una pena “quingentorum ducatorum auri applicandorum pro medietate Cammere communis Amelie et pro alia medietate parti predicte observanti et observare volenti” di 500 ducati d’oro, da versarsi, per una metà, alle casse comunali e, per l’altra metà, all’altra parte che avesse osservato i patti e volesse continuare ad osservarli. (2008)


18  -  Il 18 Luglio 1529 viene convocata la “cerna”, con intervento di un gran numero di cittadini, per discutere di un grave evento che si ritiene imminente: “jntelligi adventus militum exercitus cesarei et veretur ne hinc iter faciant” si è appreso che stia per giungere l’esercito imperiale e si teme che possa passare per di qua. Pompilio Geraldini “vir nobilis” propone che “scribantur lictere domino peralovisio Farnesio in commendationem communitatis” si inviino messaggi a Pierluigi Farnese, che è assieme agl’imperiali, raccomandandogli la Comunità amerina, “jtem quod fiant bone custodie in campanilj, in Palatio et ad Portas” ed, intanto, si provveda alla buona custodia del campanile, del Palazzo e delle porte; inoltre, se il detto Farnese dovesse giungere in Amelia insieme alle truppe, “quod munerentur in aliquo munere” che si apprestino regali da elargirgli “et quod Franciscus Jmpacci massarius artigliariarum artigliarias revideat et eas bene reaptet ut possint operari” e che Francesco Impacci, guardiano delle artiglierie, provveda alla loro revisione, riattandole, in modo che siano in grado di funzionare “et quod fiat Bannum quod qui habet artigliarias communis reassignet et reconsignet dominis Antianis” e che si emani un bando che chiunque è in possesso di armi di proprietà comunale, ne faccia denuncia e consegna agli Anziani. Il giorno seguente, 19 Luglio, nel consiglio decemvirale, il decano Tommaso di ser Taddeo espone che “habetur novum de adventu Jll.mi d.ni Peralovisij Farnesij aut jn hoc mane aut sero omnino, sub cesario militantis imperio et quia varijs bonis de causis grate recipiendus est, et munerandum” è giunta notizia che sia in arrivo Pierluigi Farnese o nella stessa mattinata o, al massimo, in serata, al seguito dell’esercito imperiale e che, per molte buone ragioni, sia da accogliere con gratitudine e (soprattutto!) con donativi. Il consigliere Laurelio Laureli riconferma la suddetta proposta, che il Farnese “muneretur per communitatem honorifice et d.ni Antiani si non habent alium modum capiant pecunias ex capsula pecuniarum subsidij pro dicto munere agendo et quod in dictum munus expendantur quatraginta vel quinquaginta carlenj” che il Farnese venga onorevolmente omaggiato dalla Comunità e che gli Anziani, se non hanno altri mezzi per farlo, prendano il denaro occorrente dalla cassa del sussidio ed, all’uopo, si prelevino 40 o 50 carlini.

Lo stesso giorno 19 si riconvoca la “cerna” e le proposte fioccano. Il decano Tommaso di ser Taddeo chiede che si provveda a riparare e munire le difese cittadine e che “noctu diuque agende essent custodie et ad bonum esse videatur aut porta pisciolinj vel quae alie porte essent claudende” si faccia buona custodia di notte e di giorno e che sembri buona cosa chiudere la porta Busolina o qualche altra porta della Città e “si aliquis ex commissarijs dictorum militum peteret et vellet victualias si sunt dande nec ne” se qualche commissario dell’esercito imperiale chiedesse vettovaglie, se siano o non da concedere. Luca Petrignani propone “quod serrentur et claudantur omnes alie porte, excepta porta vallis et quod jntus civitatem nullo modo jmmictentur gentes alique, jtem quod victualie vitentur dari pro ut poterit, enarrando passa tempore hispanorm quam etiam militum lige” che si chiudano tutte le porte, ad eccezione di quella della Valle e che in nessun caso si facciano entrare genti armate in Città e che si eviti, per quanto possibile, di distribuire vettovaglie, ricordando le vicissitudini passate sia al tempo del transito degli Spagnoli, quanto degli eserciti della Lega. Aurelio Boccarini propone che gli Anziani nominino dei cittadini “ad munimine civitatis et illi cives electi provideant prout eis videbitur et claudant eas portas quas voluerint sed omnino claudantur bene portas jlionis” per la difesa cittadina e gli eletti vi provvedano nel modo che credono più efficace, chiudendo le porte che riterranno giusto, ma assolutamente serrino quella di Leone; inoltre, “quod fiant grate receptiones domino Peralovisio Farnesio hospitato in presentiam hic, cui dentur munera in stramine, pollastris et alijs rebus” che si faccia gradita accoglienza al Farnese, alloggiandolo qui di persona e dandogli doni in pollastri, foraggi ed altre cose. Pompilio Geraldini propone “quod Porta Jlionis claudatur et remuretur et quod alie porte excepta porta Vallis claudantur” che la Porta Leone si chiuda e si muri e che le altre porte, ad eccezione di quella della Valle, vengano chiuse “et quod d.no Peralovisio Farnesio fiant omnes grates receptiones et accoglientie de stramine et lignis et alijs rebus” e che a Pierluigi Farnese vengano rese grazie e tributate grandi dimostrazioni di accoglienza, con offerta di foraggi, legna ed altre cose; inoltre “rogetur sua dominatio quod operetur quod homines nostri possint tute accedere ad macinandum narneam, stiphonium et montorium et ad hunc effectum mictat aliquem de suis narneam ad notificandum hoc militibus” si implori Sua Dominazione (il Farnese) che faccia in modo che gli uomini di Amelia possano, in piena sicurezza, recarsi a macinare a Narni, Stifone e Montoro ed, a tale effetto, invii qualcuno dei suoi a Narni, per far presente quanto sopra alle relative genti d’arme ed, infine, che, “ad evitandum scandala, minor numerus qui poterit suorum militum conferat se jntus Ameriam” ad evitare disordini, faccia entrare in Città il minor numero possibile di suoi armigeri; “et hoc bene enarretur” e tutto ciò gli venga esposto nel modo più acconcio. (2011)


18  - Nel consiglio decemvirale del 18 Luglio 1535 occorre provvedere alla elezione di alcune persone aventi mansioni ed incarichi particolari e molto differenziati fra loro.

In primo luogo, Laurelio Laureli, “solertissimus vir .. ex numero senatorum”,  un degli Anziani -chiamati, dallo zelante Cancelliere, con  il nome del più antico ed illustre consesso della romanità- propone che gli Anziani eleggano un “moderatorem” del pubblico orologio.

E’ quindi la volta del consigliere Pompilio Geraldini “prestantissimus vir”, il quale, “attenta probitate, experientia ac doctrina Magistri Pauli de aspra, celeberrimj Phisicj” considerate la probità, l’esperienza e la dottrina di Maestro Paolo di Aspra, celeberrimo medico-fisico, il presente consiglio lo elegga, con uno stipendio di dieci ducati superiore a quello “quod habet in Civitate Civite Castellane” che prende (attualmente) a Civita Castellana e, nell’attesa che si renda disponibile, “ne medico careant jnfirmi” affinché i malati non manchino dell’assistenza del medico, venga eletto Maestro Prospero da Viterbo, “cum salario consueto” con l’usuale stipendio.

Per ultimo -ma proprio in fondo- lo stesso Geraldini propone che, per sopperire alla consueta elezione del “Protectorem” della Città, “ex nunc eligatur Ill.mus D.nus Peralovisius de farnesio” venga ipso facto eletto l’Illustrissimo Signore Pier Luigi Farnese -figlio del nuovo papa Paolo III, eletto il 12 Ottobre 1534- al quale venga inviato -per comunicargli l’elezione- Antonio Cascioli, “cum una salma pullorum, videlicet computatis quindecim paribus capponum et reliqui sint pullastrj, solvendj de pecunijs cuiuscumque gabelle” con una salma di polli (da recare in dono all’illustre eletto), specificando che, in detta salma, si includano soltanto quindici paia di capponi ed il resto siano semplici pollastri; il tutto da pagare con il provento delle gabelle. Come si ebbe altrove occasione di constatare, l’elezione del Protettore -di turno- era talmente scaduta di tono, da esser considerata alla stregua della nomina del “moderatore” dell’orologio pubblico e, per di più, con un corrispettivo in natura e, -si badi bene!- neppure interamente costituito dal pollame più pregiato! (2012)


18  -  Nel consiglio decemvirale del 18 Luglio 1574 vengono esaminate alcune suppliche, fra le quali quella di Mastro Bernardo, muratore, altrimenti detto “portafiasche”, il quale espone “che alli dì passati, venendo a rissa et contentione con Mastro Andrea de Lippa fu forzato a darle un’schiaffo, per il che se retrova processato et inquisito nella Corte del S.r Podestà et, ad fugire l’infamia della condennatione, prega le S.S. V.V. M.M. et questo generoso conseglio per non essere lui solito delinquere et perché li primi moti non sono in potestà de l’huomo, vogliano condonarli la pena de 25 libre” e “fare lui la solita gratia ... stante la pace seguita fra esso oratore et detto Maestro Andrea”. Gli si concede la grazia richiesta. Chissà se, per riconoscenza, Mastro Bernardo avrà portato una fiasca anche ai consiglieri?

Altra supplica, quasi identica alla precedente, è presentata da Antonio di Menecuccio spagnoletto, anch’esso venuto a parole con Alessandro della Graziosa “ed una parola su un’altra, se diedero da dui a tre pugni per uno, senza sangue et tumefatione o livore di carne”: simile la condanna ed altrettanto simile la grazia.

Altro “innocentino” si professa Mastro Hieronimo Jubilini d’Amelia, il quale, “provocato dal figlio di Gnapparella da Porchiano con parole iniuriose, fu forzato darli una manata contro sua voglia, essendo ch’esso oratore non è solito delinquere, anzi più presto fugirsi et perché l’offeso è persona vile ... supplichevolmente prega le S.S. V.V. M.M. ... vogliano condonarli detta pena, la quale ... è d’otto libre, ovvero mitigarla et redurla secondo la solita gratia quale sole (usa concedere) la comunità, essendo che fra di loro è seguita la pace et revocata la querela contro esso oratore, che tutto reputarà a dono singularissimo dalle S.S. V.V. M.M.”. La supplica produce l’effetto sperato: “quod magnifica communitas faciat eidem oratori solitam gratiam” che la Comunità faccia al supplice la solita grazia è il verdetto con il quale si pronuncia il Consiglio.

E’ la volta di Marcello Cerichelli, che ricorre supplice al Consiglio, per essere stato “processato” ed iscritto “ne’ libri de mallefitij”, per aver resistito alla forza pubblica, come egli stesso espone: “che alli giorni prossimi passati habbia fatta resistenza alla Corte, con dare delli pugni ad uno d’essi et forse con effusione di sangue et in essa medesima rissa biastematoce il nome S.mo d’iddio, ma perché detto oratore ciò fece per subitanea collera, essendo la Corte contro il solito andata con tanto impeto e poco rispetto a casa sua, per fargli il pegno”, chiede, quindi, che gli sia concessa la grazia, in considerazione “che questo è il primo delitto”. L’esuberante e suscettibile Cerichelli ottiene che la Comunità gli accordi “gratiam quam facere potest hucusque consuevit” la grazia che -e fin dove- è solita concedere.

Un caso ben più penoso è quello esposto da Caterina da Macchie. la quale “supplica alle S.S. V.V. come che essendole morto il patre et la matre, è restata sola con una sorella et tre putti, senza alcuna substantia, per li debiti che li ha lasciati Horatio suo patre” e, pertanto, “prega le S.S. V.V. Magnifiche voglino farli gratia de concederli l’essentione de tutte le gravezze ... sino tanto (che) li fratelli piccolini venghino in età che la possa aggiutare, che tutto riceverà per singulare gratia di questo generoso conseglio et non mancherà pregare iddio per il felice stato di questa magnifica Comunità”. Il Consiglio -che avrebbe potuto mostrarsi verso la povera Caterina anche un poco più “generoso”- “stante estrema paupertate dicte oratricis” considerata la sua estrema povertà, le concede “immunitas per quinquennium iuxta formam suarum precium” l’immunità da ogni imposizione fiscale per un quinquennio, secondo quanto richiesto nella di lei supplica, benché dal tono accorato in essa espresso, ci si sarebbe potuti aspettare qualcosa di più.   

Buon ultimo -ma certo non per importanza- anche il nostro illustre pittore Gian Francesco Perini rivolge una supplica, per essere stato “puntato” in quanto non intervenuto alle sedute del Consiglio, giustificando la sua assenza “per impotenza, che con fatiga poteva andare dalla casa alla chiesa”, chiedendo “che, sessagenario, non sia tenuto a portare pesi corporali nella Comunità” e “per questo torna a supplicare li voglia remettere  dette pontature”. Il Consiglio si pronuncia a suo favore: “stante senili etate dicti oratoris, gratietur et puntaturas Magnifici Domini Antiani mandent cassari et aboleri” in considerazione dell’età senile dell’oratore, gli venga fatta remissione delle puntature e gli Anziani le facciano cancellare dal relativo libro.  Un’ulteriore prova che circa quattro secoli or sono un sessantenne era considerato di un’età notevolmente avanzata e degna di ogni riguardo. (2014)


19 - Il listino dei prezzi per frutta ed erbaggi emesso dal Comune di Amelia il 19 Luglio 1938 recava, per la vendita di un chilo della infra indicata merce, le seguenti quotazioni: pomodori £. 1,00; patate £. 0,50; fagioli d’acqua £. 1,75; fagioli comuni £. 1,00; cavolo a boccia £. 0,50; albicocche £. 1,00; se sopra n. 10 al kg. £. 1,60; pesche sotto le 10 al kg. £. 1,80; fichi (fallacciani) £. 0,80; pere £. 1,00; mele £. 0,80; prugne armache £. 0,80; prugne verdacchie £. 1,20; prugne comuni £. 0,60. (1999)


19 - La predicazione di San Bernardino da Siena contro la blasfemìa e l'usura, iniziata in Amelia nel dicembre del 1426, comincia a dare i suoi frutti. Maestro Angelo ebreo, che aveva stipulato con il Comune un lucroso patto per l'esercizio del credito feneratizio, sentendosi mancare la terra sotto i piedi, il 19 Luglio 1427 presenta la seguente suppica ai "Magnificis Viris et Consilio Magnifice Civitatis Amelie", redatta nei seguenti termini:

"Sùpplicase per parte del vostro fedele servitore Mag.ro Angelo iudeo di Corneto habitante nela v.ra Ciptà de Amelia che conciosia cosa che lui sia exposto socto la protectione del Comune d'Amelia stare, demorare in ipsa Cipta cola sua famiglia et che li stessi observino li capituli jà firmati fra lo dicto Comune et ipso maestro Angelo, come appare per mano di Ser Luca Cancelliero del dicto Comune et che de nuovo se confermino come è debito et de vostro honore, non obstante qualunque reformatione facta in contrario, (do)po la venuta de frate Bernardino a la dicta Ciptà d'Amelia, offerendosi lui da la sua parte in quanto è tenuto fare sempre el suo dovere. Lo quale mag.tro Angelo continuamente se recommanda a le v.re Signorie del dicto Comune d' Amelia, lo quale Dio votivamente conservi in stato felice".

La questione viene portata in Consiglio Generale il giorno seguente e si delibera che il M.o Angelo "accipiat pro floreno mense quolibet abitantibus quibus mutuabit pecuniam duos bononienses et plus amplius non possit".

In sostanza, "non obstantibus quibuscumque reformationibus factis in Comuni Amelie post adventum Ven. viri fratris Bernardini ad Civitatem Amelie in contrario" non ostante qualsiasi riformanza deliberata dal Comune dopo l’arrivo di frate Bernardino, l'ebreo M.o Angelo era autorizzato a chiedere un interesse sulle somme prestate ammontante annualmente a 24 bolognini per ogni fiorino. Se si considera che, nella delibera del 17 Luglio 1443 si accenna ad un fiorino corrispondente a 50 bolognini, tale interesse dovrebbe quantificarsi intorno al 48%. Siamo lontani dal 65% risultante dai "Capitula Hebreorum" stipulati il 7 Novembre 1394, ma, considerando i termini di riscatto dei pegni, abbreviati negli ultimi capitoli a otto mesi e, quindi, che la maggior parte di essi restavano nelle mani dell'usuraio, la situazione di disagio creata dall'usura, malgrado le prediche di S. Bernardino, rimaneva oltremodo grave. (2001)


19 -  Il 19 Luglio 1943 Roma subì il primo bombardamento aereo alleato. La Signora Vincenzina Barcherini Ved. Spagnoli annotava sul suo diario, da Amelia: "All'una si è saputo che Roma è stata bombardata nella mattinata. Tutto il giorno si è stati sossopra. Si è saputo che bombe sono cadute a S. Lorenzo, nella basilica, il Cimitero, la stazione; più si nominano altri punti". Due giorni dopo, dallo stesso diario: "Oggi sono stata con mammà a Villa S. Giovanni: la Sig.na Pupa (Attili) è tornata ieri sera da Roma ed ha raccontato degli orrori del bombardamento e mitragliamento per le strade. Molta gente arriva con mezzi propri o di fortuna. La città è anche senz'acqua. E' stata una cosa tremenda: il Papa si è recato sulle rovine della basilica ed ha pianto. Si dice questa sera che abbia fatto un'energica protesta a Roosevelt, ma certo non servirà a niente con quei selvaggi". (2004)


19 - Fattosi precedere dalla bolla pontificia di papa (antipapa) Giovanni XXIII, con cui lo nomina deputato Riformatore per Orvieto, Spoleto, Terni ed Amelia, Bartolomeo Conte e Vescovo di Cremona arriva, con tutto il seguito, nella nostra Città, dove viene accolto -secondo suo desiderio- "in domo fratruum minorum", cioè nel monastero minorita. Nelle riformanze, sotto la data del 19 Luglio 1410, è stato stilato un lunghissimo elenco di spese fatte in occasione della venuta di Bartolomeo. Se ne accennano alcune: "pro duobus paribus cauponum et xvij paribus pollastrorum, pro tribus castronibus et pro tribus canistris panis, pro duabus salmis ordey, pro tribus salmis vini, pro quatuorcentumtrigintaquatuor libris farine, pro quatuor flaschis vitrey magnis, pro magnatoriis equorum...." e la lista è ancora molto lunga. Se si considerano le paia di capponi e di pollastri, i castrati, le canestre di pane, le salme di vino, la farina, i fiaschi grandi, le "magnatorie" dei cavalli, in aggiunta a quelle delle persone, le vetture pagate, gli ambasciatori inviati e le varie onoranze a questo e a quello, non furono meno di una quarantina i fiorini d'oro che, in tale occasione -e ve n'erano tante!- uscirono dalle tasche dei poveri Amerini! (2005)


19  -   Il 19 Luglio 1466 in consiglio viene presentata agli Anziani e letta la supplica di una certa Letizia, del seguente tenore:

“Denanti da Voi Mag.ci et possenti Signori S. Antianj del popolo della Mag.ca Ciptà damelia, Consegli et conseglieri oportunj della decta Ciptà, supplicase per parte de letitia moglie che fo de Jacovo de Joanni grasso damelia, vedova povera et miserabilissima persona dicente et exponente come del decto Jacovo sono remasi sey figlioli, cioè tre femene et tre maschi, delli quali el magiore è de età de xij anni et non habiano da potere sostentare la loro vita solamente de pane el perché la dicta supplicante domanda alle V. M. S. doverse concedere alla decta fameglia la exemptione et immunità delle date et graveze da imponerse per la comunità damelia per anni dece et più et meno quello che parerà alle V. M. S. et etiam si alcuna data fosse nellibri del camorlengho incursa, se debia annullare et cassare, considerato che per la cera (occorrente in occasione) della morte sua (cioè del marito) è bisognato deponere el pegno et questo quantunque sia acto de carità et de misericordia, el domanda la dicta supplicante dalle V. M. S. doverse fare per lamore dedio jntuitu de pietà et (per) vostra solita et benigna gratia spetiale adcioche laltissimo dio prosperi et conservi le V. M. S. in triumpho et pacifico stato quanto è de vostro piacere”.

Alla povera Letizia, che per procurare la cera del funerale del marito era ricorsa al prestito su pegno, viene concessa la remissione e l’esenzione, come da lei richiesto. (2009)


19  -  Sotto la data del 19 Luglio 1465 nelle riformanze si dà notizia che, con breve apostolico era stato intimato al Commissario papale che, dopo aver richiesto l’aiuto degli Amerini, dovesse procedere “ad debellationem nobilium de alviano et eorum castrorum Attilianj Alvianj et guardeye propter eorum inobedientiam et rebellionem” a debellare i nobili di Alviano e i loro castelli di Attigliano, Alviano e Guardea, a causa della loro disubbidienza e ribellione “et deinde fuerit dicta commissio et mandatum suspensum per aliud breve” e poiché successivamente, con altro breve, venne sospesa l’esecuzione di un tal provvedimento, gli Anziani, “ad eradicandum tiramnicam pravitatem pro pace et quiete Civitatis Amelie et totius provincie que propter latrocinia et alia intolerabilia a dictis nobilibus vexabatur” per cercare di debellare gli atti di tirannia ed il pericolo per la pace che ladrocini ed altre intollerabili azioni posti in essere dai suddetti nobili avrebbero comportato per la Città di Amelia e per l’intera provincia, elessero Ascanio Antonelli quale oratore da inviare al papa, “super revocationem  dicti brevis suspensionis” per fargli revocare la sospensione del breve che autorizzava l’azione contro gli atti intollerabili dei nobili di Alviano e castelli loro soggetti. Con la massima tempestività, si dà atto che il messo degli Amerini, “cum uno famulo equestrj, altero pedestrj” accompagnato da un famiglio a cavallo e da un altro a piedi, “ivit dicto die veneris xviiij Julij hora meridiej rediit die dominico .xxj. eiusdem mensis hora .xxj. vel circa cum plenissimam expositionem omnium que petierit” partì il venerdì 19 mattina e tornò la domenica 21, circa verso le ore 9 di sera, dopo aver dettagliatamente esposto le ragioni degli Amerini. Il solerte cancelliere, che loda la velocità con cui agì il messo, annota, altresì, che il risultato dell’ambasciata ebbe esito positivo: “prout sua opera factum et obtentum est”. (2010)


19  -  Nel consiglio decemvirale del 19 Luglio 1327, presenti gli Anziani e 9 consiglieri su dieci, il “sapiens vir” Simone di Velletri, giudice e vicario del podestà, propone “quid placeat dicto consilio providere et deliberare super assectu panis, vini et carnium et super ludo tassillorum” cosa piaccia decidere circa le disposizioni da emanare per la fornitura e distribuzione del pane, del vino e delle carni, nonché -come fosse un altro genere di sussistenza- per regolare il gioco dei dadi. Chelle di Ugolino propone che la questione venga portata, per essere esaminata e decisa lo stesso giorno, dinanzi ad un consesso composto dai consigli riuniti, che sembra maggiormente competente a decidere in merito e la votazione che ne risulta è largamente favorevole a quanto proposto da Chelle. Infatti, con  cinquantotto voti favorevoli e soltanto due contrari, si delibera, a consigli riuniti, di eleggere “duo assectatores panis, vini et carnium” due ‘regolatori’ che possano autorevolmente e legittimamente emanare norme circa le disposizioni riguardanti le forniture di pane, vino e carni, nonché di “facere quae eis videbitur super ludo tassillorum” fare quel che ad essi sembrerà più opportuno, circa la regolamentazione del gioco dei dadi. I due eletti sono: Urso di Vazio ed Enrico di Pietro.

Si vede che, malgrado i numerosi provvedimenti emanati per vietare il gioco dei dadi, le autorità locali avevano dovuto cedere alla passione degli Amerini e fare -letteralmente- buon viso a ‘cattivo gioco’!

Ad oltre due secoli di distanza, il 19 Luglio 1534 si assiste ad una complicata e curiosa cerimonia di investitura a Priore della Cattedrale, nonché all’Abazzia di S. Secondo, nel modo che segue:

Il nobiluomo Battista Geraldini, in qualità di procuratore del chierico amerino Nicolò Franchi, presenta al Vescovo ed al Capitolo le bolle di nomina del Franchi a Priore della Cattedrale e li prega di procedere alla sua  materiale investitura. Il Vescovo ed i Canonici, “obsculo pacis et amplexu interveniente” con il bacio della pace ed un abbraccio, accettano ed accolgono il nuovo nominato Priore -rappresentato come sopra-, dopo aver prestato il giuramento “iura, constitutiones ac statuta dicte Ecclesie manutenebit et non contrafaciat aut veniet per se vel per alium” di mantenere e non contravvenire o modificare le costituzioni, i diritti e gli statuti di detta Chiesa. Subito dopo, il notaio, delegato dal Vescovo e dai Canonici, si reca -insieme al procuratore del Franchi- “ad quamdam possessionem dicti prioratus, positam extra et prope menia civitatis Amerie, in loco ubi dicitur ‘preta palma’” ad una certa proprietà del Priorato, sita al di fuori e presso le mura cittadine di Amelia, in località chiamata ‘pietra palma’(?) e lo immette “in tenutam corporalem et actualem” nel materiale possesso dei beni priorali, dandogli in mano “herbas et glebas terrarum et bonorm ipsius Prioratus” una zolla di terra ed erba del terreno facente parte dei beni del Priorato.

Nello stesso giorno e con la medesima laboriosa procedura, viene conferito al suddetto chierico Nicolò Franchi il possesso dell’Abazzia della Collegiata di S. Secondo.

E’ da credere che, tornato nel suo studio, il notaio si sarà seduto in poltrona e avrà esclamato: “Che faticata!” (2014)


20 - Non erano trascorsi che nove giorni da quando Fabrizio e Prospero Colonna avevano comunicato agli Amerini di aver fatto pace con gli Orsini e di esser pronti ad aiutare la nostra Città in caso di aggressione da parte di Bartolomeo d'Alviano, quando il 20 Luglio 1498 si deve riunire d'urgenza il Consiglio decemvirale "pro bello contra Communitatem Amerinam moto per infidum Bartholomeum de Alviano" per discutere sulla guerra mossa alla Città da Bartolomeo chiamato, oltre che "infido", "pacis declinator" cioè evitatore di pace, in quanto, "cum maximis copijs gentium ac etiam cum cannonibus et macchinis ad expugnandum obsederit castrum Porchiani contra pacem inter nostram Communitatem Amerinam et domum totam de Alviano initam" con grandissima copia di genti, armate con cannoni e macchine d'assedio, cinse il castello di Porchiano, violando la pace iniziata fra la Città e l'intera casata degli Alviano (con il trattato fra Colonna ed Orsini) "et publice bellum contra nostram Communitatem moveret et irrumperit" e ha pubblicamente mosso guerra e si è precipitato contro la nostra Comuinità. Cosa fare? Nel consiglio generale "nunc nunc celebrando" riunito con la massima urgenza, si propone "quod statim per numptios et licteras scribatur et significetur S. D. N. PP. ac etiam R.mo D.no Legato bellum contra nostram Communitatem motum per Bartholomeum de Alviano" di mandare ambasciatori e lettere con cui far presente al papa (Alessandro VI) ed al Cardinale Legato la guerra mossa alla nostra Città dall'Alviano "et supplicare eisdem ut dignentur reprimere arrogantiam huius perfidi tirandi (sic)" e supplicarli che si degnino rintuzzare l'arroganza di tale perfido tiranno "ne turbeat fideles subditos Sedis Ap.ce et Sancte Romane Eccl.ie" intimandogli di non turbare i fedeli sudditi della sede apostolica e di Santa Romana Chiesa "ac etiam scribantur lictere R.mis dominis Cardinali Sabello et Cardinali Columne nec non ... ad Ill.mis dominis Fabritio et Prospero de Columna ac etiam Ill.mis d.nis Troylo et Ludovico de Sabellis" e si scrivano lettere ai reverendi Cardinali Savelli e Colonna ed agli ill.mi sig.ri Fabrizio e Prospero Colonna ed ai signori Troilo e Ludovico Savelli "ut dignentur providere tam urgentissime necessitati communitatis nostre", affinché si degnino provvedere ad una tanto urgente necessità della nostra Comunità e che vogliano "venire cum gentibus armigeris ad presidia nostra" accorrere con genti armate in nostro aiuto "et requirantur etiam Communitates Rehate et Jnteramne ut velint etiam mictere eorum gentes ad favores nostros" e si faccia richiesta anche alle comunità di Rieti e Terni, affinché vogliano inviare loro genti in nostro aiuto "et ad opponendum communes inimicos" e per opporsi ai comuni nemici, "adeo quod ipsorum superbia arceatur" in modo da tenere a freno la loro superbia.

Con tale richiesta di mobilitazione generale a loro favore, c'è da pensare che agli Amerini la febbre (leggi "paura") fosse cresciuta al massimo livello! (2007)


20 - Il 20 Luglio 1471 gli Anziani, solennemente definitisi, secondo la più antica prassi ufficiale “Antiani Populi Civitatis Amelie” (donde la sigla “A. P. C. A.”) scrivono a Maestro Simone di Gregorio, Martino di Filippo, Rado di Stefano, Gregorio di Giorgio, Valentino di Pietro, Rado Zincano di Giorgio, Giorgio di Michele, Michele di Paolo, Rado di Blasio, Giovanni di Luca, Michele di Luca e Giorgio di Silvestro, tutti “de partibus Sclavonie”, cioè greco-albanesi, chiamandoli amici e coloni nostri diletti, una lettera con la quale fanno presente ad essi, a Nicolò Cocle “de Peloponniso” ed a tutti gli uomini “conducendis ad habitandum nostrum castrum S.ti Focetuli” da esso Cocle da condurre ad abitare e risiedere nel Castello di Sambucetole, che, da parte della comunità di Amelia, “observabuntur, adimplebuntur, ratificabuntur et executioni mandabuntur capitula et pacta inita conclusa et firmata inter communitatem nostram ex una et prefatum dominum Nicolaum parte ex altera” verranno osservati, rispettati, ratificati e mandati ad esecuzione i capitoli e patti stipulati, conclusi e firmati fra la Comunità di Amelia e lo stesso Nicolò Cocle, com’è costume della Città, “cum nulla certior ars fuit quam servare fidem” non essendoci mai stata per essa nessun’altra arte più sicura che osservare la parola data. Vogliono, quindi, gli Anziani ricordare ai nuovi coloni greci la piena osservanza dei detti capitoli, facendo loro presente, in particolare, il rispetto verso gli ufficiali amerini e nei confronti delle norme  e delle relative sanzioni anche penali.

In calce a quanto sopra trascritto nel volume delle riformanze, è annotato che gli stessi coloni greci sopracitati “juraverunt ad Sancta Dei Evangelia” giurarono sui Vangeli “manu tactis” toccandoli con la mano, di essere e restare fedeli alla comunità amerina.

Il successivo 27 gli Anziani, insieme a quattro cittadini espressamente autorizzati, (“absente Savino Ludovici egritudine laborante”, assente Savino Ludovici a causa di malattia) nominarono “in Superstitem et Commissarium ad reparandum et reparari faciendum domos et tuguria seu cappannas castri S.ti Focetuli ... Fabritium Nicolai Joannis presentem et acceptantem” quale Soprastante e Commissario per la riparazione dei fabbricati di Sambucetole -capanne comprese- Fabrizio di Nicola di Giovanni, che, presente, accettò l’incarico.

Lo stesso giorno 27, nelle riformanze, si dà notizia “quod dominus Paulus papa secundus, veneris die xxvj. julij in primo fere galli cantu mortem obijt quiete morbo consumptus” che Paolo II (il veneziano Pietro Barbo, figlio di una sorella di Eugenio IV) venne a morte venerdì 26 Luglio, circa al primo canto del gallo, quietamente (si fa per dire, essendosi trattato di un colpo apoplettico!) consunto da malattia.

Il giorno 28 successivo, poiché “verisimile videatur ut quod scandali propter eius obitum repentinum oriatur ... in preiudicium status ecclesie et in damnum pacis” sembrerebbe verosimile che, a causa della improvvisa morte del papa, potesse sorgere qualche disordine, in pregiudizio dello stato della Chiesa e a danno della pace, si provveda  da parte degli Anziani e consiglio a quanto sarà da loro ritenuto opportuno per “bonam custodiam tutelam et salutem huius Urbis et eorum civium” la buona custodia, la tutela e la salute della Città e dei suoi cittadini.

(2008)


20  -   E’ presente in Amelia, fin dal 1° Luglio, papa Sisto IV (Francesco Della Rovere), allontanatosi da Roma con un seguito di diversi cardinali, a causa della peste ed  è ospitato in casa Geraldini. Nelle riformanze è annotato, sotto la data del 20 Luglio 1476, nel corso del consiglio decemvirale, “quod cum pro parte communitatis Amerie fuerit diebus elapsis ad S. d. n. papam in dicta civitate commorantem porrecta supplicatio” che, essendo stata, nei giorni passati, presentata, da parte della Comunità di Amelia, una supplica al papa, presente in Città, “in qua petitur gratia a Sua Sanctitate pro necessitate et indigentia maxima prefate communitatis” nella quale si invocava grazia da Sua Santità a favore della detta Comunità, a causa delle sue necessità e della massima indigenza della stessa, “et nondum fuerit signata nec aliquid concessum non obstante quod prefati domini Antiani super ea re fuerint allocuti quamplures R.mos d.nos Cardinales et supplicaverint quod dignarentur pro ipsa communitate intercedere ad S. d. n.” ed ancora non se n’è avuta notizia, né fu concesso alcunché, non ostante che, da parte degli Anziani, fossero contattati in merito diversi cardinali, pregandoli di intercedere presso il papa a favore della stessa Comunità, si chiede cosa sia opportuno fare. Il consigliere Andrea di Pietro “consuluit insistendum et reducendum esse ad mentes R.orum d. Cardinalium et aliorum quorum favore juvarj et aliquid perficere possit communitas ipsa” propone che sia opportuno insistere e ricordare ai detti cardinali e ad altre persone, con  il favore delle quali, la stessa Comunità possa ricevere un aiuto e averne qualche vantaggio, “ut nisi possit aliquid obtinere saltem negligentia non accusarj possit” di modo che, se non potrà ottenere nulla, almeno non venga accusata di negligenza, per non averci provato!

Lo stesso giorno si parla di un’emergenza ancora più grave e pressante. Si propone “quod si aliquis Civis aut forensis aut habitator Civitatis predicte infirmari morbo pestifero aut mori contigerit, quod deus avertat, provideatur de aliquo loco ad quem egroti mitti possint ubi possint stare sine eo quod sint expulsi et abiecti et ne moriantur in vijs et campis more ferarum, qua res ipsi deo odiosa est” che se qualche cittadino o forestiero o comunque abitante in Amelia dovesse ammalarsi di peste o morire -che Dio ce ne scampi!- si provveda a trovare un qualche luogo (cioè un lazzaretto) dove i malati possano venir alloggiati ed evitare la loro espulsione ed allontanamento (dalla Città)  e per scongiurare che muoiano per le strade o nei campi, come le bestie, il che sarebbe odioso per lo stesso Signore Iddio “ac etiam quod per commune pro amore dei quod in loco construendo dictis egrotis provideatur de aliquo Sacerdote et alijs ministratoribus rerum necessariarum infirmis”  ed anche che, per amor di Dio, da parte del Comune, nel luogo dove verrà costruito un alloggio per i detti malati, si provveda a fornirlo di qualche sacerdote e di altri assistenti con le cose necessarie agl’infermi “ad hoc ut quicumque morbo corripietur metu expulsionis non teneat malum ac morbum secretum alijs nociturum” di modo che chiunque sia colpito dal morbo, per tema di venir espulso, lo tenga segreto, con nocumento degli altri “et contra populum ex impietate non irascatur” e non  si adiri contro la popolazione, per la sua mancanza di pietà “et hoc ex suasione et consilio R.mi in Christo patris e d.ni d.ni Cardinalis Matisconj Amerie commorantis” e, questo, per suggerimento e consiglio del R.mo padre in Cristo il Cardinale Matisconi, presente in Amelia (al seguito del papa). (2009)


20  -  Nel consiglio dei X del 20 Luglio 1493 ancora una volta si deve prendere un provvedimento contro la possibilità di contagio dalla peste e, quindi, si propone  che, “ut nemo qui veniat ex loco suspecto pestis possit introire Civitatem Amelie nec stare per eius comitatum et districtum nec per casalia, et quod etiam nullus possit exire districtum dicte Civitatis nec ire ad Asisium nec ad proximum festum Sancte Marie Angelorum propter suspitionem pestis, que iam dicitur esse in pluribus locis, sine expressa licentia”, che nessuno che provenga da luogo sospetto di contagio pestifero possa entrare e restare in Amelia, suo comitato e distretto, né nei casali e che nessuno, senza espressa licenza, possa uscire dal distretto, né andare ad Assisi e neppure alla prossima festività di S. Maria degli Angeli, a causa della probabile esistenza della peste, che si dice essere già presente in parecchi luoghi. Nel susseguente maggior consiglio si approva la superiore proposta e si commina, per i trasgressori, la pena di due ducati, “quorum medietas sit communis Amerie, quarta pars offitialis et alia quarta pars accusatoris” della quale la metà sia introitata dal Comune, una quarta parte dall’ufficiale procedente e l’altro quarto a chi ne avrà fatto accusa. E chiunque verrà da luogo sospetto di peste non possa entrare, né restare in città e suo distretto e, entrando, cada nella stessa pena “et expellatur sic veniens vel intrans tam si esset civis quam comitatinus et districtualis vel externus” e venga espulso dalla città, sia che si tratti di un cittadino, che di un contadino, o distrettuale, o forestiero “Et pullaroli qui veniunt ex loco contagioso et suspecto non possint intrare Civitatem, nec stare per casalia et comitatum et districtum dicte Civitatis, sub dicta pena” ed i pollivendoli provenienti da qualche località sospetta di contagio non possano entrare in città, né trattenersi nel suo distretto, sotto la stessa pena. Ed, infine, “meretrices expellantur” anche le meretrici debbano venir allontanate (naturalmente se si troveranno nelle stesse condizioni dei pollivendoli) “Et porte Civitatis si debeant claudi vel aperiri sint in arbitrio dominorum Antianorum” e sia in facoltà degli Anziani stabilire se le porte cittadine debbano chiudersi o restare aperte. (2010)


20  -  Il 20 Luglio 1468 nelle riformanze, a cura del Cancelliere Antonio de’ Costantinis, viene trascritta una lettera scritta da Mugnano il giorno precedente agli Anziani, da parte di Donna Agnese dell’Anguillara. Se ne riporta uno stralcio:

“Magnifici domini et tanquam fratres Carissimi salutem. ... vi prego ad removere ogne litigio et ame (a me) levare affanno ve piaccia dare ordine intanto (in modo) che ali citadini vostri sia noto che nullo deli vostri Citadini né contadini ad nisuno mio vassallo faccia credenza da uno ducato in su, in quanto (affinché) non seli voglia perdere”. 

Gli Anziani, “qua lictera visa et lecta” presa visione della detta lettera, “commiserunt Andree francisci publico tubicini et Banditori dicti communis Amelie et per locha publica  et consueta dicte Civitatis bandiat et preconizet ad intelligentiam omnium audire volentium” diedero incarico al pubblico banditore e trombetta del Comune Andrea di Francesco di rendere di pubblica conoscenza a tutti i relativi interessati “quod nullus sive nulla persona tam Masculus  quam femina et tam Civis quam comitatensis dicte Civitatis Amelie  debeat dare vel vendere aliquam rem sive Mercantiam alicui vassallo Magnifice domine Agnetis de Anguillaria excedentem numerum sive valorem pretij unius ducati, sine licentia vel littera prefate M.ce domine, sub pena amissionis rei sive Mercantie date vel vendite. Et hoc intelligatur in credentia et sub promixione credentie quoquo modo” che nessun cittadino o contadino di Amelia, maschio o femmina, venda a credito qualsiasi cosa o mercanzia eccedente il valore e prezzo di un ducato a qualsiasi vassallo di Donna Agnese, senza sua espressa licenza, sotto pena della perdita di quanto venduto.

Ma Donna Agnese che razza di vassalli si ritrovava, che non erano in grado neppure di acquistare a credito una qualsiasi cosa eccedente il valore di un ducato, senza il suo benestare? (2011)


20  -  Il 20 Luglio 1329 si delibera di inviare al Legato ed al Capitano Generale, quali ambasciatori del Comune, Messer Pietro e Messer Galasso, con lo stipendio di tre libre al giorno, oltre alle spese, per chiedere la liberazione di frate Angelo Farinari il quale, per incarico degli Anziani, era stato inviato al Legato ed al Capitano per discutere sulla conservazione dello stato pacifico della città (“conservatione status pacifici”) ed era stato incarcerato. E poi si dice che “ambasciator non porta pena”! (2014)

 

2  -  Il 20 Luglio1528 il nobile Claravalle de’ Claravallesi di Todi, ma abitante in Amelia, sentendosi “profecturus in castris Sancti Domini Nostri ubi nemo nascitur et multi moriuntur” prossimo a partire per l’altro mondo, dove nessuno nasce e molti (anzi, tutti!) muoiono, fa testamento, istituendo eredi universali i Frati Agostiniani, cui fa obbligo di costruire una cappella in S. Agostino entro l’anno dalla sua morte e della conseguita eredità e di fargli celebrare le Messe di S. Gregorio due volte l’anno ed, ogni anno, quattro offici funebri, così sarà più sicuro di entrare “in castris S. D. N.”. (2014)


21 - Sotto la data del 21 Luglio 1409 nelle riformanze risulta trascritta una lettera, inviata da Viterbo il 18 precedente, che Antonio, Vescovo di Montefiascone, Commissario speciale, delegato dal Cardinale di Bologna, Camerario del papa e vescovo Portuense, trasmette alle comunità di Orte, Narni, Amelia, Foce e Sangemini, nella quale sono specificate "taleas imponendas" cioè i sussidi (leggi taglie) da imporre per conto della Camera Apostolica, per mantenere "Magnifico militi domino Cuiccio de Paterno capitaneo ducentarum quadraginta quatuor lancearum" il Magnifico Signore Cuiccio di Paterno, Capitano di 244 lance "ad servitia nostra et Romane Ecclesie" al servizio proprio e di S. Romana Chiesa "ad rationem duodecim florenorum pro qualibet lancea" in ragione di 12 fiorini per ogni lancia, per un anno, ad iniziare dal decorso mese di Marzo. Tali taglie dovranno essere corrisposte in tre terzerie, di cui la prima "in festa assumptionis beate Marie Virginis de mense Augusti" da pagare il giorno dell'Assunta, la seconda nel mese di Ottobre e la terza a Febbraio, "ad penam et sub pena dupli", sotto comminatoria di vedersi raddoppiare la taglia in caso di mancato pagamento.

Segue l'elenco degl'importi da pagarsi dalle comunità sopra specificate, nel quale figurano "tassati": Orte, per 300 fiorini, Narni per 1000, Amelia per 600, Foce per 200 e Sangemini per 320.

Gli Amerini cercano di fare opposizione al pagamento della taglia, essendo già eccessivamente oberati di spese e nominano, il 3 Settembre successivo, ambasciatore presso il Rettore Marco Corario (Correr), a Viterbo, il frate Pietro Nenni, con un socio.

L'effetto dell'ambasceria viene comunicato dallo stesso Corario, con una lettera del 5 seguente, dalla quale si trae quanto segue: "ve dicimo che voi et tucta quella comunità avemo et intendemo avere recommandata quanto lanima nostra propria": gli Amerini stiano tranquilli: sono nel cuore e nell'anima del Corario. "A la parte del subsidio ve dicemo che en questo facto nuy non potemo mectare manj perché la Santità de N. S. (il papa) la conceduto a misser Cuiccio de Paterno per soldo de sua conducta et de ciò nuy non potemo impacciare né potemo per modo veruno". Quanto al pagamento del sussidio a Cuiccio, lui non ci può fare niente, in quanto si riferisce ad un affare trattato direttamente dallo "zietto" (papa Gregorio).

Poiché frate Pietro, per conto degli Amerini, fa presente al Corario anche le aggressioni cui sono sottoposti gli stessi da parte di ladri di strada verso il confine con Orte, la risposta non si fa attendere: "Se dite che avete temenza per latroncelli de strada, a questo ve dicemo che voi sapete bene che de veruno tempo da questi cotali non senne po guardare".

Il tutto con buona pace dei poveri Amerini, che debbono seguitare a sopportare pazientemente sia i grossi ladroni, che i ladroncelli. (2006)


21  -   Il 21 Luglio 1453 è giunta notizia agli Anziani che “nonnulle bestie bovine et equine hominum de sancto gemino sint in tenuta et pascuis huius Civitatis Amelie adversus turrim picchj et adversus Lacuscellum” alcune bestie bovine ed equine degli uomini di Sangemini stiano nella tenuta e nei pascoli della Città di Amelia verso Torre di Picchio e Lagoscello “et dicitur illas fuisse et esse affidatas in dictis pascuis per nobiles de Lacuscello sine licentia gabellariorum gabelle pascui dicte Civitatis” e si dice che dette bestie fossero state e siano poste in detti pascoli da parte dei nobili di Lagoscello, senza la licenza dei gestori della gabella del pascolo di questa Città. “Quia est ad maximum prejudicium et detrimentum jurium et jurisdictionum tenute Civitatis Amelie” Poiché questo torna a grave pregiudizio e perdita dei diritti di possesso e della giurisdizione di Amelia, “nec etiam possit dampnum aliquod evenire alicui civi huius Civitatis” ed affinché non ne derivi in alcun modo danno a qualche cittadino amerino, che si recasse a pascolare in dette zone con bestie regolarmente affidate o facesse qualcosa contro la suddetta occupazione o derivi da ciò detrimento per i gestori della gabella del pascolo, si chiede che vengano presi provvedimenti in merito.

Si decide che si scriva al Comune di Sangemini, che provveda a far affidare le bestie che s’intendono far pascolare in dette zone, pagando la relativa gabella al Comune di Amelia, “sin autem perdant animalia”, altrimenti gli animali trovati in difetto verranno sequestrati ed incamerati. Inoltre,  “cum terranenses sint emuli et malivoli Communi Amelie respectu nobilium hominum de Lacuscello vigore differentiarum et discordiarum confinium inter Communitate Amelie et Communitate Claravallensium” poiché gli abitanti di quelle zone (“terranenses” o terrazzani) sono invidiosi e malevoli nei confronti di Amelia, rispetto ai nobili di Lagoscello, a causa di controversie e discordie circa i confini fra le Comunità di Amelia e dei Chiaravallesi, si decide che le zone stesse vengano sottoposte ad un’accurata misurazione, per stabilire le rispettive competenze territoriali. Poiché, infine, “omnes terranenses conducerent aliquod genus fructuum ad vendendum Amelie ut pepones cepas porros radices et sic de singulis ac etiam de quacumque aliqua alia re comestibilia vel non et de quacumque generatione mercantiarum ad usum humanum pertinentium” i detti terrazzani vengono in Amelia a vendere meloni, zucche, porri ecc. e qualsiasi altra merce commestilbile e non, pertinente all’umano consumo, “solvant et solvere debeant pro gabella et pro qualibet salma ducatos auri duos” dovranno pagare la gabella in ragione di due ducati d’oro per salma.

Comunque, i terreni di Torre di Picchio, dopo essere stati allibrati e misurati come quelli delle altre contrade, non siano soggetti alla gabella “usquequo Sanctus Focetulus Castellum Civitatis Amelie habitabitur et homines illuc moram teneant” fino a quando il Castello di Sambucetole continuerà ad essere abitato dagli uomini che vi risiedono. (2009)


21  -  Il 21 Luglio 1498 nelle riformanze risulta trascritta una lettera, in pari data, scritta da Giulio Orsini agli Anziani, dal suo Castello di Soriano, con la quale li consiglia ad affidare a lui ed ai Colonnesi la soluzione di ogni loro vertenza con Bartolomeo d’Alviano, nei seguenti termini:

“Ne rendemo per certissimi ale S. V. essere noto la pace universale (che) havemo fissato con li S. Colonnesi, intendendosence tucti amici et cohaderenti, tanto de una parte come del altra; per el che, havendo Noy inteso li progressi del S. Bartolomeo de Alviano contro li vostri castelli, ne havemo preso dispiacere grandissimo; et per ponere una (volta) per sempre silentio tra el prefato S.re et voy, è necessario compromectiate in manu deli prefati S.ri Colonnesi et nostra omne vostra differentia; el simile farrà lu prefato S.re Bartolomeo et interim (frattanto) procederemo ala depositione de le Arme; et in questa hora ne scrivemo caldamente al prefato S.re che non procederà piò inanti et al simile confortamo voy; et perché questi sondo (sono) stati li appontamenti (accordi) trali prefati S.ri Colonnesi et Noy, Loro S. mandarando (nanderanno) qui uno homo de soy (dei vostri) ad questo effecto; per ho (perciò) ve exortamo ad fare dicto compromesso in forma autentica et subito mandarete qui ad farce intendere le vostre differentie, che le intenderemo volenteri et farremoce tale provisione che cognoscerete che noy amiamo quessa (sic) Comunità cordialemente, ala quale ne (ci) offerimo de continuo”.

Ma poiché secondo il noto adagio “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, gli Amerini, ligi all’altrettanto saggio detto “si vis pacem, para bellum”, si danno da fare per mettere insieme i soldi per sostenere -fra le altre evenienze- la lotta contro Bartolomeo d’Alviano ed i suoi (“pecuniam oportunam pro bello cum Bartolomeo et tota domo de Alviano”). Deliberano, quindi, due giorni più tardi, di imporre un prestito forzoso fra i cittadini (“imprestantia inter cives”), e che venga immediatamente riscosso nel seguente modo (“et statim exigatur in hunc modum, videlicet”):

I cittadini vengono divisi in cinque diverse categorie (secondo i loro redditi), dei quali gli appartenenti alla prima categoria diano a prestito 5 ducati di carlini e, di seguito, a scalare, i succesivi 4, 3, 2 ed uno gli ultimi.

Si decide, inoltre, che tale operazione di “prestito” possa avvenire “totiens ... quotiens necesse fuerit et opportunum durante bello cum dictis de Alviano” tutte le volte che sarà giudicato necessario ed opportuno durante il conflitto con i d’Alviano.

E fino a che punto fossero giustificati i timori degli Amerini emerge da quanto annotato sotto la data del 24 successivo, che inizia con tale sconsolata premessa: “Nusquam fidei ac pacis observantia in domo de Alviano inventa est”, cioè in nessun luogo, in nessun tempo, in nessuna occasione l’osservanza della parola data e della pace ha mai avuto ricetto in casa degli Alviano. E proseguendo: “Nam, cum Comunitas Amerina secum staret sub pace inter ipsam Comunitatem et dictam domum de Alviano factam nec non sub pace diebus superioribus inita inter Ill.mos D.nos Columnenses et Ursinos in qua includuntur omnes confederati et adherentes utriusque partis” infatti, mentre la Comunità di Amelia se ne stava sotto la pace stipulata con detta casa d’Alviano nonché quella intervenuta nei dì passati fra Colonnesi ed Orsini e loro alleati di entrambe le parti, “Bartholomeus, Bernardinus Abbas et Aloysius de Alviano, cum Ferrante de Farnesio cum equitum et peditum maximis copiis invaserunt partem tenimenti dicte Civitatis Amerie illud discurrendo, cavalcando et depredando” Bartolomeo, l’Abate Bernardino e Luigi d’Alviano, insieme a Ferrante Farnese, invasero una parte del territorio di Amelia con una grande quantità di cavalieri e fanti, facendovi scorrerie, cavalcandolo e depredandolo, “multosque ceperunt viros multosque ferro necaverunt” e catturarono molte persone e molte ne uccisero con le armi “animalia multa omnis generis depredaverunt, valoris circiter ducatorum duorum milium” e  depredarono molte bestie di ogni genere, per un valore di circa 2.000 ducati; “quod scelus maximum vix transibit impune” ed un tanto enorme delitto a stento resterà impunito. Ma gli stracci vanno sempre all’aria! (2010)


21  -  Con suo breve del 21 Luglio 1529 -riportato nelle riformanze il successivo giorno 26- papa Clemente VII scrive da Roma a Giovanni Battista da Milano, suo familiare e Commissario, il quale, con ammirevole tempismo, lo fa trasmettere -per la sua più puntuale ed immediata osservanza- “universis et singulis populis nostris” a tutti i popoli sottomessi alla Sede Apostolica e, quindi, anche agli Amerini: questa volta, si tratta di  soccorrere, con vettovaglie, “milites dilecti Filij Pirrhi de Castro Pieri per terras nostras transituri” le genti armate del “diletto figlio” (ci mancherebbe altro!) Pirro di Castel di Pero, transitante per le terre sottoposte al papa, affinché “ob defectu hospitiorum seu victualiarum populis nostris damna inferant aut scandala in eis more militari excitent” a causa della mancanza di adeguata accoglienza e di elargizione di vettovaglie, possano causare danni alle popolazioni, o siano spinti a creare disordini fra queste ultime, secondo il (mal) costume dei militari, e, quindi, le suddette popolazioni rechino ogni aiuto materiale alle citate genti armate e “sine mora vel exceptione obediant faveant et adsistant” obbediscano, le favoriscano e le assistano senza indugio o eccezioni; “tuaque jussa inviolabiliter exequantur” e inviolabilmente diano esecuzione ai comandi di esso Commissario; “nos enim omnia et singula circa hoc tibi visa omnibus supradictis percipiendi sub censuris et penis tam pecuniarijs quam capitalibus et jnobedientes debite mulctandi et puniendi omnimodam auctoritatem et facultatem concedimus”; il papa, da parte sua, a tal riguardo, gli concede ogni più ampia autorità di procedere secondo il suo giudizio, comminando pene sia pecuniarie che corporali (e anche capitali!) contro coloro che si mostrassero inobbedienti, “ratum habituri quicquid egeris in premissis”, con promessa di averne l’operato per rato e valido, per quanto possa aver bisogno di compiere a tal riguardo. Carta bianca, dunque, alla faccia delle necessità dei poveri Amerini!  (2011)


21  - Il 21 Luglio 1539, nel consiglio dei X, i preposti “Abundantie”, cioè all’approvigionamento del grano “instantis anni” dell’anno in corso, “pro pauperum sustentatione, mandaverunt quibusdam personis ut mutuo traderent granum cum quo fieri deberet panis” per il sostentamento dei poveri, avevano inviato ad alcune persone -probabilmente fra le più benestanti- l’ordine di concedere in prestito una certa quantità di grano per la panificazione, “sub pena unius ducati pro qualibet in libro speculi describenda” sotto la pena di un ducato per ciascuna persona che si rifiutasse, da scriversi nel libro degli specchi “et non paruerunt; quid deliberandum” e, tuttavia, dette persone non avevano obbedito; si chiede cosa decidere in merito. Nel consiglio generale, riunitosi lo stesso giorno, Laurelio Laureli, curiosamente appellato dal Cancelliere “vir ultime senectutis”, cioè uomo di estrema vecchiezza, propone che si dia luogo all’immediata iscrizione dei “renuentes”, vale a dire dei disobbedienti nel detto libro. “Quae salutaris sententia obtinuit per lupinos albos unum supra triginta del si, duobus nigris del no haud obstantibus” la qual salutare proposta viene approvata con trentuno voti favorevoli, malgrado due voti contrari. E, nel frattempo, i poveri tirano la cinghia! (2012)


21  -  Il 21 Luglio 1527 il notaio Camillo Carleni è in Amelia, dove si è rifugiato da Roma, in preda al “sacco” e trovasi a dover rogare un atto di collazione canonica di un beneficio da parte del Vescovo Moriconi, che viene curiosamente redatto “in cacumine montis Vignalis, ad presens solita residentia  prefati D.ni Episcopi, propter impetum militum hispanorum et exercitum Cesaree Majestatis vi occupantium civitatem Amerinam” in cima al Monte Vignale, attuale residenza del Vescovo, a causa dell’invasione dei soldati spagnoli e dell’esercito Cesareo di Carlo V, che ha violentemente occupato anche Amelia. E’ presente, altresì, il Priore della Chiesa Amerina Innocenzo Boccarini. (2014)


22 - “L’Ill.mo Sig. Francesco Franchi Clementini”  al Consiglio dei X del 22 Luglio 1781, “pro bono publico consulendo, dixit:

“Essendo più che sufficiente un sol balivo (messo comunale), sarei di sentimento doversi licenziare uno dei due che al presente si ritengono, e ciò per utile di questa Comunità, come anche del balivo medesimo, che essendo uno solo, più facilmente puol vivere col ritratto (ricavato) degl’incerti, non essendo bastevole la tenue paga di sc.1,40 il mese, e per l’ esecuzione di ciò se ne diano le facoltà alli S.ri Anziani, i quali debbino anche obligare il balivo suddetto a provedere la solita divisa, e obligarlo altresì di non intrigarsi (occuparsi) coi birri nelle catture, cioè legare e far tutt’altro che deve spettare all’officio di birro, e questo mio consulto vada a partito”.

“Misso buxulo, et recollectis votis fuerunt reperta favorabilia n.9 et exclusiva n.1”. Cioè si approvò con 9 voti favorevoli ed uno contrario.

Chissà come ci dovette restare male il balivo licenziato, che, “pro bono publico”, fu costretto a rinunziare anche alla “tenue paga” di uno scudo e 40 al mese! (1998)


22  -   Il 22 Luglio 1453 il maggior consiglio decide sulla supplica presentata il giorno innanzi da Benedetta, figlia di Giovanni Vertoni, vedova di tal Senno da Perugia, la quale, autodefinitasi “pauperrima persona”, dichiara di venir continuamente importunata dagli esattori del Comune di Amelia, che le domandano il pagamento dell’imposta sul focolare “et propter eius paupertatem non possit resistere ad solvendum dictas dativas” ed a causa della sua povertà, non è in grado di far fronte a quanto richiestole. Domanda, quindi, che, “amore dey et intuitu pietatis”, le venga concessa la riduzione a metà dell’imposta (“nisi tantum pro medio focularj”). Le si concede. (2009)


22  -  Alla rubrica 67 del libro VI dello statuto di Amelia, redatto a cura del notaio Marco Colai sotto la data del 22  Luglio 1330, è previsto, letteralmente, che tutti i “tegularii” -fornaciai- che esercitano la loro arte in Amelia e suo distretto “teneantur et debeant facere tegulas et canales bene coctas, longitudinis et amplitudinis mensure sculte in pariete palatij populi et in porta Sancte Marie” siano tenuti a fare le tegole ed i canali ben cotti, della lunghezza e della larghezza che risultano scolpite sulla parete del palazzo del popolo e della Chiesa di S. Maria. Della prima, se ne sono perse le tracce, ma, della seconda, sita nell’attuale Piazza Marconi, queste sono tuttora ben visibili, scolpite sulla parete di travertino, posta al di sotto della loggia del banditore e misurano, rispettivamente, 66 e 37 cm.

A circa due secoli di distanza, il 22 Luglio 1528 Don Innocenzo Boccarini, Priore di S. Fermina, paga le pensioni arretrate e maturate sul Priorato ad Angelo Geraldini, in ragione di dodici ducati aurei da camera per ogni anno, così costui si era assicurata una buona rendita! (2014)


23 - S. Liborio. Il nostro illustre concittadino Pellegrino Carleni, legato dei Duchi di Gheldria, intervenuto, quale loro plenipotenziario, al trattato di Westfalia tenutosi nel 1645, soffrendo di acuti dolori di calcoli, ricorse all'intercessione di S. Liborio, vescovo della città di Mans, vissuto nel quarto secolo, in fama di potente intercessore per i malati di dolori nefritici e sepolto nella Cattedrale di Paderborn, in Westfalia. Ottenuta la guarigione, richiese a quel Capitolo alcune reliquie del Santo che, a sua cura, vennero recate in Amelia nel 1647 e solennemente collocate nella nostra Cattedrale, dove tuttora vengono conservate. (1996)


23 - Sotto la data del 23 Luglio 1518, "prima hora noctis", nella quale altro non v'era da sperare se non scandalo e discordia per la Città, il Consiglio si riunisce per cercare di sedare l'inimicizia sorta fra Stefano di Luca Cibj e Girolamo e Leonardo Olivieri, figli di Bartolomeo, in seguito all'assassinio da questi ultimi perpetrato di Cornacchia, fratello germano di Stefano (Cibj), avvenuto "in suburbio" il 31 Gennaio del precedente anno, con l'introdursi dolosamente in una sua stalla dove sapevano trovarsi la vittima e colpendolo "multis vulneribus", procurandogli molte ferite. Stefano, che meditava vendicare il fratello, "cum quinque aut sex armatis invasit domum ipsorumque obsedit": con cinque o sei armati, invase  e assediò la casa degli assassini, se non che le urla di una donna "clamans alta voce" che gridava a gran voce, avvertirono gli ignari dell'incombente pericolo, dando loro modo di salire sul tetto di casa ed ivi, "tegulis ac saxis se defenderunt" si difesero con lancio di tegole e sassi. Stefano, "animadvertens non successisse quod animo conceperat", accortosi di non poter porre in atto quanto aveva avuto in animo di fare, "cum suis domum proficiscitur", se ne partì con i suoi dalla casa degli Olivieri.

In consiglio il chiarissimo  "Medicus Doctor" Clementino de Clementinis propone che "illis qui sumpserunt arma statim exeant de Civitate sub pena furcarum" a coloro che presero le armi si ingiunga di lasciare la Città, sotto pena della forca e che nessuno osi dare ricetto agli sbanditi "sub eadem pena incurrendo", sotto comminatoria della stessa pena.

Nel consiglio generale convocato lo stesso giorno, Pietro Gentile di Pace, "vir consideratus" uomo prudente, propone che vengano demandate facoltà di comporre la vertenza fra il Cibo e gli Olivieri al Vescovo, al suo vicario e al Signor Antonino Mandosi. La proposta del Gentile "de pace componenda" di realizzare la pace fu approvata con 15 voti favorevoli e 7 contrari.

Sotto la stessa data -le disgrazie non vengono mai sole!- nelle riformanze risulta annotato un altro luttuoso avvenimento: "Homerus filius Bochi de Ameria ignorata causa nisi fuerit furor ac dementia" per motivi sconosciuti, se non per un improvviso raptus di follia, "summo mane decepta eius coniuge que insaniam ipsius animadvertens custodiebat ne quid sibi mali conservet" di prima mattina, sfuggito alla sorveglianza della moglie, che ne conosceva la debolezza di mente e lo aveva in custodia affinché non gli accadesse alcun male, "accepto funi ac ligno supra puteum posito in transverso per funem predictum se demisit in puteum" presa una fune e, posto di traverso al pozzo un pezzo di legno, con detta fune si gettò nello stesso. "Et hec finis fuit illius, nam in puteo mortus repertus est" e così finì il povero Omero, ritrovato morto impiccato nel pozzo. (2004)


23  -   Il 23 Luglio 1424 nelle riformanze risulta trascritto il breve, inviato da Gallicano, diocesi di Palestrina, il 18 Giugno precedente, da papa Martino V ed indirizzato a Francesco de Sabellis (Savelli), Rettore del Patrimonio, con il quale il pontefice lo esorta ad adoperarsi “quod Castrum Focis Ameliensis diocesis ad manus dilectorum filiorum Comunitatis Ameliensis perveniat” affinché il Castello di Foce -che si era ribellato ad Amelia- torni sotto la sua giurisdizione e che il tutto avvenga e sia lasciato “arbitrio discretionis et prudentie tue” secondo il beneplacito e la volontà discreta e prudente del Savelli.

Il successivo 5 Agosto, fra le tante spese straordinarie affrontate dal Comune per il recupero del Castello e sottoposte al consiglio per la loro approvazione, si legge:

“pro dono seu insenio facto in denarijs Magnifico domino Francisco de Sabellis Rectori Civitatis Amelie et plurium aliorum Civitatum, Terrarum pro Sancta Romana Ecclesia” per un donativo in denaro fatto al magnifico signore Francesco de Sabellis, Rettore della Città di Amelia e di molte altre città e terre soggette alla Chiesa di Roma, “pro bonis meritis” per i buoni uffici  da lui resi alla Comunità amerina e per quanto da lui affrontato (“pro labore passo per ipsum”) nella  riconsegna e reimmissione nel possesso del Castello di Foce da parte del Comune di Amelia (“in assignatione et inmissione possexionis castri Focis communi Amelie”), secondo il breve del papa “(juxta breve Sanctitatis d.n. pape”), affinché il Comune di Amelia non incorra nel vizio dell’ingratitudine (“ne comune Amelie uteretur ingratitudinis vitio”), si spesero “floreni centum auri” cento fiorini d’oro.

E, così, anche il Savelli ebbe il suo bravo tornaconto, nell’affare di Foce, a spese degli Amerini! (2009)


24 - Sono giunti i soldati spagnoli di Carlo V. Il 24 Luglio 1527 in una commissione cittadina composta da dodici membri eletti si dibatte “de militibus hispanis et allogiamentis distribuendis equaliter” circa un’equanime distribuzione del carico relativo al loro alloggiamento. Si propone “quod eligantur quatuor cives qui habeant negotiarj cum quatuor de istis Capitaneis hispanis ad distribuendum bucchas militum per domus equaliter secundum posse” che si eleggano quattro cittadini cui si dia facoltà di negoziare con altrettanti ufficiali spagnoli per un’equa distribuzione delle bocche dei soldati da sfamare presso famiglie locali, secondo la loro possibilità, “qui quidem quatuor cives habeant auctoritatem addendi vel minuendi bucchas et expendendi de pecunijs Communitatis si opus fuerit” dando autorità a quei quattro cittadini di aumentare o diminuire il carico delle presenze (bocche) e, se sarà necessario, di spendere i soldi della Comunità “et quicquid eis super hanc rem videbitur faciendum” e tutto ciò che sarà da essi giudicato da farsi circa tale problema, “cum eadem auctoritate quam habet xij numerum” avrà la stessa autorità che se fosse stato deliberato dalla detta commissione dei dodici.

Intanto, il cancelliere e notaio Lucangelo de Palmis “de Malliano” “discesserit propter timorem militum” lascia il suo incarico per paura dei soldati. A far tempo dal successivo 31 Luglio, il pavido Lucangelo verrà rimpiazzato da Angelo de Filijs di Cesi. (2008)


24  -   Nel consiglio generale del 24 Luglio 1476, fra l’altro, si cerca di far fronte alle spese che il Comune ha incontrato in occasione della venuta in Amelia del papa Sisto IV e del suo seguito, che ascendono “ad summam et quantitatem ducatorum quadringentorum vel circha, de quibus ducenti et viginti cum interesse restituendi sint et restitui debent Jacobo Spinj mercatori florentino” alla somma e quantità di circa 400 ducati, dei quali 220 debbono venir restituiti, con i relativi interessi, al banchiere fiorentino Giacomo Spini.

A proposito dei banchieri fiorentini, questi erano venuti in Città in gran numero, soprattutto in occasione della venuta di papa Sisto e nelle riformanze del giorno innanzi 23, v’è memoria che “per Civitatem multi murmurant et male dicunt de quibusdam insultibus et aggressionibus et rixis factis adversus et cum quibusdam florentinis bancherijs commorantibus in Civitate Amerie” per la Città molti rumoreggiavano e parlavano di insulti, aggressioni e risse avute con alcuni banchieri fiorentini abitanti in Amelia. In seguito  a ciò, erano stati arrestati due forestieri che avevano dato inizio ai disordini e due chierici, che si diceva fossero intervenuti ed avessero spalleggiato le risse e che dovevano venir denunziati alle autorità ecclesiastiche, per i provveimenti necessari. Si era proposto di dare espresso incarico al podestà di indagare e punire i responsabili dei disordini, rendendosi esattamente conto di come,  quando e perché si fossero verificati.  Erano emerse testimonianze che alcuni giovani delle famiglie dei banchieri fiorentini erano andati armati notte tempo per la Città. D’altronde, era necessario agire con la massima prudenza e circospezione, in quanto detti banchieri, venuti alla sequela del papa, “sint famosissimi et noti et honorati per universum orbem terrarum et non solum per italiam sed per omnes et singulas provincias etiam infidelium et maxime Mercatores banchi Medicorum” erano assai famosi, noti ed onorati in tutto il mondo conosciuto e non solo in Italia ma in ogni paese ed anche fra gl’infedeli e, al massimo grado, quelli che operavano nei banchi medicei. (2009)


24  - Sotto la data del 24 Luglio 1536 nelle riformaze risulta trascritta la lettera “patente” inviata dal Legato Pontificio di Perugia e dell’Umbria Marino Grimani, Cardinale di S. Marcello, Patriarca di Aquileia etc. etc. scritta il 18 precedente e così concepita:

“Ad Voi tuctj et singuli Governatorj, Locutenentj, Commissarij, Potestà, Officiali, Antianj, Priorj, defensori, massarij, sindyci et università de tucte le Città, Terre, lochj, Castellj, et Ville sugepte ad N. S. (il papa) tanto quelle de la nostra Legatione come etiam (anche) for de la Legatione et Jurisdictione nostra per vigore (in forza) del Commissariato datoce da S. S.tà per suo breve salutem et obedientiam jn commissis (auspichiamo salute ed obbedienza in quanto comandato); occurrendocj per servitio de N. S. et nostro et per cose importantj ad S. S.tà et alla sedia apostolica valercj de gente, vittuaglie, guastarolj (guastatori), artigliarie, munitionj et altre cose necessarie ad expedire quanto havemo commesso ad Messer Ludovico Braccio da Lodj nostro Cammerierj secreto, havemo electo et deputato in nostro Commissario il predecto Messer Ludovico con amplissima auctorità et facultà de commandare gente, victuaglia, guastarolj, artigliarie, munitionj condurre et allogiare (ahi!) et altre cose necessarie et oportune ala commissione hauta da noi. Però (quindi) per tenor de la presente vi commettemo et commandamo che al decto nostro commissario debiate dare obedientia quanto ala persona nostra propria et exequire tucte quelle cose che da luj ve serranno ordinate et commandate, sotto pena, quanto ad Communitates (per le Comunità), de rebellione et ammissione (omissione, perdita) de tutte gratie, Jmmunità, Privilegij, Exemptionj, feudi et anchora de doi milia ducatj doro, da applicarse ala Camera apostolica; quanto ad particulari (per le singole persone), de la medesima (pena di) rebellione et de millj ducatj similj (d’oro), da applicarse come de sopra (è stato detto). Jn quorum fide, etc. (In fede di ciò). Datum Perusie die 18 Julij 1536”.

A distanza di oltre due secoli e mezzo, nel consiglio dei X del 24 Luglio 1794 vengono, fra l’altro trattati i seguenti argomenti:

“Fin dal prossimo passato mese di Febraro del corrente anno 1794 è stato formato processo d’Inquisizione contro gl’omini di Macchie per l’incisione fatta degli alberi fruttiferi d’elci nelle due Bandite di Cellarone e Ficarella, di proprietà spettante a questa Comunità e dopo esserne fatte fare due stime nelle quali asseriscono i stimatori esser stati tagliati n. 198 alberi fruttiferi e rinvenuti i Rei di tal taglio, furno questi intimati a pagare il danno e la pena da medesimi, in termine di detta intimazione, … con haver portata la causa in Roma, ove si stanno presentemente questionando le raggioni  di una parte e l’altra; che perciò si domanda alle S.rie Loro Ill.me se debba questa continuarsi per garantire i diritti e raggioni di questa nostra Comunità”. Carlo Petrucci così si pronuncia: “Sono di sentimento che si difendino i diritti di questa nostra Comunità sopra l’incisione fatta da’ Macchianesi degli alberi fruttiferi nelle due Bandite di Cellarone e Ficarella e si proseguisca la lite in Roma”. La proposta del Petrucci viene approvata con 15 voti a favore e soltanto uno contrario. A quel tempo, almeno, l’amministrazione pubblica si sentiva in dovere di proteggere e difendere la vegetazione arborea del nostro territorio!

Nello stesso Consiglio viene anche esaminata la seguente singolare istanza:

“Ignazio Meifrot, primo Trombetta di questa Ill.ma Comunità, implora alle S.rie Loro Ill.me la grazia di concedergli li scudi quindici rilasciati (detratti) della sua paga per un Professore di Violino, molto più che questi non è stato da questa Comunità eletto, come dal di lui Memoriale, che da me Segretario si legge alle S.rie Loro Ill.me”. In proposito, Luigi Petrarca propone: “Sono di sentimento che al sudetto Ignazio Meifrot primo Trombetta sia (liquidata) l’intiera paga di scudi sessanta e questa da principiare il primo del prossimo futuro mese di Settembre e con l’obligo, per altro, che debba fare due allievi del sono della Tromba gratis”. La proposta viene approvata. Si vede che un violinista equivaleva a due trombettieri! (2012)


25 - Viene spedita dalla Polizia Distrettuale di Terni al Gonfaloniere di Amelia una circolare datata 25 Luglio 1817, del seguente tenore:

“Informata la Divisione Generale di Polizia di Roma, che in varj luoghi le guardie campestri si permettono la questua de’ generi nelle rispettive raccolte per ragione della vigilanza, che tengono su i campi, malgrado ch’esse vengano stipendiate per questo titolo, m’impone di far cessare siffatto presente abuso e di assoggettarne i contraventori ad un esemplare conveniente castigo. Si compiacerà pertanto V.S. di comunicare questo avvertimento a tutti i Gonfalonieri del di lei distretto, ingiungendo loro di parteciparlo a ciascuna delle guardie campestri delle rispetive comuni, e di denunciare quelle fra esse che fin qui si fossero permesse delle questue, e molto più coloro, che continuassero mai nell’abuso, dopo il presente avviso”. (2000)


25 - Agli Anziani di Amelia il 25 Luglio 1405 venne presentata da tale Angela di Sambucetole e da sua madre Giovanna una supplica per ottenere la cancellazione di una pena pecuniaria conseguente ad un processo penale, consistente, per la figlia, nel pagamento di 50 fiorini d'oro e, per la madre, di 250 libre di denari, adducendo la estrema loro povertà, che non aveva neppure concesso ad esse di difendersi nel detto processo contro di loro intentato, la cui sentenza di condanna era stata già cassata da Giovannello Tomacelli, allora molto potente in Amelia, quale fratello del papa Innocenzo IX, cui le due donne avevano interposto una supplica.

Qual'era la causa di una così pesante condanna e cos'era in realtà avvenuto?

Il fatto risaliva all'aprile del 1404. 

Adducendo il motivo -piuttosto labile, in verità- dell'estrema povertà del marito di Angela, sposata ad un Bortoluzzi di Amelia, la di lei madre le suggerì di sbarazzarsi di esso, per potersi poi risposare con un benestante che lei le avrebbe fatto incontrare.

Fattasi convincere dai pessimi suggerimenti materni, Angela disse allo sposo che sua suocera lo pregava di comprarle un bolognino d'arsenico, che doveva servire a suo cognato per uccidere i topi che gl'infestavano la casa.

Il marito eseguì l'acquisto ed Angela confezionò una frittella e vi mise dentro il veleno. Appoggiò la frittella sopra una panca, poi disse al marito che aveva preparato due frittelle con erbe molto salutari, delle quali una l'aveva  già mangiata lei e l'altra l'aveva lasciata per lui.  Ma il marito, anziché la frittella, "mangiò la foglia". Ne seguì una denunzia e venne aperta un'inchiesta, che si concluse, come sopra detto, con la condanna delle imputate. (2001)


25 -  Intorno alla metà del XV secolo erano frequenti in Amelia sommosse fomentate da alcuni nobili, in particolare dai Chiaravallesi. Di una di queste, sedata forse con spargimento di sangue, si ha memoria nella richiesta, da parte del Commissario papale Stefano de Nardinis, da Forlì, che, in data 25 Luglio 1450, nel palazzo anzianale, presenti il Podestà, gli Anziani et "magna cum multitudine", ordina che, "sedata quadam hominum alteratione", cioè essendo stata appena repressa una ribellione, "hodie nunc banniatur et precipiatur in locis publicis" si bandisca lo stesso giorno nei luoghi pubblici e si renda noto che "nemo deferat arma" nessuno rechi con sé armi, se non espressamente autorizzato "et nulla fiat cohadunatio in aliquo loco" e non si facciano assembramenti non approvati e consentiti dalle autorità; e ciò, "ad penam capitis et confiscationis bonorum" sotto comminatoria della pena capitale e della confisca dei beni; il tutto "pro conservatione status pacifici popularis dicte Civitatis" allo scopo di conservare lo stato pacifico popolare della Città. (2004)


25  -  Sul priodico “AMERIA” del 25 Luglio 1897 vennero pubblicati i nomi degli alunni promossi agli esami di licenza per le Scuole Tecniche di Amelia, dei quali si fornisce l’elenco:

“Esami di licenza - Promossi: Canali Ampelio, Petrignani Agnese, Piacentini Gustavo, Sandri Elisa.

“1° e 2° corso - Promossi: Barberini Antonio, Lelli Augusto, Pezzini Giangiacomo.

“1^ e 2^ Classe ginnasiale - Promossi: Morelli Ulisse, Rosa Corrado, Tinarelli Guido.

“Esami d’ammissione - Promossi: Casetti Luigi, Cerasi Ermenegildo, Deangelis Remigio, Guazzaroni Teresa, Menghini Antenore, Pacifici Corinna, Petrignani Giuseppa, Petrarca Goffredo”.

Può darsi che qualche Lettore riconosca fra i nomi sopra riportati qualche suo lontano parente. (2009)


25  -  Il 25 Luglio 1328, sotto il consueto assillo “unde habetur pecunia pro satisfatiendo debita communis”  dove trovare i soldi necessari a pagare i debiti del Comune, gli Anziani Angelo di Andrea, Lello Crissi, Boccarino e Angelozio Andreuzzi, Vannuccio Bozzi e Pietro di Cagno “deliberaverunt et ordinaverunt quod date necessarie exigantur et exigi debeant per fratrem Nicolam Bomaynardi de Tuderto camerarium communis et me cancellerium communis, videlicet date dudum imposite per catastum et per caput hominis pro custodia Civitatis que nondum commisse fuerunt” deliberarono ed ordinarono che venissero riscosse, da parte di Frate (!) Nicola Bomaynardi di Todi, Camerario del Comune e dal verbalizzante cancelliere comunale, tutte le necessarie tasse, cioè quelle già imposte da tempo in base al catasto e “pro capite”, cioè per singola persona, per la custodia della Città, che non fossero ancora state disposte “et habeant pro eorum labore” e, per compenso della loro opera, abbiano “quartam partem” la quarta parte “de omnibus denarijs qui pro eorum exactionibus pervenerunt in Communi” di quanto, per le dette riscossioni, sarà entrato nelle casse comunali.

Con un frate quale Camerario, c’era da sperare che, per ogni pagamento, se ne potesse ricevere almeno una benedizione!

Stessi giorno e mese, a distanza di ben 164 anni, cioè il 25 Luglio 1492, nelle riformanze risulta trascritta questa laconica annotazione: “Renuntiatum est hora quinta noctis dicti diej et mercurij dictorum mensium et anni Jnnocentium pontificem maximum obijsse” E’ stato annunziato che a cinque ore di notte di detto giorno di mercoledì dei detti mese ed anno, è morto Innocenzo (VIII) pontefice massimo. (2010)


25  -  Nel consiglio decemvirale del 25 Luglio 1467 occorre, fra l’altro, approvare molte spese straordinarie, non previste dal bilancio, fatte in diverse occasioni, fra le quali figurano:

-Per la venuta del Governatore di Todi, Vescovo di Parenzo e Commissario “in causa vertente jnter Tudertinos et Amerinos” nella causa esistente fra Todi ed Amelia, “pro honore facto” per l’accoglienza onorifica fattagli in Amelia e nel suo ritiro nel Castello di Collicello, ai provveditori Ser Alberto di ser Nicolò di Luca ed Arcangelo di Bartoccio, nominati “in rebus necessarijs” per quanto potesse essere occorso in tale occasione -che viene specificato “de pane, vino, carnibus tam recentibus quam salatis, pollastris, ovis, uva passa, spetijs, confecturibus, crapitto, agnis, straminibus, blada, candelis, caseo” in pane, vino, carni fresche e salate, pollastri, uova, uva passa, spezie, confetture, un capretto, agnelli, paglia, biada, candele e formaggio- “in totum omnibus computatis” tutto compreso, vengono pagate quarantasette libre, un soldo e tre denari e, per il loro corrispettivo, una libra e mezza.

Nello stesso elenco di spese, risulta annotato un altro pagamento effettuato a Marcone di Pietro, “destinato Narneam cum eius mulo” inviato a Narni con il suo mulo a portare un dono (“ensenio”), omaggio della Città di Amelia, al Cardinale di Spoleto, consistente in “pollastris, paparis, prisuctis, cera, vino in octo flaschis” pollastri, oche, prosciutti, cera e otto fiaschi di vino, per un importo complessivo di ulteriori libre 42, 16 soldi e 3 denari.

Ma di quale robusto appetito dovevano essere dotati quegli alti prelati!

Nello stesso consiglio si esamina il caso di alcune donne di Porchiano, precisamente: Caterina, vedova di Marco Piciucchi, Petrucciola, moglie di Giovanni di Marco, Fermina, moglie di Taulaccio, Perna, moglie di Benedetto Cusicchia, Giovanna, vedova di Matteo Pizzichelli e Virtuosa, moglie di Stefano Malluzzi, tutte condannate circa nove anni prima per un reato non meglio precisato, ma, con molta probabilità, per una rissa sorta fra di loro. Poiché agli atti risulta che Caterina, Petrucciola, Fermina e Perna abbiano pagato un’ammenda di sette ducati, si chiede che venga cassato il procedimento a loro carico. Nel maggior consiglio del giorno seguente, si delibera che le quattro nominate paghino un altro ducato e due ducati vengano soddisfatti da donna Virtuosa e che il processo a carico di tutte venga cassato. Nulla è detto di donna Giovanna: che se la sia cavata dal buco della berretta?

A poco più di mezzo secolo di distanza, il 25 Luglio 1528, nel consiglio speciale ci si interessa della tutela delle piante da frutto, esposte a predazione nel periodo estivo. “Fiunt multa damna ad fructus tam per Advenas quam alios. Providendum esset” Vengono recati molti danni alle frutta, sia da parte di forestieri, che di altri: si dovrebbe fare quanto necessario. Si propone di adottare drastici provvedimenti: “expellantur omnes forenses ... et quod eligantur  octo aut decem homines ad ipsos expellendos” si espellano tutti i forestieri e si eleggano otto o dieci persone per provvedervi “et inventi damnum dare quod possint verberari impune a dominis  et laboratoribus possessionum” e i rinvenuti a far danno possanno venir percossi impunemente dai proprietari e dai lavoratori dei terreni interessati “et similiter quod jnventi dare damnum ponatur ad catenam” e possanno altresì esser messi alla gogna in catene “et si postquam fuerint licentiati redirent, quod domini possessionum aut domorum incidant in penam decem ducatorum si eos retinuerint” e se gli scacciati dovessero tornare, coloro che dessero loro ricetto paghino dieci ducati di pena. Si propone, inoltre, “quod solummodo una porta stet aperta et quod eligantur quolibet die quatuor aut quinque homines qui custodiant dictam portam” che si tenga aperta una sola porta della Città e vengano elette quattro o cinque persone ogni giorno per la sua custodia, formando una lista di individui da destinarvi a rotazione. (2011)


25  -  Il 25 Luglio 1516 Mastro Gerolamo di Giuliano, di Borgo San Sepolcro, promette e pattuisce di costruire l’organo della Chiesa di S. Agostino e di eseguire il lavoro in Amelia, a sue spese. I religiosi convengono di dargli il vecchio organo a canne ed, inoltre, quaranta ducati d’oro, alloggio e vitto per lui e suoi inservienti. L’atto è redatto dal notaio Francesco Cristofori, in occasione del quale i frati sborsano la caparra di dodici ducati di camera.

Dopo trentaquattro anni, il notaio Moricone Cerichelli è chiamato il 25 Luglio 1550 al capezzale di Donna Giacoma, moglie di un Clementini, malata, “tertia hora noctis” all’ora terza di notte, per fare testamento, il quale viene redatto “accensis septem luminibus” alla luce di sette candele (né una più, né una meno: precisione di notaio!). (2014)


26 - Nella pergamena n.54 conservata presso l'archivio storico del Comune di Amelia è verbalizzato il processo -inquisitio- che il "sapientem et discretum virum dominum Angelum de la Greca de Urbeveteri judicem et assessorem reverendi patris et domini domini Guictonis dei gratia Urbevetani episcopi in patrimonio beati Petri in Tuscia" Angelo de la Greca, di Orvieto, giudice ed assessore del vescovo orvietano Guittone istruì il 26 Luglio 1323, a richiesta "domini Montanari rectoris Ecclesie Sancti Pauli" del rettore della chiesa di San Paolo di Lugnano, soggetta alla diocesi di Amelia, "contra et adversus Comune, Universitatem et homines civitatis Amelia", cioè contro l'intera comunità di Amelia, in merito all'accusa ad essa mossa che "auxu et temerario spiritu superbie motu, deum pre oculis non habendo" con animo mosso da temeraria superbia, dimenticando la divina giustizia, "hostiliter equester et pedester", con ostilità e muovendosi con truppe a piedi ed a cavallo, "vexillis explicatis per vim et violentiam" a bandiere spiegate e con violenza "accesserunt et cavalcatam fecerunt in districtum Castri Lungnani patrimonii antedicti et poxessiones et bona dicte ecclesie sancti Pauli" aggredirono ed invasero facendo cavalcata nelle terre del Patrimonio e nelle possessioni della Chiesa di San Paolo "et blada et segetes hominum et personarum dicti castri Lungnani ac domini Montanarij rectoris ecclesie sancti Pauli meterunt et meti fecerunt et pro parte ingne combuxerunt et ipsum bladum seu blada sic messa portaverunt et secum reduxerunt ad dictam civitatem Amelie" e le messi dei lugnanesi e del rettore della Chiesa di S. Paolo mieterono ed in parte incendiarono ed in parte portarono in Amelia, "in invictuperium dicti domini rectoris dampna et dedecus et iacturam predictorum dominorum et personarum castri Lungnani et domini Montanarii" con grave offesa per il rettore e con danno, obbrobrio e jattura dei Lugnanesi e dello stesso Rettore, "propter quam combustionem et exportationem dictus dominus Montanarius passus est damna centum -altrove è scritto 200- raseriorum grani et ultra" e per detti incendio ed asportazione il povero rettore Montanari subì un danno di cento (o duecento) e più raserii di grano.

Il raserio doveva, in Umbria, avere la capacità di un terzo del rubbio assisano, cioè circa 70 chilogrammi. (2005)


26 - Il 26 Luglio 1750, in riunione consiliare, Prospero Cansacchi “consulendo dixit”:

“Vedendo con esperienza che in ogni rinnovazione del nostro bussolo nascono mille controversie, liti e ricorsi in Sagra Consulta, non solo con disperdersi le parti, ma ancora con lacerarsi fra esse nel rinvenire antiche et ignominiose geneologie, che producono poi odij, rancori e disenzioni, con pericolo di gravissimi inconvenienti, come è succeduto altre volte, onde, per la pace della nostra Patria, sarei di parere di supplicare  la Sagra Consulta volerci permettere una riduzione de luoghi (posti) sì di Nobili, che di Cittadini ad un minor numero che si stimarà proficuo al ben comune e mi  muovo a far questa mia arringa per i seguenti motivi. Primo, perché il numero di sessanta Nobili e venti Cittadini non si trova prefisso né dallo statuto, né da altra legge municipale, ma più tosto pare sia stato ne’ tempi andati nel arbitrio delli Imbussolatori ... 2° perché il nostro statuto, che fu riformato e compilato nel 1440 in circa (è del 1441) in tal tempo si ammettevano alla Cittadinanza anche quelli del distretto della Città ... ma ne’ nostri tempi questi distrettuali non vi sono più come prima, perché  la nostra Città non possiede più quei luoghi che godeva una volta, come erano Giove et altri luoghi nella Teverina, essendole rimasti li soli sette Castelli mezzi diruti, habitati da famiglie miserabili, solo atte a lavorar la terra, far legna e carbone ... Li soggetti da rimpiazzare i luoghi (posti) vacanti o de Nobili o de Cittadini si riducono alle sole famiglie che sono dentro la Città, la quale essendo di soli 600 fuochi in circa, si rende impossibile trovar 60 famiglie nobili e 20 de Cittadini che possino sostenere il decoro de loro gradi e perciò puole ogn’uno di noi considerare che ne’ futuri Bussoli, converrà aggregarvi  Artegiani e Plebei, e dio sa di quali conditioni personali, da metter de’ bisbigli e confusioni ne’ Consegli. 3°, perché una tal riduzzione non puol recar verun pregiudizio né diminuire il solito numero de voti che sono necessarj nelli Consegli e pallottazioni. Onde per tutti questi motivi sarei di parere di supplicare la Sagra Consulta per detta riduzzione”.

La proposta del Cansacchi viene approvata all’unanimità, “nemine discrepante”.

E’ appena il caso di notare che, mentre gli statuti amerini del 1330, del 1346 e del 1441 erano “de Populo”, all’epoca in cui il Cansacchi fece la sua relazione, l’amministrazione della cosa pubblica era -almeno per la maggior parte-  in mano alla nobiltà. (2008)


26  -   Il 26 Luglio 1328 vengono eletti dagli Anziani otto cittadini “ad providendum unde habetur pecunia in communi pro satisfactione debitorum communis” per studiare qualche sistema per far pervenire nelle casse comunali i denari necessari al pagamento dei debiti contratti dal Comune “nec non ad providendum quid solvere debeant comitatinj et alij homines habentes bestias” nonché a decidere circa quanto dovuto dai contadini e da quelli che possiedono delle bestie; in parole povere, si tratta di istituire una vera e propria tassa sul bestiame. Gl’incaricati alla bisogna sono Paolo Paoluzzi, Enrico di Pietro, Mastro Bartolomeo, Colozio Guidi, Petrignano Grazie, Sonno Fisonni, Cello Cacciaguerra e Jucolo di Giovanni. Lo steso giorno, vengono rese note le aliquote della tassa, nel modo che segue: per ciascun bove, 5 soldi; per ogni somaro, giumenta o mulo, 5 soldi; per ogni capra o becco, 12 denari; per ogni porco o scrofa, 12 denari; per ciascuna pecora, 6 denari. Quando si tratta di imporre balzelli, non si perde tempo!

Sotto la stessa data si delibera, da parte degli Anziani, “quod offitium dampnorum datorum hinc ad unum annum sit cassum et pro casso habitum” che l’ufficio dei danni dati, cioè la magistratura che era preposta all’accertamento e liquidazione dei danneggiamenti arrecati, venga soppresso per la durata di un anno e, quindi, in detto periodo, la competenza relativa passi al podestà (“coram offitio domini potestatis”). Forse un simile provvedimento era suggerito dalla esigenza di risparmiare, tagliando via qualche stipendio! (2009)


26  -  Nel maggior consiglio del 26 Luglio 1489 si deve decidere “quid agendum sit cum preter ritum et honestatem et jus presens Vicarius Dominj Episcopi Amerinj velit absolvere Clerum Amerinum a gabellis de fructibus  bonorum patrimonij” che provvedimento adottare poiché, contro ogni costumanza, onestà e diritto, il presente Vicario del Vescovo di Amelia vorebbe esimere il Clero locale dal pagamento delle gabelle sui frutti dei beni del patrimonio “et propterea iam cepit excomunicare Valentinum Andree” ed inoltre, è giunto a voler scomunicare Valentino di Andrea (probabilmente l’incaricato dell’esazione) “et sit contra Gabellarios ... productus libellus, quod turpe et damnosum est” e sia stata prodotta contro i gabellieri una denuncia, il che è da considerare turpe e dannoso. Si propone che il Comune difenda a sue spese tanto se stesso, quanto il detto Valentino contro le pretese del Vicario, si scriva nuovamente al Vescovo, “quod mandet Clero ut ab his litibus desistat” che imponga al Clero di desistere da tali pretese ed, in caso negativo, “notificetur S.mo D. N. et R.mis D.nis Cardinalibus” si rendano partecipi del caso tanto lo stesso papa, che i Cardinali. Si stabilisce, infine, “quod pro Communis honore, publice rej sumptibus causam ipsam cum Clero ad finem usque et ultimam sententiam defendatur” che, per l’onorabilità della Comunità, a proprie spese questa si difenda nella controversia con il Clero, fino all’emanazione della sentenza definitiva e, per avere maggiore disponibilità di denaro, “quia inops est”, mancando di risorse finanziarie, “omnes elemosine palij et cerej et alia que dantur a Comunitate Ecclesie Sancte Firmine et alijs Ecclesijs” i denari per tutte le elemosine per pallii e cera che la Comunità solitamente elargisce alla Chiesa di S.Fermina ed alle altre chiese, “distribuantur pro defensione dicte cause” vengano destinati per la difesa della stessa nella citata causa; inoltre, “quicumque de cetero aliquod damnum intulerit cum bestijs aut sine in illis agris de quorum fructibus non solventur aut solvj recusatur gabella, non obligetur ad solutionem alicuius pene” chi avrà procurato, con bestie o senza, danno nei raccolti di quei terreni per i quali non viene pagata o si neghi il pagamento della relativa gabella, non potrà venir sottoposto ad alcuna sanzione; infine, “quicumque coluerit agros aut possessiones de quibus aut de eorum fructibus gabella non solvatur, teneatur omnino solvere unum carlenum pro qualibet salma frumenti et bononenos quinque pro qualibet salma vinj” chiunque avrà coltivato terreni per i quali non viene pagata la gabella sugli stessi o sui raccolti, sarà obbligato a pagare, senza eccezioni, un carlino per ogni salma di frumento e cinque bolognini per ogni salma di vino “et qui executionem in his faciet quartam partem dicte quantitatis lucretur” e l’ufficiale procedente lucrerà la quarta parte di quanto ricavato; “neve quis de ignorantia se excuset omnia predicta a tubicine per loca solita praeconantur” e affinché nessuno possa invocare l’ignoranza di tali provvedimenti, questi dovranno venir divulgati nei luoghi pubblici dal banditore, “sed quia plus est in filios omni patri benignitate uti” ma poiché è dovere di ogni padre usare benevolenza verso i figli, gli Anziani, da buoni padri, “colloquiantur idonee cum Canonicis et Clero quos hortentur ut a judicio et lite cessent, fiat etiam collocutio cum ipsis seorsum et cum singulis separate” abbiano idonei abboccamenti con i canonici e con il clero, esortandoli a desistere dalla lite ed abbiano con  ciascuno di essi colloqui in separata sede e prendano nota di ognuno “qui a controversia desisti vult aut illam prosequi, ut bonj communis filij et amatores discernantur a malis” che vuole desistere dalla controversia oppure proseguire nella stessa, affinché i buoni figli ossequiosi ed amanti della Comunità siano discriminati dai malvagi.

Nello stesso consiglio si esamina anche la supplica presentata “dal vostro fidelissimo servitore Christophoro Albanese exponente essere condennato  per la corte del presente potestà in ducati cinquanta doro per casione de havere ferito uno Federico da Capua nel flancho (fianco) con sangue, con loquale ha (avuta) bona pace, unde supplica ale V. M. S. che attenta la sua povertà et miseria non possidendo né havendo alcuna cosa, li vogliano remectere dicta condennatione et farli gratia ad cio possa retornare ad habitare in Amelia, offerendose prompto sempre in beneficio de la Comunità et che (e anche se che ciò) advenga sia consueto, da la vostra ciptà de particulare gratia el recepirà”. Si decide che, “ratione paupertatis cum sit externus et cum peregrino rixatus fuerit” a causa della sua povertà, essendo straniero ed avendo avuto rissa con un forestiero, “cum solverit Communi ducatos tres” dopo aver pagato tre ducati al Comune “ab omni reliqua pena sit liber” sia sciolto da ogni residuo debito. (2010)


26  -  Occorre provvedere ad eseguire dei lavori sul muro di contenimento del Lago Vecchio. Vengono, quindi contattati Cecco di Pasquale e Stefano di Giacomo di Peio per la relativa esecuzione. Costoro, presa visione di quanto occorre in merito, presentano, per la loro approvazione, alcuni capitoli circa la loro esecuzione. Se ne trascrive parte del contenuto, come risulta riportato nelle riformanze.

“In Nomine domini Amen. Capitoli facti et domandati  per Ceccho de pasquale et Stefano de Jacomo de peio et loro compagni al communo damelia et veduti et refacti per lomini electi per lu cummuno A cio dio conceda gratia al dicto communo et ad ipsi edificatori possano iusta el desiderio et volontà loro edeficare (sic) nel muro dellacho vecchio per potere adunare et conservare lacqua per potere abundantemente cola dicta acqua macenare et valchare et altri exercitij utili ala dicta communità et ad ipsi edificatori fare.

“Jn prima ademandano ipsi Ceccho et Stefano edeficatori del muro novo, da farese nel muro dellacho vecchio, potere ipsi o altri per issi nel dicto muro dellacho vecchio edificare in alto  et ingrosseza tanto quanto ad ipsi piacerà. Et che anullo sia licito per nullo tempo potere edificare né refare molino né valchere, dal ponte dellacho fino ad santa maria in canale excepto ad ipsi edificanti aliquali lisia licito edificare  le dicta Molina et valchere et altri edifitij (che) ipsi ce volessero fare. Et la dicta acqua del dicto muro dellacho vecchio ipsi possano apilare, o spilare tante volte quante volte adipsi piacerà.

“Jtem che ad ipsi edificanti sia licito con bestie et senza bestie andare denturno ala dicta acqua tanto per lavorativo tanto per selvato senza alcuna pena ... 

“Jtem che ad ipsi Ceccho et Stefano edificatori predicti et alloro compagni sia licito tagliare le rame per fornacchie per calcina et per ponti da murare et similmente cavare prete (pietre) per edefitio et per fornacchie in ogne loco et dove ad ipsi piacesse in quello del communo, et in quello de spetiale persone siano tenuti a demandare licentia et besognando con ipsi patroni alcuno accordo, lo communo debbia sovenire per le dicte prete et le(g)name et questo senza alcuna pena ad ipsi edificanti.

 “Jtem demandano et vogliono ipsi edificanti che se per alcuno modo né per alcuno tempo per casione delidicti edefitij da farse lacqua facesse ad alcuna persona alcuno dampno nele possessioni o edefitij o in altre cose, ipsi non siano tenuti ad alcuna pena né dampno ...

“Jtem demandano che ad ipsi edificanti né alloro compagni non siano tenuti pagare alcuna jmpositione in communo de fructo (che) ipsi cavassero dela dicta acqua per loro jngenio, excepto el macenato.

“Jtem demandano ipsi edificatori che anullo sia licito ... cavare lacqua del suo corso nel dicto fossato cioè non possano fare novo molino né valchere né altro edefitio, quale fosse dampno ad ipsi edificatori.

“Jtem demandano che per lu Communo li sedebbia fare agiuto ad ipsi edificaturi de tremilia some de puzulana cio è caregiarla alloco dove sta el calcinaro.

“Jtem demandano che deli dicti capituli sene faccia publico jnstrumento ad voluntà del communo et de ipsi edificaturi, cola sustantia de quisti suprascripti capituli et lu dicto istromento se faccia confermare per lu R.mo nostro governatore, accioche per litempi sia più valido”.

Nel maggior consiglio del 26 Luglio 1467, si decide che “actento quod dicta Capitula ut supra producta sunt per dominos Antianos et Cives electos et deputatos bene revisa et regulata” poiché i capitoli sopra presentati sono stati ben riveduti e considerati dagli Anziani e dai cittadini a ciò eletti e deputati, per autorità del consiglio, “ipsa capitula admictantur  prout iacent de verbo ad verbum et dictis Ceccho et Stefano fiat prout in eis apparet et continetur” i detti capitoli siano approvati alla lettera e si conceda a Cecco e Stefano quanto negli stessi si contiene. (2011)


26  -  Il 26 Luglio 1329 “quod cum occasione carististie (sic) aliquis suffitiens ad regimen venire recusat” poiché, a causa della carestia, nessuno è disposto ad assumere il regime della città, si delibera che, “pro habendo bonum rectorem, dentur C. libras cortonenses ultra salarium solitum” per avere un buon amministratore, gli si aumenti lo stipendio di altre cento libre cortonesi ed, all’uopo, si scriva al protettore della Città Stefano Colonna, che ci metta una buona parola e, perché si mostri maggiormente convincente, gli s’inviino 25 fiorini d’oro! (2014)


27 - Negli "Officia Propria Sanctorum", pubblicati a cura del Vescovo amerino Fortunato Maria Pinchetti nell'anno 1815, il 27 luglio veniva solennemente celebrata la festa di S. Cristoforo, indicato quale patrono minore di Amelia. (1996)


27 - Secondo una incisione a stampa della seconda metà del XVIII° secolo, il 27 Luglio 1350 morì, in Amelia, la Beata Lucia Bufalari, suora mantellata dell’Ordine di S. Agostino. 

L’urna lignea, di epoca barocca, che ne conservava il corpo incorrotto, è tuttora esposta a destra dell’altare maggiore della Chiesa di S. Agostino. Da essa, il 26 Aprile 1925 il Corpo della Beata, dopo la sua ricognizione fatta dal Vescovo F.M. Berti due giorni innanzi, venne solennemente prelevato e traslato nella Chiesa di S. Monaca, dove fu collocato in una nuova, artistica urna. (1997 e 2006)


27 - Dinanzi a Consiglio anzianale del 27 Luglio 1617 comparve “D.nus Curtius Buccaleo”, maceratese, che esibì lettera patente dell’Ill.mo e Rev.mo Cardinale Borghese, di presentazione e proposta della sua persona “ad gubernum huius civitatis”, cioè come Governatore. Chiese, pertanto, di essere  ammesso all’alto incarico.

Gli Anziani, “visis et auditis dictis licteris”, presa visione della detta lettera, accolsero il Boccaleone al governo richiesto, per riverenza all’illustre presentatore, dopo avergli fatto prestare la fidejussione di rito e coll’impegno di far osservare la solita procedura, compresa quella che gl’imponeva, a fine mandato, di sottoporsi al sindacato e di offrire i consueti donativi della tazza argentea e della balestra agli Anziani, di un palio e dei ceri dovuti alla Chiesa, etc. (2000)


27 - Il 27 Luglio 1473 il Podestà Pietro Paolo Berti di Perugia e gli Anziani del popolo, onde evitare il contagio della peste che si teme possa manifestarsi nel territorio, dànno ordine  che qualsiasi epirota o albanese -certamente del numero degli immigrati nel Castello di Sambucetole- che fosse giunto in Amelia da tre giorni, lasci la Città nel termine di tre ore, sotto la comminatoria della tortura da applicarsi, tramite dieci colpi d'aculeo, sia a loro che ad eventuali persone che dessero loro ricetto. (2001)


27 - Il 27 Luglio 1350 moriva la Beata Lucia Bufalari "Amerina Virgo Mantellata ex Ordine S. Augustini", come leggesi in una piccola incisione a stampa settecentesca (cm. 8 x 25), nella quale si precisa, altresì: "cuius Corpus adhuc incorruptum a Populo magna in Veneratione habetur", il cui corpo tuttora incorrotto è dal popolo fatto oggetto di grande venerazione. Oggi può vedersi nella Chiesa di S. Monica.

Nel libro della Congregazione della Confraternita degli Apostoli Giovanni e Paolo, in cui si fa memoria della traslazione, avvenuta nell'anno 1666, dell'immagine della Vergine Maria in atto di allattare il Divin Figlio, nella Chiesa di S. Maria di Porta, un tempo esistente sopra l'arco della Piazza Marconi ed attualmente identificata nella Chiesa chiamata "La Madonnina", si accenna che detta immagine si trovasse "sopra la volta d'una casa la quale è fama che fusse stata di Lucia Amerina Chiarissima per santità" e posta "alle radici di quei dirupi che chiamansi Parasacco e proprio sotto un humile archetto nell'andar giù a man manca a capo al Borgo, dove quantunque in fredde mura dipinta, accendendo i cuori a chi passava a devota adoratione faceva molti miracoli et infinitissime gratie". (2006)


27  -  Il 27 Luglio 1505 il consiglio decemvirale deve occuprsi di un’urgenza della massima gravità: “Providendum est ne Civitas morbo omnis corrumpatur et jnficietur tum pro custodia tum portitoribus morentium morbo” necessita provvedere affinché l’intera Città non venga sopraffatta e corrotta dal morbo (pestifero), tanto in riferimento alla sua custodia, quanto ai portantini degli appestati.

Il primo provvedimento da emanare per far fronte alle impellenti necessità anzitutto dell’anima, viene suggerito da Ser Raniero di Gerolamo, “spectatissimus vir”, il quale prospetta che “ut ne morientes sine confessione sacramentis exeant vitam requirantur Sacerdotes ut provideant de jdoneo Confessore qui administret sacramenta” affinche i morituri non escano di vita senza sacramenti, si faccia richiesta ai sacerdoti, che forniscano un idoneo confessore, che amministri detto sacramento.

Passando poi a quel che concerne il corpo, Ser Raniero “censuit ut eligantur deputenturque portatores mortuorum ex morbo cum salario unius ducatj pro quolibet  et mense quolibet” propone che si eleggano e si deputino i portantini dei morti appestati, con il salario di un ducato ciascuno al mese e -se pure con un’affermazione dal vago sapore di sadismo macabro- di “carlenum unum pro quolibet morientium de bonis tamen dictorum morientium” un carlino per  il trasporto di ogni moribondo, a carico, tuttavia, di quest’ultimo (se non muore prima!).

Proseguendo sullo stesso atroce argomento, il medesimo Ser Raniero “censuit super custodia Civitatis ut emanentur publica bannimenta quod quicunque vult esse ad custodiam compareat ad ipsum scribi faciendum per Cancellarium” sulla custodia della Città, propone che si eseguano pubblici bandi che chiunque sia disposto ad esercitarla, si rechi dal Cancelleiere a farsi iscrivere per tale incarico “et dentur cuilibet custodj carleni viginti pro quolibet mense” ed a ciascun custode si corrispondano 20 carlini al mese.

Messe ai voti, dette proposte vengono approvate all’unanimità.

Inoltre, dovendosi passare alle dolenti note relative al reperimento dei mezzi finanziari occorrenti per far fronte all’emergenza, si propone che “potestas cogat illos quj habent pecunias lombardorum qui morbo perierunt fueruntque causam inmissionis pestis in Amerinam Civitatem” il podestà obblighi coloro che detengono denari di spettanza dei lombardi morti di peste e che furono causa dell’introduzione del morbo nella Città di Amelia, “dictas pecunias reponendas consignandasque Communi” debbano consegnare e depositare detti denari nelle casse comunali, “presteturque illis cautio ad depositum per Scindicum Comunis de restituendis dictis pecunijs casu quo veniant restituende heredibus aut propinquioribus dictorum lombardorum” e ad essi, da parte del sindaco del Comune, venga prestata garanzia dell’effettuato deposito dei denari, nell’eventualità di una loro restituzione agli eredi o ai più prossimi parenti degli stessi lombardi.

Anche tale proposta passa a voti unanimi.

Ma che certezza ci poteva essere che la peste fosse stata portata ad Amelia dagli artigiani lombardi?

Infine, il consigliere Angelo Antonio Geraldini, “providus vir” uomo circospetto, “celestis vocis petita infusione” dopo aver invocato su di sé la calata della Voce dal Cielo, “ut Civitas amerina custodiatur”, affinché la Città venga efficacemente custodita, propone che “quicumque amerinus non pernoctaverit in Ameria solvat grossum unum singulo mense qui jdoneus fuerit ad custodiam” ogni amerino idoneo a prestare custodia paghi un grosso per ogni mese che avrà pernottato fuori di Amelia. Anche questa proposta viene accettata senza voti contrari (“nemine discrepante”). (2011)


27  - Il 27 Luglio 1547 Dardano Sandri, “vir consideratissimus” –uomo di grande prudenza- tenendo presente l’esistenza di una lite sorta fra Amelia ed i Signori di Montoro (v. 19 Agosto), “ad hoc ut nemo vadat ad eius Molas et priventur pane nostro” per impedire che qualche amerino vada a macinare il grano nei loro molini e subisca rappresaglie, perdendo il proprio carico, chiede che vengano bandite le seguenti disposizioni:

“Jn prima, che non sia alcuna persona tanto ciptadino quanto contadino et habitante nel territorio di Amelia (che) mandi o vada ad macinare fora del territorio ad altro Molino che ale Molina de Narni et de Stiphone, perché ce tractano bene et tolgono per molitura uno coppetello de dece libre de grano per carcha et cinque libre per meza carcha; et qualunche contrafarrà de andare (andando) ad altre Molina caschj jn pena de duj scutj per ciasche volta et qualunche (chiunque) per luj vorrà replicare et contraddire caschi jn la medesima pena, dela quale non se ne possa far gratia alcuna.

“Jtem che ciasche uno possa accusare con juramento et sarrà tenuto secreto et haverà la quarta parte de dicta pena.

“Jtem che nessuno possa mandare né andare ad valcare pannj né macinare né dare ad coptimo olive fora del tenimento excepto che ad Narne et ad Stiphone, sotto le medesime pene et conditionj come de sopra.

“Jtem che quillj (che) contrafarrando (contravvenissero) se accusino (vengano accusati) al cancellierj, (il) quale sia tenuto tener secreto li accusatorj et li accusatj li mecta subito ad libro de specchj et poj ne dia subito lo stracto (estratto) al Cavalierj (Camerario?)”. (2012)


27  -  Il giorno 27 Luglio 1327, su iniziativa di Messer Branca di Messer Panzio, formulata dinanzi agli Anziani ed al Consiglio dei X, viene proposto che “cuilibet persone sit licitum portare et trahere vinum extra Civitate ed Comitatu Amelie absque poena et banno, non obstante aliquo ordinamento quod in contrarium loqueretur” ad ogni persona sia lecito di trasportare vino fuori della Città e del distretto di Amelia, senza incorrere in alcuna pena o violazione, non ostante qualsiasi ordinamento che si pronunciasse in modo contrario.

Altro provvedimento, di opposto indirizzo, emanato lo stesso giorno, riguarda il commercio delle granaglie: “quod nulla persona emat granum seu aliquod  aliud bladum infra muros Civitatis Amelie, per se vel alium, causa revendendi” che nessuno compri grano o altro cereale fra le mura cittadine, per sé o per altri, con l’intento di rivenderlo ed i contravventore incorrerà nella pena pecuniaria di dieci libre ogni volta e -quel che è peggio!- “quilibet possit accusare et denuntiare contrafatientes et habeat quartam partem banni et teneatur in credentia et credatur denunctiatori cum uno teste fide digno” ognuno possa accusare e denunciare i violatori del divieto, abbia la quarta parte della pena e sia creduto, se presenterà un testimone degno di fede. Inoltre, per la denunzia dei contravventori, si eleggano “quatuor custodes celati” quattro guardiani che debbano celare la loro identità, per svolgere le loro mansioni con maggior efficacia e segretezza.

Infine, si emana la disposizione per la quale sia vietato a chiunque l’acquisto di cereali, sia da forestieri che da contadini, in altro luogo che non sia “in platea veteri, seu in cruce Burgi” sulla piazza vecchia del Comune o a Croce di Borgo: molto probabilmente per rendere più agevole il controllo del commercio. (2014)


28 - Un amico del Cav. Bartolomeo Farrattini, da Viterbo, gli scrive in data 28 Luglio 1802:

"Essendosi degnato il Serenissimo Gran Maestro dell'Ordine di Santo Stefano accordarmi la Croce di detto ordine ... mio Caro Amico a voi mi diriggo, onde pregarvi di due piaceri. Il primo sarebbe quello che, essendoci qui due soli Cavalieri, cioè mio Padre, ed il Cav. Pagliacci, ne necessiterebbe un altro per eseguire simile funzione di vestizione. In tal caso, qualora voi poteste favorirmi, mi prenderei la libertà mandarvi a suo tempo di qui i cavalli e pregarvi nel tempo stesso di onorare la mia abitazione. L'altro poi sarebbe quello di rinvenirmi o costì, o in Narni, un Cavaliere (che) volesse avere la bontà (di) prestarmi una Cappa per simile funzione, mentre non vorrei ora fare simile spesa. Vi compiacerete significarmi una qualche cosa sopra simile mia richiesta con sollecitudine, mentre nel caso non potessi o costì, o in Narni, rinvenire detta cappa, potrei farmela mandare da Siena e poi ritornarla colà. Io mi lusingo poter eseguire detta vestizione alli ultimi di Agosto ed in conseguenza profittare anche voi della nostra Festa di Santa Rosa, sebbene in quest'anno sarà molto limitata, mentre non vi sarà la solita machina. Facendo di qui la lettera un lungo giro, (passando per Roma!) vi ho scritto anticipatamente, onde avere per tempo vostre risposte. Io mi lusingo sarete per favorirmi, essendomi bastantemente nota la vostra sperimentata amicizia, a mio riguardo. Vi prego dunque a condonare l'incomodo e la libertà (che) seco voi mi prendo. Avendo occasione vedere la mia cugina, Contessa Racani, presentatele i miei complimenti. Onoratemi dei vostri comandi, che vivamente desidero, mentre intanto abbracciandovi di vero cuore, vi prego a credermi Obb.mo Aff.mo Amico ..."

Cavaliere di S. Stefano sì, ma anche alquanto tiratello di borsa, l'amico di Viterbo! (2006)


28 - Un breve di Alessandro VI datato 28 Luglio 1496 viene trascritto nelle riformanze. Con esso, papa Borgia vuole dare notizia che "charissimus in Christo filius noster Henricus Anglie Rex" il carissimo in Cristo figlio Enrico Re d'Inglilterra "sanctissimam ligam quam superiori anno cum charissimis in Christo filijs meis Maximiliano Romanorum et Ferdinando et Elisabet Hispanie Regibus ... ac dilectis filijs nobilibus viris venetiarum et Mediolani Ducibus iniverimus sollemniter intravit" fece solenne ingresso nella lega santa stipulata, in chiave antifrancese, l'anno precedente (precisamente il 31 Marzo 1495, a Venezia), nella quale era entrato il papa, insieme all'imperatore Massimiliano, ai reali di Spagna Ferdinando ed Elisabetta, alla Repubblica di Venezia ed al Signore di Milano, Ludovico il Moro "ex qua summum benefitium quies et salus tote christianitati et precipue Italie sperandum est" dalla quale lega si spera ne derivi a tutta la cristianità e specialmente all'Italia grandissimo beneficio, pace e salvezza. Ed il papa, "de tanto bono volens debitam Altissimo et omnipotenti Deo gratiam reddere" volendo render grazia all'Altissimo di tanto grande beneficio, fa presente che a Roma la seguente domenica 30 luglio, insieme a tutti i cardinali e l'intera curia, celebrerà una solenne messa a S. Maria del Popolo. Vuole, altresì, che in tutte le città ed i luoghi soggetti alla Chiesa di Roma "dictam ligam publicari et ploclamarj (sic) faciatis et eo die dominico aut si tunc comode fieri non posset, primo die festo sequenti missam et alia divina sollemnia celebrari ignes et alia signa letitie fieri faciatis" detta lega venga pubblicizzata e proclamata nello stesso giorno fissato per Roma o, se ciò non può farsi comodamente, nel successivo giorno festivo e, così, venga celebrata una messa, con tutte le altre solennità religiose, nonché con fuochi di gioia ed altri segni di giubilo "ad agendum gratiam clementissimo Deo et rogamus divinam Mayestatem suam ut nobis ac toto christianissimo populo pacem et tranquillitatem largiatur" per ringraziare Iddio clementissimo, pregando la sua divina maestà di elargire a tutto il popolo cristiano pace e tranquillità. (2007)


28 - Il 28 Luglio 1498, su mandato del podestà e degli Anziani, viene convocata "publica et generalis Arrengha" la pubblica e generale assemblea dei cittadini di Amelia nella Chiesa di S. Agostino "ubi similia comitia fieri solent" dove simili riunioni sogliono aver luogo "ad sonum campane Communis preconumque voces" al suono della campana del Comune e a voce dei banditori.

La materia da trattare è della massima urgenza: "cum bellum imminet" poiché incombe la guerra "cum domino Bartolomeo et tota eius domo de Alviano" con Bartolomeo di Alviano e tutta la sua stirpe "et Communitas sit penitus pecunijs exhausta" e la Comunità amerina è totalmente priva di denari "et absque pecunijs bellum geri non potest" e senza soldi non si può far guerra (lo sapevano anche allora!), si chiede dove reperire i fondi "pro gerendo bello vel aliter providere" per sopperire alle spese belliche oppure decidere di agire diversamente.

Da alcuno si propone che, "ut opus erit et belli exigentia requirat" se necessità belliche lo dovessero richiedere, "imponatur imprestantia sive dativa per extimum bonorum omnium civium et incolarum amerinorum" venga deliberata l'imposizione di un prelievo fiscale a cittadini e contadini in base alla stima delle loro proprietà.

Si delibera, però, di tentare un copromesso con l'Alviano e la sua gente ed, all'uopo, ad unanimità di consensi, vengono eletti "Spectabiles viros Petrum Johannem de Geraldinis et Bartholomeum Zaffini de Ameria" gli spettabili cittadini Pier Giovanni Geraldini e Bartolomeo di Zaffino  (Farrattini) per presentarsi a "Johannem Sancte Marie in Via Lata Diaconum Cardinalem Borgiam Perusie Umbrieque Legatum" Giovanni Borgia, Diacono Cardinale di S. Maria in Via Lata e Legato di Perugia e dell’Umbria, affinché, con la sua autorità e mercé il suo intervento, si giunga a dirimere "omnem litem questionem et differentiam que verteretur" ogni questione e materia del contendere esistente fra la comunità di Amelia e suo distretto e Bartolomeo d'Alviano, fratelli e familiari, con piena autorità di agire nell'interesse della comunità amerina. (2008)


28  - Il 28 Luglio 1415 Capitan Tartaglia di Lavello scrive la seguente “letterina” agli Anziani di Amelia:

“Pregamove et volemo debiate dare et assignare vinticinque ducati de quelli dello subsidio (che) ce devete pagare a Messer Berardo nostro locotenente per so sostentamento: Et pagati che laverete li pognate al nostro conto. Ser Bartholomeo ritorna da voy pregamo lo habiate recomendato. Valete ad votum (cioè: vi auguro di star sani). Datum Tuscanelle die xxviij Julj MCCCCXV. Al quale (intendi: Ser Bartolomeo) ve piaza dare fede quanto a Noy proprio”. 

Tra sussidi a capitani titolari, luogotenenti e raccomandati, ai poveri Amerini non restava che chinare la testa e porre mano al borsellino! (2009)


28  -  Il 28 Luglio 1500 il consiglio dei X è chiamato a deliberare su alcune materie assai diverse fra loro.

Una di esse riguarda l’approssimarsi della fine del mandato pretorile (ovvero podestarile) del Dottor Carlo Rubini di Bettona e, poiché “adeo bene se gessit in dicto preture offitio ut ab omnibus commendari meretur” si è comportato in modo talmente egregio nell’esercizio del detto ufficio, da meritare l’universale approvazione, nel successivo maggior consiglio del giorno dopo si delibera di stanziare otto ducati dal pubblico erario, “pro uno vexillo cum Jnsignis armis comunis huius Amerine urbis” per acquistare un gonfalone con l’insegna dell’arme del Comune, “ut possit ea (jnsigna) in honore huius Magnifice Civitatis sempre deferre”, affinché lo possa sempre esibire ad onore di questa Città.

Altro argomento -di non altrettanta onorabilità- riguarda il vicario di Porchiano Eliseo di Ser Alessandro, che, “ob metu pestis, vellet loco eius surrogare ad dictum offitium Ser Alexandrum eius patrem durante peste” per paura della peste, vorrebbe delegare in sua vece il proprio padre Alessandro, finché durerà il contagio. Il consiglio generale che segue approva la sostituzione del padre al figlio “dum pestis dictum castrum manxerit” finché permarrà la peste nel Castello e per il periodo di durata  semestrale dell’ufficio di Eliseo, “sed cessata ibi peste, prefatus ser Eliseus teneatur reddere ad exercitationem dicti offitij”, ma cessata la peste, Eliseo sarà tenuto a completare il suo ufficio.

Il successivo argomento preso in esame è di tutt’altra natura: “cum Magister Anechinus teotonicus, pro decoro et honore huius Magnifice Civitatis, costruxerit molendinum ad ventum apud portam vallis, pro quo molendino costruendo opportuerit ipsum accedere in Alamaniam et ad diversas mundi partes et multas pecunias pro dicta causa exposuit” poiché Mastro Annechino tedesco, ad ornamento ed onore di questà Città, aveva costruito un mulino a vento in prossimità della porta della Valle e, per rendere possibile tale costruzione, gli fu necessario andare in Germania ed in diversi altri luoghi (probabilmente in Olanda) e dovette affrontare molte spese per tale oggetto, “jmprovisorum vero ventorum procella dictum molendinum dirutum est”, ma, a causa di una improvvisa tempesta di venti, detto mulino è crollato “et cum ipse sit pauper, non suppetunt sibi facultates refitiendi” ed essendo egli povero, non ha bastante denaro per la sua ricostruzione; “quare humiliter supplicat ut sibi per commune huius civitatis de aliquibus pecunijs provideatur ut molendinum illud ratificare (sic) valeat” per la qual cosa, supplica umilmente di essere gratificato da questa Città di una certa quantità di denaro, per poter risistemare il suo mulino. Il maggior consiglio, con 35 voti favorevoli e 13 contrari, accoglie la proposta formulata dal suo membro “vir sapientissimus Ser Ranerius Hyeronimi”, secondo la quale: “Magistro Annechino elargiatur de pecunijs publicis quinque ducati pro reparatione eius molendini ad ventum et fiat sibi bullecta in presenti concilio de dictis quinque ducatis” a Mastro Anechino si elargiscano cinque ducati da prelevare dalle casse comunali, per la riparazione del suo mulino a vento e gli si consegni seduta stante il relativo mandato di riscossione. (2010)


28  -  Pierluigi Farnese è ospitato nel Palazzo anzianale e la fa da padrone. Nel consiglio decemvirale del 28 Luglio 1529 si discute circa alcune sue pretese: “petiit intuitu Amoris et Fidei quam habet in communi Amerie provideri sibi prope castrum Jovij ubi sua castra tenet de aliquibus victualijs in pane et vino, offerens se aut in pecunia aut in grano ad libitum communitatis eas soluturum” lo stesso fece richiesta che, per l’amore e la fedeltà di cui è fatto segno da parte della Comunità di Amelia, si provvedesse che, presso il Castello di Giove, dove sono accampate le sue truppe, venissero inviate vettovaglie in pane e vino, offrendosi lui di pagarle o in denaro o in grano, secondo la preferenza espressa dagli Amerini “et volentes magnifici d.ni Antiani eius votis annuere, miserunt victualias in pane ponderis tricentarum quinquaginta librarum et jn vino salmas duas, que res sunt solvende illis a quibus fuerunt capte. Provideatur” ed avendo gli Anziani accondisceso alle sue richieste, inviarono vettovaglie (a Giove) consistenti in 350 libbre di pane e in due salme di vino ed ora resta da pagarle a coloro che le hanno fornite. Si provveda. Il consigliere -dall’altisonante nome di Bernardino Cartamancina- propone che, per provvedere al pagamento di quanto fornito all’esercito del Farnese, “requiratur Marinus de Vissio, qui mutuet communitati vigintiquinque ducatos et sit pro restitutione ipsorum sibi obligata gabella generalis” si faccia richiesta a Marino di Visso, che conceda alla Comunità di Amelia un mutuo di 25 ducati e, per la sua restituzione, venga obbligata la gabella generale. Ma, a pagare -in denaro o in grano- non doveva pensarci il munifico (a chiacchiere!) Pierluigi Farnese? (2011)


28  - Sotto la data del 28 Luglio 1526, nelle riformanze risultano riportati i seguenti “BANNIMENTA SUPER RE FRUMENTARIA” (bandi riguardanti le granaglie):

“Qualmente nullo ardisca né presuma extrahere fora del tenimento de Amelia alchuna generatione de frumento cioè grano, spelta, farri, miglio, legumi, sotto pena de ducati xxv doro per ciasche soma et che se possa procedere per inquisitione et accusa, tanto per la S.ria del Governatore, quanto per el Potestà et Antianj et offitiali de danni datj, et laccusatore serrà creso (creduto) con un testimonio degno de fede et juramento et serrà tenuto secreto; da applicarse per la mità alla communità de Amelia, un quarto allo accusatore et laltro quarto alloffitiale che ne farrà la exequtione; et questa exactione sefarrà sensaltro processo et sententia.

“Jtem che ad ogne persona sia lecito de pigliar le bestie, et grano, et qualunchaltra cosa de le predicte (persone) che portassero de fora del tenimento de Amelia et che siano guadagnate (incamerate) per chi le pigliarà, oltra la pena sopradicta.

“Jtem che ogne persona che havesse grano fora del tenimento da collatici, terratici, overo comperato el debia redurre (portare) in la cità per tucto el mese de septembre proximo et questo sotto la pena de ducati xxv per soma et se bannisce la panactaria (panetteria), la quale se delibera  ad chi meglio farrà per la Communità.

“Jtem che qualuncha persona che mettesse grano forestiero in Amelia non lo possa cavare fora sensa licentia de Magnifici S. Antianj et el numero deli octo citadini deputatj, dove jntervenga tucto el numero (cioè al completo), aliter licentia sit nulla (altrimenti la licenza sarà nulla); et tanto (ciò valga) si  el conductore sia foristieri o terrigena.

“Quae suprascripta bannimenta fuerunt ordinata et jmposita per Magnificum Dominum Erasmum de Faciolis Amerie Gubernatorem ac Dominos Antianos et Electos super Abundantiam ... I soprascritti bandi furono ordinati ed imposti dal Magnifico Signore Erasmo de Fasciolis, da Orvieto, Governatore di Amelia, nonché dai Signori Anziani e dagli Eletti sopra la grascia. ...

Segue la firma del Governatore, “obmisso sigillo”, senza apposizione del sigillo. “Datum Amerie Die 28 Julij 1526”.

In chiusura, la relazione dell’avvenuto bando da parte di Giovanni Fiorentino e Gianfrancesco di Marco, “tubicinibus” trombetti. (2012)


28  -  Il 28 Luglio 1329 il consiglio decemvirale, fra l’altro, delibera che, “cum dominus Stephanus de columpna miserit versus Civitatem Tuderti cl bufalos” dovendo Stefano Colonna inviare a Todi 150 bufali, ed essndo obbligato a passare per il territorio amerino, ha scritto se “sui amore” per amor suo, non gli si faccia pagare la gabella del pedaggio. Amore, quanto mi costi!

Lo stesso giorno, si delibera “quod via qua itur ad portam (sic) vallis ad pontem lacus actetur et amplietur et ipsum opus notarius dampnorum datorum, ad penam x. librarum de suo salario, infra unum mensem exequi ponatur” che la strada che, dalla porta della Valle, va verso il ponte del Lago (Vecchio), si riatti e si allarghi entro un mese e, di far eseguire tale opera, si incarichi il notaio del danni dati, comminandogli, in caso di ritardo, la multa di dieci libre. Tanto per mettergli un po’ di fretta! Ma, a giudicare dallo stato in cui detta strada (diciamo “stradello”!) si trova ai nostri giorni, sembrerebbe che tanta fretta quel notaio non l’abbia poi avuta! (2014)


28  -   “Propter pestem eminentem in hac terra” a causa della peste dominante in questa terra, il Podestà di Amelia, Paolo Pietro de Malvicinis di Viterbo era fuggito, insieme al Giudice “et tota eius familia” e a tutta la sua famiglia sin dal precedente 22 Giugno. Il 28 Luglio 1469 il Cardinale Legato scrive agli Anziani che l’ufficiale che vi rimane assuma la funzione “ad interim” della Podestaria. (2014)


28  -  Il 28 Luglio 1510 i frati minori di S. Francesco, capitolarmente congregati, concedono ai confratelli di S. Girolamo “ecclesiam veterem positam prope portam Ecclesie S.ti Francisci et cappellam que vulgariter nuncupata est “la frusta vecchia”, la vecchia chiesa sita presso la porta della chiesa di S. Francesco e la cappella volgarmente chiamata “la frusta vecchia”, alle condizioni seguenti:

-che la Società di S. Girolamo deve restaurare detta vecchia chiesa:

-che nessun sacerdote possa confessare in detta chiesa, senza licenza del Guardiano di S. Francesco e non possa ricevere la comunione se non per mano del detto Guardiano o di un suo sostituto;

-che i Confratelli di S. Girolamo che moriranno, non possano ricevere né esequie, né messe se non nella chiesa di S. Francesco e per mano dei frati della stessa;

-se la Società di S. Girolamo venisse meno o non volesse ulteriormente ufficiare detta chiesa vecchia, che debba lasciarla con le migliorie apportate. (2014)


29 - Gli abitanti del Castello di Mimoja, soggetto ad Amelia, scrivono agli Anziani del Comune il 29 Luglio 1330:

"Supplicant homines de Mimoja" che si riconoscono "ad servitium Civitatis predicte" che piaccia loro ordinare che, da parte del Comune, venga inviato un messo "ad D.num Napoleonem de filij Ursi et filios" a Napoleone Orsini e suoi figli, il quale, in associazione con Bartholomuzio di Mimoja e suoi figli, produssero grave danno ed ingiuria al Comune di Amelia, "comburendo castrum Mimoje et personas et cavalcando et predam ducendo" incendiando il Castello ed i suoi abitanti, facendo cavalcate e depredando.

Si chiede agli Anziani di non dare ospitalità ai suddetti nel territorio amerino, "cum sint inimici capitales" essendo nemici capitali del loro Comune e che gli stessi Anziani inviino alle genti di Mimoja un esperto "magister", per riparare le mura del Castello, le sue porte e le case, affinché sia possibile a dette genti continuarvi ad abitare "et predicta petunt eis fieri omnimodo" e supplicano che venga loro concesso quanto richiesto in ogni caso e nel modo in cui meglio si potrà.

Gli Anziani avevano già deliberato, in data 19 luglio, che chiunque arrestò e tradusse alla fortezza di Amelia qualsiasi incendiario del Castello di Mimoja "habeat et habere debeat" dovesse avere cento libre cortonesi, da pagarsi dal Camerario del Comune. (2001)


29 - Il 29 Luglio 1431 il Commissario Generale Nicolò de Spatarinis scrive da Collescipoli agli Anziani (chiamandoli Priori), ringraziando i cittadini di Amelia per averlo, “nullo meo beneficio provocati” senza aver da lui ricevuto particolari benefici, “casum captivitatis mee menti vestre plurimum displicuisse monstrastis” dimostrato di essere stati grandemente dispiaciuti della sua prigionia “et vos ipsos in mee liberationis subsidium posuistis” e di aver contribuito alla sua liberazione “sed credo ad hanc rem animum vestrum maxime impellebat consideratio intuitus persone S. D. N. Pape” ma crede che sul loro animo abbia massimamente influito la considerazione della persona del papa (Eugenio IV) “quidquid enim violentie in personam meam factum est, id in papam perpetratum est”, poiché la violenza da lui subita era da considerare come fatta allo stesso pontefice. “Me enim Apostolicum Commissarium ceperunt et captum carceraverunt carceratumque retinuerunt” ed infatti catturarono lui, Commissario Apostolico e lo tennero carcerato. “Sed auxilio dey libertati pristine restitutus” Ma, con l’aiuto divino (e degli Amerini!) venne rimesso nella pristina libertà “et si antea eram ad beneplacita vestra paratus, nunc in totum vobis deditus sum” e se prima si mostrava pronto a soddisfare le richieste degli Amerini, dopo la sua liberazione si dichiarava a loro completa disposizione.

Quanto sopra esposto dal de Spatarinis è da mettere in relazione a quel che risulta annotato nelle riformanze il precedente 20 Luglio: “die veneris famuli Amelie iverunt Narniam pro statu S.te Matris Ecclesie et D.ni n.ri Pape” il giorno di venerdì i fanti di Amelia andarono a Narni in soccorso della Chiesa e del papa. (2008)


29  -  Il 29 Luglio 1565 Nicola Venturelli, priore del Collegio Anzianale, “pro bono publico”, nell’interesse comune, propone che “ludimagister” il maestro di scuola, per l’avvenire, “in quodam novo Antianatu” in occasione dell’insediamento del nuovo Anzianato, “teneat quamdam oratiunculam in palatio Antianali” sia obbligato a tenere, nel palazzo anzianale, ai nuovi magistrati, una piccola orazione -un discorsetto- che, si presume, non sia soltanto di benvenuto, ma che serva per ricordare ad essi le responsabilità del loro mandato. E se ciò non dovesse avvenire, il Maestro verrà punito “sub privatione salarij unius mensis” con la privazione di un mese di salario! (2009)


29  -  Sotto la data del 29 Luglio 1415 nelle riformanze risulta trascritta la seguente lettera, inviata dai Priori di Terni agli Anziani di Amelia:

“Receuta vostra lettera. Respondemo con grande affanno per vostro amore preso. Avemo trovato essere qui uno bove el quale fu venduto per uno Antonio da Foci, per prezo de septe ducati gravj. El quale Antonio mustra dicesse lu dicto bove essere stato gran tempo suo et che se lo vendìa per bisogno de victualia. Mo dice el presente portatore el bove essere stato suo et che crede che quillo Antonio che vendeo el bove sia sostenuto (protetto) là overo ad Foci. Pertanto se così è, fate che Antonio venditore predicto ristituischa li detti .vij. ducati al compratore. Et noy farimo restituire lu bove al patrone. Et similmente pregamo ve piaccia laltre nostre bestie tolte ali nostri Cittadinj per li vostri, fare restituire ali patroni come è debito et honesto. Parati, etc. Interamnis .xxviiij. Jul. .viii. Ind.”. (2010)


29  -  Il 29 Luglio 1467 compare dinanzi agli Anziani Ser Giuliano di Ser Cristoforo di Norcia, quest’ultimo ufficiale dei danni dati, esponendo, da parte di suo padre Cristoforo, “quod cum ipse ser Cristoforus sit  jnfirmus et gravi jnfirmitate gravatus ex qua infirmitate non potest suum officium exercere et jntendit quantum ipsis dominis Antianis placeat, redire ad patriam videlicet ad domum suam  ad curandum ipsam infirmitatem” che, essendo il detto suo padre affetto da grave malattia, che gl’impedisce di esercitare il suo ufficio, gradirebbe, con il consenso degli stessi Anziani, avere licenza di tornare nella sua casa di Norcia a curarsi “et loco sui dimictere dictum ser Julianum eius filium ad exercitandum dictum eius officium et omnia faciendum prout ipse ser Cristoforus tenebatur et obligatus erat vigore sue electionis” ed in sua vece, passare il suo incarico al figlio, che dovrà svolgere tutte le mansioni a cui era tenuto egli stesso, in forza della sua nomina, “petens amore dei et de gratia spetiali dictam licentiam impartiri” e, pertanto, chiede -a mezzo del figlio Giuliano- che, per l’amor di Dio e per particolare grazia, gli venga concessa detta licenza. Gli Anziani “de eorum communi concordia” -a voti unanimi- concedono quanto domandato. Il diligente cancelliere verbalizzante conclude precisando: “et de predictis fecerunt me rogatum” e, di quanto sopra esposto, mi venne da loro fatta richiesta. Comunque resterebbe da vedere se le mansioni del padre e del figlio fossero intercambiabili! (2011)


29  -  Il 29 Luglio 1430 il notaio Francesco Celluzzi è chiamato a redigere il testamento di prete Angelo Pocolelli, nella sagrestia del Duomo, alla presenza di ben sette canonici. Il testatore esordisce lasciando al Vescovo di Amelia dieci soldi di denari “pro salute anime sue”; quindi alla Chiesa di S. Fermina, presso la quale vuole essere sepolto, venti soldi; cinque soldi per la fossa; dieci soldi al suo confessore; cinque soldi ciascuno alle chiese di S. Agostino e S. Francesco ed alla Confraternita di Amelia; cinque soldi ognuno ai Monasteri di S. Magno, S. Stefano e S. Caterina; cinque soldi all’Annunziata di Michignano. Seguono alcune restituzioni: due fiorini d’oro a Ser Gabriele di Nicola, quale residuo del prezzo di acquisto di una pezza di panno; a Giovanni di Corrado, due fiorini d’oro che dichiara di tenere “exsilij causa” da quando venne esiliato; altri due fiorini d’oro a Donna Margherita Menechelli Ceccuzzi, quale residuo di dieci fiorini, secondo quel che risulta da atto pubblico rogato dallo stesso notaio, anche se non è chiaro perché detti suoi creditori dovessero attendere di riscuorete quanto dovuto loro dopo la sua morte e non quando era ancora in vita. “In omnibus autem alijs suis bonis mobilibus et immobilibus, iuribus et actionibus presentibus et futuris” di tutti gli altri suoi beni mobili ed immobili, diritti ed azioni presenti e futuri istituisce erede universale “Anthonium Ugolini eius nepotem carnalem” il nepote carnale Antonio di Ugolino e, qualora il detto Antonio venisse a morire senza figli legittimi, gli sostituisce nell’eredità la Chiesa di S. Fermina, con facoltà, comunque, per il nipote Antonio, di lasciare “secundum suum velle” a chi vuole la metà del patrimonio. Fa, infine obbligo, agli eredi di Antonio, di acquistare, insieme con la Chiesa di S. Fermina, tre calici, del valore di sei fiorini ciascuno, da assegnare, rispettivamente, alle chiese di S. Angelo “de Valle”, di S. Secondo “prope Ameliam” presso Amelia e di S. Agata, sita nella diocesi amerina; il tutto “pro salute anime sue” in suffragio della sua anima. (2014)


30 - Il Maestro Domenico Smitt (probabilmente un nome d’arte), il 30 Luglio 1818 scrive da Terni al Gonfaloniere di Amelia:

“Potendosi combinare nei giorni della Musica costì quattro recite con una compagnia di Cantanti in cotesto Teatro ed eseguire l’opera intitolata del Italiana in Algeri, prego V. S. di volermi accordare il sopra detto Teatro per quei giorni, volendo in questa occasione riabracciare diversi miei amici.

“La compagnia sarà composta di sei personaggi e cori; ecco quanto la prego, e con stima mi soscrivo”.

Il bravo Maestro Smitt amava certamente la buona musica e teneva molto aggiornato il repertorio, se cimentava la sua compagnia in un’opera di Rossini, che, all’epoca, era appena ventiseienne e della quale -giudicata il primo dei suoi capolavori nel genere buffo- il Cigno di Pesaro aveva composto la partitura appena cinque anni prima, in soli diciotto giorni! (1998)


30  - Il 30 Luglio 1415 nel consiglio cittadino, riunito da Berardo de Sayano, luogotenente del “Potentis et Magnifici domini Tartalie de Lavello Patrimonij Rectoris” potente e magnifico Sigore Tartaglia di Lavello, Rettore del Patrimonio, nonché Commissario speciale, Capitano, etc. su proposta dello stesso luogotenente, si espone che, avendo lo stesso Tartaglia recentemente assunto “dominium Civitatis Amelie et decens esse videatur dum caput obtinet, obtineat et sua membra” il governo della Città di Amelia e poiché sembri conveniente che chi ottiene la testa, ottenga anche le relative membra, “tum propter hoc tum etiam pro pacifico statu Civitatis Amelie et sue fortie et districtus, dictus dominus Tartalia decreverit in mente sua Roccham castri Porclanj recipere in suam gubernationem et custodiam” sia per questo, che per la conservazione dello stato pacifico della Città di Amelia e suo distretto, lo stesso Tartaglia ha pensato bene di voler assoggettare anche la rocca del Castello di Porchiano al suo governo e custodia “ut locus ille salubriter defendatur” per poter difendere quel luogo con maggior vantaggio “et si qui sint emuli populo Civitatis Amelie habilius brachio et favore dicti domini nostri Tartalie possint destrui et conculcari” e se vi siano avversari della Città di Amelia, con maggior facilità possano venir combattuti ed annientati, con l’intervento e l’aiuto del detto nostro Signore Tartaglia.

C’era bisogno di tante parole per capire che il Tartaglia voleva porre sotto i suoi piedi quanto più gli riuscisse possibile? (2010)


30  -  Il consiglio decemvirale del 30 Luglio 1468 deve, fra l’altro, affrontare un’emergenza di carattere sanitario: “cum ad presens propter aliqua signa dubitatur de peste, quo tempore solent conversationes multorum seperare” poiché attualmente da qualche segnale emerso si dubita dell’insorgenza della peste ed in tal caso è bene evitare assembramenti numerosi, “et maxime scolares  euntes ad scolas, propter contagionem et praticam et nunc etiam propter maximum calorem” e, massimamente per gli studenti che si recano a scuola, a causa di contatti e frequentazione, in particolare in questo periodo, a causa del maggior calore estivo, “videretur bonum jmponere vacationes dictis scolaribus per aliquem mensem” sembrerebbe opportuno assegnare una vacanza a detti scolari per qualche mese “unde ex deliberatione omnium fuit conclusum”, sicché, per unanime decisione, si è deliberato in tal senso ed anche per quanto riguarda “Magister Barnabeus de Sarnano Magister scolarum forensis conductus per dictum commune” il Maestro di scuola Bernabeo di Sarnano, assunto dal Comune, “licenti(et)ur et non teneatur retinere scolas usque ad medium mensem septembris proximi futuri” gli si conceda licenza e non sia obbligato a tenere lezioni, fino alla metà del prossimo mese di Settembre, “in quem terminum possit et valeat ipse Magister Bernabeus redire ad patriam ad domum suam et ubicunque voluerit ad sui beneplacitum, prout sibi melius videbitur et placebit” e, nel frattempo, Maestro Bernabeo possa tornare a casa, al suo paese o andare ovunque meglio gli aggrada. Ma le vacanze estive non erano ancora state inventate?

Alcuni giorni appresso (precisamente il 6 Agosto), si deliberò che Maestro Bernabeo potesse restare a casa sua, finché non ne venisse richiamato per lettera “et quod propter absentiam suam nichil preiudicet sue electioni sive refirmationj” e che la sua temporanea assenza non avrebbe minimamente pregiudicato né la sua assunzione, né la riconferma nell’insegnamento.

Mezzo secolo dopo, il 30 Luglio 1528, gli Anziani fanno emettere un bando “pro bonis respectibus” per giustificati motivi, che “nemo tendat ad indulgentiam et veniam dive Marie Angelorum de proximo futuro currente sub pena decem ducatorum a quolibet contrafaciente auferendorum” nessuno vada in futuro a lucrare indulgenza e perdono presso la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, sotto pena di dieci ducati a carico di ogni contravventore, “propter reprensalias extantes contra communitatem” a causa delle rappresaglie esistenti contro la comunità di Amelia, “quia si quis erit captus erit suum damnum et jbit suis expensis damnis et jnteresse” quindi, se qualcuno venisse catturato, il danno sarebbe soltanto suo e andrebbe ad esclusivo suo rischio e pericolo. Alla faccia di coloro che si recavano a lucrare indulgenze! (2011)


30  -  “Se fa bando et commandamento per publica utilità et acciò che le palombare, le quali con dispendio se edificano, se habiano ad preservare”. E’ quanto si legge nelle riformanze, sotto la data del 30 Luglio 1526, come premessa al testo che segue:

“Per publica et privata utilità per parte del Magnifico et generoso homo Messer Erasmo Fasciolo de Orvieto, da (di) Amelia Governatore, che non sia nisciuno de qualuncha stato o conditione se sia che ardischa né presuma de pigliare per alchuno quesito colore o con rete o con lacci alchuna generatione de palombe torresane, sotto pena et ad pena che se contene neli statuti dela cità damelia; la qual pena ex nunc (da ora) per el presente bando et decreto se jntenda esser duplicata, la quale duplicatione se intenda essere applicata per la mità alla communità de Amelia et laltra mità allo officiale che con effecto ne farrà la exequtione, la qual pena se possa et debia exigere de facto absque aliquo processu et sententia (senza alcun altro processo o sentenza) et si serrà (vi sarà) accusatore o denuntiatore, ne debia haver la quarta parte et serrà tenuto secreto. Et lo Potestà de Amelia et qual se voglia officiale possa procedere per denuntia, inquisitione et accusa et etiam (anche) ex officio et etiam possa mettere ad torturam, secundo ad lui parerà et per dicta causa non possa né debia stare ad scyndicato, ma solo renderne rascione al Signor Governatore pro tempore, cum (con) declaratione et decreto che qualuncha persona pigliano (sic) ultra el numero  de dece palombi, la mano dedricta (destra) li debia esser mozata, ultra la predicta pena.

“Jtem acciò cessi ogne causa de delicti se fa decreto et bando che nisciuna persona ardisca né presuma fare alcuno laccio jn alchuna sua o aliena possessione per el quale se potessero verisimilmente pigliare dicte palombe, caschi in pena de un ducato doro per laccio, da exigerse come de sopra ...

“Jtem se fa decreto et ordinatione che non sia alchuna persona de qual se voglia grado o conditione se sia che ardischa né presuma tanto nela dicta cità, quanto nel suo desctrecto et teritorio tirare con scoppietto o tirare o balestra o arco ad palombe dove fosse palombara, sotto pena et ala pena de dece ducatj doro, da exigerse et applicarse et procederse come de sopra. Et si tragesse o tirasse ad palomba fora de palombara caschi in pena de quattro ducatj doro, oltra la pena si ammazasse  dicta palomba et lo patre sia tenuto per el figliolo et lo fratello per el fratello habitante jnseme.

“Jtem che el Potestà et qualunchaltro officiale possa procedere jn questi ultimi Capitoli come neli altri sopradicti”.

E pensare che al giorno d’oggi non si sa come fare per arginare il diffondersi dei colombi torrigiani! (2012)


30  -  Il 30 Luglio 1329 si esamina la petizione di Tuzio Tuzi e Tomeo di Viterbo, attualmente residenti in Amelia, che si qualificano “vascellarij” (vasai?), i quali desiderano di poter , con le rispettive famiglie, venire a stabilirsi definitivamente in Città e chiedono “tractentur cum omnibus et singulis benefitijs et immunitatibus in statutis dicte Civitatis contentis” di poter godere di tutti i benefici ed immunità previste dagli statuti cittadini per i nuovi immigrati.

Anche prete Bartolomeo ha qualcosa da chiedere: la volta della chiesa di S. Maria di Porta minaccia rovina e necessita di urgente intervento da parte del Comune. Si stanziano cento soldi. (2014)


31 - Con atto rogato dal Notaio Paolo Paulelli il 31 Luglio 1400 Sabella, figlia del nobiluomo Conte de’ Signori di Alviano e moglie di Giacomo Ser Stefani, con suo testamento, dispone di farsi seppellire nella Chiesa di S.Agostino, lascia un fiorino a frate Sambucello perché canti messe gregoriane “pro anima sua” e vuole che ai prigionieri detenuti a S. Maria Maddalena di Alviano vengano restituiti undici fiorini d’oro, da loro avuti “in prestantiam”, cioè in prestito. 

Ma che strani finanziatori si ritrovava Donna Sabella! (1998)


31  -  Il 30 Luglio 1474 viene presentata nel consiglio decemvirale la seguente supplica di Pietro Menicucci di Domenico di Amelia, il quale espone “quod cum sit pauperrima persona et insufficiens ad solvendum dativas impositas et imponendas propter eius senectutem et maximam paupertatem” che, essendo persona poverissima e non in grado di pagare le tasse imposte e da imporsi a causa della sua vecchiaia e massima indigenza e, a causa di detta insolvenza, dovrebbe essere posto in carcere, ricorre agli Anziani “ut dignentur sibi immunitatem exemptionem et gratiam facere” perché si degnino fargli remissione e grazia “presertim cum ipse fuerit ac sit fidelissimus servus huius Civitatis et non habet unde possit solvere, nam vix se et uxorem  suam sostentare potest” ed inoltre, essendo egli sempre stato e sia fedelissimo servitore di questa Città e non avendo possibilità di pagare -infatti a stento può sostentare sé e la di lui moglie- se fosse obbligato a pagare dette tasse “oporteret ipsum cum uxore sua” sarebbe necessario che lui, con la sua moglie, “mendicare et per orbem ire ut faciunt peregrini” andare in giro elemosinando  e girovagando come fanno i pellegrini. Nel maggior consiglio del dì seguente si delibera che, al povero Pietro, venga fatta remissione  ed esenzione “donec vixerit ac etiam de preterito” delle imposte pregresse e future finché vivrà “verum si quid post mortem eius supererit his qui hereditatem adibit” ma se dopo il suo decesso resterà qualcosa, chi subentrerà come erede pagherà quanto dovuto “ne commune liberalitate sua male tractetur”, affinché il Comune non subisca danno dalla sua generosità. “Satis enim est” E’ infatti sufficiente che il povero Pietro “vivens ipse beneficientia publica substentetur” venga mantenuto dalla beneficienza pubblica durante la sua vita. Al dopo, ci penseranno gli eredi! (2009)


31  -  Il 31 Luglio 1528 nelle riformanze si dà atto di una singolare verifica di cassa. 

“Delius Perlentij comparuit coram me Angelo cancellario” Delio di Perlenzio si presenta dinanzi al Cancelliere comunale Angelo de Filijs “et exposuit fuisse apertam capsulam pecuniarum gabelle subsidij positam ad portam pisciolinj ad exactionem dicte gabelle” e dichiara che la cassetta nella quale erano conservati gl’introiti della gabella del sussidio, conservata per l’esazione di detta gabella presso la Porta Busolina, era stata aperta “et in dicta capsula fuisse repertos  decem et octo scudos jn varijs monetis et bolenenos vigintiunum in quatrenis” ed in essa erano stati rinvenuti diciotto scudi in varia moneta e ventun bolognini in quattrini; “quarum pecuniarum summas penes ipsum fuisse depositatas et penes se ad instantiam commnitatis extare”; della quale intera somma detto Delio si dichiara depositario e di tenerla a disposizione della Comunità “et ea propter ut veritas semper de predictis inspici possit, voluit prescripta per me cancellarium et describi et hic notari” ed affinché possa sempre verificarsi l’esatta verità di detta operazione, il buon Delio ha richiesto l’intervento e la puntuale descrizione e verbalizzazione della stessa.

Gli odierni contabili ne potranno ricavare un utile insegnamento sulla trasparenza delle loro operazioni!   (2011)


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© Giovanni Spagnoli 2013